Scritture
di ottant’anni fa, ma aliene dal rondismo e altri stili dell’epoca, asciutte anzi,
nervose, e per questo sempre leggibili. Storie d’altri tempi, oggi, non tanto
per i soggetti dei racconti, quanto per come sono nate, per la biografia “d’altri
tempi” dello scrittore che Giulia Francesca Perri evoca in breve nella presentazione.
Carcerato
nel 1932 per complicità nella fuga, nel 1929, di Carlo Rosselli ed Emilio Lussu
dal confino di Lipari, fu poi messo al bando a Milano, dove risiedeva da vent’anni,
da tutte le pubblicazioni, benché non condannato: non poteva pubblicare, né
libri né racconti o articoli. Con moglie e quattro figli a carico, Perri se la
vide brutta. Angelo Rizzoli gli diede una mano pubblicandogli questi racconti
sulle riviste femminili, “Mani di Fata”, “Novella”.
Non
era per lui una novità. Nel 1927 aveva perso l’impiego alle Poste, sempre per
antifascismo. Solo parzialmente risarcito l’anno dopo dal premio Mondadori per
il romanzo “Emigranti” – il capostipite di tanta letteratura di questo
millennio, di Melania Mazzucco, di Mimmo Gangemi. Continuò a pubblicare con uno
pseudonimo, Paolo Albatrelli, che aveva adottato nel 1924, sempre per sfuggire
alla censura fascista, reo di aver pubblicato sulla “Voce repubblicana” un
romanzo ferocemente critico, “I Conquistatori”, sulla camicie nere in Lomellina
nel 1921.
Una
storia triste, oltre che di altri tempi: della inutilità dell’impegno. Se non
per la propria coerenza. Perri sarà
escluso poi, nella Repubblica, dall’empireo della Resistenza, e dalle relative
celebrazioni, pur essendone stato attivo e costante protagonista. Della Resistenza
vera. Riotterrà l’impiego alle Poste, questo è vero - dopo un breve periodo di
direzione, alla Liberazione, della “Voce repubblicana”. Ci sarebbe da fare una
storia degli “Esclusi dalla Resistenza”.
Francesco
Perri, Storie d’altri tempi, Franco Pancallo Editore, pp. 219 € 15
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