mercoledì 11 marzo 2015

Letture - 207

letterautore

Arte Ars est celare artem”, Ovidio non l’avrà detto, o Tibullo, ma la maniera è rischiosa.
Altrimenti si casca nel leone della Metro, “ars gratia artis”.

Classici – Quelli scoparsi sono più di quelli tramandati, e chissà erano anche migliori. Sono sopravvissuti solo 7 degli 80-90 drammi censiti di Eschilo, e dei circa 120 di Sofocle. Di Euripide 18 su 92, di Aristofane 11 commedie. “Alla fine del V secolo d. C. il curatore letterario Stubeo compilò un'antologia di prose e poesie dei migliori autori antichi: su 1.430 citazioni, 1.115 sono tratte da opere ormai irrecuperabili”, Stephen Greenblatt, “Il manoscritto”. Nulla di Democrito e Leucipo, quasi nulla di Epicuro, autore molto prolifico. Niente di una serie di autori citati con ammirazione da Quintiliano: Macro, Varrone Atacino, Cornelio Severo, Saleio Basso, Gaio Rabirio, Albinovano Pedone, Marco Furio Bibaculo, Lucio Accio, Marco Pacuvio.

Dio (o Fkaubert) – v. lettere d Flaubert, restaurare qui.

Discorso indiretto - Lo “style indirect libre” Contini dice “invenzione del realismo francese, nel quale i più illuminati grammatici, da Bally a Thibaudet, esaltarono la massima rivoluzione rappresentativa della lingua moderna” (a proposito di Anna Banti, “Artemisia”). Pasolini ne fa anche lui grande caso, al carro di Contini. Ma è quello che ammazza la narrazione: un’intrusione a metà dell’autore, come se parlasse di sghembo.

Giornale - La lettura del giornale è “la preghiera quotidiana” di Hegel? Ma allora un  esercizio di pietà: ripetitivo, come un’abitudine, una giaculatoria, il sacro di casa. Oggi, ovvio, più di allora.
Ma ne “Il brusio del linguaggio” (“Scrivere, verbo intransitivo”) Barthes già osservava che “Il lavoro di scrittura oggi non consiste né a migliorare la comunicazione né a distruggerla, ma a filigranarla”. Donde l’importanza dei concetti teorici (direttivi) di paragramma, di plagio, d’intertestualità, di falsa leggibilità”.

Nazismo – Annegato dalla storia frettolosa negli errori e gli orrori, ha una consistenza culturale di prim’ordine. Parte della terminologia di Hitler, Haltung (tenuta, portamento), Opfer (sacrificio), nützen (servire), Gesamtheit (comunità, comunanza), Ehre (onore),onore), Volk (popolo, razza), völkisch, è derivata da Jünger, e molto frequente in Heidegger negli anni dopo il 1930. Heidegger usa molto anche Schicksal (destino), Boden (suolo, territorio), Blut (sangue), Rasse, seppure tra virgolette – le preferisce Stamm (stirpe), senza virgolette. Le usava anche Gottfried Benn, che poi ha fatto ammenda.
Jünger, “Der Arbeiter”, 1932, Forsthoff, “Lo Stato totale”, C.Schmitt, “Stato, movimento, popolo” e “Concetto del politico”, terza edizione con interpolazioni naziste 1933, sono pubblicati dallo Hanseatische Verlagsanstalt di Amburgo, casa editrice del partito nazista.

Parodia – Può essere solo scherzo. Altrimenti è infelice ripetizione. Kierkegaard lo spiega: “Il quadrato è la parodia del circolo: la vita e il pensiero sono un circolo, mentre la pietrificazione della vita prende la forma della cristallizzazione. L’angolare è la tendenza a restare statici: a morire”.

Proust – Si può pensare la “Ricerca” una colossale forma d’ironia, altrimenti tutto rasenta il ridicolo: la gelosia in mille pagine (mille! di uno, il narratore, che non è  mai stato innamorato, si sa, si sente), i froci, le lesbiche, le puttanelle, i borghesi pieni di sé, il padre-Cottard, la madre-Verdurin (o madame Straus e le altre madri alternative), gli stessi duchi, a loro volta snob. Ma non senza compassione, che ne è la chiave: l’autoconsolazione.
Non un altro Proust, quello più vero - più costante, anche nell’amore, specie nell’amore. Il suo fondo, prima della “Ricerca”, e per lunghi tratti della “Ricerca”, è l’ironia. Nello stesso ano 1919 in cui licenziava il primo volume della “Ricerca” pubblicava orgoglioso, non a sue spese, la raccolta di “Pastiches et mélanges”, dei suoi scherzi letterari.

Romanzo – Se lo fa in realtà il lettore? Aiutato, certo, dal critico. È per questo che il lettore non c’è più, e nemmeno il romanzo? Perché non c’è più il critico?
Il romanzo oggi è fatto dalla distribuzione (librerie), dal marketing (filoni di pronto consumo),  e dalle relazioni pubbliche (soffietti giornalistici o blurb)

Il romanzo esige una “willing suspension of disbelief”, Coleridge. Bisogna credere per leggere.

Le dieci caratteristiche della narrativa in Dante (Ep. XIII). Le cinque della vecchia arte poetica: poeticus, fictivus, descriptivus, digressivus, transumptivus. E le cinque dell’arte filosofica: diffinitivus, divisivus, probativus, improbativus, et exemplorum positivus. La stilistica, cui bono?

“Un buon soggetto di romanzo è quello che viene tutto d’un pezzo, d’un colpo. È un’idea madre da cui tutte le altre discendono. Non si è del tutto liberi di scrivere questa o quella cosa. Non si sceglie l’argomento. Ecco ciò che il pubblico e i critici non capiscono. Il segreto dei capolavori è là, nella concordanza dl soggetto col temperamento dell’autore”. Flaubert lo scriveva a una corrispondente molto frequentata, Edmée o Edma Letellier, sposata Roger des Genettes, esattore. Era probabilmente il 1861, lo scrittore usciva dalle doglie di “Salammbô”, romanzo da cui si attendeva molto, ma con qualche dubbio.

Satira - La satira tiene due ore e mezzo – la lunghezza di Aristofane.
Anche Rabelais si legge a pezzi – e perché è Rabelais.
L’ironia non regge una narrativa, solo l’aneddotica. Se non lievitata – alleviata – al modo dell’Ariosto, per una lettura multiforme, più immaginativa che critica, esagerata, e diventa patrimonio popolare.
No, l’ironia (Swift, Voltaire, anche Sterne) è un impianto - una posizione nella vita, una rigidità: per questo dissecca.

Scrittura - C’è nella scrittura, nella buona scrittura, dotata, qualcosa di più grande del percepito e dell’espresso, o del vissuto. Freud e Heidegger (e Nietzsche, eccetera), o Stendhal e Schopenhauer (ma anche Platone, Rousseau, eccetera), scrittori dotati, sono molto più grandi delle loro teorizzazioni, o del loro misero vissuto. Di una grandezza incomparabile, poiché la misura un fascino sterminato.
Ciò può essere fonte di meraviglia, entusiasmo o paura. Ma è esaltante: da solo dà la misura del potenziale umano, della realtà dell’uomo. 

Lo scrittore Kierkegaard vuole “svagato lettore”. Un narratore di letture!
Kierkegaard cui Adorno trova (“Kierkegaard”) “dialoghi operistici”.

Shakespeare – È Dio, arguisce Dorothy Sayers in “The maker of the Mind”. Le nostre speculazioni su Shakespeare sono quasi altrettanto pirotecniche e folli come le nostre speculazioni sul creatore dell’universo, e come quelle si occupano frequentemente di stabilire che le sue opere non furono scritte da lui ma da un’altra persona con lo stesso nome”. Lo stesso che dire: l’autore è un creatore.

letterautore@antiit.eu

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