sabato 30 maggio 2015

Il libertinismo è morto, resta la (buona) prostituzione

Un classico della letteratura libertina sufficientemente benpensante e predicatorio, oltre che lubrico. Comico, brillante, depravato, un ottimo promemoria per il prossenetismo legale che riprolifera: tutte le ragioni del mestiere sono qui riunite.
Le buone ragioni. Il libello si vuole moralista, come è della letteratura aretinesca, puttanesca. Coi pregiudizi del genere, nazionali (il barone tedesco imbranato, il milord inglese borioso) e clericali (il canonico superdotato, etc. – manca la monaca lussuriosa). E con la fortuna alternata alla sfortuna. Ma, scritto da un libertino all’epoca dei Lumi, sembra a un uso proto-ottocentesco o protoborghese, dei falsi culi e le mutande alle ginocchia, e delle tendine alle finestre. Insomma, delle case chiuse aperte.
Ma, a prescindere, preistoria alla rilettura - il tema è questo: la letteratura libertina non morde La prostituzione forse sì, ma per il lato business: tariffe, risparmio, investimenti, tasse, rendita urbana (decoro, affitti, qualificazione del territorio). Era pruriginosa ancora un quarto di secolo fa, quando la “Rammendatrice” fu tradotta, ora è noiosa e ridicola. Effetto  secondario della caduta del Muro e del Mercato? Effetto contrario dell’Aids? La “collera di Dio” potrebbe avere spianato ogni libidine invece di reprimerla. Effetto di internet, del libero accesso a ogni immagine a un profluvio di licenza?
Il tema sarebbe: l’erotismo all’età di internet. Della licenza per tutti e senza freni. Quindi, delle pulsioni non più represse, della perdita del rimosso e della rimozione?
Louis C. Fougeret de Montbrun, Margot la rammendatrice, Le Lettere, pp. 124 € 14,50

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