domenica 24 febbraio 2019

Il mondo com'è (368)

astolfo


Figlio unico – La limitazione delle nascite è vecchia, allimpianto solo razionale, e poi invece sempre problematica. La Francia ha maturato un forte vuoto demografico tra Otto e Novecento col “sistema dei due figli”, per evitare la dispersione del patrimonio familiare. Un gap cui ha dovuto rimediare con continue ondate di immigrazione, dalle Indie francesi, dall’Italia e la penisola iberica, e infine dal Nord Africa. Convertito in un “sistema dei tre figli sotto la presidenza Pompidou negli anni 1970, per incrementare la demografia, gli assegni familiari su tre figli portando al livello di uno stipendio iniziale, quindi consentendo alla donna che volesse avere figli di non lavorare.  
Figon - Personaggio dimenticato ma emblematico della Francia dei “servizi d’azione”. Dei servizi segreti che non si fanno scrupolo di uccidere - tuttora attivi, in Africa e in Oceania. Se ne parlò molto alla sua morte, a metà gennaio del 1966, poi è scomparso dalla storia e dalla memoria. Se ne parlò, va anche detto, in chiave francese, se e perché lui stesso fosse stato eliminato dai servizi francesi. Mentre non se ne parlò, non molto, e solo nei circoli di estrema sinistra, per il delitto di cui era stato esecutore e\o animatore a fine ottobre del 1965: il rapimento e l’assassinio di Mehdi Ben Barka, un oppositore del re del Marocco Hassan II – il rapimento fu “spettacolare”, nei pressi della rinomata brasserie Lipp. 
Se ne parlò anche perché era un personaggio della Parigi intellettuale, editore e produttore, benché reduce da tre anni di manicomio, e undici di prigione, per aver sparato a un poliziotto in un tentativo di truffa fallito. Aveva attirato Ben Barca nella trappola con la proposta di un film sulla resistenza marocchina. 
Poco dopo l’agguato a Ben Barka, Figon fu trovato morto nel suo appartamento, e l’inchiesta subito chiusa per suicidio. Ma ucciso, si è poi saputo, da un amico, Christian David, “le beau Serge”, altro pregiudicato, nonché prosseneta e trafficante, arruolato nel Sac, il service action dei servizi segreti francesi, come torturatore in Algeria.
“Il bel Sergio” ha avuto anche un passaggio italiano. Fu infatti fatto transitare dall’Italia, sulla via per l’Africa e poi l’America Latina, dalla “famiglia” Guerini, una mafia corsa specializzata in contrabbando di sigarette e prossenetismo. In fuga dalla Francia per avere ucciso, due settimane dopo la morte di Figon, un commissario, Maurice Galibert, durante una “discesa” di polizia alla cinque del mattino su un bar parigino per arrestare un altro delinquente comune di cui invece era stata accertata la partecipazione al rapimento di Ben Barka, Julien le Ny.
In Brasile, David non fu ricercato dalla polizia francese. Finito in un carcere americano per traffico di eroina, è solo dopo venti anni, nel 1985, che viene estradato in Francia per l’assassinio del commissario. Sarà condannato anche in Francia, ma dopo quattro processi invalidati, per un motivo o l’altro.

Marx – È in grande spolvero, mai tanto reinterpretato-riproposto come dopo la caduta del Muro. Quasi che il sovietismo lo avesse liberato, lui e non le vittime del marxismo-leninismo. Non era un dottrinario? Lo era ma in politica: combattivo, fazioso. Non un apocalittico, la storia lo intrigava e lo divertiva. Nessuna “legge” si trova formulata nelle sue opere. Induttivo al contrario, descrittivo, storicistico. Di vita avventurosa: vige ancora la lettura del personaggio ideologo, teorico, dottrinario, ma la vita conta, e contano gli interessi extrapolitici.
Carlo Galli, fra i tanti, “Marx eretico”, ne ha colto il dato essenziale: Marx è uno di metà Ottocento. Uno della politica risolutiva. Hegeliano a metà, fino ai trent’anni. Ma più che altro, di Hegel si fece vessillo, bandiera, copertura. Di fatto non ha mai studiato, non come uomo di scienza o filosofo. E mai, si può aggiungere, è stato preso sul serio come politico – il leninismo è altra cosa, si potrebbe dire antimarxiano.
Un grande scrittore, si può anche dire, di politica. Ma un incompiuto teorico. E un politico confusionario, tanto quanto fazioso. Collezionista di sconfitte più che di vittorie, e queste mai pratiche, portate a effetto. Una sorta di eterno adolescente, si può aggiungere leggendolo, specie gli scritti giornalistici, che tanto gli piacevano, quelli “storici”, polemici, e la corrispondenza, un allegrone e un compagnone,

Ritorna rivoluzionato, e quasi “gossiparo”. Ma è vero che aveva un lato debole. Un “inedito” del “Che” Guevara, pubblicato da “Il Manifesto nel 1974, ne faceva questo ritratto: “Marx, per quel che se ne sa, era e restò monogamo tutta la vita. Ma non pensò mai di fare in proposito dissertazioni morali. Anche se a volte insorgevano divergenze fra lui e Engels. C’è una lettera a Marx nella quale Engels protesta perché, avendo egli comunicato la morte della sua compagna, Marx invece di dirgli una parola di conforto gli risponde chiedendogli di non so che lavoro. La moglie di Marx, che pare fosse una vera militante, era però una piccolo borghese, o di piccola nobiltà tedesca, mentre Engels conviveva con la governante, o domestica. Visse con lei tutta la vita e quando essa morì per lui fu una tragedia. Vedete come anche in quel tempo un rivoluzionario avesse le sue debolezze, giacché non pensò mai di sposarla. Insomma, quando questa sua compagna morì, la moglie di Marx pensò che non fosse il caso di condolersi ufficialmente per la morte di una persona che non era la vera moglie del loro amico”.
Non tutto collima nella realtà col “Che”. La compagna di Engels non era una domestica. Né la moglie di Marx una casalinga inacidita: era donna e consorte amichevole e colta. Mentre è vero che Marx scopava con chi capitava – stantuffò perfino Lennchen, la tozza servetta di casa, tanto da farle un figlio. E che con Engels scantonava da questi temi, preferendo il witz, la politica, e le richieste di soldi (quanto al “Che”, volendo restare nel gossip, era un Guevara parenti dei Lynch, i latifondisti argentini).

La vera biografia resta da fare, che pure è semplice. Marx era uno che capiva una diecina di lingue, corrispondeva con migliaia di persone, leggeva i giornali di tutto il mondo. E non ha mai fatto la fila per il burro, benché disoccupato. Fu un vittoriano. Sottolineava le parole, e le virgolettava, con la stessa enfasi della regina Vittoria. Mentre la nobile moglie Jenny prendeva gli appunti e copiava per lui. Comprò il piano per le figlie. S’innamorò di una ragazza Bismarck e di altre principesse giovani. Sedeva nella sala di lettura del British Museum accanto ai Sobieski Stuart, che vi avevano un seggio di diritto, essendo stati dichiarati eredi della defunta dinastia - a Londra si celebravano all’epoca le dinastie, ogni sorta di dinastie. Fu membro all’università del Borussia, che diventerà il circolo dell’elmo chiodato. Capiva le ragioni dell’impero, e mai lavorò, facendosi mantenere dai compagni e da Engels. Benché vittoriano simpatico - non frustava le donne che s’immaginava di scopare.  
Si è così detto tutto. Si può aggiungere che fu marxianamente figlio del tempo, gli anni fra il 1851 e il 1862, quando rintanato nella biblioteca al British Museum ponzò i quattrocento articoli per la “New York Tribune” e la “New American Cyclopedia” e la critica dell’economia, mentre i tribunali disgregavano il comunismo e la corsa alla ricchezza subentrava con la pace alla scoperta dell’oro in California.
Non fu buon politico: collerico, fazioso, dispettoso. Non un agitatore, era un pantofolaio. Ma era cattivo politico perché era cattivo comunista. Non fu marxiano specialmente nell’analisi del lavoro, le condizioni del lavoro ai suoi anni. Non solo in Ford alla fine, e in Owen all’inizio, ma nella Cadbury, alla Rowntree e in ogni altra azienda quacchera, in molte società cattoliche e in quelle socialiste del mutuo soccorso, l’Ottocento ricorreva al lavoro per migliorare l’igiene e l’istruzione, o il rispetto di sé. Finché il lavoro non fu disseccato nel plusvalore. Di cui le critiche presto sono emerse con Eduard Bernstein, e poi con Rosa Luxemburg, semplici, Marx le avrebbe sottoscritte: il moderno proletario è sempre povero ma non pauperizzato, la crescita della ricchezza non viene con la diminuzione del numero dei capitalisti ma con la loro moltiplicazione – si potrebbe fare un partito di massa dei ricchi, non fossero tanto ricchi da farsi passare per poveri. E lo slogan “i proletari non hanno padri” non è vero, purtroppo. Ma questo era contro l’interesse del Partito a farsi Stato.

Neutralità – È esemplare solitamente nella considerazione politica. Ma non c’è onore a restare neutrali in tempo di guerra. La Svizzera ha lucrato sui persecutori e sui perseguitati. La Svezia arricchì fornendo a Hitler l’acciaio, via Norvegia. Una legge di Solone toglieva la cittadinanza a chi in una sommossa non parteggiava per nessuna delle due parti.

astolfo@antiit.eu

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