sabato 23 novembre 2019

Letture - 403

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Dante – Non conosceva i Greci: al suo tempo non c’era un’idea dela classicità greca, se non attraverso i latini. “Omero”, nota Ernest Robert Curtius, “Le letteratura europea e il Medio Evo latino”, 1948, “l’illustre progenitore, era poco più che un nome nel Medio Evo. L’Antichità medievale è l’Antichità latina”.
Curtius spiega anche l’origine del “viaggio”. Che non è il viaggio di Maometto, naturalmente. “Ma il nome doveva essere fatto”, nella “bella scola” del limbo: “Senza Omero non ci sarebbe stata l’“Eneide”: senza la discesa di Odisseo nell’Ade niente viaggio virgiliano nell’altro mondo; senza quest’ultimo niente “Divina Commedia””. Quello che Dante sapeva della classicità greca, poco o molto, era attraverso il filtro degli autori romani, e attraverso le traduzioni medievali, inaccurate, adattate o falsificate, e allegorizzate.

L’appartenenza di Dante ai Fedeli d’Amore è “dimostrata” da Gabriele Rossetti ne “La Beatrice di Dante”, che La Vita Felice ripropone, analisi dei messaggi esoterici della “Divina Commedia”. Apprezzata da molti, e in particolare da Pascoli. 
Rossetti aveva avviato l’esilio londinese approntando nel 1826-7 un “Commento analitico alla Divina Commedia” - sarà pubblicato, in sei volumi, nel 1877, ventitré anni dopo la morte. I Fedeli d’Amore erano una setta segreta per una riforma radicale della Chiesa, con l’abbandono del potere temporale e il ritorno alla spiritualità – insorgenza ricorrente nella storia della chiesa.
Poeta in carica al San Carlo negli anni napoleonici, autore di alcuni libretti d’opera, nonché conservatore del museo archeologico di Napoli,  fu in esilio a partire dal 1820. Dapprima a Malta, nel 1824 a Londra. Professore di lingua e letteratura italiana al King’s College.

Falsi – Perché non ci sarebbe lo scrittore di falsi, come c’erano i falsificatori in pittura? Tommaso Debenedetti, nipote di Giacomo, il più famoso italianista del Novecento, figlio di Antonio, lo scrittore, ci ha provato, e ci è riuscito. Nella sua bio wikipedia, in inglese, Tommaso Debenedetti si dice anche insegnante a Roma, insegnante di scuola. Ora cinquantenne, ha fabbricato una decina di anni fa interviste con Gorbaciov, il Dalai Lama, Benedetto XVI, e con scrittori in voga, Philip Roth, Grisham, Vargas Llosa (che lo ricorda nel suo ultimo libro, “Note sulla morte della cultura”, dicendolo “un eroe della civiltà dello spettacolo”), Saramago, Yehoshua. Pubblicate da giornali anche importanti, della catena Riffeser.
Ha pure aperto falsi account twitter di personaggi famosi, per diffondere bufale e cattiverie, riprese da giornali anche importanti. “Guardian”, “New York Times”. Su wikipedia spiega che lo ha fatto “per mostrare quanto è facile ingannare la stampa nell’età dei social media.
Tommaso Debenedetti si è esercitato di fatto in pastiches,  imitazioni, genere nel quale Proust, che molto se ne dilettò, eccelleva.

I falsi in letteratura e nelle storie sono diffusi, dai Vangeli a Ossian, con gli artifici ricorrenti dei documenti ritrovati (Manzoni, la Donazione di Costantino...), e dei viaggi-scoperte (da Erodoto in poi), ma sono creazioni, artifici narrativi. Non opere falsate, plagi.

Gimpel - È il Giufà ebraico. No propriamente, c’è già uno Djha nel’ebraismo sefardita: è il Giufà dell’ebraismo askenazita. Completa la figura del “Candido” delle grandi tribù mediterranee: Gimpel va aggiunto ai repertori già compilati, da studiosi e curiosi, del carattere nelle varie lingue e nazioni mediterranee, il personaggio sciocco e intelligente: accanto al Giufà nordafricano, al Karayozi greco, al Karaguz dei turchi jonici, Nasreddin Hoca nell’originale sufi, in quello che si ritiene l’originale,Guha in Egitto, Djoha nell’ebraismo sefardita, Djuha nel Maghreb, Giucà a Trapani, Giucca in Toscana. Giufà è la moneta comune in quanto personaggio ubiquo in ogni angolo del Mediterraneo. Con nomi anche simili, oltre che con aneddoti comuni. Il prototipo è uno Giuha. Che diventa Djeha in Algeria e in Marocco, Goha in Egitto, Jodja (Nasreddine Hodja) in Turchia, Giufà in Sicilia e Calabria, anche Iugale, Giaffah in Sardegna, Gihane a Malta, Giucca in Toscana, Giucà in Albania.
Gimpel è quello yiddisch dei racconti di Singer – con cui Isaac Bashevis Singer, ebreo polacco da quasi vent’anni immigrato negli Usa, esordì nel 1953 a 51 anni in inglese (tradotto da Saul Bellow), su una grande rivista americana, la “Partisan Review”, col famoso incipit: “Sono Gimpel l’idiota. Non che io mi senta un idiota. Anzi. Ma è così che mi chiama la gente”.

Holodomor   O la “morte per fame”: è una “celebrazione” al rovescio, con un luogo, oggi, il 23 novembre,  dell’identità ucraina, che i governi di Kiev tentato d’imporre in funzione antirussa. E s’intende un genocidio degli ucraini in massa, nel 1932-33, come effetto della carestia seguita alla nazionalizzazione delle terre. Si ridiscute, in chiave nazionalista ucraina antirussa, l’ipotesi che la grande carestia sofferta in Ucraina, il paese del grano, per effetto della collettivizzazione forzata nel 1933, non sia stata voluta da Stalin, per punire gli ucraini, che nella guerra  civile avevano parteggiato più spesso per i Bianchi.
In questo senso si era pronunciato a fine 1933 il poeta Mandel’stam, pur convinto bolscevico, in un “Epigramma di Stalin” subito famoso: Stalin “il montanaro del Cremlino”, “le cui tozze dita come vermi sono grasse” – da qui la persecuzione, che cinque ani dopo portò il poeta alla morte in un gulag presso Vladivostok.

Opinione pubblica – “Qualcosa di più forte della verità, l’opinione pubblica”, R. Polanski.   

Pinocchio – Conosciuto in tutto il mondo eccetto che in Russia? Dove non è stato tradotto ma adattato, negli anni 1930, da Alekej Nikolaevič Tolstoj, lo scrittore sovietico lontano parente dell’autore di “Guerra e pace”. Chiamato Burattino, è l’esatto opposto di Pinocchio: un ragazzino “positivo”, in lotta contro il padrone del teatro dei burattini, Carabas Barabas – la storia finisce con l’esproprio del teatro da parte dei burattini di legno.
Sul Pinocchio vero, in compenso, è corsa a lungo sulla rete in Russia dal 2003-2004, e tuttora circola, la favola che un gruppo di archeologi americani, di Boston, scavando a San Miniato al Monte la tomba di un certo Pinocchio Sanchez, vicino alla cripta di Carlo Collodi, hanno rinvenuto i resti di un Pinocchio: una gamba e il naso di legno di un nano – protesi che avevano sostituito gli arti perduti dal nano in guerra al fronte.

Rivoluzione francese – Lasciò i Carbonari, e un po’ di massoneria, ma fu risentita  si comportò come orza d’occupazione e rapina: i soldati di Napoleone e dei suoi ufficiali todos caballeros – tutti generali e duchi, come poi nell’Italia dei telefoni bianchi, quando le mantenute erano contesse – erano abilitati al bottino, i nobilastri loro comandanti pure, e la “Rivoluzione” stessa si portava a casa tutto il trasportabile, e anche di più. Alla mostra romana di Canova si espone distrattamente una delle cose che si tacciono, a proposito dell’incarico che Canova ebbe, caduto Napoleone, di negoziare a Parigi, con le sue amicizie, qualche restituzione. Una litografia, una scena riprodotta quindi in molti esemplari, offerta al Consiglio rivoluzionario il 21 Floreale del’anno V della Repubblica da due privati cittadini (due funzionari addetti ai trafugamenti?), è intitolata dagli stessi: “Terzo convoglio di Statue e Monumenti” da Roma “per il Museo nazionale di Parigi”. Vi sono rappresentati quattordici carri stipati al massimo, grazie a legature robuste, trainati da cinque e sei pariglie di buoi.

Russia – Si direbbe che con la libertà ha perduto il genio. La Russia degli zar e quella sovietica abbondavano di poeti, fino a Brodskij e Evtushenko, musicisti, sia compositori che esecutori, narratori, anche non emigrati, compreso qualche pittore, poi più niente. 

Stupro per omonimia – Emanuelle Seigner, nell’ultimo film di Polanski, “L’ufficiale e la spia” (“J’accuse” il titolo originale, come quello del pamphlet di Zola contro gli accusatori di Dreyfus – il film racconta il caso), premio della giuria a Venezia, amante dell’eroe, il capitano Picquart dei servizi segreti, si chiama nel ruolo Pauline Monnier. Pronta all’uscita del film l’ex modella e attrice Valentine Monnier, oggi 63 anni, si è ricordata che nel  1975 Polanski l’ha stuprata.

Veganismo – Si può dire anticipato di un secolo da Michelet, “Il mare”, al cap. VIII del libro II, a proposito degli aliotidi, “meravigliosa conchiglia”, e di altri crostacei: “Poveri erbivori, della più sobria alimentazione – refutazione vivente di quelli che credono oggi  la bellezza figlia della morte, del sangue, dell’assassinio, di una brutale accumulazione di sostanza”.

letterautore@antiit.eu

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