L'ultimo Sciascia
L’ultimo
libro-intervista di Sciascia, di uno Sciascia già stremano dalle dialisi, con Domenico
Porzio nei mesi precedenti la morte. Sciascia come al solito laconico, ma anche
di malumore – Porzio
torrenziale.
Una
sorta di libro-testamento, a futura memoria secondo la formula tribunalizia cara
a Sciascia, ma su temi variati, casuali. Il suicidio del fratello. La letteratura
di viaggio al Sud, Sette-Ottocento, tutta di massoni – che al Sud incontravano massoni,
preti compresi. Lo sbarco americano, di mafiosi. Le amarezze per “L’affaire
Moro”. Giuseppe Mazzaglia. L’amato Rensi, le “Lettere spirituali” e altro. Vigneti
e agrumeti siciliani abbandonati, trenta-quarant’anni fa, e dannosi – un’apocalissi,
poco meno. Il darwinismo poco convincente. Krusciov e Giovanni XXIII due
liquidatori, del comunismo e della chiesa. “La democrazia è più livellante
della tirannide”. La nostalgia del Settecento. Salvemini meglio di Gramsci (“uno
come Salvemini poteva intravedere nel fascismo i germi della morte. Ma non uno
come Gramsci”). Gramsci staliniano - non ha mai criticato Stalin: “Non poteva. Il
«buio a mezzogiorno» coinvolgeva anche lui”. Molto Savinio. Un po’ di Diderot. “Basaglia era un pazzo”. Il poliziesco è “soprattutto
più onesto”. Molto sula scrittura, fonte di gioia, atto di speranza. Borges naturalmente.
E Manzoni. Molière – ironia e umorismo. E naturalmente Pirandello. Di un attaccamento
alla Sicilia che non si spiega. Del resto,
curiosamente, poco curioso delle cose siciliane, altro che Racalmuto e Palermo –
e di Palermo senza il meglio.
Si
rieditano a trent’anni dalla prima edizione le conversazioni che Domenico
Porzio ebbe con Sciascia alcuni mesi prima, per un libro commissionato da Mondadori.
Parte di quelle conversazioni registrate su nastro, sembra di capire dalla confusa
presentazione che il musicologo Michele Porzio, figlio di Domenico, ne fa.
Porzio era partito con un vasto progetto, di conversazione-libro, per il quale
aveva redatto una scaletta, con i vari argomenti in latino: De felicitate”. “De
Anima”, etc.. Un paio di conversazioni si svolsero, e poi più niente: Sciascia,
debilitato e in dialisi morirà qualche mese dopo, a fine 1989, e l’anno successivo
anche Porzio. L’ultimo titolo della scaletta, “De Senectute”, Porzio aveva
trascritto per il “Corriere della sera”, che lo pubblicò nelle pagine “Cultura”,
il 19 luglio 1987 – il teso è qui allegato, col titolo del quotidiano, “Gli anni
delle passioni fredde”.
Domenico
Porzio, critico e giornalista letterario, scopritore di Borgese per il pubblico
italiano, curatore dell’opera di Borges per i Meridiani, aveva pubblicato
alcuni saggi in materia di fede religiosa, apprezzati anche dal non credente Sciascia.
Leonardo
Sciascia, Fuoco all’anima, Adelphi, pp. 169 € 13
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