giovedì 24 marzo 2022

Secondi pensieri - 477

zeulig


Cretino – La filosofia non ne tratta, ma lo pratica. Lord Russell, all’inizio della “Filosofia Occidentale”, sostiene che Socrate fu condannato giustamente. E perché? Perché Senofonte, cui si deve la tesi della condanna ingiusta, era un cretino. Lo Zenone di Yourcenar ha ragione, gli dei e i demoni che risiedono in noi sono reali. E se l’interlocutore appartiene a una setta, possiamo adoperare contro di lui nell’argomentazione i principi di quella setta. È il topico – la topica? – VIII, 9 di Aristotele. La filosofia lo consente, la quale stabilisce che “il vero può conseguire da premesse false, ma mai il falso da premesse vere”. Da cui lo stratagemma numero cinque di Schopenhauer, usare liberamente le premesse false.

Natura – Suggerisce la bellezza: l’elegia, l’idillio si legano alla natura. Le albe e i tramonti, i cieli trascoloranti, i fiori, i frutti, la materializzazione delle stagioni, gli animali, anche se sempre meno accomunati alla natura e sempre più domestici. Anche nei sui aspetti ostici o minacciosi o catastrofici: la foresta, il dirupo, il terremoto, il tifone. 
Per trasposizione dall’aristotelico “in tutte le cose della natura c’è sempre qualcosa di meraviglioso”. Che però non è la stessa cosa. È una proiezione, ma anche un modo di essere: la bellezza (l’idea, l’ideale) non deriverà dalla natura, dal suo proporsi e dalle sue metamorfosi, anche nefaste? Il bello è meraviglioso, il meraviglioso è bello, è vecchia estetica, che si dice romantica, ormai bisecolare. Che però non si supera, l
’ecologismo la fa anzi legge fisica. Contro ogni evidenza.  

Nichilismo – Può essere etico, una proposizione, un programma. In fisica, e in metafisica, non ha risolto tutto il verso di Lucrezio, “Non può nascere nulla\ dal nulla”? Il creazionismo, sia pure nella forma ridotta del Big Bang, riciccia ovunque.
 
Le leggi naturali non sono la spiegazione dei fenomeni naturali. Il lemma di Wittgenstein (“tutta la moderna concezione del mondo si fonda sull’illusione che le cosiddette leggi naturali siano la spiegazione dei fenomeni naturali”) constata un’ambiguità, criticamente.
 
Pornografia
– Esclude l’erotismo – lo ha cannibalizzato, eraso. La pornografia libera e diffusa ha svuotato l’erotismo – in una col succedaneo alcol, la vera droga delle nuove generazioni, il disinibitore, cieco. Non ci si innamora più, solo si scandagliano moti e misure sulle posizioni del coito. Che peraltro è esso stesso privato d’urgenza – ridotto a ginnastica e pratica igieniche, doverose. Per i ragazzi allo stesso modo, ora, che già per le ragazze: non c’è passione, colpo di fulmine, attesa, corteggiamento, ma solo curiosità, poca, e mutevole, con facilità.
L’attesa, l’incontro, la scintilla, la lontananza (separazione), la lettera, tutto svanito. I profumi (ora scaduti a odori), i colori, il contatto, l’epidermide, il calore, l’incertezza, la gioia, “il miele e il fiele”, tutto il fondo dell’erotismo, sono cancellati dalla pornografia, che l’amore riduce al coito, alle tecniche del coito. Sguardi, sfioramenti, carezze, calori, aspettative, sogni, timori, illusioni, immaginazione, tuto svanito. Di colpo. Anche per le generazioni precedenti: la scomparsa dell’erotismo, scacciato dalla pornografia, non è una novità o un assetto generazionale ma epocale, vale per i figli come per i genitori: l’erotismo non trova più alimento, non nell’immaginario né nella realtà. Il coito stesso riducendo peraltro a un momento, con la sola varietà delle posizioni.
L’eliminazione dell’erotismo è l’eliminazione dell’amore, malgrado le tante storie che se ne scrivono e si serializzano. Che è ora anch’esso incerto, e unicamente legato agli esiti del rapporto sessuale – soddisfacente, insoddisfacente, e comunque occasionale e circoscritto.
Una reductio ad bestiam? No, è un fatto, evidente, incontestato. In un quadro semmai più ampio, degli orizzonti e le prospettive ristrette, delle ambizioni, le passioni, le attese dell’umanità, e a maggior ragione di chi vi entra. Gli epistolari, oggi pubblici – messaggi, social, immagini – sono tutti mirati a ridurre l’infinita varietà dell’erotismo all’atto. Spogliato di ogni mistero, cioè di attrazione. L’erotismo, peraltro eraso, sarebbe comunque uno spreco - una “perdita di tempo”: non è utile, non produce, non serve.  La sessualità ridotta alla pornografia, una sorta di ginnastica, a fini di fitness, è parte della mercificazione totale dei rapporti umani nel quadro del mercato.
 
Psicoanalisi
– È una pratica esorcistica? “La psicanalisi insegna e promette un esorcismo a regola d’arte: fa vomitare fuori i diavoli e gli ospiti maligni, li rimanda nel deserto, nella terra di nessuno, donde è sperabile che non tornino più a insidiare il territorio civile abitato dal paziente. Li restituisce al caso, come è dovere di ogni buon esorcista. Propone inoltre la figura del medico con la sua disponibilità ad accollarsi il transfert del paziente, come il tipo insieme dell’esorcista e del capro espiatorio”, Giacomo Debenedetti, “La sua Quinta Stagione” (in “Italiani del Novecento”).
 
Rivoluzione - La rivoluzione è di tutti. Anche di tutti contro tutti, non si può sapere quando si è dentro, a ogni passo bisogna fare il punto. Le rivoluzioni, dice Lessing, vanno col tempo, sono il divenire storico. E il divenire storico cos’è? È Salamina, Cesare, Attila, la scoperta dell’America, l’Ottantanove, Lenin, la Bomba? O basta Cristo? E Omero? E le larve, le stelle, i dinosauri?
Fede è certezza di cose sperate, come diceva Dante? Rivoluzione rivelazione, questo è. La rivoluzione ha il ruolo che era della vita eterna, salva quelli che ci sperano. Ciò è stato scritto da un dannunziano minore, il Malraux ladro d’arte, già nel 1933, cinico nella Speranza. Ma la storia non è mai come appare.
La rivoluzione è un coitus interruptus, si è argomentato per decenni, per giustificarne la prudenza. Per una ragione anche nobile, evitare di essere cannibalizzata dalla borghesia. Il movimento rivoluzionario, che era fervido fino poco più di trent’anni fa, ha temuto che l’astuta elasticità del sistema ne fagocitasse le richieste, qualora venissero formulate. Ma l’unico suo obiettivo, giusto, non compatibile, non assorbibile, non domesticabile, era “rovesciare il sistema”.
 
La rivoluzione non è in Hegel buona cosa, al famoso capitolo “La legge del cuore e la follia della presunzione di sé”. La legge del cuore è la rivoluzione. È “coscienza impazzita”, “non-essenza”, “irrealtà”. Hegel fu conservatore, si sa. Ma la rivoluzione spregia la ragione, “la tanto disprezzata realtà delle cose”. Rivoluzione viene col basso latino, per dire svolgimento. Nelle lingue moderne è documentata nel 1267, e sta per ciclo, giro. È quindi una fine, che non implica un principio, un salto. Il problema è di chi è la fine. Un sinonimo greco per rivoluzione è metastasi.
 
Tommaso d’Aquino sancì il diritto di rivolta. San Tommaso era suddito di Federico II, re illuminato e quindi scomunicato. Era domenicano e quindi per il papa, anzi teologo della curia - mentre i francescani, si sa, erano agenti della propaganda imperiale, nella lunga lotta tra papato e impero.
 
La rivoluzione è avversione al salaud, che è meno di salope, assicura Barthes, ma è sempre un piccolo borghese. O salaud o vacanze intelligenti, fra romanzi di avventura e mostre didascaliche. È l’avversione alla civiltà di massa, alla democrazia. Non da aristocratici ma da sdegnati, declassati senza classe. Da insofferenti. Per anzianità, pusillanimità. È un fallimento, individuale e della ragione, cosa dice Marcuse che ne ha fatto l’analisi? Eccetto Camus, che è morto, gli altri sono finiti male, bolscevichi non marxisti, ministeriali, uxoricidi, pedofili, e fra le chiappe delle allieve, o degli allievi. Surrogati di surrogati. Come bere cicoria pensandola caffè, di orzo. Per tornare a Hegel, il quesito subito, essenzialmente, è: che filosofia è questa? I tedeschi, siccome Platone è morto e il greco pure, se la cavano con allusioni.

zeulig@antiit.eu




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