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Cretino – La filosofia non ne tratta, ma lo pratica. Lord Russell, all’inizio della “Filosofia Occidentale”, sostiene che Socrate fu condannato giustamente. E perché? Perché Senofonte, cui si deve la tesi della condanna ingiusta, era un cretino. Lo Zenone di Yourcenar ha ragione, gli dei e i demoni che risiedono in noi sono reali. E se l’interlocutore appartiene a una setta, possiamo adoperare contro di lui nell’argomentazione i principi di quella setta. È il topico – la topica? – VIII, 9 di Aristotele. La filosofia lo consente, la quale stabilisce che “il vero può conseguire da premesse false, ma mai il falso da premesse vere”. Da cui lo stratagemma numero cinque di Schopenhauer, usare liberamente le premesse false.
Natura – Suggerisce la
bellezza: l’elegia, l’idillio si legano alla natura. Le albe e i tramonti, i cieli
trascoloranti, i fiori, i frutti, la materializzazione delle stagioni, gli
animali, anche se sempre meno accomunati alla natura e sempre più domestici.
Anche nei sui aspetti ostici o minacciosi o catastrofici: la foresta, il
dirupo, il terremoto, il tifone.
Per trasposizione
dall’aristotelico “in tutte le cose della natura c’è sempre qualcosa di
meraviglioso”. Che però non è la stessa cosa. È una proiezione, ma anche un
modo di essere: la bellezza (l’idea, l’ideale) non deriverà dalla natura, dal
suo proporsi e dalle sue metamorfosi, anche nefaste? Il bello è meraviglioso, il meraviglioso è bello, è vecchia estetica, che si dice romantica, ormai bisecolare. Che però non si supera, l’ecologismo la fa anzi legge fisica. Contro ogni evidenza.
Nichilismo – Può essere etico,
una proposizione, un programma. In fisica, e in metafisica, non ha risolto
tutto il verso di Lucrezio, “Non può nascere nulla\ dal nulla”? Il creazionismo,
sia pure nella forma ridotta del Big Bang, riciccia ovunque.
Le leggi naturali
non sono la spiegazione dei fenomeni naturali. Il lemma di Wittgenstein (“tutta
la moderna concezione del mondo si fonda sull’illusione che le cosiddette leggi
naturali siano la spiegazione dei fenomeni naturali”) constata un’ambiguità,
criticamente.
Pornografia – Esclude
l’erotismo – lo ha cannibalizzato, eraso. La pornografia libera e diffusa ha
svuotato l’erotismo – in una col succedaneo alcol, la vera droga delle nuove generazioni,
il disinibitore, cieco. Non ci si innamora più, solo si scandagliano moti e
misure sulle posizioni del coito. Che peraltro è esso stesso privato d’urgenza
– ridotto a ginnastica e pratica igieniche, doverose. Per i ragazzi allo stesso
modo, ora, che già per le ragazze: non c’è passione, colpo di fulmine, attesa,
corteggiamento, ma solo curiosità, poca, e mutevole, con facilità.
L’attesa,
l’incontro, la scintilla, la lontananza (separazione), la lettera, tutto
svanito. I profumi (ora scaduti a odori), i colori, il contatto, l’epidermide,
il calore, l’incertezza, la gioia, “il miele e il fiele”, tutto il fondo
dell’erotismo, sono cancellati dalla pornografia, che l’amore riduce al coito, alle
tecniche del coito. Sguardi, sfioramenti, carezze, calori, aspettative, sogni,
timori, illusioni, immaginazione, tuto svanito. Di colpo. Anche per le
generazioni precedenti: la scomparsa dell’erotismo, scacciato dalla
pornografia, non è una novità o un assetto generazionale ma epocale, vale per i
figli come per i genitori: l’erotismo non trova più alimento, non nell’immaginario
né nella realtà. Il coito stesso riducendo peraltro a un momento, con la sola
varietà delle posizioni.
L’eliminazione
dell’erotismo è l’eliminazione dell’amore, malgrado le tante storie che se ne
scrivono e si serializzano. Che è ora anch’esso incerto, e unicamente legato
agli esiti del rapporto sessuale – soddisfacente, insoddisfacente, e comunque occasionale
e circoscritto.
Una reductio ad
bestiam? No, è un fatto, evidente, incontestato. In un quadro semmai più
ampio, degli orizzonti e le prospettive ristrette, delle ambizioni, le
passioni, le attese dell’umanità, e a maggior ragione di chi vi entra. Gli
epistolari, oggi pubblici – messaggi, social, immagini – sono tutti mirati a
ridurre l’infinita varietà dell’erotismo all’atto. Spogliato di ogni mistero,
cioè di attrazione. L’erotismo, peraltro eraso, sarebbe comunque uno spreco -
una “perdita di tempo”: non è utile, non produce, non serve. La sessualità ridotta alla pornografia, una
sorta di ginnastica, a fini di fitness, è parte della mercificazione
totale dei rapporti umani nel quadro del mercato.
Psicoanalisi – È una pratica
esorcistica? “La psicanalisi insegna e promette un esorcismo a regola d’arte:
fa vomitare fuori i diavoli e gli ospiti maligni, li rimanda nel deserto, nella
terra di nessuno, donde è sperabile che non tornino più a insidiare il
territorio civile abitato dal paziente. Li restituisce al caso, come è dovere
di ogni buon esorcista. Propone inoltre la figura del medico con la sua disponibilità
ad accollarsi il transfert del paziente, come il tipo insieme dell’esorcista
e del capro espiatorio”, Giacomo Debenedetti, “La sua Quinta Stagione” (in
“Italiani del Novecento”).
Rivoluzione - La rivoluzione è di tutti. Anche di
tutti contro tutti, non si può sapere quando si è dentro, a ogni passo bisogna
fare il punto. Le rivoluzioni, dice Lessing, vanno col tempo,
sono il divenire storico. E il
divenire storico cos’è? È Salamina, Cesare, Attila, la scoperta dell’America,
l’Ottantanove, Lenin, la Bomba? O basta Cristo? E Omero? E le larve, le stelle,
i dinosauri?
Fede è
certezza di cose sperate, come diceva Dante? Rivoluzione rivelazione, questo è.
La rivoluzione ha il ruolo che era della vita eterna, salva quelli che ci
sperano. Ciò è stato scritto da un dannunziano minore, il Malraux ladro d’arte,
già nel 1933, cinico nella Speranza. Ma la
storia non è mai come appare.
La rivoluzione è un coitus interruptus,
si è argomentato per decenni, per giustificarne la prudenza. Per una ragione
anche nobile, evitare di essere cannibalizzata dalla borghesia. Il movimento rivoluzionario,
che era fervido fino poco più di trent’anni fa, ha temuto che l’astuta
elasticità del sistema ne fagocitasse le richieste, qualora venissero
formulate. Ma l’unico suo obiettivo, giusto, non compatibile, non assorbibile,
non domesticabile, era “rovesciare il sistema”.
La rivoluzione non è in Hegel buona cosa,
al famoso capitolo “La legge del cuore e la follia della presunzione di sé”. La
legge del cuore è la rivoluzione. È “coscienza impazzita”, “non-essenza”,
“irrealtà”. Hegel fu conservatore, si sa. Ma la rivoluzione spregia la ragione,
“la tanto disprezzata realtà delle cose”. Rivoluzione viene col basso latino,
per dire svolgimento. Nelle lingue moderne è documentata nel 1267, e sta per
ciclo, giro. È quindi una fine, che non implica un principio, un salto. Il
problema è di chi è la fine. Un sinonimo greco per rivoluzione è metastasi.
Tommaso d’Aquino sancì il diritto di
rivolta. San Tommaso era suddito di Federico II, re illuminato e quindi scomunicato.
Era domenicano e quindi per il papa, anzi teologo della curia - mentre i
francescani, si sa, erano agenti della propaganda imperiale, nella lunga lotta
tra papato e impero.
La rivoluzione è avversione al salaud,
che è meno di salope, assicura
Barthes, ma è sempre un piccolo borghese. O salaud
o vacanze intelligenti, fra romanzi di avventura e mostre didascaliche. È
l’avversione alla civiltà di massa, alla democrazia. Non da aristocratici ma da
sdegnati, declassati senza classe. Da insofferenti. Per anzianità,
pusillanimità. È un fallimento, individuale e della ragione, cosa dice Marcuse
che ne ha fatto l’analisi? Eccetto Camus, che è morto, gli altri sono finiti male,
bolscevichi non marxisti, ministeriali, uxoricidi, pedofili, e fra le chiappe
delle allieve, o degli allievi. Surrogati di surrogati. Come bere cicoria
pensandola caffè, di orzo. Per tornare a Hegel, il quesito subito, essenzialmente,
è: che filosofia è questa? I tedeschi, siccome Platone è morto e il greco pure,
se la cavano con allusioni.
zeulig@antiit.eu
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