martedì 7 giugno 2022

Letture - 492

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Architetto
– Si vuole dominatore degli spazi, cioè voluminoso? Mezzo secolo di critica dell’architettura Novecento, detta fascista, piacentiniana, inutilmente grandiosa, con dispendio enorme di energia, per il riscaldamento e per il raffreddamento. Dopodiché l’architettura contemporanea, per esempio a Roma il Maxi di Zara Hadid e l’Ara Pacis di Richard Meier si segnalano unicamente per lo spreco di spazio, per incapsulare volumi enormi i spazi vuoti, a nessun effetto, né pratico né visivo, se non per il dispendio che richiedono incommensurabile per il riscaldamento e per il raffreddamento. 


Botteghe Oscure – È il top delle riviste letterarie per la scrittrice americana Flannery O’Connor  nel 1960 (“Some Aspects of the Grotesque in Southern Fiction”): “Puoi pure pubblicare i tuoi racconti in ‘Botteghe Oscure’, non sono per niente buoni”. Intende dire in America – il lettore di “carcere federale, o manicomio statale, o casa-albergo locale dei poveri, che vi scriverà che non avete servito i suoi bisogni”. 

Però: il lettore in America scrive(va) ai suoi autori?


Chautauqua – Robert M. Pirsig fa “chautaqua” ogni tanto nel suo libro di viaggio “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”. Chautauqua, dal nome del lago sopra New York, era la rappresentazione dei cantastorie indiani che giravano il paese a dorso di cavallo e in ogni remoto villaggio, sotto la tenda, parlavano di tutto all’impronta. Tra fine Ottocento e primo Novecento un Circuito Chautauqua portò la cultura nell’America remota, seppure sempre dell’America urbana. Pirsig si rappresenta le posizioni dei suoi compagni di viaggio, il figlio e una coppia di amici, per meglio capirne le reazioni.


Classico-Romantico – Sono “maschile” e “femminile” nella vecchia dicotomia di “Fedro”, alias di Pirsig quando faceva il filosofo logico, prima del ricovero in clinica psichiatrica che lo ha normalizzato. Una distinzione a cui però Pirsig, pur criticandola, non rinuncia da savio, in “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, 1974, un quindicennio dopo la discussione sulle “due culture”, irriducibili, l’umanistica e la tecnico-scientifica, al § 6 della Parte Prima: “Un’intelligenza classica guarda al mondo primariamente come la sua forma sottostante. Una romantica lo vede primariamente in termini di apparenza esteriore”. Una differenza che Pirsig diventato savio spiega in termini di differente lettura di un disegno di meccanica, per esempio, o di schema elettronico: “Il modo romantico è primariamente ispirato, immaginativo, creativo, intuitivo. Predominano le sensazioni piuttosto che i fatti. L’“Arte”, quando è opposta alla “Scienza” è spesso romantica. Non procede dalla ragione o da leggi. Procede per sentimenti, intuizioni e coscienza estetica. Nelle culture Nordeuropee il modo romantico è solitamente associato con la femminilità…. Il modo classico, al contrario, procede dalla ragione e da leggi – che sono esse stesse forma sottostanti di pensiero e comportamento. Nelle culture europee è primariamente un modo maschile, e i campi della scienza, della legge e della medicina non attraggono le donne primariamente per questo motivo. Benché andare in moto sia romantico, la manutenzione della moto è puramente classica”.
Ora i campi non allontano o attraggono per sesso – attraggono o allontanano per opportunità, di guadagno e di carriera (potere). Sono cambiati i campi o sono cambiati i sessi?


Do – È il “do” che sostituisce l’“ut” della scala originaria di Guido D’Arezzo, anno Mille, e non il viceversa: non è l’uso francese – che tuttora ha l’“ut” al posto del “do” – che sostituisce l’uso “italiano”. La notazione di Guido, “Micrologus”, fu cambiata in Italia nel Cinquecento da Giovanni Battista Doni, probabilmente dalla sillaba iniziale del suo cognome.


Grottesco – È “il vero stile anti-borghese” di Thomas Mann – non figura tra i suoi detti celebri, ma è anche ovvio: è anti-convenzionale.
È però la cifra di Thomas Mann, di tutti i racconti, compreso “Morte a Venezia”, e probabilmente il “Doctor Faustus”. Anche “Tonio Kroger”, e lo stesso “I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia” si potrebbero leggere in questa chiave - benché, allora, prolissa: il grottesco è rapido, anche fulmineo. Non epica: il romanzo borghese non è epico, e allora in qualche modo è grottesco, anche Proust, anche Flaubert – soprattutto Proust e Flaubert, i due romanzieri super della borghesia.

Forse è qui la differenza con i romanzieri sussi, della nobiltà (Tolstoj), della ribellione (Dostoevskij), e della semplicità (Turgenev, Cechov).


Intellettuali chierici – Sono stati chierici i maggiori letterati del Tre e Quattrocento, nota Dionisotti alle pp. 61- 64 della “Geografia e storia della letteratura”: Petrarca e Boccaccio, Alberti e Poliziano. Una condizione di privilegio intellettuale e pratico – alla qualifica erano legati benefici (rendite, pensioni).
Il concilio di Trento – ancora Dionisotti – fu un concilio di letterati, ma di potere.
Gli intellettuali laici, d’altra parte, sono soprattutto toscani, sempre secondo Dionisotti, che li valuta in un terzo del totale. 

Hitler – “La Germania, vinta in una guerra imperialista, cercava un Hitler, e l’aveva trovato”, V. Grossman, “Stalingrado”, 2da parte, § 30. Cercava un leader revanscista, però, e ne trovò uno, e un disegno, costruiti sui fallimenti: “Tutte le sue idee furono contraddette dalla storia. Niente di ciò che aveva promesso si realizzò. Tutto ciò che aveva voluto annientare trovò in questa lotta un nuovo vigore, un nuovo soffio”. Hitler come rigeneratore, dunque, nel mezzo delle distruzioni che senza posa architettava.


Latino – Il latino del tardo Quattrocento è di gran lunga più realistico e popolare della letteratura in volgare, trova Dionisotti nella “Geografia e Storia della letteratura”: è nel primo ‘500 che il latino diventa una severa disciplina ciceroniana e virgiliana – mentre Bembo codificava il volgare.
Più popolare forse no, non era possibile, ma più vivace.

Pasolini – Ebbe una fase proustiana, nel 1951, quando già viveva a Roma. Nel progetto “Per un romanzo sul mare”, poi ridotto, nell’estate del 1950, a “Operetta marina”, un racconto lungo, una cinquantina di pagine, dell’infanzia a Cremona e a Sacile. Inviato nel 1951 al premio Taranto, non fu premiato, “benché giudicato”, scrive Nico Naldini, “«un finissimo racconto proustiano»” – la stessa impressione, netta, si ha senza sapere del premio Taranto leggendo il racconto nei Meridiani: una derivazione trasparente e quasi un’imitazione, quasi un pastiche, genere di cui Proust si dilettava, nelle figurine e il loro mondo, oltre che nella scrittura, benché tessuta di coordinate e non di subordinate.


Poesia cavalleresca – “Genere umilissimo, tradizionalmente anonimo” – Dionisotti, “Geografia e storia della letteratura”, 158.


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