sabato 13 maggio 2023
Quando Pisani (il capo della Polizia) era camorrista
“La cattura del superricercato Zagaria è coordinata da Vittorio Pisani ma non si dice. Non si deve dire. Perché Pisani l’anno scorso, appena catturò l’altro superricercato Iovine, fu dimesso da capo della Mobile a Napoli e allontanato dalla città, su iniziativa della Procura di Lepore, dalla giudice Maria Vittoria Foschini. Che l’accusarono di avere troppi contatti coi camorristi. Infatti, come si sa, i capi della camorra si catturano con lo Spirito Santo.
Ombre - 667
Gustavo
Zagrebelsky, giudice costituzionale di Scalfaro, il presidente beghino, invita
alla disobbedienza civile sul riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali.
Da un estremo all’altro, o che (non) si fa per un like. I social non sono nati con la rete.
“Elly
e l’armocromia: l’attenzione al guardaroba non è un vezzo borghese”, Lilli
Gruber, “7”. È aristocratico?
È
curioso come Fratelli d’Italia e Lega, che governano insieme, reduci da una
decisa vittoria elettorale con liste concordate, e con la prospettiva di un
solido governo di legislatura, vadano volutamente alle amministrative in
concorrenza in molte città, Massa, Siena, etc., cioè alla sconfitta sicura. La passione
politica – di partito, dei capipartito – prevale sul governo, sul potere. Il
problema della governabilità in Italia non è di leggi elettorali –
presidenzialismo? premierato?
“la
Repubblica” fa una pagina sul dildo e l’onanismo femminile, e a fronte ci
piazza una pagina con il cardinale di Bologna Zuppi. Che naturalmente parla
dell’amore di Cristo. Una pernacchia, cattiva. Il cardinale è amico del papa
Francesco, ma non è un fesso – è il presidente eletto dei vescovi italiani. Forse
crede troppo.
Si
merita una pagina e Conchita Sannino su “la Repubblica” l’operaio di Castellammare
di Stabia che ha fato indossare la giacca della sua tuta di lavoro a Elly Schlein,
l’ha presa in braccio, “come ha fatto benigni con Berlinguer”, e di fronte a
un’équipe fotografica di passaggio, si è con lei immortalato tra le risate. Che
malinconia. Schlein, se ha deciso d’investire in immagine, non potrebbe
modernizzarsi?
Nella
pagina a fronte dello stesso giornale l’onesto Augias recensisce la riedizione
di Bobbio, “Destra e sinistra”. Non potendo fare a meno di rilevare che tanti anni
sono passati – per il saggio di Bobbio. E che “il tema dell’uguaglianza è oggi
più complicato di quanto fosse in epoche lontane”. Anche molto lontane – “il fascismo
provò a innestare su una politica reazionaria alcuni istituti sociali”.
Von
der Leyen va a Kiev e altrove e parla inglese.
Perché Bruxelles parla inglese, se l’Inghilterra l’ha rifiutata e la
disprezza?
Si
sbaglia o è saggia politica acculare la destra al governo alla reazione, e anzi
al fascismo? Da posizioni fasciste, per esempio in molti media. Dichiararsi di
sinistra non esime, libertà e uguaglianza vigono anche per la sinistra dichiarata
– arroccata, presuntuosa. Uno pensa a Berlinguer, il santino degli ultimi
comunisti, e gli viene la pelle d’oca.
Dividendi
corposi sul 2022, ma con sorprese. Unicredit paga poco meno di un euro, e in
cassa arriva più o meno tutto, 73-74
centesimi, pagata la ritenuta d’acconto. Stellantis paga ben 1,4 euro, ma in
cassa arrivano solo 82 centesimi. Stellatis ha spostato al sede in Olanda
perché il fisco è più generoso. Per chi?
La
Fiat emigra in Stellantis, che emigra in Olanda, e la finanziaria di famiglia Exor,
padrona di Fiat, anch’essa di diritto olandese, si paga il dividendo intero, o poco
meno. Il comune cassettista paga invece la ritenuta d’acconto e anche la doppia
tassazione, a intermediario non residente. E questo è il mercato – o lo Stato
del mercato (in Sicilia si direbbe cornuto e bastonato).
Dunque un miliardo e mezzo
di persone si sono collegati per vedere il nuovo re inglese. Una cerimonia da
niente, i bambini della famiglia reale si annoiavano. Annotata, almeno per l’Italia,
da dozzine si commentatori sulle maggiori reti tv. Non c'è proprio niente di
interesse al mondo?
La principessa Meghan, la
nuora americana del re, in contemporanea si postava in abbigliamento da
trekking, suggerendo il sudaticcio ma non troppo, con indosso i gioielli di
Diana, la defunta suocera. In che mondo siamo caduti. Poi dice che gli
anarchici non hanno ragione.
Murgia,
molto malata, spera solo di morire dopo la caduta del governo Meloni, per potersela
godere. Meloni può così augurarle di vivere molto. Eleganti scambi di cortesie
– femminili anche, checché ne pensi Murgia. Ma lei vuole la fine di Meloni, o
le fa propaganda?
Protesta
il Pd contro il governo per lo spoil system, perché cambia i manager
pubblici. Ma se li cambia, se ne cambia troppi, non è perché erano tutti Pd?
Non
si può parteggiare per Trump, ma vederlo condannato per aver fatto pagare una
prostituta e per le fantasie di una signorina ottantenne molto intraprendente
ai suoi anni, fa impressione. In quello
che si autoelegge il tempio della libertà .
Trump,
oltretutto, figura un ingenuo di fronte alle querelanti e ai loro giudici.
Feynman, la Fisica spiritosa
Lightman,
un fisico anche lui, ricorda Richard Feynman, il Nobel per la Fisica 1965, a 47
anni, pioniere del computer quantistico, coniatore della nanotecnologia, concetto
e pratica, scrittore brillante e vivace, per “il suo stile”, o modo d’essere: “cocciuto,
irriverente, grezzo, incolto, orgoglioso, scherzoso, intensamente curioso, e
molto originale in praticamente ogni cosa che facesse”. Incolto no, e nemmeno
grezzo: i suoi libri, che si continuano a vendere, lo dicono il contrario.
Anche ottimo scrittore: i suoi libri “da banco”, briosi, perfino umoristici, e precisi,
hanno rianimato gli studi di Fisica, in America e fuori.
Un
saggio del 17 dicembre 1992, per i cinque anni della morte di Feynman nel 1988,
settantenne, sulla vita, il lavoro scientifico e matematico, e il “personaggio”.
L’inizio della mitizzazione di “un genio matematico la cui propensione per
comportamenti eccentrici hanno prodotto centinaia di «storie di Feynman», che i fisici si passavano di bocca in bocca”.
Alan
Lightman, The One and Only, “The New
York Review of books”, free online
venerdì 12 maggio 2023
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (525)
Giuseppe Leuzzi
Grandi Eventi in contemporanea l’incoronazione
del re britannico e lo scudetto del Napoli. Non cattivi né offensivi. L’uno si
può dire aristocratico, l’altro popolare. Entrambi in qualche modo genuini, non
artefatti, pubblicitari: richiamano sentimenti autentici, non offrono niente da
guadagnare. Ma entrambi malinconici. Perché passatisti? No, niente che li colleghi.
Nella vittoria del Napoli c’entra anche la bella squadra, il bel calcio. Perché
non c’è altro entusiasmo. Ma nel caso dell’Inghilterra è per un declino, nel
caso di Napoli per un’incapacità o impossibilità.
Il giuridicismo (burocratismo)
del “codice appalti” che il governo Meloni prova ad allentare, è particolarmente
letale nel Meridione – è soprattutto al Sud che i cantieri non finiscono mai.
Non in tutto il Sud, in alcune sue regioni – le stesse che forniscono la burocrazia
di Stato, leguleia: Sicilia, Campania e Calabria. Non in Abruzzo, o in
Sardegna, in Puglia, in Basilicata, che in effetti è un Sud che prospera.
Il Sud vittoriniano
Roberto Roversi ha, nella
prefazione a Ignazio Buttitta, “La paglia bruciata”, “una Sicilia vittoriniana”:
“La terra dell’emigrato che ritorna per un momento, luogo di transito, di
educazioni composite e capovolte; centro di memorie, di qualche struggimento di
cuore; e, nonostante tutto, di rapidissime fughe (in avanti)”.
Molti in effetti vivono
altrove, a Milano o a Roma – e pensano “altrove”, anche se parlano più spesso
del Sud. Lo stesso Sciascia ci ha provato, a Roma in vari momenti. Il più
siciliano di tutti, Camilleri, è stato romano per quattro quinti della sua
vita, se non cinque sesti. La Capria pure, che molti identificano con Napoli.
Il Sud nelle lettere e nelle
arti si preferisce emigrate. Con ritorno
certo, ma momentaneo. Anche questo contribuisce all’immobilità apparente del Sud,
alla fissità, immemoriale.
L’unità ha fatto male al Sud
È una verità nota, che si
dice non dirimente. E invece significa, molto: le cifre hanno una loro verità,
inoppugnabile. Nel 1861 il reddito pro capite era nel Sud all’incirca uguale a
quello delle regioni settentrionali – la media nazionale non registrava grossi
scostamenti, se non in un paio di province del Nord, alpine, ma allora al
ribasso.
Ancora trent’anni dopo, nel
1891, il livello di reddito pro capite era in Lombardia uguale a quello della
Campania, a un indice 111 contro il 110 di Napoli, rispetto alla media nazionale
fatta 100. Il Veneto era a quota 79, la Sicilia a quota 81.
Oggi la Lombardia è a un
livello 124 rispetto alla media nazionale, la Campania al 64. Il Veneto è a
quota 112, la Sicilia a quota 60 - meno della metà della Lombardia.
Tedeschi e albanesi pari non sono
Racconta Al Bano a Cazzullo
sul “Corriere della sera” che deve il nome alla prigionia del padre in Albania
– “me lo hanno staccato quando entrai nel clan di Celentano, all’americana”. Il
padre era militare in guerra in Albania. “Gli albanesi gli aprivano le loro
case, lo facevano dormire nella paglia, lo sfamavano con il granturco”. In
licenza, “fece la fuitina, e fui concepito io” – “un amore immenso”. Tornato in
Albania, “era analfabeta, imparò a scrivere per scrivere a lei”. E quando seppe
dell’attesa scrisse: “Gli albanesi mi hanno salvato e se avremo una femminuccia
la chiamerai Alba, se un maschietto Albano”.
Poi, dopo l’8 settembre, il
padre finì prigioniero di guerra tedesco nel capo di Wletzar - la città dei
“Dolori del giovane Werther”. “Partì che era un omone”, dice Al Bano, “ritornò
che pesava 42 chili”. E una volta, quando Al Bano era già adulto, gli spiegò: “A
me i tedeschi mi hanno pestato a sangue, con il calcio dei fucili, per due scorze
di patate che avevo raccolto”.
I “caratteri nazionali”, primo
libro a fondamento della “Storia d’Italia Einaudi” in dieci tomi, sono una
categoria storiografica discutibile. Discutibili anche come categoria sociologica.
Perlomeno nella forma sempliciotta del “modi di pensare”. Personalmente l’esperienza
se ne è maturata grata, ma inconsistente, e al fondo non simpatica. “Lei non sembra
italiano” per la prima volta a quindici anni in Costa Azzurra, in campeggio,
dai genitori di qualche bella ragazza. O ai vent’anni a Parigi dalla famiglia
di un conte di una cui figlia era fidanzato quasi in casa, oltre che dai
tassisti. E a Londra, sempre e ovunque, e in Germania. Intervallato da “lei non sembra meridionale”, a Firenze, e poi a Milano, anche in epoca pre-Lega. Ma
evidentemente ci sono delle connotazioni tribali persistenti. Di attitudini, linguaggi,
sentimenti.
Napoli
Ha tenuto l’Italia in sospeso
per un mese e oltre, Pasqua compresa e tutti i “ponti”, Roma senza prefetto, i media
trepidanti, sfidando ogni scongiuro, per festeggiare lo scudetto. O meglio, la
smorfia l’ha pure messa in campo, giocando sulla Lazio, se perde, e sul Napoli,
se vince. Ma un mondo ha confermato che solo si occupa di festeggiare: malgrado
quello che si dice, da Troisi a Salemme, non sono gli altri che “fanno” i napoletani,
Napoli non ha complessi – non gliene frega nulla di nessuno.
Negli stessi giorni Genova
mandava in serie A una sua squadra e in B l’altra. Senza drammi - il calcio è
pur sempre uno sport, si vince e si perde. E si dotava di un “avamporto” da 1miliardo
e 300 milioni, che ne fa il più grande scalo del Mediterraneo – cioè si
raddoppia il porto.
Ma si è smentita sullo
scudetto: nessun rispetto per gli scongiuri, è festa subito, una, due, tre
volte. La Lazio si perde a Milano, e
niente, il Napoli non vince una facile partita. La Lazio perde a Roma, il Napoli
fatica a Udine, ma non importa, è fatta. Anche a fronte dello scongiuro vince
la voglia di festa. Anche il vecchio cliché,
ma non è un cliché, del napoletano lesto
di mano, è fare la festa, agli altri.
Per quanto, trecento al
Pronto Soccorso la notte della festa sono un po’ troppi. Napoli vuole imitare
Rio, ma le conviene – Rio è un inferno?
Un napoletano trapiantato a
Palermo, Ciro Di Vuolo, scrive mezza pagina su “la Repubblica-Palermo” per celebrare
un incontro casuale con Maradona, la moglie Claudia e il cagnolino. All’allora
bambino Ciro, Maradona dà una pacca: “Con un po’ di insofferenza mi diede la
pacca sulla spalla salutandomi”. Delusione. Poi l’illuminazione: “Quando Enrico (l’amico. n.d.r.) mi disse «ti ha
toccato» capii che mi aveva fatto un regalo. La maglietta che indossavo toccata
da Diego ovviamente non è stata più indossata né lavata”. A volte Napoli è simpatica
malgrado i napoletani.
Manifesti a Udine, Bergamo, Varese,
Torino hanno messo in guardia da festeggiamenti per il campionato vinto dal
Napoli. Sono cose da “ultra” – lo stesso avviso è comparso a Salerno – e probabilmente
di pochi. Ma quello di Bergamo è dettagliato: “Ricordiamo ai ristoratori, baristi,
pizzaioli che per festeggiamenti e pagliacciate varie arriveranno adeguate
risposte” – “anche a distanza di tempo”.
Un capolavoro invece il
trionfo del Napoli calcio è di management. Di una proprietà oculata, intelligente,
con investimenti giudiziosi – non i miliardi sprecati da una Juventus, e i
debiti. Cedendo anche giocatori importanti, e sempre rimpiazzandoli al meglio.
Dura con le bande ultras, i Gennaro ‘a
carogna, gli assassini di Roma et al.,
la varia coltura che non ha nulla di pittoresco, giusto violenza.
Il torinese Soldati celebrava
il primo scudetto del Napoli nel 1987 ricordando la sua personale scoperta della
città: “Cominciai a identificare spontaneamente l’Italia tutta con Napoli nel
lontano inverno del 1931. Ero a New York. A lungo, e invano, avevo cercato di restare
in America”. Respinta la pratica per la cittadinanza, era stato espulso: “Fui
imbarcato su una nave mercantile come working
passenger, passeggero lavorante”. Tristezza, avvilimento, disperazione, da
deportato. Ma già alla scaletta cambio d’umore, ascoltando una canzone. Che “un
marinaio cantava, nell’aria gelida della prima mattina”. Era “Solo per te ,
Lucia” – scritta da Bixio per il primo film sonoro italiano, “La canzone dell’amore”.
Quella canzone, “napoletana e italiana, quella mattina mi rivelò, una volta per
sempre, che Napoli è il cuore dell’Italia”.
Anche La Capria celebrava sul
“Corriere della sera”, come Soldati, lo scudetto 1987. Commosso anche lui. Ma
poi perplesso, “dopo che il dì di festa è passato”. Per “l’immagine di Napoli”
che vi veniva collegata, “vecchia, convenzionale, folcloristica, che ricorda i tempi di Lauro”. Un’immagine che “sta bene a tutti: ai giornali, alla
televisione, e all’Italia, perché ribadisce un pregiudizio radicato e una serie
di luoghi comuni collaudati”.
Volendo complimentarsi nel
1771 con l’abate Galiani per un trattatello che le aveva inviato sulla condizione
femminile, Abbozzo di un dialogo sulle donne”, Madame d’Èpinay scrive
all’abate, a Napoli: “È ben evidente che non ha l’aria di essere stato scritto
a Napoli, ma a Parigi”. Le parti erano già date nel Settecento.
“Intelligenza, spiritosità, superficialità e serietà insieme, generosità, curiosità culturale, naturale disposizione alla causerie”, è ciò che fa il buon napoletano secondo Antonio Altamura - laureato honoris causa della Sorbona, autore del Dizionario Dialettale Napoletano (nome improprio perché per lui il napoletano è una “lingua”), nonché di una Grammatica Napoletana e di un Vocabolario Italiano-Napoletano – nella premessa alla sua raccolta di “Frizzi e sorrisi dell’abate Galiani”. E questi i difetti: “Pigrizia, superstizione, maldicenza, instabilità di carattere, scetticismo”. Cioè? Il troppo piccolo è troppo grande – è il problema (oggi la chiave del successo) del provincialismo.
leuzzi@antiit.eu