La corsa agli armamenti
Si cambia
allegramente, dall’oggi al domani, un assetto finanziario della difesa - una distribuzione
della spesa pubblica - inalterato per ottant’anni, di cui quaranta in una
terribile “guerra fredda”, con minaccia atomica, come stappando un brindisi.
Mentre è una spesa tipicamente “improduttiva”, ed è pericolosa – si fanno le
armi per usarle. Con un programma di spesa a breve senza precedenti, di 1.200
miliardi.
È anche
un “risveglio” principalmente tedesco, del governo di Berlino e di von der
Leyen a Bruxelles, e anche questo è un fattore nuovo. Il programma del nuovo governo Merz prevede spese per la Difesa al 5 per
cento del pil – l’annuncio è stato dato dal ministro degli Esteri,
democristiano, irritando i socialdemocratici, ai quali fa capo il ministero della
Difesa, ma gli Esteri sono stati voluti per il suo partito dal cancelliere
Merz, dopo mezzo secolo di ministri Liberali, Verdi e Socialdemocratici, e
dunque l’annuncio non è balzano.
Si spende
così tanto e così in fretta senza un motivo preciso - la Russia non giustifica
la spesa (la Russia, 144 milioni di persone, superficie e minerali incalcolabili,
ha un pil inferiore a quello dell’Italia).
È vero,
ed è giusto, che l’Europa si deve dotare di una politica di difesa. ma questa
deve passare, più che per il riarmo di 27 eserciti nazionali, per una forza armata
europea. Il progetto è politico e giuridico, prima che di acquisto di missili e
carri armati.
L’Europa
si è difesa per quarant’anni da una minaccia dichiarata, programmata, e ben
peggiore di quanto Putin possa prospettare, quella dell’Unione Sovietica, con i
russi a Berlino, organizzandosi con l’1,5 per cento del pil. Ora il vanto è di
aver portato la spesa italiana al 2 per cento. Ma sono ben 1,2 miliardi in
più. Una cifra enorme per un paese in ristrettezze finanziarie, com’è l’Italia.
E con quale effetto?
Passare dal
2 al 5 per cento del pil, come il ministro Crosetto promette, significa quasi
eguagliare la spesa per la sanità – 6,2 per cento. È tutto dire.
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