mercoledì 25 giugno 2025

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (596)

Giuseppe Leuzzi


Una curiosità alla 24ma Triennale di Milano di quest’anno, sul tema “Inequalities”, è il padiglione polacco, che si apre sulla gigantografia “Una breve vacanza”, il titolo di un film di De Sica (1987, con Florinda Bolkan e Renato Salvatori), come porta d’ingresso alla filosofia dell’allestimento: una sorta di tepidarium romano, per dire un luogo di incontri, conversazioni e fitness. Il film, dimenticato, è da un racconto di Zavattini, una “storia vera”: la metamorfosi di una giovane calabrese emigrata, moglie, madre, nuora, lavoratrice dentro e fuori casa, che si ammala ai polmoni, e in sanatorio rinasce. Bisognerebbe mandare la Calabria, la regione, in sanatorio?
 
Non si esime Milano, “Corriere della sera”, “La Gazzetta dello sport”, di dire il giovane, bravo, bello, intelligente, socievole calciatore Yildiz “il turco”. Uno che ha imparato in due anni l’italiano, dopo dieci anni di tedesco. Che veste italiano. Sorride italiano – divertito. Si ispira a Del Piero e lo dice. È felice e fa felici.
Il “turco” come dire un estraneo. Ma anche uno di bassa lega. Il tribalismo perdurante di Milano è la cosa più strana di questo millennio. Sarà il segreto della ricchezza?
 
“Italiani mafiosi”, avrebbe detto in Grecia il truffatore americano arrestato per i due delitti di Villa Pamphili. Una tra le tante eiaculazioni per evitare l’estradizione in Italia - meglio gli Usa, dove è protetto dalla famiglia, nel sistema americano funziona così (il personaggio e i delitti restano ignoti ai media americani, malgrado i tanti aspetti di “colore”, tragici e ridicoli). Però, un film di cui ha fornito solo la copertina ha avuto dal ministero della Cultura in Italia 863 mila euro. Il direttore del ministero che glieli ha dati dice serafico: “I film internazionali non hanno l’obbligo di uscire in Italia”.
Uno penserebbe che “essere usciti” è precondizione per essere finanziati. No, per il finanziamento basta la parola, di un amico. È Roma che si è meridionalizzata, o è il Sud che si è italianizzato?
 

Al concorso annuale “I luoghi del cuore”, del Fai-Intesa San Paolo quest’anno si è classificata seconda Gallipoli, con la Fontana Antica, con ben 63 mila suffragi. La curiosità non è delusa: un Fontanone dell’antichità, con alta e larga parete scenografica in bassorilievo. La Fontana Antica è antica greca, non c’è dubbio, del II o III secolo a.C. – ci sono sistemi per datare le pietre. Nelle inevitabili beghe archeologiche ci fu chi sostenne che era un’imitazione, rinascimentale. Per avvalorare la datazione classica fu allora fatto valere il curioso argomento che le “figure indecenti” non potevano essere cristiane.
Nulla di indecente, naiadi. Ma il Sud naviga all’onda, non ha archivi o li ignora.


È la protervia (leghista) la via del successo
Dopo mesi di baldoria bancaria, o “Risiko”, il sito-giornale “Milano Finanza” di Panerai dà uno sguardo all’azionariato di Bpm e “scopre” che praticamente il banco è di proprietà francese. Francesi i maggiori azionisti: Crédit Agricole al 19,8 per cento (almeno al 19,8, va aggiunto), più Banque Postale – statale – all’1 per cento, poco meno, Natixis allo 0,7, Bnp allo 0,3. Frammentate le altre quote – anche se si sa (dalla Consob)
 che Blackrock è al 5 e qualcosina per cento ((l’investor relations di Bpm registra di Blackrock solo due miniquote, delle quindici che invece si leggono sul sito Consob). E dunque un Bpm a proprietà francese, la legge Capitali del ministro
Giorgetti un anno fa consentendo alla squadretta messa su da Agricole il controllo pieno del banco, senza l’incomodo di un’opa.

Giorgetti, leghista severo, può permettersi questo e altro. P.es. dire che Unicredit è di proprietà straniera perché ha nell’azionariato soci stranieri – non dirlo, farlo dire da un suo comitatino ad hoc, di giurisperiti di nessun nome, che chiama del golden power. In effetti è vero, ma nel senso che ha nell’azionariato tutti i fondi pensione e d’investimento possibili, senza nessuna presenza condizionante – è a proprietà diffusa, come usava raccomandare quale regola di buona democrazia dire al tempo delle privatizzazioni e liberalizzazioni. Al contrario di Bpm. Che invece, sempre per il ministro Giorgetti, leghista, è “un presidio di italianità”.  

Ma, poi, lo stesso sito-quotidiano (ex?) di Panerai evita di dire lo sconcio di stabilire per decreto governativo – il cosiddetto golden power – che Unicredit è a proprietà straniera, e che Bpm, pedina del suo disegno di prendersi Mediobanca-Generali, è invece l’italianità in persona, da salvaguardare per legge.
L’ipocrisia si direbbe il segno di Milano. È anche questa una ricetta della ricchezza? O non bisogna invece essere mafiosi – diretti, senza concorsi esterni e associazioni, roba da giudici. I leghisti stessi lo pretendevano, che ce l’avevano “duro” - anche se non si può dire ora con la Meloni.
 
Sei anni a Locri, una condanna
Nell’ingiusta requisitoria all’ingiusto processo cui sono sottoposti, dopo 500 giorni di detenzione “preventiva”, tra Locri e Reggio Calabria, due trentenni iraniani, Amir Babaj e Marjan Qaderi Jamali, denunciati dagli scafisti come scafisti perché Amira aveva impedito loro lo stupro di Marjan, la Pm non ha portato una sola prova, o testimonianza credibile, che i due due in qualche modo lo fossero. Si è limitata a lamentare che il suo lavoro - l’accusa ai due – era stato ostacolato dall’“informazione”: “La difficoltà principale che io ho trovato è stata l’esposizione mediatica che la vicenda ha assunto”. Ma dove li prendono?
Sulla base di questa requisitoria il Tribunale di Locri ha scagionato Marjan e condannato Amir a sei anni. Il “comandante” del barcone, un egiziano, che ha patteggiato, ha avuto meno. Il “comandante” ha sempre dichiarato che i due iraniani erano passeggeri a pagamento. Anche i giudici, dove li prendono?
La Pm ha tenuto a elogiare “l’operato encomiabile delle forze dell’ordine e della magistratura, soprattutto nei territori dove noi ci troviamo a operare”. Che non sono i suoi, precisa: “Dove io mi trovo a operare da più di sei anni ormai, perché ho origini di altro tipo”. Viene infatti da Milano. E non è razzista – è in rete per avere dichiarato in altra occasione che tra Sud e Nord non ha trovato differenza – era a proposito di violenze domestiche: “I casi di violenza, soprattutto domestica, si verificano dappertutto”. Perbacco.
Certo, si fa il concorso, e chi lo vince diventa giudice. Però, c’è sempre questa storia che il dipendente pubblico può essere spostato ovunque. In un senso questo serviva. Quando c’era la leva militare, p.es., i giovani del Sud andavano al Nord, e viceversa, dando un qualche fine pedagogico a un servizio altrimenti inutile. Ma perché mandare per sei anni una milanese a Locri? In punizione, sua o di Locri?
E poi, giusto per dire, ma Currao non è nome meridionale? È vero che cognomix ne registra 26 in Lombardia, ma ben 92 in Sicilia e 37 in Calabria. Marzia, sì, certo, non è nome meridionale.
 
Cronache della differenza: Calabria
“Una cosa che la rende felice?”, chiedono al testaccino e romanista Caudio Ranieri, dopo il miracolo con la Roma in campionato. “Avere amici sinceri, quelli di Catanzaro”. Dove ha giocato da giovane, quando aveva 21 anni -- poi, quindici anni dopo, per cominciare da allenatore, lo hanno chiamato alla Vigor Lametia, Interregionale.
L’amicizia è stata svalutata da Sciascia, ma non è male.
 
Ha molti santi – molta devozione – ma se li dimentica. Per esempio san Francesco di Paola, famoso e venerato in Francia e a Roma, a Trinità dei Monti. Ora è tutta per san Pio da Pietralcina.
 
Mattia Preti è artista, dice Antonio Baldini (“I viaggi di Bonincontro”) girando per Taverna, il paese natale del “cavalier calabrese”, nel 1926, di “rapida, franca, solida, compatta e corrusca pittura ch’è la maggior gloria dell’arte calabrese” – un’“arte calabrese”?
 
Baldini lo dice anche sempre legato al paese, che abbandonò da ragazzo: “Pare che non ci tornasse che una volta sola, da vecchio, rompendo una volta il viaggio da Napoli a Malta; ma portò sempre nel cuore il paese natale, ed accettò sempre volentieri commissioni dai religiosi e dai signori del luogo”. Questo è vero, Taverna ha ancora molte sue tele.
 
Il governo di centrodestra moltiplica gli incontri a Roma con la Regione Calabria, di centro-destra. A Pasqua ha rinnovato l’impegno, qualcosa come due miliardi, per cinque nuovi ospedali: Sibaritide, Vibo Valentia, Gioia Tauro-Palmi, un altro ospedale a Cosenza, un Gom (Grande ospedale metropolitano) a Catanzaro. E miglioramenti, per une ventina di milioni, a Locri, Catanzaro, Crotone, Polistena. Ma i progetti non sono nuovi - Gioia Tauro-Palmi è già stato “finanziato” un paio di volte.  Si dice che la politica ama spendere, ma in Calabria neppure quello.
 
S’illustrano ora turisticamente, p.es. sul “Venerdì di Repubblica” i laghi Prespaa, tra Grecia, Albania e Macedonia del Nord. Una trentina o quaranta anni fa era una gita in solitario. Si oltrepassava salendo un posto di blocco militare greco - la Grecia contestava la denominazione Macedonia del Nord, e il traffico di immigrati dall’Albania - dove era di rito: “Ma che ci andate a fare?” E si saliva per programma, per zone aride. Finché si apri l’altopiano, effettivamente piatto e brullo, non un albero. Ma col fascino di tutti gli altopiani. E una targa stradale, una sola, con la scritta Platì – così, certo col p greco.
 
Che, poi, Platì più che altro è un nome. Un attraversamento dimenticato della statale Bagnara-Bovalino, desueta da tempo per i suoi mille (899?) tornanti. Ma al vertice del “triangolo dei sequestri” di persona, San Luca-Platì -Natile, della c.d. Anonima Sequestri – in realtà nota ai più – che nei trent’anni fino ai primi 1990 effettuò 191 sequestri, alcuni durati anni.
Paura dei sequestri? No, ma si veniva fermati a ogni incrocio dai Carabinieri.
La lotta al crimine è strana - meglio starne fuori (omertà?).
 
“Essendo di origine calabrese, cioè il Sud più dimenticato…”, Marina Valensise può premettere sul “Corriere della sera” a Valerio Cappelli. Più dimenticato, si direbbe, dai calabresi stessi, che in molti se ne vanno e se ne stanno fuori – qualcuno torna “per la mamma”, finché vive.
 
Dimenticata dalla storia, ma di più dalla storiografia, anche calabrese. Immolata a un presunto marxismo nel dopoguerra. In precedenza “antichista”, celebratrice di antichi fasti. Una “umanistica” dagli esiti stravaganti. Sono finiti in Calabria Oreste, Filottete, anche Ercole, e Licaone con tutti i suoi 22 figli. Ulisse vi è sbarcato variamente, ad Amendolara, Crotone, Copanello, Lamezia Terme, e anche in montagna, a Tiriolo e a Nardodipace.
C’è la spiaggia di Oreste – più di una. Il porto di Ulisse – idem. La piana dove fu rapita Persefone. Il porto di Agatocle.

leuzzi@antiit.eu

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