Giallo d’estate, esile
Un giallo estivo, esile, per una serie di incontri gay,
maschili e femminili, innocenti cioè ordinari – al più si fa l’adorazione dell’eterno
“ragazzo bruno col ciuffo” (c’è anche un “grazioso ragazzo biondo di Amburgo”,
sempre col ciuffo – qui siamo a Zurigo), e si fanno anche feste per “due tizi
nuovi, tizi giovani”. Con una cagnolina Lulu che innamora tutti, quasi come i ragazzi
biondi col ciuffo. E ragazze che vanno, senza farci caso, anche con ragazze. Il
mondo come si vorrebbe, promiscuo.
Sempre quell’“universo claustrofobico e irrazionale
nel quale si entra, ogni volta, con un senso di pericolo personale”, che Graham
Greene trovava nei racconti di Patricia. Qui per 300 fittissime lunghe pagine,
di 41 righe, che raccontano ripetendoli gli eventi quotidiani. Niente succede,
non di eccezionale, rispetto agli eventi della vita quotidiana. Se nno il ricordo,
emergente, di un ragazzo giovane e bello che è stato ucciso a coltellate un
anno prima, di notte in un vivolo all’uscita dal cinema, forse in una colluttazione
con uno scippatoere. Ma per un’elaborazione del lutto molto superficiale, giusto
un’ombra qua e là, in mezzo al dragaggio costante, di giovani belli, e di una
ragaza. Negli intervalli della giornaliera messa in ordine, della casa e dell’ufficio.
C’è
una cattiva. Una donna piccola, brutta, zoppa, e forse non inoffensiva, una
sarta con laboratorio, nel quale dà lavoro a quattro apprendiste, che prende il
caffè nel bar frequentato anche dai froci,
e li odia. E li perseguita? La “cattiva” - volitiva in realtà, e fattuale
- è una ebrea polacca: un bersaglio doppio. È l’unica libertà che Highsmith si
prende, nel 1993.
Molto
dettagliato, ma mai accelerato, a sviluppi lenti e per lo più a vuoto – l’unica
suspense è il nome dell’autrice.
Ma di lettura lieve e svelta. Il titolo originale peraltro non mentiva: “Small
g. A Summer Idyll”, dove la piccola “g.” sta per gay, ed è piccola per indicare
un bar o ritrovo dove “è possibile” incontrare gay, non esclusivo cioè.
Sopravvalutato, forse per essere l’ultimo racconto dell’autrice
(morirà qualche mese dopo, per un tumore pregresso), scrittrice peraltro seriosa,
che non giocava sul pettegolezzo e lo scandalo. Si legge come una sfida all’ordinario,
al non-evento.
Curiosa, senza un motivo preciso, l’eco risuona a
ogni pagina di Pasolini, forse per essere stato il primo che ha sdoganato
l’attrazione gay nella narrativa mainstream
– o sono le trepidazioni gay non romanzabili, solo di gesti fisici?
Patricia
Highsmith, Idilli d’estate,
Bompiani, pp. 301 € 6
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