Povera Calabria, un pozzo senza fondo
Nel
1908 un aristocratico austriaco, 34nne, molto azzimato, benché frequentatore occasionale
di poeti e artisti, non però di bohème –
anzi: Rilke, Wedekind, Wassermann tra gli altri – nonché romanziere già di
fama, decide di fare, da solo, il viaggio lungo la costa adriatica dell’Italia
(l’Adriatico era anche un mare austriaco), da Venezia fino a Bari, e poi
tagliare per Taranto fino in Calabria. Decide di fare un tour della Calabria. E ne ha già pronto il racconto appena tornato,
racconti di cose viste e di conversazioni occasionali, con gente e di fatti
ordinari. Un testo subito pronto. Senonché il terremoto del 28 dicembre potrebbe
farne saltare la pubblicazione. Van Oestéren rimedia con una postfazione, nella
quale si scusa “per il tono allegro e noncurante con cui talora racconta quello
che gli è capitato”. E aggiunge due appendici sul terremoto del 1783: le relazioni del cavaliere Du Fay, e quella
di lord William Hamilton, l’ambasciatore inglese presso il re delle Due Sicilie.
Un
tono leggero, dunque. Come le persone che incontra, gente qualunque – compresi i
primi emigrati di ritorno. Sui fatti minimi della vita di ogni giorno. Col
limite della poca conoscenza dell’italiano, e nulla del dialetto. Pochi anni dopo
il suo racconto dovrà confrontarsi con quello di Norman Douglas, più sapido, e
la “Povera Calabria” cade nel limbo. Ma
Douglas è svelto di lingua (i suoi aneddoti hanno soprattutto la forza del
linguaggio). E preferirà muoversi a piedi, al più a dorso di mulo. Mentre
Oestéren usa tutti i mezzi possibili, per fare presto: treno, carrozza, diligenza
postale, mulo, cavallo. Attratto da che? Dal pericolo forse, perdurando la nomea
della Calabria dei briganti. Oppure dalla natura. Di questa ha immagini grate. E
si congeda con le parole celebri di lord Hamilton, “Addio, bella Calabria”.
Molta sporcizia, negli alberghi e le osterie, molto dialetto, incomprensibile (ma significante), figuranti ordinari, vetturini per lo più e osti, unici punti di interesse tre o quattro gite fuori dai soliti percorsi dei viaggiatori. Al Montalto in Aspromonte. A Serra San Bruno, la Certosa e anche il paese, pulito come la Svizzera - (“La
pulizia del convento, un unicum nell’Italia meridionale” (le Serre opina siano la Svizzera della Calabria, le uniche vallate e prominenze senza vista mare). E a Soriano la scoperta del convento di san Domenico, le gigantesche rovine post-terremoto 1783 del maestoso convento (una visita dettagliata, attraverso vari sotterfugi - del convento solo ora si è fato un restauro conservativo, dopo oltre un secolo dalla scoperta di van Ostéren). Altri punti di interesse, gli scorci naturalistici.
E l’ottimismo, malgrado tutto: la Calabria certo è povera, ma von Ostéren buon
illuminista ritiene che con l’istruzione tutto si risolverà.
L’unica
opera tradotta di un autore austrotedesco (si spostò poi a Berlino) narratore
ragguardevole. Nella collana per ogni aspetto
anch’essa notevole: traduzioni, curatela, grafica, prezzo, “Viaggio in Caabria”,
curata da Vittorio Cappelli, una cinquantina di titoli, tutti curiosamente per
qualche aspetto interessanti. Si direbbe la Calabria un pozzo senza fondo.
Friedrich Werner von
Oestéren, Povera Calabria,
Rubbettino, pp. 187, ril. € 7,90
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