Napoli esterno notte
Luce livida, tra note e preluce, sotto le nuvole e i
fumi dei Campi Flegrei, nelle esumazioni pompeiane, nei magazzini polverosi dei
musei, nei cunicoli dei tombaroli, in esterni grigi piatti, come se minacciasse
pioggia, il Golfo, il mare piatto, facciate di palazzoni, silos immensi. E
anche nelle scene animate: archeologi giapponesi che scavano da 22 anni sicuri
di trovare una nuova Pompei (villa Augustea?), navi siriane con equipaggi
siriani che scaricano il grano da Odessa, e il 115 e il 112 che rispondono pazienti
alle impazienze dei chiamanti, specie donne impaurite, dai rumori, dal marito,
fedeli penitenti che strisciano per terra. Un mondo quasi
sotterraneo – il richiamo è dostoevskiano, a “Memorie del sottosuolo”. Come una
panoramica insistita, di spezzoni di vita, a volo d’uccello muto sulla giornata
grigia dei tanti senza nome, che dicono e fanno le cose che devono dire e fare.
Nei gesti comuni, senza una dignità particolare. Una sorta di violenza non violenta, calamitosa.
Un’altra temporalità, vuole Rosi, il racconto di
quello che siamo quando “non siamo”, non siamo personaggi, in una storia – “la
terra intorno al Golfo è un’immensa macchina del tempo”. Fotografata e
registrata quasi da solo per alcuni anni – una Napoli livida. Come una tranche
de vie. Ma tutta sul grigio, piatto, anche lamentoso.
Gianfranco Rosi, Sotto le nuvole
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