Nobel alla paura
“Ritiratevi in un luogo sicuro e salvaguardate
tutto ciò che è importante per voi, portatelo sottoterra, tutto ciò che avete,
togliete i gioielli, il cibo, le fotografie dei bambini, la poltrona dove vi
piace sedervi con un libro in mano, la tenda dietro la quale vi sentite al
sicuro, dalla finestra; raccogliete tutto ciò che vi era caro, raccogliete le
carte d'identità e i certificati di battesimo, prendete i soldi dalla banca e
nascondeteli in cantina dietro il muro, ma in realtà ogni gioiello, ogni pezzo
di cibo, ogni fotografia del bambino, ogni poltrona e ogni amato libro, ogni
tenda e ogni documento, e in realtà tutti i soldi fino all'ultimo centesimo, e
nascondete davvero tutte queste cose bene, ma davvero bene, sottoterra, così
che almeno potrete credere fino ad allora che ci fosse un senso in tutto
questo, finché non saremo arrivati, cercate protezione almeno fino ad allora,
mentre siete ancora in grado di credere che non siamo ancora arrivati…”. L’umanità
è messa in guardia – non solo qui, anche in altri racconti. Dal Nobel ungherese
con molta concitazione, periodi lunghi una pagina, e atmosfere apocalittiche.
È come spiega Com
Toibìn a commento: “La prosa del romanziere ungherese László Krasznahorkai è
carica di minaccia, ma sarebbe un errore interpretarla come politica o come
qualcosa che non arriva da nessuna parte. …. La sua immaginazione si nutre di
paura e violenza autentiche; ha però un modo di rendere paura e violenza ancora
più reali e presenti, estrapolandole da un contesto familiare”.
Una prosa dall’effetto curioso, sempre ansiogena. Si direbbe
che Krasznahorkai, ungherese, ricostituisca con Thomas Bernhard, austriaco, una
sorta di Cacania della concitazione – della narrazione senza pause e senza respiro
(punto). Ma con una curiosa differenza. In Bernhard la concitazione, estesa su più
pagine, se non per l’intero racconto, assume anche tonalità ironiche, sarcastiche,
comiche, perfino idilliache, si procede nella lettura come se fosse punteggiata,
“sagomata”. Su una pagina invece, come usa Krasznahorkai, assume un tono, oltre
che concitato, minaccioso, costantemente.
Un Nobel di genere, horror? Molto caduta degli dei, del mito, delle illusioni, del vecchio impero, dove spiriti e genti convivevano nella differenza. Quasi un ultimo vagito, minaccioso, della fantastica Mitteleuropa. Nella Europa odierna, senza bussola.
László Krasznahorkai, Animalinside, “The New
York Review of Books” (leggibile anche in italiano)
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