“Montalbano” al lavoro in Toscana
Sotto un titolo improbabile storie vere. Di incidenti
sul lavoro, mortali. Che sono numerosi, quasi quotidiani, e sempre per colpe,
gravi. Alessio Vassallo lascia i panni grevi dello “scannatore” del “Giovane
Montalbano” per quelli barbuti e tristi dell’ispettore, vedovo inconsolabile,
che torna a Lucca, all’ufficio provinciale del Lavoro, da Reggio (Calabria)
dove ha vissuto a lungo. Con una bambina vivace da accudire. E una metodologia
e una capacità di analisi in grado di fargli risolvere ogni caso – due per puntata.
Un “Montalbano” meno teatrale, ma altrettanto simpatico, e più vero - la
materia lo è, nuova. Con ambientazioni e tempi convincenti e misurati - come nei “Montalbano” . Il buco nero della morte del padre tiene le fila della
miniserie.
Un vecchio amico del padre, Cesare Bocci, lo ospiterà
provvisoriamente, accudendo con intelligenza e brio la bambina, mentre si spende
tutto nel “sociale” – ma con qualche segreto inconfessabile, del tipo racket.
Mentre due ex compagne di liceo, che al tempo “non lo vedevano”, al ritorno lo
scoprono attraente e anzi irresistibile, Francesca Inaudi e Silvia Mazzieri.
È come dice la regista, “un ispettore senza pistola,
che per risolvere i suoi casi non usa la violenza, ma la gentilezza, la
competenza, lo studio, l’intelligenza, l’empatia”. Per storie ricavate dalla cronaca.
Con metodologie, psicologie, maniere ricalcate sui libri di Pasquale Sgrò - lui
stesso ispettore del Lavoro a Lucca per lungo tempo, proveniente da “Reggio” (Motta San Giovanni). Ma senza “regionalismi”.
La Rai non ha
promosso la miniserie, che quindi ha debuttato senza le grandi file. I casi e
la qualità della sceneggiatura meritavano di più.
Paola Randi, L’altro
ispettore, Rai 1
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