sabato 31 maggio 2025
Ombre - 776
Volendo
spartire il diritto e il torto fra pro-Palestina e pro-Israele, Adriano Sofri
mette in guardia contro “la sete di sangue
dei guerrieri pseudoislamisti”. Insegnare all’islam come è l’islam – la religione
fra tutte forse la più totalitaria – è tentazione ricorrente: sono parenti fastidiosi?
Il sogno di Flaubert
Una biografia di
Flaubert, della persona e dello scrittore, in forma di intervista postuma-apocrifa.
Oppure onirica, di una lettrice col suo genio. Da “innamorata, ma di un romanzo,
di una donna che no esiste” – e invece “quanto esiste, Emma Bovary”. Piena di
spunti sensibili. Sulla scrittura e sullo scrittore. “Mi sono sempre innamorato
delle parole”. “Scrivere ti distrugge, ma è l’unica cosa che conta”. “La realtà
non esiste. Esiste solo la letteratura”. “Le mie povere frasi…”.
Notevoli anche i tratti
dell’uomo, di riflesso. “In questa casa a Croisset, immersa nel verde, che
guarda il fiume, mi fa un po’ paura tutto questo isolamento. Credo che viva con
sua madre… Vive con sue familiari, donne”. Con “cascate nere che gli passano in
testa”. Fisicamente “è molto alto, ha
spalle larghe, baffoni folti, e capelli (che sta perdendo) tirati indietro,
occhi verde mare con le ciglia lunghe, è longilineo…”, non ancora pingue. “Ho spalle da facchino”, cosi lui si diceva - era il
“colosso”, 1,83, che faceva tremare i fratelli Goncourt per le loro
cristallerie – “e un’irritabilità nervosa da signorina”.
Antonella Lattanzi,
Sono stato travolto da un torrente in fiamme, “Review” € 0,50
venerdì 30 maggio 2025
Il Consiglio Nazionale del Ridicolo
E se il cattivone Trump caccerà gli studiosi
stranieri, l’Italia se li prenderà. E come no, ha esche buone? Perché è difficile
che abbocchino – un ricercatore che per qualche motivo abbia scelto l’Italia
impiega in genere un anno buono solo per il permesso di soggiorno (se ha qualche
“amicizia”, qualche “spinta”). Alla “cacciata” di Trump ora si presenta con un
Consiglio Nazionale delle Ricerche, che dovrebbe coordinare rientri e nuovi
arrivi, senza più organi direttivi, e con i fondi – le voci di spesa – bloccati,
circa 225 milioni.
Il Consiglio è scaduto e il governo non lo ha
rinnovato. Senza nemmeno dire perché. Come esca ai giornalisti mormorano di un
possibile commissariamento, ma non ci sono i presupposti. E poi non si vede perché
punire la ricerca scientifica col commissariamento, invece di un atto dovuto,
la nomina degli organi direttivi, presidente e consiglio.
Si vuole che il Cnr rientri nello spoil system, che le nomine siano politiche. Ma nemmeno a
questo il governo ha provveduto. È diviso tra Forza Italia, che ha il ministero
di sorveglianza, il Mur, e Noi Moderati, che avrebbero voluto confermare la
presidente uscente, Carrozza, e Salvini, che non la vuole. Ma non sanno trovare
un sostituto.
Non hanno nemmeno attivato la procedura prevista
dallo statuto del 2009: aprire le candidature e nominare il Comitato di esperti
che le valuti e consegni al governo una rosa di cinque - il Comitato lo hanno nominato, ma per non fare nessuna cinquina. Meloni e Salvini non ne
hanno una buona? Sarebbe da ridere se non fosse una cosa seria.
Tra padre e figlia, un poker al buio
Un padre
amorosissimo che si fa sparire è un’ottima idea. La figlia che eredita dal
padre giocatore la passione delle carte, specialista internazionale del poker,
anche. Gli interpreti, Mastronardi, Liberati, Tortora, sempre in tono. Con un
ritmo senza cadute. In una vicenda tra aeroporti, grandi alberghi e interni anonimi
ad alta sorveglianza, mafie, soldi, molti, e servizi segreti.
In rete senza
promozione, la prima puntata, piena di sorprese, di ambientazione gradevole, sempre
in tono, è stata perduta da molti. Peccato per loro.
Andrea Molaioli, Doppio
gioco, Canale 5, Infinity
giovedì 29 maggio 2025
Cronache dell’altro mondo – trumpiano-progressiste (342)
“L’amministrazione
Trump è puro progressismo in azione”, George F. Will, “The Washington
Post”.
“Queste le nove componenti centrali del progressismo. Trump le usa
tutte, come altri presidenti prima”:
1.Politicizzazione di tutto. 2. Ingerenze
nella politica internazionale. 3. Politica industriale. 4.Pianificazione centrale.
5. Mescolanza di governo e affari, anche con coalizioni di varia natura politica
– come fu fatto in quantità negli anni di F.D.Roosevelt. 6. Rigetto della semplificazione
fiscale propria dei conservatori. 7.Finanziamento illimitato sulle risorse dei futuri
cittadini (indebitamento, n.d.r.). 8.Governo per decreto - executive order
- per by-passare il Congresso. 9. Maggioritarismo esclusivo – io e i miei.
George
F. Will, oggi 84nne, premio Pulitzer per il giornalismo 1977, è l’unico
commentatore conservatore ammesso fra gli opinionisti dei grandi giornali.
Cronache dell’altro mondo – studentesche (341)
Gli studenti stranieri hanno contribuito all’economia americana con una
spesa di 44 miliardi di dollari nell’anno accademico
2023-20324. Il calcolo è della Nafsa, l’asssociazione americana degli educatori
internazionali. Con una spesa suddivisa variamente fra gli Stati, dai 10
milioni spesi in Alaska agli oltre 6 miliardi in California.
Oltre 1,1 milioni di giovani stranieri ha frequentato scuole americane.
La spesa calcolata è per tasse scolastiche, alloggio e alimentazione, viaggi e
tempo libro.
Il Texas ha contato 90 mila studenti stranieri, per una spesa di 2,5 miliardi. Il Massachussetts 82 mila studenti, e una spesa di 3,9 miliardi, la California 141 mili iscritti stranieri hanno speso 6,4 miliardi.
Che ci fanno vedere
Di rara indigenza.
Questo come la
serie. Che è la nona o decima. Partendo da Marleau-Marlowe….
Josée Dayan, Capitaine
Marleau – Il frutto del tradimento, Sky Investigation, Rai 1, Raiplay
mercoledì 28 maggio 2025
Problemi di base storici - 861
spock
Perché non si
fa la storia del partito Comunista italiano?
Anche solo del
sequestro Moro?
E
dell’occupazione Fiat?
Perché non si
fa la storia di Mani Pulite?
La Repubblica
è piena di scheletri nell’armadio?
La democrazia
è una conquista sempre futura?
spock@antiit.eu
La buona scuola fatta dai bambini
“L’insegnante
meccanico, già in funzione, la stava aspettando….
“Lo schermo era
illuminato e stava dicendo – Oggi la lezione di aritmetica è sull’addizione
delle frazioni proprie. Prego inserire il compito di ieri nell’apposita
fessura. Margie obbedì con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che
c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di
tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in
classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse
cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che
avevano da studiare. E i maestri erano persone...
“L’insegnante
meccanico stava facendo lampeggiare sullo schermo: – Quando addizioniamo le
frazioni 1/2 + 1/4...
“Margie stava
pensando ai bambini di quei tempi, e a come dovevano amare la scuola. Chissà
come si divertivano!, pensò” (Isaac Asimov, “Chissà come si divertivano!”, in “Tutti
i racconti”, Milano, 1991 - Titolo originale “The Fun They Had!”, in “Magazine
of Fantasy and S.F.”, 1954)
La scuola come un
laboratorio meccanico? Automatico? L’insegnamento e l’apprendimento come una partita
doppia, di dare e avere? È l’incubo del momento, con l’avvento dell’intelligenza
artificiale. Ma ci sono già degli antidoti.
Per i bambini
della scuola materna il primo è in questo libro, superbamente edito e
opportunamente illustrato. Sottotitolo “How to deep Learning through Inquiry
and Play”, come migliorare l’apprendimento con la curiosità e il gioco.
L’insegnamento come una sorta di autoapprendimento, di sviluppo della personalità
e delle doti naturali o inclinazioni particolari.
Renée Dinnerstein,
educatrice d’infanzia di lunga esperienza, con numerosi workshop anche a
Reggio Emilia, del Reggio Emilia Approach, riflette e amplia
la metodologia pedagogica elaborata nella città emiliana negli anni 1970. Dal
pedagogista Loris Malaguzzi. Con una lunga esperienza pratica, che si è condensata
negli anni 1990 in “Reggio Children” e il Centro Internazionale a lui
stesso intitolato. Diffusa ormai come metodologia principe, più che pilota, in
molti contesti. Una filosofia educativa che guarda al bambino come a un
soggetto di diritti, con forti potenzialità di sviluppo. Da favorire aprendolo
ai “cento” linguaggi dell’umanità, in una relazione a fecondità moltiplicata.
Renée Dinnerstein
rielabora il metodo innovativo del Reggio Emilia Approach applicandolo al
“Choice Time”, il doposcuola libero in cui i bambini della materna possono organizzarsi
autonomamente, per un gioco, un lavoro pratico, una ricerca, un’avventura. E lo
rielabora con la proposta di creare degli spazi autonomi, per ogni tipo di “comunità”
infantile, di condivisione di curiosità e interessi. Con l’obiettivo di ampliare
le conoscenze, o comunque di stimolare con la curiosità l’intelligenza, le
propensioni, le passioni, attraverso gli scambi reciproci. O anche soltanto di
divagare con la fantasia, nella creazione di mondi immaginari-reali. Mini-centri
d’interesse, creati o disposti sulle domande dei bambini, che promuovano il
libero esercizio della curiosità (l’inquiry-based play) o delle fantasie.
Per radicarli in questo modo in se stessi, nella loro “natura” e nelle pulsioni,
ancora inavvertite ma presenti. E comunque aprendoli al maggiore sviluppo
possibile delle proprie potenzialità, caratteriali, consociative e di
adattamento. Alla buona cittadinanza.
Renée Dinnerstein,
Choice Time, Heinemann, pp. 164, ill. $ 35
martedì 27 maggio 2025
Che fare con Putin – o il tesoro russo in America
Pensava
di stringere le reti d’un colpo, e invece tutti scappano. Tutti no, con Londra
ha già preso accordi. Lo stesso farà col Giappone e la Ue (lo yen e l’euro si
sono già rivalutati a sufficienza), il Canada e il Messico. Ma il pesce grosso,
Putin, non abbocca. E un inatteso Netanyahu potrebbe aprirgli un fronte con gli
arabi già fedelissimi, principi e rais. Il Blitzkrieg diplomatico
di Trump rischia l’arresto: Putin
è la pedina fondamentale per isolare la Cina, il Grande Disegno di Trump. In
questa presidenza come nella prima – quando arrivò a corteggiare perfino Kim
Jong-un, il leader bombarolo nordcoreano.
Dietro il
linguaggio apparentemente umorale e sempre esornativo di Trump, alla Farnesina,
come altrove nelle diplomazie europee, le sue mosse in politica estera, dazi a
tutti, aiuti ridotti o cancellati a tutti, militari e civili, e perfino le
minacciate restrizioni agli studenti stranieri in America, appaiono camuffare l’obiettivo
principale, la Cina. Lo sfidante in ascesa dell’egemonia americana, economica e
politica - non militare, una sfida militare non si ritiene più all’orizzonte,
come ritenevano Nancy Pelosi e Biden. Ci ha provato anche in Europa, e si rafforza in Asia, con i dieci Paesi Asean, e perfino nella penisola arabica - cui Trump ha riservato il primo viaggio diplomatico fuori dagli Usa - con i sei del Gulf Cooperation Council.
La Cina per tre motivi: ha rubato e ruba
la proprietà intellettuale; sa fare tutto e lo fa a costi da dumping,
col controllo dei salari e forniture agevolate, di tecnologie, minerali e
semilavorati; tiene artificialmente basso il cambio (la trattativa con la Cina
è specialmente seguita dal segretario al Tesoro Scott Bessent).
L’isolamento
della Cina sembra riuscire con la Ue. E anche con l’Iran, malgrado Netanyahu.
Con Putin sembrava perfino più facile: Trump gli offriva il riconoscimento della
sovranità su parte dei territori ucraini occupati, e di un interesse alla
protezione di altre aree – scontata la non ammissione dell’Ucraina alla Nato.
Putin ha scartato. Il motivo non si sa – le decisioni sono imperscrutabili nei regimi
personali. Ora Trump deve decidere se attaccarlo. Non militarmente, sugli enormi
depositi russi, oro, dollari, e Treasury in America. Che giuridicamente sono inattaccabili.
Non almeno finora - il diritto internazionale non ha leggi: si adegua, ai
fatti. Ma più che il diritto Trump deve valutare l’interesse americano, l’affidabilità
– gli Usa sono il caveau del mondo.
Santo Berlinguer
Berlinguer da
Allende all’assassinio di Moro: il Grande Disegno del titolo è portare il Pci al governo con la Dc. Un improbabile Pci-Dc uniti nella lotta. Fatto bene ma un santino - il quarto o quinto
docufilm su Berlinguer in due anni, in chiave celebrativa. Anche nella
promozione, da “compagni di merende”: questo di S egre effettivamente è andato nei
cinema, con 4 milioni d’incasso, ma dopo il lancio alla Festa del Cinema, con recensioni
entusiaste copia e incolla, e il rilancio col premio miglior attore a Elio Germano-Berlinguer
- a scapito di altri personaggi maschili l’anno scorso sulo schermo, più drammatici,
più convincenti.
Nella melensaggine
alcuni incisi di cinema-verità da levare il fiato. Gianni Agnelli, vantato capitalista
progressista, apprezzatore dell’eurocomunismo, che alla tv americana dice
esplicito: “Un Paese a governo Pci non è il mio Paese”. La “folla oceanica” a
un comizio, forse creata digitalmente ma ricordo vero: c’erano, ieri, e si sono
squagliate. La lite col bulgaro Živkov. Lo sbrigativo Ponomariov, addetto ai
contatti Pcus (Partito comunista sovietico)-Pci, che a Mosca dà ordini a
Berlinguer. Il quale ancora nel 1975 andava a Mosca ai congressi del Pcus, a
sorbirsi lo spento, ciancicante, Breznev. E si trattava – questo lo spettatore
non lo sa, ma il fatto è memorabile – del XXVmo congresso, fine febbraio, dove “mercoledì,
per venti minuti”, secondo l’ingiunzione di Ponomariov, a un anno e mezzo dal
varo del “compromesso storico” con la Democrazia Cristiana, difeso tra mille
polemiche, Berlinguer ribadì la primazia “etica” dei regimi sovietici. Per l’esattezza:
“Un clima morale superiore. Mentre le società capitalistiche sono sempre più colpite
dal decadimento di idealità e valori etici”. Un clima morale con Breznev, con la Nomenklatura.
Un ritratto tutto
lieve di Berlinguer, senza le durezze che lo caratterizzavano. Specie il
settarismo: contro i socialisti (di De Martino come di Nenni-Craxi), i radicali,
i “gruppuscoli” indistintamente – unica apertura ai repubblico-comunisti, i massoni.
Berlinguer in politica non c’è, grigio, rude, c’è solo in famiglia, attento, affabile,
e coi funzionari di partito, giovane tra i vecchi. In politica parla solo con Andreotti
e con Moro. Affabile solo con Moro. Che non era affabile. Qui, imbellito, Moro è ciarliero,
esplicito, diretto, mentre non guardava negli occhi, si guardava dentro mentre parlava
– a volte assente visibilmente, come tirasse le tendine sugli occhi. Di Andreotti
la solita macchietta – Sorrentino docet, mentre, se non altro per il
cinismo, sarebbe ottimo figurante al cinema.
Andrea Segre, Berlinguer
– La grande ambizione, Sky Cinema
lunedì 26 maggio 2025
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (594)
Giuseppe Leuzzi
L’Italia è, dopo la Polonia, il maggior percettore dei
“fondi di coesione” europei: 43 miliardi nel piano in atto, 2021-2017- contro i
76 della Polonia. Per 30 miliardi destinati al Sud, Abruzzo escluso. Inutile
andare a vedere come sono spesi, e come sono stati spesi in passato, con che
effetti. Dalla Polonia in 25 anni, dall’entrata nella Ue, dall’Italia in
cinquanta, da quando fu varato il Fesr, il Fondo europeo di sviluppo regionale,
antento dei fondi di coesione. Sempre più, a ogni inciampo, si manifesta che il
problema del Sud è l’Italia, Roma.
“Racconto la mafia nascosta
fra le pieghe dell’inconscio”, spiega Davide Enia, che al teatro India di Roma mette
in scena un “Autoritratto”, palermitano, con queste parole: “La mafia non è un’organizzazione
criminale e basta: è una struttura linguistica, sono istinti del corpo,
desideri da branco, è questo che dobbiamo sconfiggere”. Non solo desolidarizzare.
Solidarizzare con la mafia?
“Gli ultrà di Inter e Milan
come milizie private. Chiesti 100 anni di carcere”. Grave sì, e anche di interesse, ma non poi tanto:
in pagina interna al “Corriere della sera” - e per la scrittura indecifrabile
di Ferrarella. Si può fare finta di nulla per mesi e anni, ma poi, certo, del processo
va data notizia.
Per l’anniversario della
strage di Capaci quest’anno non ci sono i parenti a seminare dubbi e accuse, ci
sono i due cronisti principe della giudiziaria, Abbate e Bianconi. Abbate fa
tesoro dei “qui lo dico, e qui non lo dico” tipicamente mafioso di Messina
Denaro con i giudici. E si può capirlo, Abbate è per lo Stato-mafia. Bianconi,
che pure è cronista “di peso” – di cose pesate – fa però di peggio: per
scagionare i neo-indagati per le stragi e per gli appalti di mafia, Natoli, Pignatone
e Scarpinato, giudici emeriti di Palermo, accusa i testimoni d’accusa, Mori e De
Donno, ufficiali superiori dei Carabinieri. Che del “dossier” mafia-appalti da
loro compilato sono stati vittime per decenni, in un processo istruito dai
giudici dello Stato-Mafia, di cui si è potuto dire che era “una boiata
pazzesca”, e nel quale infine non si è potuto non assolverli. Questa è un’aggravante,
inficia la testimonianza?
Il
brigantaggio era anteriore all’unità
Nella
raccolta di saggi storici cui ha messo il titolo di “Calabria, paese e gente
difficile”, Giuseppe Galasso dà una lettura diversa del brigantaggio. Lo fa
sotto il titolo “Al tempo dell’unificazione italiana”, probabilmente l’ultimo scritto
in ordine di tempo della raccolta, che pubblicava nel 2015 – con molteplici
riferimenti a Michele Fatica, “La Calabria nell’età del Risorgimento”, un testo
confluito nella “Storia della Calabria Antica e Moderna”, a cura di Augusto
Placanica. Diversa da quella postunitaria, di un “sanfedismo reazionario
sobillato dai borbonici e dai clericali”. E da quella post-bellica, post 1945,
“di una guerra sociale, dei poveri contro i ricchi”. Da storico rileva che “si
trattava di alcune delle più vecchie manifestazioni di disagio e di devianza
sociale, antica di secoli, che si produceva nelle due forme tradizionali della
“crassazione da passo” nei luoghi più favorevoli ad essa (da Campotenese al
passo delle Crocelle, dalla Cupa di Tiriolo al Passo del Mercante, a tanti
luoghi dell’Aspromonte, ma in effetti un po’ dovunque) e del sequestro di
persona, o del biglietto a scopo di estorsione”.
Tutte
forme che si possono testimoniare attive nel secondo Noveento – compresa la
“crassazione da passo” nell’immediato dopoguerra, passati gli Alleati, tra il 1945
e il 1946.
Solo
ultimamente tutte queste forme sono state sostituite dal traffico delle droghe.
La teoria
del regresso
Non si fa
molto caso nelle storie del concetto di regresso, in opposizione al progresso –
di cui invece molti si discute. Ci sono le civiltà scomparse. Ci sone le
“cadenze”. Non c’è il regresso, che invece concettualmente molte esperienze può
provocare, e soprattutto spiegare. Con applicazioni anche pratiche, specie per
le dottrine dello sviluppo, socioeconomiche.
Un
concetto che sarebbe utile, p.es., a spiegare come alcune regioni dell’Italia,
in particolare la Calabria e la Sicilia, pur facendo parte della sesta o
settima economia più ricca del mondo, siano agli ultimi posti fra le quaranta
“regioni” socio-economiche censite dalle statistiche europee. Si farebbe un
grosso passa avanti nella teoria dello sviluppo introducendo, prendendo in
considerazione, le resistenze emergenti dal “regresso”. E cioè dalla perdita di
status e di condizione rispetto al passato, alle mentalità, alle
abitudini sociali e di consumo. Che sono forme interiorizzate, quasi
inestirpabili, di resistenza al “progresso”. Alla crescita economica, che è
quanto di più contemporaneo e anzi avveniristico si dia, e quindi alla
“crescita” (adeguamento, aggiornamento, spirito d’impresa, d’innovazione,
d’avventura) sociale e culturale. E si danno, per le stesse regioni, ma nelle
forme dello sradicamento, fuori di esse e lontane dai loro modi di essere,
pensarsi, portarsi, proporsi.
Old Calabria
Oggi vittima della neo nomea
mafiosa, che scoraggia le migliori intenzioni, la Calabria lo è stata a lungo
dell’esotismo, del “viaggio” mentale più che pratico. Denunciato dagli scrittori
calabresi che approdavano alla scena nazionale un secolo fa. Propensi invece
all’opposto. “Calabria, paese e gente difficile”, il titolo del suo ultimo
lavoro, Giuseppe Galasso, lo storico che più di tutti ha indagato negli archivi
sulla egione, ha tratto dalla conferenza “La Calabria”, che Corrado Alvaro
tenne al “Lyceum” di Firenze nel 1931. Con la conclusione, desolata più che fattuale:
“La Calabria fa parte d’una geografia romantica”, del Romanticismo – faceva parte.
Ad Alvaro Galasso aggiunge un
altro titolo di scrittore calabrese, Leonida Répaci, “Calabria amara”. Mentre
per converso il romanticismo richiama “l’eccellenza, che si dava per scontata,
cioè per indubbia e risaputa”, dell’ultimo e più lusinghiero “viaggio in
Calabria”, quello famoso di Norman Douglas, 1914, “Old Calabria”. Dove “old”
sta per “una terra affascinante, ammaliatrice, evocatrice di suggestioni irreprimibili”.
Cui “si aggiungeva che la sua eccellenza era ritenuta antichissima e
convalidata dalle vicende di secoli e secoli di una storia, a sua volta, generativa
e costituiva del fascino, della malia, della suggestione irresistibile di quel
paese, la Calabria”.
“La Calabria è un mistero?”
L’interrogativo è l’esordio di Galasso, l’introduzione alla raccolta. Che
giustifica: “L’interrogativo ricorre più volte nelle pagine dei viaggiatori e
visitatori”. Vivendoci non si direbbe. Ma il disorientamento c’è, si vede, si
sente. Alimentato se non provocato da una serie di “terremoti” socio-politici
subiti da quando esiste come regione amministrativa. Da ultimo, ma è già un
quarto di secolo, l’etichetta mafiosa che i servizi segreti le hanno appiccicato
l’ha segnata. La funzione pubblica, che altrove si rafforza col tempo, per
inevitavbile mutazione – “selezione naturale”- della politica, vi s’indebolisce sempre più. Nell’amministrazione,
nella sanità, nelle opere pubbliche, e quindi nella promozione, o l’immagine. Come
si può toccare con mano incontrandone i politici. Un degrado palpabile.
Un’eccezione, anche, nel corso
“naturale” della storia, che in regime democratico è sicuramente per il progresso,
lo sviluppo, la creazione e non la distruzione.
Cronache della
differenza: Napoli
Dunque, spiega Mauro
Bellinazzo sul “Sole 24 Ore”, il Napoli calcio non soltanto ha vinto lo scudetto,
è anche “un unicum nel panorama sportivo italiano ed europeo per la gestione
dei conti, quasi 4 miliardi di ricavi e 150 milioni di utili”. Dunque, il
meglio si può fare anche a Napoli.
“Si potrebbe citare”, aggiunge
Bellinazzo, “per l’equilibrio dei conti e la redditività l’inarrivabile Bayern Monaco, che però tra i soci annovera colossi
come Audi, Allianz e Adidas”. Si può fare, anche al Sud, per un capitale d’ingegno.
L’eroe del
Napoli calcio è quest’anno un finora sconosciuto ragazzo scozzese, McTominay. In
passato lo sono stati
Kvaraskelia e Osimhen, il trio dei “piccoletti, Mertens, Insigne, Callejon, il
centravanti argentino
Gonzalo Higuaìn – senza contare naturalmente Maradona. Tutti atleti che fuori di
Napoli sono praticamente
“scomparsi”. Il calcio è sport popolare, cioè di popolo.
Uno di quasi due metri, questo
McTominay, svelto come una lepre, rigenerato, moltiplicato, a 26 o 28 anni. Un
miracolo, un altro. Perché non sarebbe Napoli la città dei miracoli – ci crede
ma se ne vergogna?
È anche
vero che la città si è dati per lo scudetto tre giorni di festa – senza contare
gli anticipi: sabato,
domenica, e anche lunedì, quando altrove si lavora. Martedì non
più, perché la festa si trasferisce a Roma, in udienza speciale dal papa – papa,
san Gennaro…Manca
sempre qualcosa a Napoli, per il decollo.
Uno di quasi due metri, questo
McTominay, svelto come una lepre, rigenerato, moltiplicato, a 26 o 28 anni. Un
miracolo, un altro. Perché non sarebbe Napoli la città dei miracoli – ci crede
ma se ne vergogna?
È anche vero che la città si è dati per lo scudetto tre giorni di festa – senza contare gli anticipi: sabato, domenica, e anche lunedì, quando altrove si lavora. Martedì non più, perché la festa si trasferisce a Roma, in udienza speciale dal papa – papa, san Gennaro…Manca sempre qualcosa a Napoli, per il decollo.
Dunque Creuzé
de Lasser, 1806: “L’Europa finisce a Napoli, e vi finisce anche assai
male. La Calabria,
la Sicilia, tutto il resto è Africa”.
Ora, chi era Creuzé de Lasser?
Un “amabile scrittore”, contemporaneo minore di Stendhal e, al contrario di Stendhal,
un “napoleonico” rifiutato, proprio per questo suo “Viaggio in Italia” - all’Imperatore
non era piaciuto. Ma è come per Gladstone, la frasetta è una pietra tombale.
Si dice Napoleone, Murat, il Regno
come una meteora illustre, una pratica virtuosa, una promessa, ma poi la leva e
i dazi non li levava nessuno. Specie dopo l’incameramento della manomorta, con
la quale, quando era in mano agli ecclesiastici, si provvedeva all’assistenza
ai poveri e ai malati indigenti. Gioacchino ebbe subito la ricetta, un Trump d’antan:
nuovi dazi sui generi di consumo in entrata a Napoli.
Muore il maestro De Simone, un
gigante, alto anche di statura, quello che, tra le altre cose, rivoluzionò la
commedia musicale con “La Gatta cenerentola”, il maggiore successo teatrale
(insieme con Eduardo e con Dario Fo) del dopoguerra, napoletano verace che per
Napoli “non esisteva”. In vita, figurarsi in morte: niente lutti cittadini, commemorazioni,
celebrazioni.
Nell’occasione Valerio Cappelli fa
rivivere sul “Corriere della sera” una confidenza dello stesso De Simone: “Ma
si sa che la Gatta Cenerentola fu finanziata dalla Regione Emilia Romagna e non
dalla Campania?”. Anzi, due confessioni: “Sono stato cacciato, messo
nell’angolo, dalla sinistra e dalla destra”.
È musicale ma,
ricorda Peppe Barra in morte di De Simone: “‘La Gatta Cenerentola’ è stata una rivoluzione. Gli spettatori non
avevano visto fino allora allegorie e culture popolari rese in quel modo, ma
negli anni Settanta non si erano nemmeno mai ascoltate villanelle, strambotti,
tammurriate”.
L’albergo di Capua – “nell’antico palazzo dei Fieramosca, anzi, come qui
dicono, e il nome suona più tremendo, Ferramosca” – Antonio Baldini trova nel
1930 (“L’Italia di Bonincontro”, 115) “gran casone con gran protone, gran
scalone con gran finestrone. Meridionalone”.
leuzzi@antiit.eu