lunedì 9 giugno 2025

Il “bruttissimo ometto” Alvaro accudito da C. Campo

L’unico ricordo di Avaro per i sessant’anni della morte, l’11 giugno – evento dimenticato, come i 130 anni della nascita, il 15 aprile. Ma pieno di cose, e con un approccio critico più aderente, all’uomo e al personaggio.
Colpito da un tumore irrimediabile, Alvaro lo visse in silenzio, “aveva il pudore del male”. Non volle compianti di amici e conoscenti, ma si ebbe, negli ultimi due mesi, la vicinanza di “una giovane studiosa e colta poetessa, che pure in una beve e travagliata esistenza avrebbe scritto pagine fra le più belle del Novecento, Cristina Campo” – “nome di Vittoria Guerrini, oppure Vie, come usava firmare le sue lettere”.
Lei sì, aveva agio di frequentarlo, come racconta a vari corrispondenti, Alvaro, “un bruttissimo ometto”, in quei due mesi. Dapprima per un suo progetto di rivista letteraria – che non si farà – poi per abitudine. “Vado ogni giorno a vederlo”, scrive a un’amica: “Spesso lo affidano a me, nel pomeriggio. Non parla che poco, ma ci intendiamo con gli occhi. Ciò che riesce a dire è importante… Anch’io gli dico certe cose. Spesso lo faccio ridere. E quando ride chiude gli occhi ed è bello…”. E un ritratto “intenso e partecipato” ne farà in morte, in quattro lettere indirizzate, tra maggio e giugno del 1956, all’amica “Mita”, Margherita Pieracci Hallwell. Si erano conosciuti nel 1956, per il tramite di Margherita Dalmati (Maria-Niki Zoroyannidis), la traduttrice in greco de “La lunga notte di Medea”, il dramma di Alvaro che ancora va in scena.
Il titolo del saggio è quello di un libro di Giovanni Carteri, che indaga “il fondo cristiano della spiritualità di Alvaro. Ma Teti è già curatore di suo, dieci anni fa, del volume Donzelli di Alvaro, “Un paese e altri scritti inediti1911-1916” . È da Carteri che Teti estrae molti particolari della vita e la sensibilità di Alvaro. Aggiungendo le sue letture da antropologo. Alvaro e l’acqua, Alvaro e la comunione  – “la dimensione del mangiare insieme, dell’acqua come purificazione”. Con molti riscontri a sorpresa, nella testimonianza del figlio dello scrittore, Massimo, e nelle opere di Alvaro.
Non amava che si parlasse di lui – questo è un alro aspetto che Teti personalmente ha indagato. Ma “la scrittura di Alvaro ha una forte dimensione autobiografica”. In particolare, last but non least, sempre rimasto radicato, primo e forse massimo esponente della “restanza”, delle origini condizionanti e continuamnte dissodate, sepure di persona trapiantata stabilmente altrove.
Vito Teti, La lunga notte di Alvaro, “Corriere della Calabria”, 8 giugno 2025, online    
 

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