mercoledì 23 luglio 2025

L’Italia post-Fiat

“Nei prossimi cinque anni alle imprese serviranno fino a 3,7 milioni di addetti”, calcola “Il Sole 24 Ore”. “Fino a” può anche voler dire due milioni, o meno. Ma la verità della cosa è che il problema dell’Italia non è, non più dopo un secolo o due, il lavoro, l’occupazione. Anzi  il contrario, se in cinque anni in Italia non si troveranno tre o quattro milioni di lavoratori, neanche con l’immigrazione.
Si dovrà supplire con gli investimenti. Ed era l’ora. Dopo anni e decenni di produttività stagnante, se non calante. Che ha impoverito l’Italia nel mentre che la arricchiva – ne ha impoverito la forza e il potenziale (tecnologico, innovativo, intraprendente) o, come suole dirsi, il futuro.
È la strada per migliorare i redditi, la distribuzione del reddito attraverso il lavoro. Sociologicamente la ricostituzione di un ceto medio-piccolo, da un trentennio buono sempre più asfittico, dai due milioni di licenziamenti in due anni per effetto della globalizzazione - è la fascia che muove i consumi. E per liberarsi infine definitivamente della “Fiat”, del complesso automotive che era il nucleo centrale del sistema industriale. Di cui ha determinato la debolezza ingovernabile da quattro o cinque anni in qua – dalla morte di Marchionne e l’abbandono degli Elkann.

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