martedì 8 luglio 2025

Michelstaedter felice a Firenze

Centoventi anni fa, “un venerdì sera del 1905”, Carlo Michelstaeldter sbarca dal treno a Firenze. Ci passerà quattro anni di felicità, coeme documentano la sue (scarsa) produzione lirica e le (tante) lettere, entusiaste. Si è iscritto pro forma a Matematica a Vienna, come vuole la famiglia, ma ottiene  di passare a Firenze, dove invece si fermerà, per un intero corso di studi, di Lettere, e lo completerà anche, con una tesi di laurea, con Girolamo Vitelli, il filologo classico che diventerà il massimo papirologo – “La persuasione e la rettorica”, che ancora si legge, subito a stampa, nel 1913, è la tesi.
Tellini, emerito di Letteratura italiana a Firenze,  non ha difficoltà a comporre un florilegio di commenti enristasisti, in ogni momento, per ogni occasione, di Carlo nel soggiorno fiorentino, come scrive ai familiari, e specie alla sorella Paula. Si è anche innamorato, di Jolanda De Blasi, compagna di studi, ma la famiglia da Gorizia gli proibisce il fidanzamento. Il ritorno a casa sarà determinante per il suicidio: gli amici degli anni di Firenze, Biagio Marin, Gaetano Chiavacci, Giannotto Bastianelli, lo ricordano non solo “bello e aitante”, anche attivo, fiducioso, inesauribile di entusiasmi, perfino pratico.
Ma, forse di più, forse inavvertitamente per l’autore?, questa celebrazione di Michelstaedter è un’evocazione di Firenze quale era, invece che l’hub turistico mordi-e-fuggi di oggi – si vende anche un  “Firenze in quattro ore”. Di quando “giovani studenti” come Carlo “accorrono a Firenze da ogni angolo della Penisola (da Trieste come Scipio Slataper e i fratelli Stuparich, da Grado come Biagio Marin, da Cesena come Renato Serra, da Molfetta come Gaetano Salvemini, da Matera come Giuseppe De Robertis, da Palermo come Giuseppe Antonio Borgese”).
Gino Tellini, Carlo nell’epicentro di libertà, “Corriere fiorentino”


Nessun commento:

Posta un commento