La strana coppia Alvaro-Pavese, uniti dal mito
Di
Alvaro si sapeva, è ovvio, sono le sue radici. Di Pavese tuttora non si
sttolinea abbastanza la “scoperta” del mito nel remoto paese marino di Brancaleone,
dove fu destinato al confino politico nel 1935. Per la suggestione del luogo – e del
mare, che tanto inquietava Pavese – di remote origini magnogreche. Una scoperta
che troverà forma narrativa dapprima nel “Carcere”, il racconto di quella
esperienza. Ma soprattutto nei tardi “Dialoghi con Leucò”, Leucotea – un omaggio
alla compagna di lavoro alla Einaudi a Roma, e forse qualcosa di più, Bianca
Garufi (Leucò è il greco per “bianca”).
Sono
gli atti del convegno tenuto a Marina di Gioiosa, San Luca e Brancaleone nell’aprile
del 2002. Brancaleone conserva la memoria di Pavese, la casa dove visse, in una
stanzetta al pianterreno davanti alle rotaie del trenino e al mare – oggi casa
museo. Ma non molto è stato esplorato di Pavese dopo questo convegno, della fascinazione
mitica come del resto di ogni aspetto della sua personalità e dell’opera, multiforme.
Aldo
Maria Morace-Antonio Zappia (a cura di), Corrado
Alvaro e Cesare Pavese nella Calabria del mito, Rubbettino, pp. 272 € 22
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