lunedì 24 novembre 2025

Secondi pensieri - 573

zeulig


Corpo – È il “carcere dell’anima” per Platone. Provvisorio – in attesa che l’anima torni ad abitare “sopra il cielo” (iperuranio), dove abitava prima della “caduta”. Prima di essere imprigionata nel corpo. Che ostacola il raggiungimento della verità.
Da qui la conclusione di Nietzsche, che il cristianesimo, ponendosi sulla stessa lunghezza linea di pensiero, altro non  che “Platone spiegato al popolo – professato come fede”.
 
Freud – “Senza mai confessarlo, attingerà molto da Nietzsche”, Umberto Galimberti, “La filosofia a colpi di martello” – saggio-recensione di Nietzsche classicista, “Basilea e scritti filologici” (“La Lettura”,16 novembre).
 
“In nome suo”, dice Auden, “viviamo ormai vite diverse”.
 
Immortalità
– “Per chi vi aspiri la morte è la sola garanzia di ottenerla”, è agudeza di Eugenio Baroncelli, lo scrittore delle vite minime.


Nulla – È in nuce - o a specchio - il tutto, essendo un’origine.
Già come parola, non essendo priva di senso, significa, e quindi è qualcosa che è – seppure antitetica al suo concetto.

Occidente – È Platone – più che Aristotele? Poiché pensa per categorie, il vero e il falso, il bene e il male, l’anima e il corpo.
Storia - - La storia è il reale.
La storia di se stessi è certo il proprio reale, a Roma e a Timbuctù.
 
Tragedia – In questo Nietzsche ha ragione, che è l’irruzione del dionisiaco – la tragedia greca deriva dalla lirica, dionisiaca (da qui l’idea del “tragico”, in forma dionisiaca: l’uomo, scosso nelle sue certezze, o abitudini, dal piacere e dal terrore, dai prodigi degli dei) viene buttato in un mondo trasfigurato, di colpa, destino, pena.….
È curioso però che la tragedia si sia sviluppata, con non largo sfasamento, la grande tragedia di Eschilo, Sofocle, Euripide, 480-406, mentre Platone si formava, e poi insegnava, nella stessa Atene, il rigore della ragione, l’anti-mitizzazione del reale.
 
Verità - “Se la filosofia occidentale ha sempre sostenuto che la realtà è verità, adequatio rei et intellectus, il totalitarismo ne ha tratto la conseguenza che noi possiamo fabbricare la verità nella misura in cui fabbrichiamo la realtà” – Hannah Arendt lo spiega in un appunto. Il dittatore totalitario non è Attila né Napoleone, non rapina, neanche per le sorelle. È un demiurgo, fabbrica realtà-verità, indifferente al rosso e al nero. E non per farci più saggi ma per coinvolgerci “nel deserto delle proprie conclusioni e deduzioni logiche astratte”.
Il difetto è antico, stando a Bacone, che però è uno che crede, pure lui, alla  verità: è di Aristotele, il quale la fisica fece dialettica, e la metafisica volle realista. Gli scolastici fecero peggio, abbandonando l’esperienza.                                                                                    


zeulig@antiit.eu

Nessun commento:

Posta un commento