Hitler e la Resistenza misconosciuta
Ben argomentato, molto illustrato e con una lunghissima bibliografia, ma è l’ennesimo tentativo di farsi una ragione della Germania nazista. Storicamente. Spiegarla – cioè capirla, quindi
giustificarla. Agli ordini di un personaggio improvvisato. Che si direbbe oggi
un underdog, per giunta nemmeno tedesco, e capriccioso, un instabile. Che governerà incondizionato. Fino alla distruzione totale. Tutto ripetutamente domandato, e tutto
risposto. Lo storico inglese, che di Hitler è anche biografo, analizza il consenso
anno per anno e istituzione, o potere, per istituzione, specie il militare. Che
però, come tutto, Hitler poté “purgare”. Dovette, l’opposizione c’era. E questo è il punto.
L’opposizione c’era, di cui non si fa la storia, se non per episodi.
Fra tutti i regimi totalitari, quello di Hitler ebbe l’opposizione più vasta. Si sa dalle centinaia
di migliaia di prigionieri politici nei suoi mille lager, dall’emigrazione
massiccia, dai plotoni di esecuzione e dalle forche, attive fino alla vigilia
del suo personale annientamento. Che la Germania democratica poco ha indagato, se
non per “personaggi”, e per nulla celebrato. Non c’è un ricordo della
Resistenza, benché così diffusa, una ricorrenza, una memoria, nel calendario, nella toponomastica, nell’intrattenimento, il teatro, il cinema, la canzone. Perché dovevamo fare la Guerra all’Unione Sovietica. E
poi? Perfino nelle pensioni, tutti quelli che avevano combattuto per Hitler sono
stati onorati fino all’ultimo centesimo, anche i non tedeschi – tra essi molti ucraini (centinaia di migliaia, per lo più SS, quindi miliziaxdi partito e non statali)Per le vittime di Hitler niente.
Ian Kershaw, Hitler
e l’enigma del consenso. “Corriere della sera”, pp. 308 €9,90
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