Se la sinistra va a destra, e viceversa
Riprendendo
il libro organizzato da De Masi per riporlo, a distanza di due anni, e col governo
stabilizzato a destra, si scopre l’evidenza – più che evidente dopo i
referendum di un mese fa: che l’ultimo decennio ha visto la sinistra a destra e
la destra a sinistra. Sui tempi più discussi: il lavoro, l’immigrazione, la
giustizia, la Pubblica Amminstrazione.
Fra i
referendum del 7-8 giugno non sono passati quelli promossi dalla Cgil, con “oltre”
quattro milioni di firme, il solito unanimismo ex Pci, per il mancato raggiungimento
del quorum. Ci sta, nulla di scandaloso. Ma è stato proprio bocciato, col voto
più che con l’assenteismo, il referendum che si pensava più condiviso-sibile
a sinistra, il dimezzamento degli anni di residenza in Italia per ottenerne la
cittadinanza. Proposto dalla sinistra non ex Pci (socialisti, radicali e
Rifondazione), con “sole” 637 mila firme.
È,
era stata, di sinistra l’abolizione dell’articolo 18 sul lavoro, che continua a
dividere la sinistra: molti dei votanti al referendum del 7 giugno per la
reintroduzione si sono espressi contro.
Si
prenda il “dialogo” in Libia con i mercanti di migranti. Senza peraltro disinnescare
i viaggi della morte, con centinaia di morti ogni anno, e qualche anno anche
migliaia. Oltre alle esazioni e perfino alle torture inflitte in Africa ai migranti.
È – è stato – di sinistra il tentativo otto anni fa di un accordo con i
mercanti di migranti in Libia. Mentre si fa sempre un caso di sinistra
l’opposizione in tribunale, necessariamente sporadica, all’espulsione di questo
o quel migrante. Ma solo in Italia. Per la giustizia politica, che è sempre di destra, ma di cui la sinistra
in Italia si fa scudo.
Come
del resto oggi, che si fa grande caso della Corte Costituzionale in tema di
Cpr, centri di permanenza rimpatri, da regolare per legge: i Cpr sono stati istituiti
da un governo di sinistra nel 1998, dai ministri Pds Turco e Napolitano. Del
resto, prima e con più durezza in Europa la lotta al mercato dei migranti si è
fatta e si fa, in Danimarca e in Gran Bretagna, da governi socialisti – e anche
in Spagna, che non si dice, ma gli sbarchi alle Canarie, come Lampedusa sbocco
privilegiato dei mercanti di braccia, sono crollati.
È invece
di destra il primo abbozzo di politica europea per il Mediterraneo e di politica
Africana. Ed è comunque operante un
piano, sempre di destra, di cooperazione in Africa, per la formazione, il lavoro,
l’immigrazione regolare. E così via - è stata di sinistra la residenza fiscale
privilegiata ai supermilionari.
L’idea
del compianto De Masi sembra insomma avere funzionato anche al contrario. Almeno
per come la esprimeva nel risvolto: “metodi più radicali”. Non è successo, si
va per accomodamenti. E semmai è il governo di destra che fa le cose con più
radicalità.
Dialoghi
su “Dio, Patria, Famiglia” e “Libertà, Uguaglianza, Felicità” De Masi proponeva
come discriminanti, gruppi di valori sottintendendo, classicamente, come di
destra e di sinistra. Salvo trovare nella stessa sua raccolta molti interventi “per
la sinistra” (Cacciari, Marramao, Cardini, la stessa Grazia Francescato con le
sue tassonomie di sinistra) dissenzienti, o “ di destra”.
Che
cos’è sinistra lo specifica De Masi, solo lui, alla fine, p. 180, ma non si può
riassumere, non basta una pagina – è tutto il bello-e-buono.
Domenico
De Masi (a cura di), Destra e sinistra, Paperfirst, pp. 206 € 16
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