venerdì 8 agosto 2025

Cronache dell’altro mondo – gramsciane (348)

Con più determinazione, e con qualche argomento in più, rispetto ai neocon un quarto di secolo fa, la destra americana coltiva la cultura come terreno di dominio. Nella battaglia a tutto campo anti-woke - sulla storia, le minoranze, il genere, la sregolatezza in genere (alcolismo, droghe, promiscuità) - e in tutti gli ordini dell’istruzione, dalla scuola materna all’università.

Un’offensiva generalizzata, a partire dal linguaggio Anche nelle materie e gli ambienti più ostili, i media e la giustizia. Sui media attraverso la pubblicità, che segue il gradimento del pubblico. Giacché questa strategia paga, a sorpresa col voto popolare a Trump, in crescendo sulla base dei sondaggi.

Non è proprio Gramsci, il teorico dell’“egemonia” culturale, ma è come se, il disegno è lo stesso: dominare le menti prima che la scheda alle urne.

Il disegno egemonico conservatore s’identifica col vice-presidente Vance, sui temi rappresentati dieci anni fa col suo best-seller “Elegia americana”, e con Christopher F. Rufo, un quarantenne figlio di un bracciante emigrato dalla Ciociaria, ideologo formato alla Georgetown, l’università dei gesuiti, e anche lui a Harvard, come Vance. Ex regista apprezzato di documentari sociali, è da anni vedette su tutti i media delle cause conservatrici – ha costretto alle dimissioni la rettrice di Harvard, con accuse di plagio, ed è l’autore della fake news (in cui poi è caduto Vance) degli immigrati che si mangiavano i gatti.

L’argomento in più è che il conservatorismo, la tradizione, è migliore baluardo per i ceti più sfavoriti.  Rufo ha condiviso come documentarista l’esperienza di vita (e di scrittura) di Vance, l’America  hillbilly, della rust-belt o cintura industriale abbandonata, dell’isolamento, della deprivazione.

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