Calvino architettto – scrittore infelice
“Spesso
quest’uomo di straordinaria intelligenza ha dichiarato che nel disegno, nella
tavola fatta di segni grafici, c’era per lui una risorsa di felicità che gli
era impossibile trovare nella scrittura”. Da qui, da questa constatazione, una
rilettura di Calvino, che pure ha scritto tutta la vita – immenso anche l’epistolario,
che si fatica a riorganizzare. Per di più, era scrittore esigente, curato: “Allora
la ricerca della parola giusta, perfetta”, si chiede Voltolini stesso, “del
giro di frase elegantissimo e asciutto, come andranno interpretati?” Che la
scrittura, come tutto, non può arrivare alla perfezione? No, si dice Voltolini, “Calvino
secondo me ci è arrivato più di una volta”, alla perfezione. No, il punto è un
altro: “Il punto è la felicità negata, non la perfezione tecnica”.
Le
felicità è negata dalla scrittura proprio come modalità espressiva: “Forse non
è la perfezione semrpe ricercata ma irraggiungibile che caratterizza la
scrittura, bensì l’infelicità espressiva che ne è l’essenza, rispetto alla
comunicazione visiva”. Limitata, arzigogolata, e quindi infelice. In sè, e anche
per l’autore?
Ma,
forse, più che pittore, Calvino non volle essere architetto - così voluttuosamente preciso in tema di mappe e di prospetti, -- di ambienti, di città e anche
di mondi, nonché della storia?
Uno
dei tanti saggi, brevi, annotazioni più che disamine, che Voltolini ha redatto in quaranta o più anni di recensioni e critiche, ora raccolte nel volume “Su”.
Dario
Voltolini, Italo Calvino era infelice di scrivere, fruibile online su
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