A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (602)
Giuseppe Leuzzi
“Finché ci saranno, gli uomini continueranno a
rapportarsi con le mafie”, Nicola Gratteri, Procuratore Capo a Napoli. Da
Napoli in giù, naturalmente.
Lo dice ai festival ma lo insegna anche nelle scuole.
Meglio arrendersi subito?
Per la morte di Alessandra
Balocco evocazioni rispettose di tutti i giornali e tg - sviluppo dell’azienda, rispetto
delle maestranze, qualità dei prodotti. etc. Senza ma ricordare il fatto per cui
Balocco è soprattutto nota, il falso messagio per vendere il pandoro uno o due
anni fa. Tutta colpa di Chiara Ferragni, il messaggio promozionale ingannevole per
cui la stessa è indagata? Ma è giusto; delimitare il danno. A una Balocco di
Palermo non sarebbe stato concesso.
“Mi persuado sempre più”, nota Borges a un certo punto
ne “L’Aleph”, che la poesia moderna esige il balsamo del riso”. Lo fa dire a
Carlos Augusto, un cugino dell’amata Beatriz morta troppo presto che l’autore
va ogni anno a riverire, un piccolo bibliotecario di periferia, un po’ trombone
– un po’ Borges. “Decisamente ha la parola Goldoni!”, lo fa concludere. Ma è
“‘a zannella” che molti al Sud privilegiano, l’ironia benevola, non è lo
“scherzo” italiano che incuriosiva Borges, ma gli si sarebbe meglio adattata.
Lo Stonewall Inn, il bar gay del Greenwich Village a
New York entrato nella storia della liberazione omosessuale per la resistenza
opposta dai frequentatori alla Polìzia che ne voleva lo sgombero nel 1969, era
tenuto dalla mafia. Senza scandalo, ne dà notizia Edmund White, fra i più
frequenti frequentaori in “Gli amori della mia vita”, le memorie postume. Tante
storie della mafia e manca l’essenziale.
Quando si scopre il cadavere,
all’inizio del “Giallo sul giallo”, Gianni Mura ha, rivolto al suo alter ego, presunto colpevole,
il rituale insulto “porco assassino” pronunciato da “una voce con l’accento del
Midi”. Che non è un indizio. È un di più, riflesso condizionato leghista, da
bravo brianzolo – il giallo il giornalista dedica al padre, maresciallo dei
Carabinieri, “Il Maigret della Brianza”.
L’idea del Ponte
– ultimi scavi in Magna Grecia
No,
il Ponte non è di Salvini. È anche di Conte – chi era costui? Insomma, quello reddito di cittadinanza. No, era già del Pd: Delrio quando era
ministro se ne occupò molto, e poi Paola De Micheli, e poi Enrico Giovannini.
Il prof. Cascetta, professore infuente
dei Sistemi di Trasporto alla Federico II, l’università di Napoli, già
assessore di Bassolino, membro della “struttura di missione” del ministro dei
Lavori Pubblici del primo Conte, presidente dell’Anas, che pure non sembra un
fondamentalista, del Ponte precisa: ”Un’idea di Berlusconi? No, di Cavour”.
Che
però si può giustificare, allora nessuno sapeva dello Stretto –figurarsi
Cavour, che del Sud aveva cognizioni vaghe. Tanta unanimità, di fronte al nulla
(ancora), significa che il Ponte è popolare. Ma è un mostro. Tanto più sapendo
che si faranno i “piloni”, di 150 metri di altezza – se si faranno, dopo aver
scavato qualche miliardo di metri cubi (se ne farà una montagna, un’altra in
Calabria, e dove?) – e poi più nulla, la campata unica di tre km. e mezzo
(sic!) non esiste.
Un
Ponte da 13 miliardi preventivi, che poi saranno 130, per servire,
ipoteticamente, un traffico modesto, e per lunghi periodi inesistente. Solo una
scommessa ingegneristica. Certo un record. Sia che si faccia veramente (1 per
cento di probabilità) sia che rimanga ai piloni, anzi forse solo agli scavi – il movimento terra lo sappiamo fare. Sarà
l’abitudinario “Ultimi scavi in Magna Grecia”.
Milano capitale della protezione
Ritorna sul “Corriere della
sera l’ovvietà che Milano è la calamita dell’Italia. Però questo
dell’urbanistica sarà
pure l’ennesimo episodio di protagonismo giudiziario, di “giustizia a
orologeria” (ma l’orologio della giustiza è semovente), etc., ma alcuni fatti ci
sono. La Corte dei Conti aveva già a processo i funzionari comunali che hanno
avallato progetti di “sviluppo immobiliare” poi fasulli. Il megaedificio di sette
piani su larga fronte, che ha sostituito come ristrutturazione, all’interno di un
cortile, una villetta-opificio di due piani e mezzo. Una Leontina srl è fallita, sotto sequestro da un anno per abusi
di ogni tipo - comprese cospicue caparre per abitazioni da consegnare a
novembre e di cui mai aveva iniziato la costruzione.
Tutto
questo altrove non sarebbe stato possibile.
I
fatti c’erano già prima, solo i media,
pure così sensibili alla cronaca nera, non se ne erano accorti. E non ne
parlano, se non a denti stretti, non ci fanno ampi servizi, giusto parole
smozzicate, qua e là. Niente scandalismi, Milano si protegge. Da chi, da che?
Il Ratto di Philip K. Dick e “padrone e sotto”
Nella cronaca dell’ultimo G
7 in Canada, lo scrittore francese Carrère che ha avuto il privilegio di
seguire il vertice da presso, volendo dare un’immagine negativa del presidente
americano Trump lo assimila al “Ratto”. Un personaggio, dice, inventato da
Philip K. Dick –di cui Carrère è stato biografo
- per movimentare il noioso Monopoli di cui erano entusiaste le
figliastre. E lo spiega così:
“Il
Banco in questa variante si chiama il Ratto, e invece di accontentarsi del
ruolo di arbitro detiene un potere
discrezionale” totale. Decide “quando vuole, come vuole, senza che nessuno
abbia il diritto di chiedergli conto dei suoi ukase, e senza che lo impegnino a nulla per il seguito. È la tabula rasa perpetua, la dittatura allo
stato puro, la negazione dell’idea di diritto”.
Ma è il gioco della romana
“passatella”, detto in Calabria del “padrone e sotto”. A Roma non più in uso,
non essendoci più le osterie, in Calabria invece sì, essendosi sempre giocato
nei bar, e con la birra. A una passata di carte da briscola, diventa “Padrone”
chi ha la più alta. La carta più alta della mano successiva designa il “Sotto”.
Il Padrone decide chi e
perché può bere, e quanto. Il Sotto può bloccare la scelta del Padrone,
motivandola, ma non può determinate chi può bere.
Umanesimo greco in Italia - 2
Proseguendo nella rassegna
degli studi di Anna Meschini Pontani sull’umanesimo italogreco, uno dei
contributi maggiori, che hanno segnato tutta la vita della studiosa, è sulla
vita e l’opera del protagonista forse maggiore di questa esperienza culturale, Giano Làskaris, costantinopolitano, filologo,
bibliofilo, poeta e diplomatico, studioso
di codici, autore di epigrammi, nonché di copiosa corrispondenza. Girò a lungo per
l’Europa nel tentativo di creare un’alleanza contro i turchi - e a questo
effetto, purtroppo, al servizio di Carlo VIII quando invase barbaramente
l’Italia. Ma visse prevalentemente a Roma, fino quasi ai novant’anni, primo editore
anche di opere greche in Itaia, in traduzione e in originale.
Un gruppo di cinque umanisti
greci attivi in Italia tra la fine del ’400 (Demetrio Mosco) e i primi decenni
del ’500 (Cristoforo Kondoleon, Michele e Manuele Sofianòs, Teodoro Rendios) ha
meritato un’altra serie di indagini di Meschini Pontani. Prima assai poco noti
agli stessi studiosi, sono stati autori di opere a vario titolo interessanti, di
poesia, di filologia e filosofia, nonché collezionisti di opere a vario titolo
poi importanti. Forse il lavoro di scavo più incisivo della studiosa, che ha
reperito testimonianze autografe o comunque originali, editiones principes di
trattati, lettere, cataloghi, epigrammi, epilli, commentari.
Corona l’umanesimo italogreco una serie di studi studi
di Anna Meschini Pontani attorno alle esegesi operate sugli epigrammi
dell’Antologia Greca. Alle annotazioni, definite “fondamentali”, di Marco
Musuro, cretese di Candia (e, in misura minore, su quelle di Giano Làskaris e
Angelo Poliziano), altri dotti greci e italiani del primo Cinquecento sono
riscoperti, in quanto filologi, epigrammisti, versificatori: Matteo Devarìs (“Matteo di Bari”, “Matteo Greco”), corfiota, Lazzaro Bonamico, o da Bassano, il senese Lattanzio Tolomei,
ambasciatore di Siena in Vaticano, Niccolò Leonico Tomeo, greco d’Albania.
Cronache della differenza: Napoli
Brucia il versante alberato
del Vesuvio, il tutto in pochi giorni. Nella disattenzione. Il governo ha mobilitato la Protezione civile nazionale. Ma
niente di drammatico, non abbastanza, l’Italia non è stata in pena per Napoli.
Non c’è delitto.
È solo un secolo, anche meno,
malgrado Gladstone e la scombinata unificazione dell’Italia, che era meta di
predilezione di molta intellettualità europea, la città e le isole. Fra i tanti,
il supplemento “Mimì” de “L’altravovce” può ricordare Celeste Somerville,
astronoma e matematica – quella per la quale fu coniato il neologismo “scienziata”:
“Sul finire dell’Ottocento, lungo la spiaggia di Chiaia si poteva spesso
incontrare un’elegante ultraottantenne, seduta su una sedia in legno, intenta a
scrivere…”
Il giudice Gratteri, che è
calabrese, quando dirigeva le Procure in Calabria era specializzato in arresti
di massa – la maggior parte abusive. Pescava a strascico. Adesso che ha
culminato la carriera a Napoli non più.
Non ci sono delinquenti a Napoli.
Da Napoli, calcola Laura Valente
sul “Robinson”, tra il 1860 e il 1960
“ha preso vita l’esodo di circa trenta milioni di italinai”, che vi si
imbarcavano per gli Stati Uniti. Non solo italiani, si partiva per la Terra
Promessa da Napoli soprattutto, più che da Marsiglia, nel Mediteraeo, e da Le
Havre sull’oceano. A Napoli arrivava in Europa tutta l’Asia, Cina, India,
Giappone.
Scomparsa nel “colore”, resta presente nel
linguaggio e negli usi. C’è ora anche l’aperitivo “sospeso”, come tradizionalmente
il caffè – e la pizza, pare, secondo la rete, e il giocattolo.
Saviano celebra sul “Corriere della sera” lo scudetto
del Napoli: “Tutti i napoletani in diaspora e in città hanno rancore per la
propria città”, afferma entrando in tema, dopo il ricordo commosso del padre,
che per lui bambino ci passava il tempo. Possibile? La città è “difficile,
incasinata, piena di miseria e imbroglio, niente che funziona mai”. Era “Napoli
gentile”, anche “Napoli nobilissima”, benché gravata da lazzari, circumvesuviani,
e casertani.
Ma poi aggiunge:“Ogni volta che il Napoli vince,
soprattutto con squadre del Nord, sento come un riscatto”. Proprio lui, che è
“Saviano” grazie al Nord, al tradimento di Napoli con “Gomorra”, e le
successive puntate. Tanto gradite al Nord.
Il Napoli Calcio vincente è prima di tutto opera imprenditoriale
e manageriale. La passione conta, ma poco – si veda l’As Roma, che ha il (grande)
stadio sempre pieno, 63 e 65 mila spettatori, anche con l’Avellino, e non vince
mai.
Prima
Caivano, poi l’America’s Cup – e magari ripuliscono anche Bagnoli. Berlusconi che
al tempo liberò la città dai rifiuti in pochi giorni – e poi anche dalle costossissime
ecoballe. Napoli si può dire ben governata da destra – anche se a distanza.
Cose solide, niente a che vede col “Rinascimento” del Pci-Pds-Ds che deindustrializzò
la città – per l’“economia dei camerieri” dello sconsolato, e vero compagno, economista
Mariano D’Antonio. Ma vota sempre a sinistra.
leuzzi@antiit.eu
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