Tokyo dice Cina per non dire riarmo
Il militantismo anticinese di Sanae Taichi,
primo gesto della premier giapponese appena eletta, si riallaccia al riarmo variamente
decretato nel dodicennio di premierato di Shinzo Abe. Un riarmo anche nucleare,
con la possibilità di operare anche fuori ai confini nazionali, dichiaratamente
anti-cinese – decretato per contrastare la bellicosità della Corea del Nord e
il riarmo cinese. La Cina è dunque il fronte più impegnativo della politica militare
giapponese.
Il militantismo non ha però scalfito i
legami economici. Non per ora. La Cina resta il principale partner commerciale
del Giappone – il secondo mercato per le esportazioni e il primo per le importazioni.
E il Giappone è il secondo o terzo maggior mercato di esportazioni della Cina,
dietro agli Stati Uniti e, qualche anno, alla Corea del Sud. Nel 2024 gli scambi
sono ammontati in totale a 308 miliardi di dollari.
Contro le iniziative pro-Taiwan della premier
Taichi, Pechino ha messo ora il Giappone al primo posto tra i paesi sconsigliati
ai suoi turisti. Il turismo cinese è al primo posto in Giappone, per numero e
per spesa.
I mercati non credono a una riduzione
sensibile dei rapporti. Il militantismo anti-cinese di Abe e Taichi sarebbe a
copertura del riarmo giapponese. Deciso e perseguito come disegno autonomo –
parte della rinnovata assertivenes nipponica nel Pacifico. La disputa sulle
isole Senkaku, nel mar Cinese Orientale, è di minore importanza di quella sulle
isole Kurili, che vede il Giappone in lite con la Russia senza particolare
animosità.
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