zeulig
Ateismo – Di
logica particolare – controvertibile: una professione di fede contro qualcosa
che si nega.
Attualità –
Una retorica che confonde la storia. Attualità di un detto, una riflessione, un
gesto, un personaggio, un evento. L’attualità del classico. Che vuol dire la vivenza
– reviviscenza, significanza – al di là e fuori del tempo. Una forma di verità
anche, ma fuori contesto, l’ieri, l’oggi.
Si sottintende della storia come insieme
di permanenze-persistenze, quasi de moduli. Che può essere un criterio cognitivo
ma non la storia, l sua verità.
Ragione –
C’è anche quella della “sragione”. La scorge don Chisciotte, il Cavaliere dalla triste
figura, quando si addentra col fido scudiero en lad entranas de Sierra Morena
a caccia di avventure, e vede nelle rocce fortilizi, torrioni, gabbioni, trincee
- la razón de la sinrazón” che sarà un titolo di Pérez Galdós.
Dell’immaginazione, della follia, della
natura.
Spiritismo –
Dilaga ‘n coppa alle epoche razionaliste – volutamente (dichiaratamente)
tali: Rinascimento, Illuminismo, Positivismo. Non come reazione, però, anzi con
pretese di esserne sviluppo o filiazione. In che misura ne è coda?
Una coda positivista fino alla psicoanalisi (psicologia) nel
suo complesso. Di qualche utilità terapeutica, ma occasionale – e rischiosa. Ma
come tutti i moti spiritualisti, misticismo compreso, autosuggestiva.
Suicidio
- David Foster Wallace, un omone di un metro e novanta, quarterback al
football, quello che le becca di più, forte, robusto anche nella scrittura, riconosciuto
e anzi celebrato, curiosone, analista attento, meticoloso, si uccide impiccandosi
nella stessa casa in cui abitano la moglie e i due cani che adorava – faceva tutto
con loro, scriveva, giocava, scherzava, curiosava per il mondo, che era il suo
modo di vivere la letteratura, legata alle cose, alla quotidianeità, e
scambiava moine e carezze. Ma aveva dentro “la Cosa Cattiva che ti divora”, era
stato anche ricoverato, all’apparenza senza conseguenze, ma un po’ lo sapeva,
“forse come a tutti i Wasp da bambino mi è mancato l’affetto”. L’ansia
lo ha sempre divorato, da ragazzo, da adulto, da studente, da recensore, da
scrittore di successo e premiato. A volte basta poco. Qualcuno fra i suoi followers
ha arguito-argomentato che “il suicidio
è fottutamente straziante, il risultato di un dolore interiore letteralmente
peggiore della morte”.
Per Aristotele è un delitto contro la polis
– un danno alla società (sarà l’argomento anche di san Tommaso d’Aquino). Fino
al Settecento, quando gli illuminati lo decretarono nell’ordine naturale delle
cose.
Shakespeare ne fa materia di ben 32
drammi. A uno dei malcapitati, Amleto, facendo valutare una mezza dozzina di
opportunità, di cause propedeutiche: “Non sopportare le frustate e gli insulti
del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell’uomo borioso, le angosce
dell’amore respinto, i ritardi-traccheggiamenti-indugi della legge, la
tracotanza dei grandi, i calci in faccia (??) che il merito paziente riceve
dalla mediocrità”.
Poi via via il suicidio è stato
depenalizzato. Fino al catechismo del papa Woytila, nel 1992, che lo prevede,
possibile. Legalmente, è stato depenalizzato per ultimo in Inghilterra, solo nel
1961.
Ma resta sempre il reato di “istigazione”
o “favoreggiamento”.
Il suicidio è contagioso? Una delle più
forti predisposizioni al suicidio è conoscere, frequentare, un suicida.
Non sembra, anche da esperienza
personale, ma così dicono i terapeuti.
Timone agli Ateniesi: “Ateniesi, sono
già parecchi quelli che si sono impiccati al mio fico. Io devo abbatterlo. Perciò
chi vuole appendersi si affretti!”.
Philip Mainländer, alla fine
dell’Ottocento, sale sulla pila di copie fresche di stampa del suo unico libro,
“Filosofia della redenzione”, e si lascia penzolare da una fune. Leggendo
Leopardi a Napoli, ne aveva ricavato che “il non essere è meglio dell’essere” –
che invece è un inno all’essere e la vita (non era un buon lettore?).
Piace anche morire in coppia. Kleist
non fu il primo, solo il più famoso, in antico usava così – lui fu speciale in
questo, che lo fece presto, di 34 anni, in un’epoca, il 1811, in cui il modo
era in armi contro Napoleone, e trovò lei, malata di cancro terminale, solo
entusiasta all’idea: banchettarono prima entusiasti, e lei pregò il marito nelle
ultime volontà di seppellirla accanto al poeta: non un tradimento, un sonno
interminabile di romantica felicità.
Morire in coppia adesso è più facile. E
su appuntamento. Ci sono agenzie per questo, benché sotterranee, di anime gemelli,
di fratelli. Un gentiluomo della Norvegia ne ha trovato uno in Nuova Zelanda,
ha preso l’aereo, lo ha raggiunto, e insieme si sono lanciati da una una scogliera.
Un uomo e una donna hanno preso camere separate contigue in albergo su un lago,
e insieme sono stati trovati, ammanettati, annegati.
Tra i siti la gara è tra il Golden Gate
a San Francisco e la foresta Aokihahara in Giappone, ai piedi del monte Fuji,
sito preferito dai giapponesi, che adorano finire in gruppo (si perdono nella
foresta?).
E vale anche qui l’effetto annuncio? Il maggior numero di
suicidi, in Europa e in America, si sarebbe registrato nel Settecento, quando
venivano regolarmente registrati, come ogni altro evento pubblico, sui
giornali.
Il quadro indiziario deve restare aperto il più possibile.
zeulig@antiit.eu
Due amiche per la
vita – avendo da giovani “fatto la vita” – passano le giornate tranquille in Borgogna,
dove si sono ritirate, benché in situazioni difficili. L’una col figlio
scemotto in galera per piccoli furti, l’altra con la figlia in carriera a
Parigi irritata e ostile, benché da lei sempre accudita. La figlia morirà poi,
cadendo dal balcone, nella casa che la madre le ha comprato, e la cosa potrebbe
essere sospetta. Ma delle due amiche si occuperà sempre con dedizione l’ex
carcerato.
Una storia come
tante, senza storia. In filigrana, anche se non voluto, un conflitto generazionale,
tra chi si è fatto, anni 1960-1970, anche se con mezzi non convenzioali, e chi
ha tutto avuto ma non sa di nulla e non si pone nemeno il problema di che e
come vivere.
Dice tutto il
titolo originale, “Quand vient l’automne”. Un film autunnale, i colori, l’abbigliamento,
i modi anche di dire, i problemi, che non sono mai decisi, gravi, neanche la
morte, e l’età dei protagonisti – delle protagoniste.
Le attempate
Hélène Vincent e Josiane Balasko, che Ozon come Ozpetek preferisce per le sue
storie e sa rendere pregnanti, di leggerezza e robustezza, animano in minuti
gesti, sguardi, accenti, molto professionali, al limite della cancellazione, la
quieta trama.
François Ozon, Sotto
le foglie