lunedì 13 ottobre 2025
Le mani del governo sul risparmio
Su una cosa che ancora non esiste, una
procedura Ue contro il governo italiano per la gestione politica, contro le
regole, del golden power (contro Unicredit per l’acquisizione di Bpm, e a
favore di Crédit Agricole, n.d.r.), due europeisti convinti come Osvaldo De
Paolini e sul “Giornale” e Angelo Di Mattia sul “Foglio” si scagliano contro.
Con virulenza. Con violenza.
Se il covid non c’è stato
Una riflessione sui (non) effetti del covid, se non “gli
adesivi sbiaditi”, e “qualche reparto di terapia intensiva potenziato” – oltre “a
inedite definizioni di paure e fragilità”. Ovvero sull’effetto semplificazione,
se non rimozione: della pandemia come una parentesi - un’influenza un po’ pestifera,
come si voleva agli inizi. Mentre “aveva aperto questioni gigantesche e più
generali, avendo imposto un corpo a corpo con il collasso di alcuni diritti
fondamentali, con le epifaniche e amarissime disuguaglianze di quella che era
per tutti la stessa «tempesta» ma non la stessa «barca»”.
Una riflessione propiziata dalla
mostra “Venezia e le epidemie”. Che invece testimonia di una storia, una realtà
politica, che si intendeva di epidemie, trafficando per i porti di tutto il
Mediterraneo, e sapeva prevenirle e trattarle. Un’esperienza di secoli, che
Gissi sintetizza come efficace. Intanto perché anticipa un concetto
contemporaneo, “la comprensione della relazione reciproca tra salute ed
economia, il valore della governance coordinata, l’esigenza di un’intelligence
sanitaria sovranazionale” – che Venezia non trascurava, uno dei suoi tanti plus.
Ma, soprattutto, si organizzava di conseguenza: “L’esperienza veneziana
dimostra come l’eccellenza nel governo delle emergenze sanitarie non scaturisca
soltanto da saperi scientifici avanzati – all’epoca certamente fragili – ma
dalla facoltà di edificare istituzioni adattive, capaci di trarre insegnamento
dalle emergenze e di trasformarsi”. Il contrario della realtà odierna, da Paese pure “avanzato”, di una “sanità collettiva” che si affronta con “tagli e logiche di
mercato”.
Con
un interrogativo anche sulla funzione della storia, della storiografia. Che a
volte è lì per rimuovere invece che per scoprire – rivelare, spiegare: “Rimozione
e oblio sono evidentemente tentazioni potenti e già sperimentate nel caso della
‘spagnola’ d’inizio Novecento, nascosta a lungo nelle pieghe dei manuali
di storia”.
Alessandra
Gissi, Venezia e le epidemie, un viaggio nella storia e nell’ambiente,
minima&moralia, online
domenica 12 ottobre 2025
Ombre - 795
La Francia non ha solo un
problema di debito pubblico, è troppo alto anche il debito delle imprese, rileva
“Il Sole 24 Ore”: “Ha raggiunto i 4.550 miliardi, il 155 per cento del pil”, un
record – in Germania è all’89 per cento, negli Usa al 73,7, in Italia al 57.
La globalizzazione, il “mercato”, si è fatto
a debito. Il Fondo Monetario Internazionale calcola l’indebitamento pubblico “globale”
(mondiale) alla pari quest’anno col pil, con la produzione.
Si scopre, con lo scambio di prigionieri
Israele-Hamas, che “migliaia” di palestinesi sono detenuti in Israele senza processo,
e senza assistenza legale. Anzi in segregazione. E non se ne sapeva niente.
Democrazia? Informazione?
Si modifica il Tuf, testo unico
della finanza, per consentire alla francese Agricole il controllo di Bpm arrivando
a un centesimo sotto il 30 per cento - elevando dal 25 al 30 per cento l’obbligo
dell’offerta pubblica di acquisto dell’intero pacchetto. Dopo avere modificato
le regole di gestione, per cui si controlla un’azienda col poco meno del 30 per
cento. Da parte di un governo “sovranista”, che ha fatto guerra a Generali per l’accordo
con Natixis, francese, e a Unicredit per l’ops su Bpm – dichiarando Unicredit
banca straniera, che mette a rischio il “risparmio degli italiani”.
Sotto il sovranismo la vecchia manovra “bieca”
di potere. A danno del risparmio – lo è sempre stata. Ma questo non si dice. C’è
un perché?
Si litiga su una decisione di Bruxelles in materia di “golden power” che non è stata presa. Litigano Meloni e Giorgetti, e i loro fan nei media. Curioso. Anche perché non c’è mai stata tanta intromettenza politica, sull’informazione e sul risparmio - le banche, bene o male, ci tengono i conti. Neanche quando le banche erano pubbliche. Le Casse di risparmio rispondevano ai potentati locali di turno, ma con discrezione – anche perché le Procure all’epoca vigilavano. Dei grandi banchieri pubblici era soprattutto nota, e non contestata, l’indipendenza, di Mattioli, per dire, Cingano, Siglienti, anche Braggiotti, lo stesso Nesi, Sarcinelli – anche nelle contese, tra Cingano e Braggiotti, o tra Fausti e Arcari.
Meloni giuliva dei viaggi all’estero
- unica peraltro viva (che se non ha qualcosa da dire sa però come dirla) nel
cimitero europeo – non sa che Renzi arcipotente perse tutto imponendo le sue
banche toscane. Dopo di che qualche centinaio di migliaia di famiglie ci rimisero
molto e moltissimo.
Sembra strano oggi, ma in confronto al
potere di Renzi, per dieci lunghi anni, Meloni non è niente al confronto, appena qualche
nomina, da poco, di passaggio, Sangiuliano, Giuli, Lollobrigida, la sorella.
Di una dozzina di frequentazioni
abituali la metà hanno o hanno già avuto l’influenza. La Regione però ha prenotato
il vaccino per novembre. Poi dice che la sanità pubblica non funziona perché
troppo cara, troppo lenta, disertata dalle competenze, etc. Perché manca la testa,
un minimo di giudizio.
Lo screzio fra Angela Merkel e
la Polonia – il governo in carica e l’opposizione – sul mancato dialogo con
Mosca tra il 2018 e il 2022 è intanto verosimile:
Merkel dice che la Ue non parlò con Mosca per l’opposizione della Polonia. Ma è
comunque uno dei tanti segnali che l’Est europeo – che determina purtroppo l’agenda
della Ue da un quinquennio – è un verminaio. Il tono della contesa, se non la sua
verità, parla chiaro.
Roma scopre di avere 1.859.221
autoveicoli immatricolati, per 1.600.000 patentati. Nonché essere anche “capitale
dello sharing”, di auto, moto, bici e monopattini. Di questi
soprattutto. Siamo in transizione, verso dove?
Roma ha anche 330 km di piste
ciclabili, e prevede di costruirne altri 700 km. Al costo di 350 mila euro al
km - un “investimento” da 350 milioni. Per piste che nessuno usa. Un investimento
per restringere la carreggiate ed eliminare qualche centinaio di migliaia di
posti macchine al parcheggio.
Ferrari dimezza gli investimenti sull’auto
elettrica. Mentre per il decimo, o ventesimo, anno non fa più una macchina
competitiva alle corse. Dopo Fiat, Jeep, Alfa Romeo e Lancia, Elkann affonda
anche la corazzata delle vendite e dei profitti?
Continuano le ruminazioni sul voto alla
Regione Calabria, dopo quello alla Regione Marche. Sapendo che domani il risultato
sarà invertito in Toscana – e fra un mese in Campania e Puglia.
Giornali e tg fanno un subisso di
politica, senza dire nemmeno l’ovvio – fare di tutto eccezione, anche dell’alba
e il tramonto, è come abbaiare, senza senso.
Fine ingloriosa del candidato
Pd-5 Stelle in Calabria, Tridico, dopo una serie di gaffes inimmaginabili.
E non si dice che un quarto dei voti che ha raccattato, il 10 per cento del totale
del voto, era di due liste socialiste, sotto mentite spoglie, Democratici
Progressisti e Casa Riformista – questa con una spruzzata di Renzi, “Italia
Viva”. Una delle due ha anche preso un consigliere, l’altra è andata poco
sotto.
Meloni da Vespa fa l’elenco delle
accuse avventate che Conte, Schlein e Avs muovono al suo governo. Compresa una denuncia
alla Corte Penale Internazionale per “complicità in genocidio” – per le forniture
militari a Israele. Il “Corriere della sera” titola: “La premier in tv: presentata
una denuncia alla Cpi. Un portavoce della Cpi: nessun atto formale”. Su un testo
in cui il portavoce spiega: “Solo le decisioni hanno valore, e non esiste
alcuna decisione”. Analfabetismo non è - per fare il caposervizio (quello che
fa i titoli) bisogna sapere un po’più che leggere. Ma è sempre vero che la stupidità
esiste, per quanto “impegnata”.
Si critica Trump per una serie innumerevole di motivi, compresa
naturalmente l’economia Usa, ma non si dice che l’economia in A erica è solida,
la più solida, cresce quasi al livello della Cina, gli investimenti in dollari
al massimo, e l’euro, malgrado questa corsa al dollaro, pure ai massimi, nel cambio
col dollaro. È opposizione? A chi, a se stessi?
Si critica Trump e poi si riporta un conto delle spese
Nato che vede gli Stati Uniti finanziare l’alleanza per i due terzi, 997
miliardi di dollari su 1.506, il 3,4 per cento del pil – più di ogni altro
(secondi solo alla Polonia, che si arma da tempo contro tutti, per ora contro la
Russia).
Negli accordi mediati dalla
Croce Rossa e dalla Turchia, la Russia ha restituito all’Ucraina nei tre anni e
mezzo di guerra 13 mila corpi di soldati morti, l’Ucraina alla Russia “un
migliaio”. Sono la verità della guerra, dietro le “notizie di guerra”, la
propaganda, di cui siamo vittime - anche la restituzione dei prigionieri è stata
salutata come un segno che la Russia sta perdendo la guerra, “troppi morti”.
Su Epstein, il ricco newyorchese che forniva ragazze,
anche minorenni, agli amici, sono chiamati a dare contro alla commissione d’indagine
del Congresso i Clinton, lui e ei. Ma i media parlano solo di Trump, se e
quanto era amico di Epstein, e se ne aveva “approfittato”. C’è uno scollamento,
una voragine, tra l’“opinione pubbica” mediata dai media, e l’opinione
comune, sensata, democratica. I media classici si sarebbero detti del
salotto buono. Ora sono del tinello, piccolo borghese.
Il Napoli calcio indovina sempre
tutti gli acquisti, pagando poco, la Juventus li sbaglia, li sbaglia tutti, spedendo
molto. Una costante da troppi anni. C’è una ragione? Stupidità non è – quello
che si è “sbagliato” di più alla Juventus, roba di un paio di centinaia di
milioni, è un dirigente che se ne intendeva del Napoli.
Il problema del calcio è che non si
conoscono i domicili fiscali dei mediatori – agenti, etc.. Cioè si conoscono,
ma sono coperti dai paradisi fiscali.
La commedia del teatro
Uno smontaggio del teatro, della finzione teatrale.
Del “Gabbiano” di Cechov e del “Santa Govanna” al cinema di Dreyer. Delle tante
incongruenze e anche scemenze implicite nelle figurazioni, nei dialoghi, nelle
situazioni canoniche dei personaggi. Legato dal filo medianico di una nonna
defunta che tutta la vita volle essere attrice di teatro, benché star della radio,
e morì con qualche particina nelle filodrammatiche. Come a dire che teatro siamo
tutti noi, anche fuori della scena.
Una performance tenuta assieme, senza i
sussidi teatrali, scene, luci, costumi, trucchi, macchine, da due attori giovani,
Olga Mouak, franco-francese, e Arne De Tremerie, fiammingo. Lui più invadente,
agitato. Lei più padrona, sottotono, con monologhi da applauso. E più nel
ruolo, volendosi l’esperimento coinvolgente anche degli spettatori: al pubblico romano
offrendo appigli svelta, in una battuta –“si chiude tutto” (i centri sociali?
i teatri? non importa), “speriamo in CasaPound”, etc.. A loro sarebbe dovuta la
scelta del “Gabbiano” e di Giovanna d’Arco: la nonna di De Tremerie è morta quando
lui entrava alla scuola di teatro con un “pezzo” del “Gabbiano, Mouak è
cresciuta a Orléans, il luogo della Pulzella, e ha avuto una nonna in Camerun che
sentiva anche lei le voci, ed è morta bruciata. Ma questi pecedenti sono ininfluenti.
Un esperimento semplice, una “decostruzione”
derridiana, a suo modo memorabile. Se non che il pubblico, impreparato (o
troppo preparato, di addetti ai lavori, attenti ai meccanismi?), ha mostrato di seguire
con apprensione. In attesa dell’esito, di un esito, che invece era nella forma –
decostruzione non significa oggi più nulla, benché tardo novecentesca: il millennio
non ha memoria. E quindi ha fatto mancare la sponda necessaria all’esperimento,
la reattività, il ghigno, la risata, la protesta, il buu, l’applauso. Sordo
anche alle tante “arie”, pezzi di bravura, dei due artefici – specie a quelle,
gestite con piglio da primadonna benché sottovoce, sottotono, soave, di Olga Mouak.
Questa prima uscita dell’esperimento ha in Italia (la pièce
è stata ordinata per il festival di Avignone) lo svantaggio di rimandare alle
traduzioni in didascalia, su un pubblico franco-fiammingo potrebbe fare un ottimo
spettacolo comico.
Milo Rau, La lettre, Romaeuropa Festival, Teatro
Vascello
sabato 11 ottobre 2025
Cronache dell’altro mondo – di pace e bene (362)
L’approvazione del primo passo del piano di pace di Trump da parte di Israele
è ventuta per un imprevisto empito di commozione. Lo raccontano Isaac Stanley-Becker
e Vivian Salama sul sito dell’antitrumpiano “The Atlantic”:
“Prima che il governo israeliano approvasse la prima fase dell’accordo
di pace con Hamas orchestrato dagli emissari del presidente Trump, il ministro intransigente
Itamar Ben-Gvir aveva espresso la sua frustrazione. Solo il giorno prima aveva
guidato un gruppo di ebrei in preghiera sul Monte del Tempio, il luogo focale
di Gerusalemme che ospita anche la Moschea di Al Aqsa, e aveva invocato la «vittoria
totale» a Gaza….
“Alla riunione, su invito di Netanyahu, erano presenti sia Jared
Kushner, genero del presidente, sia Steve Witkoff, amico e inviato speciale di
Trump. Erano arrivati in Israele dall’estremità meridionale del Sinai, in
Egitto, dove mercoledì avevano elaborato un documento di una sola pagina che
sintetizzava i termini di un cessate il fuoco e di uno scambio di prigionieri,
che potesse soddisfare sia Israele che Hamas.
“Ben-Gvir si rivolse ai due americani e disse loro che non avrebbe mai
accettato un accordo… che libera detenuti palestinesi per atti di violenza
contro cittadini israeliani inermi, e potrebbe in seguito portare all’amnistia per
un gruppo terroristico responsabile dell’attacco più mortale nella storia del
Paese. Witkoff, un investitore immobiliare newyorkese scelto da Trump per
risolvere alcuni dei conflitti più complessi al mondo, rispose raccontando loro
di aver perdonato la famiglia dello spacciatore responsabile della vendita dell’OxyContin
che ha tolto la vita a suo figlio. L’inviato sembrava sull'orlo delle lacrime,
ci hanno riferito due persone a conoscenza della conversazione. Ben-Gvir rimase
impassibile, affermando che la differenza era che Hamas non si era pentita.
Alla fine, il governo israeliano ha approvato le prime fasi del piano di
Trump: il ritiro delle Forze di Difesa Israeliane e la restituzione di tutti
gli ostaggi israeliani in cambio di prigionieri palestinesi.
Toni Morrison, che impose gli scrittori afro
Toni Morrison scriveva denso e impegnativo, ma agli autori
che curava come redattrice di Random House consigliava linguaggi semplici,
leggibili da un vasto pubblico: privilegiava gli aspetti commerciali,
specialmente nei debutti. Senza nulla togliere ai debuttanti “autori”, che
invece proteggeva in casa editrice con le direzioni commerciali – una lunga
lista di autori afroamericani affermati curati inizialmente e imposti da lei viene
fatta. Ma sì ai personaggi di cui curava, con insistenza, volte con insofferenza,
le autobiografie: Angela Davis, Muhammad Alì, Huey P. Newton. Invece proteggeva
i suoi scrittori, se neri e giovani, dalle strategie pubblicitarie e commerciali
della casa editrice.
Un lungo saggio, in forma di recensione di “Toni at
Random: The Iconic Writer’s Legendary Editorship”, la storia editoriale di T.
Morrison, di Dana A. Williams. Morrison lavorò alla Random House nei suoi
quarant’anni, per una dozzina d’anni, dal 1972 al 1983 (dieci anni prima del Nobel).
Unica redattrice afroamericana.
“Oggi conosciamo Morrison per la sua scrittura iconoclasta, che le valse
il Premio Nobel per la Letteratura nel 1993 e consolidò saldamente il suo posto
nel canone letterario americano. Tuttavia, Toni at Random sottolinea
il fatto che la scrittura di Morrison fu molto più di un risultato individuale.
Nel pieno del Black Arts Movement, Morrison fu una dei tanti scrittori che
ampliarono le possibilità di ciò che la letteratura nera poteva essere e fare.
Il suo più grande riconoscimento negli anni Settanta e Ottanta fu la sua
capacità di aprire le porte dell'accesso istituzionale alla comunità di
scrittori a cui apparteneva. La capacità di Morrison di pubblicare scritti neri
innovativi dipendeva dalla sua capacità di proporre i libri al caporedattore
della Random House, James Silberman, e poi di commercializzarli sia al pubblico
nero che a quello bianco”.
Un caso viene raccontato esemplare del modo di fare di
Morrison in casa editrice, e del suo successo.
“Forse la più riluttante a impegnarsi in pubblicità
per vendere i suoi libri fu Gayl Jones, che aveva solo 25 anni quando il suo
primo romanzo, Corregidora (1975), fu pubblicato con grande
successo di critica….. Nonostante (o forse proprio a causa) dell’estrema
timidezza di Jones, Morrison si impegnò ancora più duramente del solito per
ottenere blurbs da affermati scrittori neri – tra cui James Baldwin e
Alice Walker – e si unì a Jones per interviste a sostegno di lei”. Il rapporto
si dovette interrompere per le intromissioni dell’agente di Jones, “poi
diventato suo marito, Robert Higgins, che Morrison considerava instabile e
autoritario. Senza gli sforzi pubblicitari di Morrison, l’attenzione della
critica si spense e Jones cessò di pubblicare per due decenni dopo il suicidio
del marito nel 1998. La pubblicazione del romanzo Palmares (2021),
iniziato sotto la direzione di Morrison alla fine degli anni ‘70, inaugurò una
recente rinascita nella sua carriera e un ritorno ai riconoscimenti ottenuti
con il suo primo romanzo”.
Marina Magloire, “To Free Someone Else”:
Toni Morrison the Book Editor, “The Nation” 7 ottobre (leggibile anche in
italiano)
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venerdì 10 ottobre 2025
Problemi di base accuditivi - 884
spock
Prendersi cura
per migliorare la vita?
O per
sostituirsi, nervosamente?
Prendersi cura
per alleviare o per aggravare?
Con affetto o
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Per stare in pace con se stessi?
Anche a costo di negarsi?
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