Cerca nel blog

giovedì 14 agosto 2025

Letture - 587

letterautore


Borges – “Ritorna come il sogno di un visionario ciclotimico”, Arbasino a una certo punto ricorda in “Baires dopo Borges” (ora in “Passeggiando tra i draghi addormentati”), il suo primo viaggio in  Argentina, nel 1997, testimonial del premio Grinzane Cavour, “benché sia registrata e trascritta ala Rai, una vertiginosa conversazione à bâtons rompus con Borges vent’anni fa sul pratino di San Gregorio al Celio. Scelto da lui. Per sentito dire; e per sentirsi in un’atmosfera giustamente magica, anche se vedeva solo ombre senza contorni”.


Calcio-ciclismo – “Il ciclismo non è come il calcio, dove dicono che conta solo il risultato”, Gianni Mura, “Giallo su giallo”, 195: “Nel ciclismo la grandezza della vittoria è misurata sulla grandezza degli sconfitti”. Ogni corsa è come un mano a mano.


Dante –“La ‘Divina Commedia’ è un’allucinazione… Macché rispecchiare le cose, macché riflettere la realtà…” – Borges a Arbasino, in “Passeggiando tra i draghi addormentati”, 259.


U. Eco – De “Il nome della rosa” era Sean Connery l’autore per molti spettatori – non lettori – del film tratto dal romanzo. Giuliano Vigini ha scovato un sondaggio “Gli italiani e la lettura” (di cui non dà la data, ma effettuato probabilmente attorno al 1990, non molto tempo fa). Alla domanda “Chi ha scritto «Il nome della rosa», con quattro opzioni di risposta, Hemingway, Connery, Busi, Eco, il 47 per cento era andato a Connery”, uno su due, “con Eco al terzo posto, con il 18 per vento”, dietro Hemingway evidentemente.
Nello stesso sondaggio la domanda: “Cos’è il Decamerone? Un libro di novelle; un appartamento di dieci stanze; un vino rosso; un tipo di autobus”? per un intervistato su tre, il 36 per cento, era un vino rosso.


Fantastico – È reale, spiega Borges a Arbasino (“Passeggiando tra i draghi addormentati”, 257): “Il Barocco è molto artificiale, molto ‘self-conscious’, mentre il Fantastico non lo è affatto. La letteratura fantastica è molto più naturale, perché i sogni sono reali, come lo stato di veglia…. E la grande tradizione della letteratura è sempre stata fantastica: è incominciata con la cosmogonia, la mitologia,  racconti di dei e mostri. Nessuno scrittore ha sognato di essere un proprio contemporaneo: forse questo inizia nel secolo scorso (nell’Ottocento, n.d.r.). Prima si parlava sempre di altri tempi e altri paesi, ed era del tutto naturale…  Questa tradizione fantastica è la tradizione principale della vera letteratura, tranne che per un periodo brevissimo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento… e continua ancora coi suoi postumi nell’America del Nord e anche del Sud…. Mentre l’altra letteratura è piuttosto giornalismo, storia, sociologia, non è vera letteratura; anche se si rifà alle esperienze di Faulkner, che del resto non mi piace molto. Il realismo vediamo che è un episodio, solo un momento nella storia letteraria. La grande letteratura non è mai stata realista”. Prima del memoir  e dei selfie…. “Si comincia con la Musa, si comincia con lo Spirito Santo, coi Re, per gli Ebrei della Bibbia; e poi si lavorano questi materiali”.


Grenoble – “Quando farò una classifica delle città europee più deprimenti sarà ben piazzata” . Gianni Mura, “Giallo su giallo”, 103 – l’unico “voto” negativo delle tante località del e attorno al Tour. La città di Stendhal.


Gruppetto –Parola italiana in uso al Tour de France per gli ultimi in corsa - G.Mura, “Giallo su giallo”, p. 147: “Parola italiana che definisce una pattuglia di ritardatari che contano sulla mutua assistenza per non arrivare fuori tempo massimo, adottata dal ciclismo internazionale. “Prima, i francesi la stessa cosa la chiamavano autobus”.


Italiani americani – Wikipedia ha 200 biografie di “American writers of Italian Descent” -, “su un totale di 425”. E venticinque biografie di poeti nella stessa categoria.


Multe – “Se due persone fumano sotto il cartello «divieto di fumare» gli fai la mula; se venti persone fumano sotto il cartello «divieto di fumare» chiedi loro di spostarsi; se 200 persone fumano sotto il cartello «divieto di fumare» togli il cartello” – Winston Churchill. 


Picasso – “Dipingeva Emoj” ultimamente - Dieter Buchhart, curatore della mostra “Picasso –The Code of Painting” a Trondheim. Una mostra concentrata sugli anni dal 1961 al 1973. In questi dodici anni Picasso produsse circa 3.100 “opere”, che non  sconvolsero la critica né il mercato. Picasso anticipa il linguaggio emoji, secondo il curatore. Il cui pensiero Antonio Tocca riassume così sul “Robinson”: “Se gli emoticon, nell’età di internet, hanno schiacciato la polivalenza del simbolo sul segnale, gli scarabocchi picassiani continuano a pencolare sull’abisso disteso tra amore e morte”. 


Ratto – “Il Ratto” è Trump nel lungo racconto di Emmanuel Carrère “In viaggio con il Président” – è al centro, si può dire, del racconto. Carrère assimila il presidente americano, da lui scrutato da vicinissimo al G 7 in Canada a luglio, a un personaggio inventato da uno dei suoi “autori  del cuore”, Philip K. Dick, per le figlie: “Quando le sue figliastre erano piccole, lo scrittore di fantascienza Philip K. Dick inventò per loro una variante edel Monopoli, con l’obiettivo di rendere meno noiosi gli eterni acquisti di immobili di cui andavano pazze. Il Banco, in questa variante, si chiama il Ratto e, invece di accontentarsi del un ruolo di arbitro detiene il potere discrezionale di modificare le regole del gioco. Quando vuole, come vuole, senza che nessuno abbia il diritto di chiedergli conto di questi ukase, e senza che lo impegnino a nulla per il seguito. È la tabula rasa perpetua, la dittatura allo stato puro, la negazione dell’idea di diritto. Perché una partita sia riuscita, i giocatori hanno interesse a scegliere come Ratto il più vizioso e il più inventivo tra loro. Un ratto degno di questo nome deve saper dosare i tormenti che infligge ai giocatori, lasciare loro supporre che un piano guidi le sue decisioni arbitrarie e, passando per crudeli delusioni e incoraggiamenti ingannevoli, strapparli alla loro pratica abituale del Monopoli, senza che l’interesse diminuisca, per farlo sprofondare nel caos”.


Roma – Borges a Roma, nel 1977, a colloquio con Arbasino, ne traccia una sorta di immortalità (A. Arbasino,“Passeggiando tra i draghi addormentati, 262): “Ci sono molti racconti di Kipling
dove tratta dell’Impero Britannico, però lo fa con la metafora di Roma. Credeva che tutta la Storia fosse una sola storia dell’Impero Romano e che cambiasse di nome, di razza, di indirizzo, ma si trattasse sempre dello stesso Impero. E anche Stevenson.... arriva dalla Scozia al Far West e cosa dice? «Sono qui alla frontiera della cultura occidentale, o se preferite dell’Impero Romano». E certo, decadenza e caduta, declino dell’Occidente. E crollo dei valori europei… Ma, intanto, noi siamo qui a conversare in lingue neolatine, a scelta… Allora, insomma, non abbiamo niente di meglio che quell’Impero”.


letterautore@antiit.eu

Cronache dell’altro mondo – fiduciarie (352)

Pew Research, la società di sondaggi, trova che chi ha votato Trump, i giovani e gli operai, lo rivoterebbe.  E che –in un esercizio di ricerca meramente ipotetico – Trump oggi avrebbe vinto anche tra chi a novembre si è astenuto, specie se “giovane o non bianco”.
Un giornale estremamente anti-Trump, “The Atlantic”, si interroga sul perché gli americani votano Trump. E si risponde con un manifesto del 1932, della Germania pre-Hitler, pro-Hitler, come se la crisi del 1931-32 fosse come oggi: mamme con bambini, lavoratori disoccupati, vecchi, giovani inerti, e lo slogan “La nostra ultima speranza è Hitler” - nelle intenzioni della rivista probabilmente una critica a a Trump, novello Hitler.

Vite in maschera – o la valanga bio

“Biografo, conosci te stesso!”, così Hermione Lee condensava la tesi di uno dei numerosi libri del genere biografico che recensiva per la rivista nel 2001: “Quali sono le tue motivazioni nella scelta del soggetto, quale posizione etica adotti, che toni sceglierai?”.Qualche anno prima “John Updike aveva aperto la sua riflessione sulla biografia letteraria con la domanda: «Perché ne abbiamo bisogno?»”.
Una riflessione curiosa ora che tutto è bio, nel senso di vite delle persone illustri, specie al cinema e in tv. E in letteratura con la dittatura del genere selfie – specie dell’infanzia, che è facile, da ricostruire, non oppone resistenze. Siamo in epoca egotista, direbbe Stendhal, e la bio, altrui o propria, è d’obbligo. E dunque?
Il saggio resta ai margini, della biografia classica. Una sorta di scultura di un personaggio. Molte per uno scrittore le motivazioni possibili per dedicarcisi  – una forma, p,es., nuovissima è quella di Carrère, che he esaltato la vecchia formula degli uomini non illustri, “illustrandoli” lui, Limonov e Philip K. Dick.
Curiose spesso anche le recensioni delle biografie. Bizzarre. All’uscita della prima biografia di Georg Wilhelm Friedrich Hegel in inglese, un recensore Anthony Quinn poté ipotizzare che il disinteresse  per la vita del filosofo fosse dovuto “al fatto che non sembra avere avuto un nome proprio funzionante”. “Una biografia di Mozart fu scritta, dichiarò W.H.Auden nel 1965, da «un pazzo anale»”. Oppure rivelatrici: “L’immagine folcloristica di Lincoln che ara i campi e spacca le staccionate, coltivata tanto dal presidente quanto dai biografi, James McPherson ha potuto spiegarla come “un simbolo potente di ciò che gli americani vogliono credere sulla mobilità sociale, sull’opoprtunità di progredire nella loro società”.
È cambiato qualcosa col dilagare del genere bio? “Traduttore traditore” pare amasse ripetere la regina Elisabetta - quella di Shakespeare, che parlava l’italiano. E del biografo? Giù la maschera?
Lauren Kane, Get a Life, “The New York Review of Books”, gratuito online, leggibile anche in italiano, Fatti una vita)

mercoledì 13 agosto 2025

Secondi pensieri - 567

zeulig


Adiafora –Gli “a parte” degli stoici, i quali distinguevano fra ciò che uno può fare, ciò che non può fare, e le cose appunto indifferenti. Tra esse c’era il sesso. Ma non la politica, che è un dover essere.
Non si vive nascondendosi, quella è un’altra scuola.
 
Amore – Raccontato, è sempre più inverosimile – “fa ridere”, diceva Pessoa (che però non amava, se non se stesso, in quattro o cinque persone diverse). O altrimenti sfiora comico, negli approcci e la ginnastica sessuali.
Va bene solo in poesia. Perché è “inconsistente”, di una consistenza immateriale. Le “cose” che lo manifestano o realizzano non sono “amorevoli”, o induttori di amore – che non sia dichiarato.
 
Don Giovanni – È il personaggio di tanti personaggi – quello di Da Ponte-Mozart svettante su tutti gli altri, in parole e musica.
Si confonde con Casanova – il dissoluto libertino “storico”, vero o falso che sia, gli si sovrappone. Mentre è tutt’altro, più Faust che Casanova.
Il rapporto tra i due veneziani, Casanova e Da Ponte, sarà stato sicuramente indagato. Ma Goethe, il “Faust”? Quanto è l’esito di tanto  Dr. Faustus, e niente di Casanova, o di Da Ponte? Casanova memorialista sarà edito molto tardi, Da Ponte era in scena da tre o quattro anni.
 
Si può anche pensare a un Casanova memorialista modellato sul mito di don Giovanni, anche se sembra veridico, narratore di cose viste e vissute.
 
Immaginazione – Si direbbe di fatto sempre “al potere”, buono o cattivo. O il potere non è altro che immaginazione  - e volontà, certo, ma allora occorrono accorgimenti.
 
Infinito -  L’infinito è ineguale. Cartesio ci trova la prova dell’esistenza di Dio, come colui che ci ha messo in testa l’idea d’infinito. Mentre non si mette in testa a qualcuno un’idea senza avercela già trovata, la cosa è stata dimostrata da Socrate, o Platone che sia.
 
Morte - “Nella paura della morte c’è qualcosa che fa pensare a un senso di colpa: con essa si manifesta forse la vendetta della vita non abbastanza amata. La morte è un pregiudizio” – Lou Salomé.
Può essere: parlano di morte i preti e le beghine, astinenti.
 
Dio ha creato l’eternità, il tempo è degli orologiai. L’attesa, o paura, della morte è parte della storia degli orologiai.
 
Reale – È tutto, anche l’inesistente? Si può argomentare con Boerges, in conversazione con Arbasino (“Passeggiando tra i draghi addormentati”, 257): “I sogni sono reali, come lo stato di veglia. Le fantasticherie sono reali, il mio passato è reale, come la memoria e la storia”.
 
Rivoluzione - La rivoluzione vuole un altro alfabeto e questo non è possibile.
L’ultima, il Sessantotto, ci è andata vicino. Ha la pretesa di avere aperto nuove dimensioni, e questo è possibile, se ci sono le undici del pazzo Gödel. Ma più quella dell’ordine che ritorna: dopotutto il ‘68 è etico, cioè sistematico.
 
Storia – “È un sogno e un incubo «da cui cerco di svegliarmi», come diceva Joyce”, Borges in A.Arbasino, “Passeggiando tra i draghi addormentati”.257.
 
È mutevole, ma  è segnata dall’eternità, da percorsi a noi esterni e ignoti – il vincolo non viene mai meno.
 
Suicidio - È bizzarro che si sia passati dal delitto, ecclesiastico e giuridico (“istigazione al suicidio”) all’approvazione con tanto di raccomandazione, come a una pratica sociale, socialmente utile e procurata – la Consulta che fa alle Asl l’obbligo di attrezzarsi di strumentazione tecnica in grado di obbedire ai movimenti dell’occhio o della testa del candidato suicida.
Una pratica sociale matura all’improvviso? I cambiamenti radicali sono nella storia istantanei?
 
“Bisogna amarsi molto per suicidarsi”, A. Camus.
 
Verità - Il sapere assoluto è un’idea da uguali. Da uguali e distinti. Nella verità l’essere è invece intrecciato.
Il nostro rapporto con l’infinito non è un sapere, è il desiderio. E il desiderio è un bisogno che non può essere soddisfatto, si nutre del suo stesso appetito.  

zeulig@antiit.eu

Cronache dell’altro mondo – cripto (351)

La nuova legge americana sugli stablecoin è così buona “che le hanno dato il mio nome”, ha potuto scherzare Trump firmando il Guiding and Establishing National Innovation for the Us Stablecoins (GENIUS).
Gli stablecoin sono una forma vera di valuta, con un prezzo stabile, grazie a un ancoraggio reale – se ancorati al dollaro sono progettati per valere un dollaro.
Le critovalute sono piene di truffe. Basate sul nulla – come quelle della famiglia Trump, $TRUMP, una moneta meme che oggi varebbe 1,9 miliardi di dollari. Gli stablecoin al contrario sono una delle innovazioni necessarie del sistema dei pagamenti internazionali, una delle più efficaci. Di grande utilità, p.es., in paesi come la Turchia e la Nigeria, dove non c’è fiducia nei governi e la paura dell’inflazione e degli espropri è costante.
(“The Economist”)

Fabbrica e sindacato, storia faceta in memoriam

Sindacalisti persi, puri e duri, che boicottano il sindacato giallo, anche a costo di rimetterci in qualifiche e gratifiche – e in turni facili. Finché, “una buccia di banana via buccia di banana” via un’altra, il sindacato giallo scompare. “Ma non ci sono prove che Traveylo (il padrone, n.d.r.) gli abbia fatto una combine con Cgil Cisl e Uil”. Nasceranno i sindacati di base…  E via così, con scrittura lieve, allusiva, significante soprattutto in prospettiva storica, della storia nel suo svolgersi già vista o sentita nella sua verità, che resta pregna e allettante. Anche se non racconta che la vita senza storia dell’operaio in fabbrica – quando c’erano le fabbriche.
Un racconto del 1987, del genere inaugurato trent’anni prima da Ottieri con “Donnarumma all’assalto”, poi drammatizzato da Volponi in “Corporale”, visto dall’operaio, quale Pennacchi è stato – o comunque si vuole - invece che dal sociologo (Ottieri, Volponi), che si legge come conclusivo di fatto di un’epoca – già la fabbrica cominciava a non essere più “centrale”.
Si legge per le verve della scrittura, anche se il tema è la vita quotidiana degli operai. La guerriglia sindacale (contro il sindacato più che contro la proprietà), il lavoro di notte, la ripetitività. Con piccole parentesi: il picchetto, l’occupazione stradale, l’occupazione della centtrale nucleare di Latina, il secondo lavoro. Per finire la casa, per comprarsi una macchina più grande  – l’elenco delle seconde occupazioni (negli anni in cui il sociologo del lavoro Luciano Gallino lo scopriva) prende cinque pagine fitte.
Sempre arguto più che drammatico – non come in Volponi. Un’antistoria, faceta e seria, del lavoro in fabbrica – e del sindacato. Quando c’erano, ieri.
Antonio Pennacchi, Mammut, “Il Sole 24 Ore”, pp. 147 € 12,50
Mondadori, remainders Ibs, € 8,50

martedì 12 agosto 2025

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (602)

Giuseppe Leuzzi

“Finché ci saranno, gli uomini continueranno a rapportarsi con le mafie”, Nicola Gratteri, Procuratore Capo a Napoli. Da Napoli in giù, naturalmente.
Lo dice ai festival ma lo insegna anche nelle scuole. Meglio arrendersi subito?
 
Per la morte di Alessandra Balocco evocazioni rispettose di tutti i giornali e tg - sviluppo dell’azienda, rispetto delle maestranze, qualità dei prodotti. etc. Senza ma ricordare il fatto per cui Balocco è soprattutto nota, il falso messagio per vendere il pandoro uno o due anni fa. Tutta colpa di Chiara Ferragni, il messaggio promozionale ingannevole per cui la stessa è indagata? Ma è giusto; delimitare il danno. A una Balocco di Palermo non sarebbe stato concesso.
 
“Mi persuado sempre più”, nota Borges a un certo punto ne “L’Aleph”, che la poesia moderna esige il balsamo del riso”. Lo fa dire a Carlos Augusto, un cugino dell’amata Beatriz morta troppo presto che l’autore va ogni anno a riverire, un piccolo bibliotecario di periferia, un po’ trombone – un po’ Borges. “Decisamente ha la parola Goldoni!”, lo fa concludere. Ma è “‘a zannella” che molti al Sud privilegiano, l’ironia benevola, non è lo “scherzo” italiano che incuriosiva Borges, ma gli si sarebbe meglio adattata.
 
Lo Stonewall Inn, il bar gay del Greenwich Village a New York entrato nella storia della liberazione omosessuale per la resistenza opposta dai frequentatori alla Polìzia che ne voleva lo sgombero nel 1969, era tenuto dalla mafia. Senza scandalo, ne dà notizia Edmund White, fra i più frequenti frequentaori in “Gli amori della mia vita”, le memorie postume. Tante storie della mafia e manca l’essenziale.
 
Quando si scopre il cadavere, all’inizio del “Giallo sul giallo”, Gianni Mura ha, rivolto al suo alter ego, presunto colpevole, il rituale insulto “porco assassino” pronunciato da “una voce con l’accento del Midi”. Che non è un indizio. È un di più, riflesso condizionato leghista, da bravo brianzolo – il giallo il giornalista dedica al padre, maresciallo dei Carabinieri, “Il Maigret della Brianza”.
 
L’idea del Ponte – ultimi scavi in Magna Grecia
No, il Ponte non è di Salvini. È anche di Conte – chi era costui? Insomma, quello reddito di cittadinanza. No, era già del Pd: Delrio quando era ministro se ne occupò molto, e poi Paola De Micheli, e poi Enrico Giovannini. Il prof. Cascetta, professore infuente  dei Sistemi di Trasporto alla Federico II, l’università di Napoli, già assessore di Bassolino, membro della “struttura di missione” del ministro dei Lavori Pubblici del primo Conte, presidente dell’Anas, che pure non sembra un fondamentalista, del Ponte precisa: ”Un’idea di Berlusconi? No, di Cavour”.
Che però si può giustificare, allora nessuno sapeva dello Stretto –figurarsi Cavour, che del Sud aveva cognizioni vaghe. Tanta unanimità, di fronte al nulla (ancora), significa che il Ponte è popolare. Ma è un mostro. Tanto più sapendo che si faranno i “piloni”, di 150 metri di altezza – se si faranno, dopo aver scavato qualche miliardo di metri cubi (se ne farà una montagna, un’altra in Calabria, e dove?) – e poi più nulla, la campata unica di tre km. e mezzo (sic!) non esiste.
Un Ponte da 13 miliardi preventivi, che poi saranno 130, per servire, ipoteticamente, un traffico modesto, e per lunghi periodi inesistente. Solo una scommessa ingegneristica. Certo un record. Sia che si faccia veramente (1 per cento di probabilità) sia che rimanga ai piloni, anzi forse solo agli  scavi – il movimento terra lo sappiamo fare. Sarà l’abitudinario “Ultimi scavi in Magna Grecia”.
 
Milano capitale della protezione
Ritorna sul “Corriere della sera l’ovvietà che Milano è la calamita dell’Italia. Però questo dell’urbanistica sarà pure l’ennesimo episodio di protagonismo giudiziario, di “giustizia a orologeria” (ma l’orologio della giustiza è semovente), etc., ma alcuni fatti ci sono. La Corte dei Conti aveva già a processo i funzionari comunali che hanno avallato progetti di “sviluppo immobiliare” poi fasulli. Il megaedificio di sette piani su larga fronte, che ha sostituito come ristrutturazione, all’interno di un cortile, una villetta-opificio di due piani e mezzo. Una Leontina srl  è fallita, sotto sequestro da un anno per abusi di ogni tipo - comprese cospicue caparre per abitazioni da consegnare a novembre e di cui mai aveva iniziato la costruzione.
Tutto questo altrove non sarebbe stato possibile.
I fatti c’erano già prima, solo i media, pure così sensibili alla cronaca nera, non se ne erano accorti. E non ne parlano, se non a denti stretti, non ci fanno ampi servizi, giusto parole smozzicate, qua e là. Niente scandalismi, Milano si protegge. Da chi, da che?
 
Il Ratto di Philip K. Dick e “padrone e sotto”
Nella cronaca dell’ultimo G 7 in Canada, lo scrittore francese Carrère che ha avuto il privilegio di seguire il vertice da presso, volendo dare un’immagine negativa del presidente americano Trump lo assimila al “Ratto”. Un personaggio, dice, inventato da Philip K. Dick –di cui Carrère è stato biografo  - per movimentare il noioso Monopoli di cui erano entusiaste le figliastre. E lo spiega così:
Il Banco in questa variante si chiama il Ratto, e invece di accontentarsi del ruolo di arbitro detiene un  potere discrezionale” totale. Decide “quando vuole, come vuole, senza che nessuno abbia il diritto di chiedergli conto dei suoi ukase, e senza che lo impegnino a nulla per il seguito. È la tabula rasa perpetua, la dittatura allo stato puro, la negazione dell’idea di diritto”.
Ma è il gioco della romana “passatella”, detto in Calabria del “padrone e sotto”. A Roma non più in uso, non essendoci più le osterie, in Calabria invece sì, essendosi sempre giocato nei bar, e con la birra. A una passata di carte da briscola, diventa “Padrone” chi ha la più alta. La carta più alta della mano successiva designa il “Sotto”.
Il Padrone decide chi e perché può bere, e quanto. Il Sotto può bloccare la scelta del Padrone, motivandola, ma non può determinate chi può bere.
 
Umanesimo greco in Italia - 2
Proseguendo nella rassegna degli studi di Anna Meschini Pontani sull’umanesimo italogreco, uno dei contributi maggiori, che hanno segnato tutta la vita della studiosa, è sulla vita e l’opera del protagonista forse maggiore di questa esperienza  culturale, Giano Làskaris, costantinopolitano, filologo, bibliofilo,  poeta e diplomatico, studioso di codici, autore di epigrammi, nonché di copiosa corrispondenza. Girò a lungo per l’Europa nel tentativo di creare un’alleanza contro i turchi - e a questo effetto, purtroppo, al servizio di Carlo VIII quando invase barbaramente l’Italia. Ma visse prevalentemente a Roma, fino quasi ai novant’anni, primo editore anche di opere greche in Itaia, in traduzione e in originale.
Un gruppo di cinque umanisti greci attivi in Italia tra la fine del ’400 (Demetrio Mosco) e i primi decenni del ’500 (Cristoforo Kondoleon, Michele e Manuele Sofianòs, Teodoro Rendios) ha meritato un’altra serie di indagini di Meschini Pontani. Prima assai poco noti agli stessi studiosi, sono stati autori di opere a vario titolo interessanti, di poesia, di filologia e filosofia, nonché collezionisti di opere a vario titolo poi importanti. Forse il lavoro di scavo più incisivo della studiosa, che ha reperito testimonianze autografe o comunque originali, editiones principes di trattati, lettere, cataloghi, epigrammi, epilli, commentari.
Corona l’umanesimo italogreco una serie di studi studi di Anna Meschini Pontani attorno alle esegesi operate sugli epigrammi dell’Antologia Greca. Alle annotazioni, definite “fondamentali”, di Marco Musuro, cretese di Candia (e, in misura minore, su quelle di Giano Làskaris e Angelo Poliziano), altri dotti greci e italiani del primo Cinquecento sono riscoperti, in quanto filologi, epigrammisti, versificatori:  Matteo Devarìs (“Matteo di Bari”, “Matteo Greco”), corfiota, Lazzaro Bonamico, o da Bassano, il senese Lattanzio Tolomei, ambasciatore di Siena in Vaticano, Niccolò Leonico Tomeo, greco d’Albania.
 
Cronache della differenza: Napoli
Brucia il versante alberato del Vesuvio, il tutto in pochi giorni. Nella disattenzione. Il governo ha  mobilitato la Protezione civile nazionale. Ma niente di drammatico, non abbastanza, l’Italia non è stata in pena per Napoli. Non c’è delitto.
 
È solo un secolo, anche meno, malgrado Gladstone e la scombinata unificazione dell’Italia, che era meta di predilezione di molta intellettualità europea, la città e le isole. Fra i tanti, il supplemento “Mimì” de “L’altravovce” può ricordare Celeste Somerville, astronoma e matematica – quella per la quale fu coniato il neologismo “scienziata”: “Sul finire dell’Ottocento, lungo la spiaggia di Chiaia si poteva spesso incontrare un’elegante ultraottantenne, seduta su una sedia in legno, intenta a scrivere…”
 
Il giudice Gratteri, che è calabrese, quando dirigeva le Procure in Calabria era specializzato in arresti di massa – la maggior parte abusive. Pescava a strascico. Adesso che ha culminato la carriera  a Napoli non più. Non ci sono delinquenti a Napoli.
 
Da Napoli, calcola Laura Valente sul “Robinson”, tra il 1860 e il 1960  “ha preso vita l’esodo di circa trenta milioni di italinai”, che vi si imbarcavano per gli Stati Uniti. Non solo italiani, si partiva per la Terra Promessa da Napoli soprattutto, più che da Marsiglia, nel Mediteraeo, e da Le Havre sull’oceano. A Napoli arrivava in Europa tutta l’Asia, Cina, India, Giappone.
 
Scomparsa nel “colore”, resta presente nel linguaggio e negli usi. C’è ora anche l’aperitivo “sospeso”, come tradizionalmente il caffè – e la pizza, pare, secondo la rete, e il giocattolo.
 
Saviano celebra sul “Corriere della sera” lo scudetto del Napoli: “Tutti i napoletani in diaspora e in città hanno rancore per la propria città”, afferma entrando in tema, dopo il ricordo commosso del padre, che per lui bambino ci passava il tempo. Possibile? La città è “difficile, incasinata, piena di miseria e imbroglio, niente che funziona mai”. Era “Napoli gentile”, anche “Napoli nobilissima”, benché gravata da lazzari, circumvesuviani, e casertani.
 
Ma poi aggiunge:“Ogni volta che il Napoli vince, soprattutto con squadre del Nord, sento come un riscatto”. Proprio lui, che è “Saviano” grazie al Nord, al tradimento di Napoli con “Gomorra”, e le successive puntate. Tanto gradite al Nord.
 
Il Napoli Calcio vincente è prima di tutto opera imprenditoriale e manageriale. La passione conta, ma poco – si veda l’As Roma, che ha il (grande) stadio sempre pieno, 63 e 65 mila spettatori, anche con l’Avellino, e non vince mai.
 
Prima Caivano, poi l’America’s Cup – e magari ripuliscono anche Bagnoli. Berlusconi che al tempo liberò la città dai rifiuti in pochi giorni – e poi anche dalle costossissime ecoballe. Napoli si può dire ben governata da destra – anche se a distanza. Cose solide, niente a che vede col “Rinascimento” del Pci-Pds-Ds che deindustrializzò la città – per l’“economia dei camerieri” dello sconsolato, e vero compagno, economista Mariano D’Antonio. Ma vota sempre a sinistra.


leuzzi@antiit.eu

Se l’IA si fa servopadrona

Il settimanale affronta l’intelligenza artificiale dal punto di vista dell’innovazione, e quindi con ottimismo: ogni innovazione ha creato problemi ma l’effetto generale è stato di miglioramento. Anche perequativo, con una più ampia distribuzione della ricchezza creata con la novità. Di processo o di produzione. Ma ogni novità comporta degli adattamenti, e delle linee-guida, dei manuali d’uso. Dal punto di vista dei codici, ma anche da quello della produzione, degli effetti economici complessivi. Sul lavoro, dalla programmazione ai controlli, costanti; sulla produzione (organizzazione, massimizzazione dei fattori): sulla distribuzione del reddito.
I rischi già prevedibili dell’IA sull’economia sono presto detti: l’imprevedibilità, la radicalizzazione degli effetti. L’intelligenza artificiale è un servocomando che può riuscire essere utilissimo, per abbreviare i tempi decisionali, e anche queli esecutivi, anche quelli ripetitivi. Ma è rischioso.   
Il settimanale non dice come, ma sarà come già avvenuto in Borsa con i servo automatismi. Per cui può avvenire che un movimento limitato su un titolo o una valutazione di indicatore di mercato scateni (ha scatenato, anche se pochissime volte), movimenti ampi incontrollati. Un servocomando a rischio servo padrone.
The Economics of superintelligence
, “The Economist”

lunedì 11 agosto 2025

C’è i cinesi

“Cècinesi” è vecchio calembour livornese contro gli abitanti di Cecina, i quali al primo comizio democratico della neonata Repubblica, scapparono alla seconda parola dell’oratore: “Compagni, Cecinesi” - avendo capito: “C’è i cinesi”. Fuori di scherzo, ora “c’è i cinesi”: è bizzarro, al limite dell’incredibile, poiché evento fausto prospettato su “la Repubblica”, sul “Corriere della sera”, come soluzione auspicabile, felice, di grande futuro  – forse nel quadro del giornalismo “anti-Trump” (interesserà a qualcuno?): quanto sarebbe più conveniente per l’Europa farsi partner privilegiato della Cina, invece di restare legata agli Stati Uniti. Della stessa Cina dove Liu Jinchao, direttore onnipresente del dipartimento Internazionale del partito Comunista Cinese, conosciuto in mezzo mondo, semplicemente è stato fatto scomparire.

È così, tutto è Stato in Cina. E lo Stato è l’insondabile partito Comunista. Di cui è capo inossidabile,  costituzionalmente a vita ma non si sa mai, Xi Jinping – uno che è stato ai vertici e anche ai campi di lavoro, forzato.

Si faccia a meno del “comunismo” – in Cina è dichiarato ma non più di fatto, il partito è solo la cerniera del potere - del regime, la Cina esemplifica l’ideale, e l’incubo, dello Stato (quasi) perfetto. Per molti aspetti il sogno di molti. P.es. il finanziamento senza limiti della ricerca scientifica e tecnica - in bianco, senza limiti di spesa o di ritorno economico. O le partnership “incondizionate” con gli istituti di ricerca stranieri – i programmi “Confucio”. Il sostegno incondizionato della produzione, fino a che non sarà leader di mercato. Di cellulari, di quinta o sesta generazione. Di automobili elettriche (gli altri produttori- cinesi - sono in causa col governo per avere stratosfericamente finanziato uno di loro, la Byd, ora vincente e imbattibile, anche sui mercati esteri). Di gestione dei porti e di controllo del traffico marittimo – che sembra assurdo, i porti avendo rilevanza “militare”. O del Canale di Panama – che, certo, è un affare, gestito da una società cinese privata, ma questa società non è libera di rivenderselo, a caro prezzo.

È incredibile, e non può essere solo frutto di ignoranza, come e quanto si sottovaluta la Cina. Che avrà raggiunto lo stadio di pace armoniosa dell’ultimo Orwell, “1984”, ma allora a maggior ragione da incubo – i tre slogan della grande Oceania orwelliana che si leggono al contrario: “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”.

Cronache dell’altro mondo – nucleari (349)

La prossima centrale nucleare può crearsi in giardino. È un trasporto pesante, ma le dimensioni di tutta la centrale vanno bene per un camion a pianale, un normale autoarticolato a cinque semiassi. Rinforzato per la pesantezza e da scortare, come carico pericoloso, ma di dimensione trasportabile.
I regolamenti in America non escludono la localizzazione parcellizzata dell’industria, anche energetica.  
La miniaturizzazione è il nuovo grido dell’industria elettrica. Puntata sulle fonti di energia pulite. E quindi sul nucleare – all’improvviso, da appestato, diventato la fonte di energia più pulita, e produttiva, di tutte (a prova di bombardamento russo).
Miniaturizzazione e nucleare si sono ora in conttrati negli Small Modular Reactors.
Resta il problema del finanziamento. Ma la miniaturizzazione sarebbe la chiave per un decentramento dell’industria energetica, per comunità, aziende, agglomerati urbani anche piccoli.

Giallo Casanova

Siamo nel 1754, il giorno di Ognissanti, Casanova vecchio ricorderà con rimpianto, e lui giovane è collaboratore volenteroso, assistito dal servo Le Duc, della Quarantia Criminal, anche per ingraziarsi, virtuoso-già-vizioso, gli Inquisitori di Stato a futura memoria (due anni dopo finirà ai Piombi, se è vero il racconto della fuga rocambolesca), e tocca a lui indagare. Una patrizia Gritti è stata assassinata nel suo palazzo, benché assistita da numerosa servitù e parentela, che nulla ha visto né sentito. Un pretesto per far rivivere Venezia a metà Settecento, il potere anonimo, occhiuto, e i palazzi, i giardini, le piazze, le calli, i nobili, gli astuti servitori, la bella fioraia.
Alla bella, triste, fioraia, il venezianista Pisani dà un  seguito, come fosse  nelle “Memorie”. Giacomo la incontra qualche anno dopo, sposata a un conte austriaco, sempre bella e non più triste, ma sempre inaccessibile. Corredata di figlia, la piccola Agata di un tempo ora nel fiore, di anni e di gioie, naturali, preda facile e volenterosa. 
Daniele Pisani,
L’ombra delle due colonne, Giallo Mondadori, pp. 254 € 7,50

domenica 10 agosto 2025

Ombre - 786

Costruiti i rigassificatori, si scopre che il gas liquido americano costa troppo. Cioè si dice quello che si sapeva, ampiamente, intuitivamente. Ma bisognava fare la guerra alla Russia (di cui l’Europa s’è fatto il Nemico, mentre gli Stati Uniti la corteggiano). Poi si dice che gli Usa sono imperialisti. Ma c’è troppa  stupidità nel mondo – in Europa, in Italia, trova praterie.
Tutta stupidità però non è: il carogas è un buon business, anche se mette mezza industria fuori mercato. Non all’insaputa del governo e dell’apposita Autorità.
 
Raccapricciante colonnino di Staglianò (un grande servizio ridotto a poche righe?), in calce a una eulogia prolungata sul “Venerdì di Repubblica” dei poveri coscritti israeliani in licenza o in congedo che si riprendono in India  con l’hashish e i rave delle brutture della guerra: un altro gruppo di coscritti, o sono gli stessi?, piantano su instagram “lo sterminio”: un palazzo appena bombardato, la camera da letto di un palestinese che non c’è più, la bandiera con la stella di Davide sulla spiaggia. “Nei profili tinder o simili, per trovare l’anima gemella o comunque una sveltina”.
 
Proteste ovunque contro i “parchi eolici”, “gigantesche macchine del niente”. N
o, degli “oneri di sistema”, giganteschi fondi pubblici, in regalo. Ma non tutti sono contrari, Legambiente, p.es.: “Chi protesta fa gli interessi dei veri speculatori, cioè dei petrolieri”. Mancano le “sette sorelle”.

 
“Bova”, dopo due settimane “si muove il Garante della Privacy”. Cioè, non è che si muova, comincia a considerare di muoversi. Ma il resto del tempo che fa? Eccetto l’Antitrust, Amanto ha creato e non Prodi, tutte le altre Autorità sono perfino dannose, oltre che costose.
 
Ora sembra che siano stati i servizi segreti a garantire per Al Masri: “Le sue milizie collaborano sui migranti”, hanno assicurato i servizi italiani. È possibile. Quel che è certo è l’ignoranza che della Libia c’è in Italia, nei giornali, ma anche negli studi. E nessuna voglia di sapere, che pure sarebbe facile, la Libia è anche vicina. Non c’è più uno studioso di affari internazionali, di scienza politica, di geografia.
 
Si ridicolizzano gli eurodeputati, appena eletti, che la sinistra vuole schierare alle Regionali. Ma il problema non è che questi vadano a Bruxelles e poi se ne tornano a Catanzaro. È che la sinistra non ha candidati, ha sempre gli stessi. Più che leader politici, marcaposto.  
 
Rievocazioni a centinaia, o centinaia di migliaia, in America, in tv, nei giornali e nei social, del bombardamento atomico di Hiroshima ottant’anni fa. Ma senza una, una sola, ammissione di colpa - giusto qualche pacifista, ma sperduto, isolato. L’“eccezionalismo” americano è a prova di bomba, atomica.
 
Si fanno ancora inchieste negli Usa, su “The Atlantic”, sul “New Yorker”, sul Russiagate facendone una colpa a Trump. Anche se è vero il contrario. Uno scandalo inventato dalla campagna elettorale di Hillary Clinton, con un dossier commissionato a una spia inglese in pensione? Che ha tenuto impegnata la giustizia americana, ordinaria e politica, e i media, per quattro anni, senza mai un filo di verità. Poi dice che la democrazia la mette in pericolo Trump. Che sembra quello invece che ha aperto le finestre, il cesso è ancora intasato.
Ma, a prescindere, come si fa la guerra a Putin con un falso dossier di una spia inglese in pensione – ammesso che sia sobria, in genere quelle inglesi bevono al mattino.
 
Ballano le Ferrari a Budapest, ingovernabili sia a Leclerc sia a Hamilton. E  non è il motore, né il telaio, né le manovre errate al pit-stop. No, è la pista che ha cambiato, l’asfalto, il vento, le temperature. E  perché non Orban, quello è capace di tutto? Ferrari è l’ultima cosa che Elkann non ha (ancora) disastrato.
Dopo Budapest l’ha comprata in Borsa in masssa, per sostenere la quotazione, ma il titolo resta sempre un centinaio di euro sotto il massimo di qualche mese fa, quando ancora illudeva gli sportivi.
 
La verità su Israele e Netanyahu il “Corriere della sera” confida alla rubrica della posta, al tuttologo  Cazzullo (o ha scritto un libro anche su Israele a Gaza?). Ma l’elenco delle cose resta lo stesso impressionante.
 
L’Agenzia delle Entrate notifica, con raccomandata da € 7, ingiunzione di pagamento di una rata Tari 2014 da una cinquantina di euro, con un testo di sette cartelle fitte, a spazio uno. Dove non si riesce a trovare come pagare – è scritto in sei parole complessive, mezza riga, in mezzo al testo.
La burocrazia fa paura, tutta stupidità non è.
 
“Capii che cosa è Roma”, spiega Alessandro Profumo, parlando della sua stagione al governo di Unicredit, a Paolo Bricco sul “Sole”, “alla seconda telefonata del segretario di Stato vaticano cardinale Tarcisio Bertone, che si spendeva a favore del salvataggio della Roma, la squadra di calcio di proprietà della indebitatissima famiglia Sensi”.
 
Presentito  come candidato Pd alla Regione Calabria, il giudice Gratteri, rercordman delle carcerazioni abusive, nega: “Ho un bergamottetto e quando andrò in pensione mi ci dedicherò. Magari andrò a qualche trasmissione in v perché quando ci sono io lo share aumenta sempre”, I giustizialisti sono un pubblico mediatico – ma sono sempre gli stessi, Gruber, Fazio, Floris, Fomigli.
 
Non ci sono mai state probabilmente tante querele, contro politici e giornalisti, quante quelle della destra al governo in questa legislatura. La stessa che non ha – non a torto - fiducia nei giudici.

La storia si fa muovendosi

“La storia dell’emigrazione è la storia dell’umanità e il suo progresso. È una storia di cooperazione pacifica e di scambio reciproco, ma anche di violenza. Cose terribili sono state fatte per costringere la gente a emigrare, contro la loro volontà. E tuttavia, malgrado le sofferenze, l’emigrazione resta la chiave del successo della nostra specie.
Un remainder dei fondamentali del fenomeno migratorio, oggi che se ne contesta la legittimità di fronte all’immigrazione selvaggia, e indotta dal malaffare. L’uomo non è stanziale. O lo è ma nel quadro di una mobilità comunque assicurata.
Un saggio breve ma pregnante. Golding è a Oxford l’autorità di globalismo e  sviluppo.
Ian Golding, A Moving History, Imf “F&D”, free online

sabato 9 agosto 2025

Cronache dell’altro mondo – antisemite (349)

A fine luglio il senatore democratico Bernie Sanders, del Vermont, ha denunciato “lo sterminio di Gaza del governo di Netanyahu”.
Una settimana dopo il gruppo pro Israele Aipac, American Israel Public Affairs Committee, ha denunciato il commento di Sanders come “uno sfogo pieno di odio” e una “spregevole sanguinosa calunnia”
Sanders, 84 anni fra un mese, da sempre capofila della sinistra radicale nel partito Democratico (“sono socialista”), alle primarie presidenziali del 2016 sfidante all’ultimo voto di Hillary Clinton, che era la candidata dell’organizzazione di partito, è ebreo –figlio e nipote di immigrati polacchi che ebbero familiari vittime della Shoah.

La Dc ritorna in banca – 2

Ricorda sul “Sole” Alessandro Profumo, il creatore di Unicredit, da ultimo manager di Finmeccanica-Leonardo, ma una vita in banca, delle sue prime esperienze nel mondo del lavoro, quindi dei tardi anni 1970-primi 1980: “Nessuno dei nostri impiegati e nessuno dei nostri clienti poteva avere il vizio del gioco”. Succedeva al Banco Lariano.
Il controllo era ovviamente più accurato nelle rurali, le popolari, le risparmio. Per la moralità, certo, ma non si poteva essere comunisti, neanche socialisti, neanche repubblicani. In Lombardia e nel Veneto – in Toscana e in Emilia non si poteva non essere comunisti, al peggio socialisti.
Curiosamente, lo stesso schieramento si propone oggi. Fermi restando la Cariplo e il San Paolo baluardo bianco nella pancia di Intesa, due fronti “bianchi”, un tempo democristiani oggi popolari, si costruiscono attorno a Mps (Tesoro, Caltagirone, eredi Del Vecchio, e altri minori) e sull’asse Bpm-Crédit Agricole. Bpm, ex Popolari milanese e veneta, è anche parte importante di Mps.
Considerandoci assieme anche Intesa, la banca “bianca” copre oggi abbondantemente più della metà del credito.   
Al vecchio fronte opposto, tosco-emiliano, si lascia solo Bper, l’ex popolare Emilia-Romagna. Sotto l’ombrello dell’assicurazione  “compagna” Unipol. Con il contentino della popolare Sondrio – dall’anima più “bianca” che si può.
Quanto basta per tacitare il Pd di Schlein, che pure voleva essere di sinistra, se non più comunista. Si spiega così il silenzio del Pd e dei suoi media sulla stramberia del governo, che ha usato il golden power per dare Bpm al gruppo francese “popolare” Agricole - democristiano del resto anche il metodo di governo nella fattispecie, la nessuna considerazione delle leggi.

Prova d’amore universale

Le pene d’amore di Nené al liceo – Nené è Andrea. Con una campagna di scuola. Che gli dà tutto. Ma poi si dà a tutti.
Dirlo non è guastare la lettura. Come spesso in Camilleri l’aneddoto è da poco, è la maniera di “inventarsi” la narrazione  che fa premio.
Il racconto è uno dei due inediti – l’altro è quello del titolo – dell’ultma raccolta di racconti approntata postuma da Sellerio, nel 2023, “La guerra privata di Samuele e altre storie di Vigata”. Notevoe che un quotidiano si promuova con un racconto – questo è il primo di una serie settimanale estiva, di sei o sette uscite.
 Andrea Camilleri, La prova, “la Repubblica”, pp. 45 gratuito col quotidiano

venerdì 8 agosto 2025

Cronache dell’altro mondo – gramsciane (348)

Con più determinazione, e con qualche argomento in più, rispetto ai neocon un quarto di secolo fa, la destra americana coltiva la cultura come terreno di dominio. Nella battaglia a tutto campo anti-woke - sulla storia, le minoranze, il genere, la sregolatezza in genere (alcolismo, droghe, promiscuità) - e in tutti gli ordini dell’istruzione, dalla scuola materna all’università.

Un’offensiva generalizzata, a partire dal linguaggio Anche nelle materie e gli ambienti più ostili, i media e la giustizia. Sui media attraverso la pubblicità, che segue il gradimento del pubblico. Giacché questa strategia paga, a sorpresa col voto popolare a Trump, in crescendo sulla base dei sondaggi.

Non è proprio Gramsci, il teorico dell’“egemonia” culturale, ma è come se, il disegno è lo stesso: dominare le menti prima che la scheda alle urne.

Il disegno egemonico conservatore s’identifica col vice-presidente Vance, sui temi rappresentati dieci anni fa col suo best-seller “Elegia americana”, e con Christopher F. Rufo, un quarantenne figlio di un bracciante emigrato dalla Ciociaria, ideologo formato alla Georgetown, l’università dei gesuiti, e anche lui a Harvard, come Vance. Ex regista apprezzato di documentari sociali, è da anni vedette su tutti i media delle cause conservatrici – ha costretto alle dimissioni la rettrice di Harvard, con accuse di plagio, ed è l’autore della fake news (in cui poi è caduto Vance) degli immigrati che si mangiavano i gatti.

L’argomento in più è che il conservatorismo, la tradizione, è migliore baluardo per i ceti più sfavoriti.  Rufo ha condiviso come documentarista l’esperienza di vita (e di scrittura) di Vance, l’America  hillbilly, della rust-belt o cintura industriale abbandonata, dell’isolamento, della deprivazione.

Curdi e turchi uniti da Israele

Il lampo si è acceso col raid israeliano su Damasco e la Siria, considerato l’anticipo di una offensiva tutti azimut, se non una guerra, di Israele contro la Turchia (il regime siriano è stato creato e si mantiene col supporto turco). I curdi siriani si sono immediatamente allineati su Ankara. E lo stesso avrebbe fatto, dall’isola-carcere di Imralik nel mar di Marmara, dove è detenuto da venticinque anni, Abdullah Öcalan, leader del Pkk curdo, la principale forza di opposizione, finora separatista.

L’abbrivo è venuto da Devlet Bahceli, il presidente di Movimento Nazionalista, il maggiore dei partiti della coalizione con l’AK di Erdogan in Parlamento: costituire una sorta di union sacrée, contro Israele, insieme con i curdi. Ocalan si sarebbe detto d’accordo.

Bahceli –prima ancora di Erdogan - e Öcalan, ottantenni, più o meno, si sono combattuti per cinquant’anni, dai tardi anni 19970.

Mandare a processo chi lavora con Israele

Collaborare con Israele (forniture, investimenti, tecnologie) è complicità in vari crimini, compresi “apartheid e genocidio”. È una tesi ardita, che che ha fatto dichiarare l’autrice, una giurista italiana dottoranda a Amsterdam, da tre anni “Relatrice Speciale Onu per i diritti umani sui territori occupati da Israele”, persona non grata negli Stati Uniti, dove pure lavora. Questo è il suo Rapporto.
I fatti esaminati ci sono. La colonizzazione è la politica israeliana ormai da un quarto di secolo, perseguita anche con l’esercito. E la disparità o ingiustizia legale, di diritto - non solo quello applicato, anche quello formale - è da apartheid. Molti dei fatti qui esaminati, o anche non più recenti, sono stati esaminati, e condannati, anche dalla Corte Penale Internazionale. Che aveva condannato già Ariel Sharon, protocolonizzatore, prima di Netanyhu.
Il governo israeliano prende molto sul serio la condanna di Albanese, dedicandola una nota molto lunga e dettagliata di contestazioni. E tuttavia si legge il rapporto, tanto più per essere minuzioso di riferimenti giuridici e giurisdizionali, come un’esercitazione a vuoto. Il diritto internazionale è contro Israele. I precedenti giirisdizionali sono contro le aziende che traggono profitto da situazioni di illegalità, come persecuzione e sfruttameno - il caso della I.G.Farben nell’Olocausto è il più famoso, ma tanti altri processi sono andati a buon fine, in Sud Africa e altrove. Ma chi e come può ora condannare un’impresa che abbia fatto o faccia affari in Israele? Con che autorità? A che fine? La questione, qui prospettata “di principio”, sa di vecchia crociata contro le “multinazionali”, come usava dire, sfruttatrici etc. Mentre il colonialismo israeliano nei confronti dei palestinesi è dato per scontato, anche se sull’autorità di storici israeliani (non citati, ma presenti).
Àlbanese, dottoranda in Diritto Internazionale dei Rifugiati ad Amsterdam, è da un decennio funzionaria Onu per i Diritti Umani. Aveva già redatto tre Rapporti internaziomli sull’occupazione israeliana della Cisgiordania, prima di questo incarico, sempre per conto dell’Onu, nell’ottobre 2022, nel luglio e nell’ottobre 2023. E dopo il 7 ottobre aveva pubblicato, conl la collaborazione di Christian Elia, e con la postfazione della filosofa De Monticelli, un veemente “J’accuse” – non un instant book, precisava, d’occasione, ma “Gli attacchi del 7 Ottobre, Hamas, il terrorismo, Israele, l’apartheid in Palestina e la guerra”. Questo rapporto, d’impianto giuridico, è appena più contenuto del pamphlet. E d’altra parte, se  l’esercito israeliano ha dubbi sull’approccio del governo di Netanyahu su Gaza, e la Germania, la Germania…., ha deciso di sospendere gli aiuti militari a Israele, i fatti ci sono.
Francesca Albanese, Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio, PaperFIRST, pp 169 € 5

giovedì 7 agosto 2025

Problemi di base - 875

spock
“Gli errori rendono amabili”, Goethe?
 
“L’avere sempre ragione ci rende odiosi”, G. Carofiglio?
 
I maestri sono odiosi?
 
E i filosofi?
 
Anche Goethe?
 
 Avere ragione è esercitare\imporre un potere?


spock@antiit.eu

Doppio giallo al Tour gastronomico, delitti e dooping

Una prostituta forse non ancora maggiorenne viene strangolata alla porta d’albergo del noto cronista sportivo della “Gazzetta dello Sport” che come ogni anno si appresta a seguire il Tour. Non è sospettato dell’assassinio, non più dopo poche ore di spiacevolezze, ma la vicenda resta intrigante. Il  nostro sarà libero di seguire il Tour, il patron dell’organizzazione si è mosso anche lui, garantisce, vuole assolutamente la copertura italiana, e le due cose si intrecciano. Ma non finisce qui: la ragazza assassinata è una tossicomane, figlia di un importante giudice, che al nostro l’ha giurata. L’assassinio è stato firmato, con uno sticker, numero 1. E il numero 2 segue presto: il morto, questa volta, pugnalato e sfracellato è un decano dei suiveur¸i giornalisti che seguono il Tour, un francese, stimato e amato, anche perché è il miglior enogastronomo, conoscitore di ogni angolo della Francia e di ogni specialità. Il racconto è infatti soprattutto di piatti e di vini, tappa per tappa, città per città – seguire il Tour “non è come una volta”, i giornalisti si regolano sulla tv, anche loro, devono solo correre – in autostrada, in treno – all’arrivo della tappa..
Il protagonista-narratore, grande reporter sportivo, del ciclismo in specie, del Tour in particolare, è  enogastronomo a suo beneficio.Senon ché, sofferente di ipertensione, prende anche un diuretico,  “Spirofir si chiama, ha scritto «doping» grande così sulla scatola, in genere la butto subito via, lascio il blister nudo”, argomenta. E conclude: “Un dopato di più al Tour”. E questo guasta un po’ la ltetura. Che si apre con le meraviglie del campione americno “Bill Sheldon”, che sicuramente vncerà il settimo Tour di fila, record dei record. E il lettore sa che Sheldon-Armostrong , l’eroe del Tour per sette anni, dal 1999 al 2005, cinque anni dopola narrazione (2007), nel 2012-2013 sarà riconosciuto dopato e organizzatore di combines, e tuti i suoi sucecssi, dall’inizio nel 1989 alla fine della carriera, nel 2012, revocati. Ma già in questo Tour del 2005 è sospettato e inquisito per doping.
Molte le pagine, in aggiunta alla cucina e ai vini regionali francesi, sulla storia delTour – impressionante la lista dei Van del Tour – una cinquantina?
Gianni Mutra, Giallo su giallo, Feltrinelli, pp. 227 € 7,50

 

mercoledì 6 agosto 2025

Letture - 586

letterautore


Belpaese
– Nasce sarcastico? È il parere di Cazzullo (ha scritto un libro anche su Dante?) nella posta del “Corriere della sera”: “Dante definisce l’Italia «Belpaese», all’apparenza rischiarando il cupo canto del conte Ugolnino, anche in senso sarcastico, come a dire: bel Paese è quello che fa morire di fame un padre con i suoi quattro figliuoli!”. C’è un Dante  per tutto.
 
Berlusconi –“Se n’è andato due anni fa in una città di cui non è mai stato veramente cittadino, essendo in essenza più brianzolo, più romano, perfino più napoletano” - Michele Masneri, “Uomini, miti e cose. Il decennio che sconvolse Milano” (“il Foglio”).
 
Classici – “I classici, che mi hanno tenuto compagnia tutta la vita, sono fondativi e al contempo antagonisti del presente: loro hanno il privilegio delle domande, noi l’onere delle risposte”, Ivano Dionigi, con Antonio Gnoli su “Robinson”: “I classici non avevano uno sguardo sereno sulla vita, che gli uomini chiamavano mortales”. Né avevano una visione serena della morte: “Non l’Achille omerico, non l’Antigone di Sofocle, non il Prometeo incatenato di Eschilo, non l’Ifigenia di  Euripide; lo stesso Aristofane definisce la morte «il più insostenibile dei mali»”.
 
“Classico è ciò che ancora ha da essere”, ^Osip Mandel’stam.
 
Dizione – “Con Ronconi recitavo per ore, finii in clinica per la fatica”, Massimo Popolizio al “Correre della sera”- “e l’esercizio costante di parlare dal diaframma, ogni sillaba doveva giungere all’ultimo gradino del loggione”.


Lolita – “Esistono almeno tre temi assolutamente tabù per quanto concerne la maggior parte degli editori americani» scriveva Nabokov nella postfazione 1956 alla pubblicazione di “Lolita” in Francia – il racconto è stato a lungo proibito negli Stati Uniti. Uno è naturalmente la pedofilia, che però non dice. Continuando: “Gli altri due sono: un matrimonio tra negro e bianca o negra e bianco che sia completamente e luminosamente fortunato e dia luogo a un gran numero di figli e di nipoti; e l’ateo completo che conduce un’esistenza serena ed utile, e muore nel sonno all’età di centosei anni”. 
 
Ninfetta è termine inglese secentesco, che Nabokov, entomologo e bookworm, specie della sua nuova lingua, ha recuperato: nymphet, crisalide, poi traslato in “ninfetta”,  di giovanissima provocante (il Battaglia non lo censisce, il Petit Robert lo data al 1611, ma evidentemente sul dato inglese, no lo associa e nessun testo e rinvia a “circa il 1960”, cioè a “Lolita”).
 
Thomas Mann -Goliarda Sapienza, incerta sulla tenuta del suo lungo romanzo “L’arte della gioia”, “ammirava Thomas Mann perché affidava alla segretaria la responsabilità di operare i tagli che riteneva necessari” - Angelo Pellegrino, “Ritratto di Goliarda Sapienza”.
 
Maschilismo – “Non è solo la donna a invidiare il pene, a sentirsi mutilata. Anche l’uomo ha una mutilazione”. “E quale sarebbe? “Non può creare carnalmente una vita. È così che cerca di dare vita a idee. Pensa a Pigmalione, a Zeus che supplisce alla sua mutilazione ingravidandosi nella volta cranica, e portando in sé non un esserino nudo e informe, ma uno splendido guerriero donna armato di scudo ed elmo. Questo perché l’uomo è una madre esattamente come la donna” – Goliarda Sapienza, “L’arte della gioia”, p. 353.
 
Moglie – Di Paola Gius, moglie di Gianni Mura, che con lei ha tenuto per molti anni sul “Venerdì di Repubblica” la rubrica gastronomica “mangia&bevi”, lui esperto di cucina, lei (di nota famiglia trentina di ristoratori) dei vini, non si sa nulla. Nemmeno la data di nascita. Nemmeno quella di morte, che pure sarebbe avvenuta pochi mesi, o poche settimane, dopo quella del marito. Lo stesso lungo sommario dell’articolo celebrativo di “la Repubblica” in morte di Gianni Mura, non menziona questa collaboratrice, pure di successo.
 
Filippo Maria Pontani – Il grecista forse più famoso, se non altro per le tante pubblicazioni adottabili al liceo, ha chiamato il figlio col suo stesso nome. Che però lo scrive unito per distinguersene, celebra la madre in morte, Anna Meschini, altra illustre grecista, e se gli capita critica le traduzioni famose del padre. Da ultimo, marginalmente, come tipologia di traduttore (creativo) nella recensione-stroncatura - un hapax da qualche anno - della nuova edizione approntata per i classici Valla della “Elettra” di Euripide – sbertucciata nell’originale, sull’autorità di Aristofane, e nella traduzione, la vecchia e la nuova.
 
Romanzo – A disagio in Italia negli anni 1970, lo dice Domenico Scarpa, nel saggio “Senza alternative niente”, ricordando la formidabile promozione in Francia del romanzo di G. Sapienza, “L’arte della gioia”. In Italia “non pubblicabile”, con un lugo articolo di De Ceccaty su “Le Monde des Livres” il 16 settembre 2005: “Negli anni Settanta il romanzo italiano si potrebbe definire un paradosso innestato su un ossimoro”. Ceccatty aveva “posto una domanda pertinente: «Che cos’era l’Italia letteraria nel 1976, quando Goliarda Sapienza conclude questo romanzo sbalorditivo. Un Paese che provava disagio a guardarsi e a scegliere un linguaggio romanzesco”. E ricorda le stroncature di Elsa Morante, “La Storia”, anche di Pasolini. O la negazione della narratività (Manganelli). Nel mentre che si moltiplicano romanzi-romanzi: Ortese (“Il porto di Toledo”), Arbasino (“Fratelli d’Italia”, continuamente riraccontato), D ‘Arrigo (“Horcynus Orca”),Volponi (“Corporale”), il tardo Fenoglio (“Il partigiano Johnny”). E naturalmente Sapienza. Ma tutte, osserva Scarpa, con l’ambizione dell’“opera-mondo”.
 
Sartre – “Quel gesuita dalla vena iniettata a rovescio che è Sartre!”, Goliarda Sapienza f a esclamare al suo alter ego Modesta., “L’arte della gioia”, 475. Ricordando Sartre che a Milano nel 1946, “credo, era estate, e si soffocava… disse che un po’ d’angoscia non avrebbe fatto male contro il vostro trionfalismo (della Resistenza, n.d.r), e s’è portato a sé tutti i giovani”.
 
letterautore@antiit.eu

A Sidney, a Sidney, l’amore a colori

Gluck, specialista di “Pter Rabbitt”, mette in scena due comprimari dimessi, giovani ma nn belli né vincenti, tra sorellastre e genitori ricchissimi, svagatissimi e intromettenti, a fin di bene naturalmente, in case, giardini, palazzi, città, la baia di Sidney specialmente, coloratissimi e lussuosissimi. Per una commediola dispendiosa e spensierata. La ragazza ricca e imbranata, neppure viziata come la sorella, nemmeno specialmente bella, s’imbatte per caso nell’uomo della vita, se ne allontana, lo ritrova. Glielo fanno ritrovare i genitori che non lo vorrebbero per genero. E allora loro recitano gli innamorati per fare dispetto. E non si sa che dire.
Attorno a questa gag un film coloratissimo, ricchissimo, opulento di parchi, piante, bestie rare, di interventi immediati con l’elicottero di salvataggio ai bagnanti poco esperti. Se non che è film che piace molto – perfino in Italia, con incasso per oltre sei milioni, senza pubblicità né kit per i critici.
Will Gluck, Tutti tranne te, Sky Cinema

martedì 5 agosto 2025

La Dc ritorna, in banca

Torna aria di vecchia Dc. Nelle pieghe della destra come della sinistra, con la campagna bancaria in corso, attorno allo sbarramento governativo contro Unicredit, e al progetto, sempre governativo, di una grande banca Mps-Bpm con Mediobanca e Generali. Col rinnovato appoggio del Crédit Agricole, colosso francese del vecchio credito popolare e di risprmio.
È come un revamping attualizzato, al gigantismo o consolidamento del credito come ora si vuole, del vecchio amplissimo reticolo confessionale di casse rurali, artigiane, popolari, di risparmio. Il rilancio si fa sotto l’egida politica del ministro Giorgetti, cioè della Lega, ma l’ossatura è “popolare”, cioè veterodemocristiana. Con un occhio al Pd, alla cui base ex comunista, cioè a Unipol-Bper (il revamping a opera del più accorto Cimbri dell’“abbiamo una banca” degli sprovveduti Consorti e Fassino), è stata ceduta, dopo un primo arroccamento, la pur ricca Popolare Sondrio.  
È un potere che si ricompatta attraverso i partiti. Non avendo peraltro mai mollato i settori di spesa, da sempre controllati: la ricerca scientifica, l’energia (Eni, Enel, e ora il nuovo nucleare), lo spaziale, il ferroviario. Secondo la vecchia strategia Cei post “Mani Pulite”, del cardinale Ruini: meglio se divisi, con le mani in pasta in tutti gli schieramenti.
La montatura mediatica di Renzi, quasi statista supremo, e del povero Calenda, oltre che di Tajani, che rappresenta anch’egli se stesso, e dei figli di Berlusconi, che sanno di poco e non contano nulla, va anch’essa in questa direzione. Ma soprattutto conta l’offensiva bancaria, una novità. Dopo tanti decenni giocati in difesa – dalle privatizzazioni Iri.
La vecchia Dc, il popolarismo, non aveva mai abbandonato la banca, attraverso Bazoli - con Cariplo e San Paolo, sempre col sostegno di Crédit Agricole. Ma Intesa ha ormai un’altra dimensione. Oppure si può vederla così: con Intesa e il conglomerato in fieri (Mediobanca-Generali è “il” risparmio) la banca è solidamente, nuovamente, “popolare”.
 

Cronache dell’altro mondo – geniali (347)

“La nuova legge americana sulle criptovalute è talmente buona che «le hanno dato il mio nome», ha celiato il presidente Trump firmando il 18 luglio il «Guiding and Establishing National Innovation for US Stablecoins (GENIUS) Act», la legge che regola questo speciale mercato.
“Mentre il governo americano e il mercato delle criptovalute celebrano l’alba di un’era d’oro, dall’altra parte dell’Atlantico l’impressione è meno entusiata.
“Le criptovalute, token, o beni digitali, garantiti da beni convenzionali, sono visti come trffaldine, profodnamente destabilizzanti - o entrambe le cose. Andrew Bailey, governatore della Banca d’Inghilterra, ha messo in guardia le banche commerciali dall’emettere criptovalute. Christine Lagarde, presidente della Bce, ammonisce che le criptovalute potrebbero diventare moneta privata, col rischio un giorno di soppiantare le banche centrali”.
(“The Economist”)

 

 

Rifugiati e non, per una revisione del diritto d’asilo

Un non simpatizzante, anzi, ma sicuro conoscitore delle dinamiche dell’immigrazione selvaggia, finisce per dare ragione a Meloni. Direttore da quindici anni dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati, e già autore, sempre per l’“Economist”, by invitation, dell’allarme “Il sistema globale di asilo sta cadendo a pezzi”, comincia col riconoscere che “la domanda popolare di robusti controlli di frontiera e di gestione ordinata dei flussi sono ragionevoli…. Se le richieste (di asilo) sono esaminate bene e rapidamente, con i richedenti bocciati rimandati subito a casa, i migranti avanno meno incentivi a tentare la strada della richiesta di asilo, che deve essere riservata a chi ne ha effettivamente bisogno”.
Su questo Grandi non ha dubbi. Come ora anche l’Unione Europea. Dopo la lotta al “mercato degli schiavi”, sembra il background, all’immigrazione selvaggia a opera di mafie libiche e turche, tentata da Meloni - per ora messa in stand by dalle giudici bas-bleu. “In molti paesi”, lamenta Grandi, “i sistemi di rimpatrio dei falsi richiedenti asilo sono inefficaci o poco sostenuti”. Tra le tante soluzioni, “si provano accordi con paesi terzi per trasferirvi i richiedenti asilo. Questi accordi sono stati contestabili, p.es. la Gran Bretagna col Ruanda. “Ma con le giuste garanzie possono essere insieme pratici e legali… Alcune richieste di asilo in Europa potrebbero anche essere esaminate fuori dalla Ue – riducendo la possibilità per i falsi richiedenti asilo di sparire (fra i paesi dell’Unione)”.
Bene anche i controlli in mare: “Altre misure potrebbero includere il rafforzamento della ricerca, il  salvataggio gli sbarchi sui canali specialmente mortali, come nel Mediterraneo”.
Il problema per Grandi è però molto più ampio e più grave di quanto le bas-bleu italiane pensino – o forse lo sanno, ma “giocano all’opposizione”, a fare le partigiane. “Vie sicure e controllate di accesso hanno un altro beneficio: bloccano i miliardi realizzati dalle bande criminali e dai contrabbandieri di persone – trafficanti di morte. Nel decennio passato 34 mila persone che tentavano di raggiungere l’Europa via mare sono morte o scomparse. E la cifra reale è sicuramente molto più alta”.  E tuttavia, “anche se le traversate via mare dominano l’informazione, la maggior parte dei rifugiati vuole restare vicino casa”. Dei 31 milioni di rifugiati sotto il mandato Unhcr, due terzi vivono in paesi vicino al loro. E i tre quarti risiedono in paesi a medio o basso reddito, come Bangladesh, Ciad, Iran, Turchia e Uganda” – e il commissario Onu, anche lui, dimentica il Libano, che ha due milioni di profughi, “catalogati”, cioè riconosciuti, dalla Siria e dalla Palestina, per una popolazione di cinque milioni e mezzo.
Filippo Grandi, How to fix an asylum system under strain, “The Economist”

lunedì 4 agosto 2025

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto - 601

Giuseppe Leuzzi
 
Da troppi anni la produzione al Sud s’incrementa più che al Centro-Nord, significa che è “strutturalmente” decollata. Cos’è dunque che fa fuggire dal Sud verso il Nord i giovani, diplomati, laureati? La politica, non c’è altra risposta possibile. Cioè la sanita, le infrastrutture, la burocrazia (ci vuole sempre “una mano”), e anche la sicurezza. Che però è – sarebbe – nazionale, ed è – sarebbe – massima.
 
Non c’è nemmeno un calabrese, o un siciliano, nell’affaire milanese della Nuova Urbanistica. E come è possibile, non ci sono più giudici come la Boccassini?
 
Un certo nome, una carriera onorata, qualche film che si rivede, se non di culto, ma Bova resterà come quello degli “occhi spaccati”. Per una sgallettata milanese. E per il suo manager, ancora più incredibile della dark lady. Si può dirlo l’apologo del rapporto Nord-Sud, furberia e fiducia.
 
“Se si blocca l’attività di chi governa Milano”, spiega il presidente dimissionario della Regione Calabria Roberto Occhiuto, “Milano va avanti; se si blocca l’attività di chi governa la Calabria, la Calabria si ferma”. Senza la politica il Sud non sa stare – almeno, se è vera la notizia della produzione, un certo Sud.
 
Nella sua incongrua vicenda, di Occhiuto, le dimissioni con la ricandidatura, bisogna però dire un’altra cosa: è – era – uno che faceva le cose. Un minimo, ma le faceva. L’accordo con le compagnie aeree low cost per i tre aeroporti locali, Lamezia, Reggio e Crotone, grazie al quale ha riempito per due stagioni gli alberghi e le spiagge - senza costi, solo intelligenza, a differenza delle tre o quattro costose campagne promozionali, inefficaci, indisponenti, del passato. E i tanti ospedali più volte “finanziati” di cui ha avviato la costruzione. Governare è anche semplice. Ed è il problema della Calabria e del Sud in genere: il governo, la politica.
 
Visto l’esito, la storia di Occhiuto in Calabria si può leggere anche così; la Procura renziana di Cosenza, il capo e i sostituti, due calabresi e il solito napoletano stranded, lo ha messo sotto inchiesta, lui li spiazza professando “massima fiducia nei giudici”, ma dimettendosi e ricandidandosi, sicuro che Renzi non prenderà un voto in Calabria, nemmeno sommandolo con Calenda. Uno scherzo, ‘a zannella.
 
Presentito come candidato Pd alla Regione Calabria, il giudice Gratteri, renziano, un carrierone con le carcerazioni abusive, naturalmente si nega: “Ho un bergamottetto e quando andrò in pensione mi ci dedicherò”. Gratteri, di Gerace, è proprio calabrese – ‘a zannella personificata. Anche il menefreghismo esibito, si pensa sia il massimo dello snob – Gratteri usava esibirlo insieme con la povertà della famiglia, terzo di cinque figli, ma ereditare un bergamotteto, da solo, non è male – l’essenza è di nuovo in domanda.
 
“Poteri speciali?  Ora devono averli Venezia e Milano”. Zaia subito, il giorno dopo il voto per Roma. È giusto, il Nord è famelico – questo vuol dire leghista.
 
Umanesimo greco in Italia - 1
C’è stato un umanesimo greco in Italia, nel Quattro e nel Cinquecento, ignoto ai più, di cui ora Filippomaria Pontani si fa il testimone, pubblicando in volumi (finora quattro) gli studi della madre Anna Maria Meschini Pontani - “la maggiore studiosa dell’Umanesimo greco in Italia, da Crisolora a Musuro, da Ciriaco d’Ancona a Giano Làskaris, nonché dell’orientalista Simone Assemani”. Traduttrice e commentatrice dello storico bizantino Niceta Coniata. Un revival di oltre un secolo, dalla fase iniziale del ritorno del greco in Occidente, in Italia tramite i monaci calabresi Barlaam e Leonzio Pilato, fino al 1450 circa.
Di questi umanisti greci solo Crisolora, nobile costantinopolitano, sbarcato a Venezia con incarichi diplomatici (organizzare una crociata contro i turchi), è il solo che ha operato al Nord, nella stessa Venezia, a Firenze, a Pavia, fino al concilio di Costanza, 1414, durante il quale morì. È quello che ha aperto ufficialmente, insegnandolo a Firenze, l’umanesimo greco in Italia. Avviò anche il ritorno del platonismo, ch accompagnerà il dibattito fra le due chiese cattoliche, divise dalla teologica questione del Filioque, fino all’unificazione sancita al concilio di Ferrara-Firenze, 1439 - l’unione  durò poco, fino alla caduta di Costantinopoli nel 1453: caduta l’illusione di un intervento occidentale (la “crociata”) a difesa di Costantinopoli, l’unione fu annullata dalla chiesa greca a Costantinopoli venti anni dopo, nel 1472.
Ciriaco Pizzecoli, o de’ Pizzicoli, detto Ciriaco d’Ancona, di famiglia mercantile, visse in viaggio per il Mediterraneo. Alla ricerca e catalogazione delle antichità. All’età di nove anni aveva viaggiato col nonno materno per il Sannio, la Campania, la Puglia, la Lucania e la Calabria. A 21 anni s’imbarcò. Sarebbe diventato presto il padre dell’archeologia – Winckelmann lo sarebbe invece dell’archeologia moderna. Lo “scopritore” del Partenone e delle Piramidi, basandosi sulla lettura dei testi classici. Definitivamente è il padre dell’epigrafia, che avrebbe inventato come disciplina oltre che coltivato, per l’autorità di Mommsen. Il suo catalogo “Graeca” è tuttora
di consultazione.
 
Sud pitagorico
C’è qualcosa di pitagorico nel presidente della Regione Calabria Occhiuto che, indagato, si dimette e si ricandida. Una sorta di immanenza. Della coscienza che mai muore e semmai rinasce. Dell’io-Dio. Senza riferimento a Pitagora, vero, ma di fatto, nella forma mentis. Immortale. Forse non nel caso del mite presidente, ma del complesso del “muoia Sansone con tutti i filistei”.
Una filosofia che, semmai ci fossero ancora dubbi su chi e di dove era Pitagora, lo conferma sicuramente calabrese. Ma non solo, emerge anche altrove, la dove si è formata una sorta di identità locale, regionale, come la “sicilitudine” e la “napoletanità”. Che sono manifestazioni di appartenenza, e quindi psicologicamente efficaci, di aiuto – forme, quasi, di mutuo soccorso. Ma porta agli estremi la narrativa delle radici, fino a dubitarne. Dell’efficacia – dell’utilità.
 
Il primato di Milano
Si difende Milano con rabbia e non senza argomenti nello scandalo della cosiddetta Nuova Urbanistica, delle superfetazioni di piccoli edifici e di piccole aree in grattacieli da 100 e 200 appartamenti fatte passare per ristrutturazioni, con una semplice Cia, senza varianti al piano regolatore, ai piani edificatori, sebbene al di fuori anche dei regolamenti comunali, su altezze massime e ingombri – in rapporto al verde, alla sicurezza, alle distanze. Ha i giornali e i giornalisti 
per farlo – non necessariamente milanesi, i giornalisti, anzi. È la città all’avanguardia per l’urbanistica, partendo dal consumo ridotto del suolo, per i trasporti, per l’istruzione, e soprattutto per il lavoro. Una città che cresce – forse la sola in Italia. L’unica comunque che attrae i giovani, con o senza istruzione, chi ha un progetto, ha voglia di fare.
Che può essere vero. Ma costruire un grattacielo invece di un laboratorio artigianale come ristrutturazione, questa è corruzione. Spicciola. Le mazzette, in forma elegante, di progetti e consulenze, non saranno elevate. Ma sono “normali”.
A Roma, per fare un esempio di altra citta grande, seppure non più, forse, in crescita, lo stesso si fa, ma solo su proprietà del Vaticano – del Vicariato, che è molto ricco, di terreni e di edifici, ma quasi tutti bisognosi di nuove “destinazioni d’uso”. Giusto per “metterli in valore, come si direbbe a Milano.  E si fa, i cambiamenti piovono, chi aveva davanti un giardino e una capanna del Vicariato si ritrova dall’oggi al domani un grattacielo, e non c’è obiezione possibile, nemmeno in Tribunale, nemmeno in Cassazione – altro che penale. Ma solo se c’è di mezzo il Vicariato.
Altrove non si costruisce molto, è vero. La demografia è in calo, l’urbanizzazione è finita da tempo come chimera. Il movimento è anzi all’opposto, dalle città verso le periferie, il “territorio”.
Ma perché a Milano si costruisce caro, solo caro? E non invece a Roma, dove, purtroppo, si costruisce più che a Milano, ma in piano. Quindi con consumo del territorio, e dei servizi di urbanizzazione. È per il motivo che non c’è un piano urbanistico. Cioè c’è, non può non esserci, ma all’evidenza non adeguato, non al mix della popolazione, non alla crescita della città se è la sola ad attrarre immigrazione. O trascurato. Per i grandi edifici – al coperto della modernizzazione. Per i grandi interessi immobiliari – costruzioni, aree. Milano sarà sempre un esempio, come si vuole, ma troppo spesso un cattivo esempio.
 
Cronache della differenza: Milano
L’Antitrust (ri)multa Armani, dopo le inchieste della  Procura di Milano e qualche condanna, per lavoro nero, salari da fame, condizioni di lavoro degradanti. Milano non si scandalizza: si sa che le lavorazioni non sono in house, si fanno con fornitori e sub-fornitori. E poi, quanti saranno i lavoratori non in regola? Quindici-ventimila. Realismo, questa è la ricetta. Le multe? Che fanno ad Armani tre o quattro milioni? Altrove, p. es. al Sud, ci sarebbe il danno “reputazionale” (dimostri che non è mafioso), a Milano no.
 
Non si dice ma si fa , surettiziamente, ampiamente, su La 7, Sky Tg 24, il “Corriere della sera”, i siti, che il gip degli arresti, Mattia Fiorentimo è po’ mattoide, ha condannato al carcere tante persone stimabili senza imputazioni specifiche. Che usa un linguaggio confuso. Come se le altre sentenze fossero chiare. Come se la corruzione, la si chiami come si vuole, “conflitto d’interessi”, “scambio di utilità”, non ci fosse stata – e non ci fosse.
Non si può dire, Milano è città onorata, ma fa come le prostitute quando si dicono sex worker - dov’è il male?

Un calabrese di cinquanta e più, attore famoso, di molta esperienza, è preso in giro da una sgallettata milanese che é solo piacente. Non c’entra nulla naturalmente, né nel caso né in generale, la Calabria non può essere Milano. Di fatto. In letteratura l’aneddoto andrebbe a parti rovesciate: la furba calabrese, l’imbranato lombardo. Ma la storia reale è uno specchio della cosa.

 “Ci dev’essere qualche motivo psicanalitico se la capitale del Nord è da sempre comandata dai siciliani (da Enrico Cuccia ai Ligresti a, oggi, i La Russa” – Michele Masneri, “Uomini miti e cose. Il decennio che sconvolse Milano” (“Il Foglio”, 2-3 agosto). Peggio oggi, col “romano”, in realtà siciliano, Caltagirone, che si compra Mediobanca e Generali a prezzi di realizzo.

 
Dopo Bossi, si è messa all’ora di Roma. I romani vi s’incontrano più dei pugliesi. Soprattutto a tavola, con succursali, presunte, dei ristoranti romaneschi, “Testaccio”, “Rugantino”, “Bolognese”, “Felice”,”Cacio e pepe”, “Volemose bene”, “Ai cocci”, “al balestraro”…
 
Non pianta alberi perché le radici deteriorano il suolo – circolare della Sovrintendenza. Si piantano invece in terrazza. A piazza San Babila gli alberi non sono stati ripiantati nella ristrutturazione su ordine della Soprintendenza. Sulle terrazze che prospettano sulla piazza invece è un proliferare di chiome. Anche il verde è per i ricchi.
 
Una organizzazione milanese per il ricatto a Bova: una influencer, il suo pr, e un editore, per quanto screditato. Una storia metropolitana. Che in Italia potrebbe, per es., ambientarsi a Napoli. Forse più propriamente, almeno secondo la vulgata. Ma a Napoli ci sarebbe voluta la camorra, un capo camorra.
 
Senza Milano non c’è l’Italia, è l’argomentazione principe in questi giorni in cui Milano sembra al vertice della corruzione. È anche una chiamata di correo, come fa il “Corriere della sera” con una  grande pagina: “Cosa non ha funzionato a Milano… riguarda l’Italia tutta”. E perché? Se si ruba (conflitto d’interessi, “scambio di utilità”) a Milano è colpa dell’Italia? In un certo senso sì, se l’Italia è Milano.
 
Dice: a Milano non era delinquenza. Erano grattacieli fatti passare per vecchi laboratori ristrutturati.  Furbo, certo, non è stupido – la mafia è stupida, il Sud lo è, Milano no: sarà questa la grande differenza, da antichi fan presi a calci sui denti da Bossi e Milano 1, non era molti anni fa.
 
O anche, per essere precisi. Sarà pure vero che a Milano non correvano “mazzette”, cioè corruzione spicciola, anche se qualcuno teneva in casa 200 mila euro. Alla Commissione Urbansitica gli architetti che ne facevano parte potevano firmare progetti dispendiosi – e irregolari - perché in commissione si astenevano. È ipocrisia, ma da mafiosi, col codice in mano – è vero, come farà il giudice a distare le “utilità”?


Molte pagine di cronache criminali sul “Corriere della sera”, ma solo poche righe, in un angolino, a p. 20, per l’assassinio di Boiocchi, il settantenne “storico capo della curva interista”, i colpevoli hanno confessato. Milano non si fa colpa della criminalità, seppure diffusa come nel tifo. È giusto, il crimine non conta.
 
“È diventata la città di chi sta bene”, dice Massimo Moratti, che si ritiene un immigrato, di seconda generazione, seppure da Somma Lombarda, figlio di piazzista, seppure nipote di farmacista. Di chi è ricco, cioè. Una volra era diverso, dice ancora: “La città ti accoglieva e si occupava di te. Arrivavi dal Sud da ogni parte, anche con la valigia di cartone, e qui ti sentivi importante, trovavi un progetto di vita. Che si trasformava in un sentimento di riconoscenza verso Milano”. Vero. Poi esplose la Lega, che è ben milanese, intronizzata da Milano 1.
 
“Meglio di Milano?”, chiede Michele Masneri sul “Foglio” a Giammetti, il socio di Valentino, che gli loda Roma, e la haute couture, che fino agli ani 1970 si faceva a Roma. “Milano la conosco pochissimo, noi sfilavamo solo con la collezione uomo lì, non ho mai avuto tanti amici, solo conoscenti a Milano. Città interessante, però Roma è un’altra cosa”.


Roberto Saviano dice che sì, la città fa paura, ai Carabinieri. Dovendo andare a Milano dopo aver scritto un articolo contro la tifoseria interista, ha notato che “i carabinieri della protezione (scorta, n.d.r.) erano nervosissimi”.

leuzzi@antiit.eu