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Matilda travolgente, dentro e fuori del carcere
Una storia di amicizia
fra donne, detenute, dentro e fuori dal carcere. Fra una scrittrice, capitata in
carcere per caso, e carcerate vere, dal passato imperscrutabile. Specie le più
giovani, due sgallettate romane, Roberta e Barbara. Che ritroverà fuori. Ma sempre
“carcerate”, spiega Goliarda Sapienza, l’autrice del racconto (“L’università di
Rebibbia”) su cui Martone ha costruito il film - insieme con Ippolita Di Majo -
in una vecchia intervista che s’intravede alla fine, con Enzo Biagi: “Vivono
dentro quando stanno fuori, e stanno fuori quando vivono dentro”.
Un racconto che si
regge sull’espressività, cangiante, mutevole, sorprendente di Elodie (“Barbara”)
e, soprattutto, di Matilda de Angelis (“Roberta”), presenza costante nel film –
che il personaggio curiosamente costruisce col romanesco nasale, un po’
Garbatella, quello di Meloni. Valeria Golino fa la scrittrice in età, con i suoi
anni e riflessiva, molto misurata.
Martone racconta la
storia al modo suo, rapsodicamente, per scene giustapposte – un film di montaggio.
E quasi tutto in “piani”, i personaggi in rilievo sull’ambientazione, in medium
closeup e closeup. Da qui l’apporto al racconto di “Roberta”,
Matilda De Angelis, delle due giovani ex carcerate quella che segue la scrittrice,
la insegue, la diverte, la malmena, la travolge. Sola, solitaria, e piani di “amici”,
impecuniosa e piena di soldi. Fantasiosa, esuberante, e triste, ansiosa,
depressa. Travolge la scrittrice come lo spettatore. Non candidata a Cannes, dove
il film è stato presentato, in concorso, ma senza demerito al confronto con la protagonista
vincitrice, Nadia Melliti (favorita dalla storia, una lesbica buona mussulmana –
bisogna essere gay e mussulmani?).
Mario Martone, Fuori
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