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Brexit – È anche
linguistica – di nuovo, come è stata nei secoli? Ritorna oltremanica l’incapacità
secolare di compitare i nomi latini, per es. italiani, i Giuseppi, i Lucca,
etc. La Cambridge University Press manda al macero una copertina in cui il
Nobel per la Fisica Giorgio Parisi era diventato Giogioa.
Claques - Un classico del teatro, gli applausi organizzato,
decidono ora anche dei successi al cinema, nei festival? Mariarosa Mancuso sul “Foglio”,
recensendo “Fuori”, il film di Martone al festival di Cannes, precisa che è
stato tra i meno applauditi – “insistiamo perché sui giornali itaiani sta
scritto che il film di Mario Martone «è stato
accolto benissimo»”. Insinuando peraltro il dubbio che chi ne scrive “sui
giornali”, in Italia perlomeno, non vada a vedere il film, si fida dell’ufficio
stampa. Dev’essere vero. Gli inguardabili film premiati a Cannes ultimamente, “Titane”,
“Emilia Perez”, annoverano tra i riconoscimenti - registra wikipedia – il favore
del pubblico. Non tanto agli incassi, che non si dicono ma si sanno magri, no,
del pubblico al festival, nella standing ovation – di dieci minuti il
primo, di otto il secondo (forse perché troppo lungo, le claques si
erano stancate di attendere).
E le giurie, oltre
ai critici, anche loro seguono il “pubblico”. Evidentemente. Ma si sa che gli
organizzatori raccomandano alle giurie di “seguire il pubblico”.
Confessione - Come genere
narrativo, come racconto, prima che come sacramento o testimonianza, nasce da
sant’Agostino – il santo tanto celebrato e tanto dimenticato, che ora col papa
torna in voga. Ma ultimamene dilaga nel
racconto romanzesco – uno su due editi, si calcola. E quasi sempre nella forma
psicoanalitica, della confessione laica.
Un genere di cui si
considera precursore Philip Roth, per “Portnoy” - che si rilancia oggi con grande
enfasi - e non Berto, “Il male oscuro”. Di una psicoanalisi cioè non presa sul serio.
Ma anche di questo
genere di confessione, senza l’analista ma pratiche morbose comprese, l’inventore
è sempre sant’Agostino.
Egemonia – La categoria gramsciana
che tanto inquieta il governo Meloni non esiste, argomenta Pierluigi Battista –
senza citare Gramsci. E fa un lungo elenco di scrittori, più Fellini, non graditi
alla “sinistra” – cioè al Pci, buonanima (che però non si nomina). Praticamente
tutti i buoni scrittori del dopoguerra. Eccetto Calvino, Pasolini e Moravia. Lo
scrive sul “Foglio”. Poi uno va al cinema, oppure legge il “Corriere della sear”,
“la Repubblica”, “la Stampa”, o guarda La 7, o Sky Tg 24, e l’egemonia la
sente, eccome.
Fiction-Reality – A proposito
di teatro-verità (la simulazione di un rapporto prolungato d’incesto) Annie
Ernaux annota il 28 maggio 1993, in “La vie extérieure”: “Sensazione strana che
questa «realtà», a causa della sua messa in scena, non era vera, cioè che la
verità delle persone coinvolte, della storia, non era vera”. Poi l’ipotesi: “Ci
fossero sempre più reality-show la fiction sparirebbe, poi non si sopporterebbe
più questa realtà fatta spettacolo e la fiction ritornerebbe”.
Maranza – Specie già diffusa
a Parigi trent’anni fa? In un’annotazione del 13 gennaio 1995 Annie Ernaux (“La
vie extériuere”) ne fa la descrizione precisa – manca solo il “maranza”: “Quegli
adolescenti
che non obbediscono che alle loro voglie, che alzano bruscamente il pugno o un
coltello su uno sconosciuto di cui «la faccia non piace»”.
Matriarcato – Impera al
cinema (ma anche nella narrativa, si direbbe)? “Finalmente, c’è da dire, c’è qualche maschio ribelle”, sbotta
Mariarosa Mancuso sul “Foglio” alla rassegna di Cannes, stufa dei tropi film al
femminile: “L’obiettivo parità dei sessi ha riempito il programma con storie di
madri e figlie. Lontane, troppo lontane. Vicine o abbandonate. Litigiose ma poi
in pace. Attaccatissime ma poi separate. Solo quando la mamma muore, le sorelle
vanno poi d’accordo”. Con una chiusa cattiva: “In Norvegia il film s’intitola
«Sentimental Values», e di questa materia è fatto (più la casa di famiglia da
vendere, ma la rivuole il papà narciso che ha lasciato la mamma)”.
Curiosamente, anche il film di Martone, “Fuori”, che sarebbe su Goliarda
Sapienza, la scrittrice, è virato su un personaggio, quello principale, di
ragazza che imputa i suoi eccessi i maltrattamenti in famiglia, a opera della
madre.
Russia - “L’impunità della Russia tiene oscuramente
al suo mito di popolo ai confini dello spazio, della ragione, dell’umanità”. Concludendo le sue note sparse di “cose viste”,
“La vie extérieure”, quando Eltsin ordinava il contrattacco sui Ceceni, Annie Ernaux,
che di Russia ha fatto conoscenza di prima mano, per visite, celebrazioni, amori, ne fa questa
sintesi: “Si è presa l’abitudine di considerare la Russia come una fiction
sanguinosa con steppe ghiacciate, vodka, mostri e mummie o buffoni per personaggi
principali. Che Yeltsin sia le tre cose insieme (oggi si direbbe Putin, nd.r. –
senza la vodka) non è che il topos portato alla perfezione e il capitolo
dei Ceceni è nella vena dei precedenti. L’impunità….”
Scrittura-Scrivere – Una
“strategia di immunizzazione” – dagli “eventi irrimediabili” della vita. Così
la ipotizza il filosofo Ferraris presentando l’opera di Giancristiano
Desiderio, “Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce”. La vita non può
essere “immediatamente scritta”, argomenta Ferraris di Croce, a proposito del
“dissenso, perplesso, che Corce ebbe con l’esistenzialismo di Enzo Paci”. A
meno che. “A meno che, come Croce, come Proust, autore che Croce non amava ma
che ebbe strategie di immunizzazione analoghe, non ci si chiuda in casa e si
eriga, con la vita e contro la vita, un’enorme muraglia di parole, che si
tratti delle 3 mila pagine della Recherche, dei 70 libri di Croce,
dei cento e passa di Derrida, delle 25 mila pagine di Simenon”.
“Semplice abitudine di mettere in parole il mondo” è la scrittura per
Annie Ernaux, annotando (“La vie extérieure”, 30) il riflesso condizionato di figurarsi
i rumori della strada – la circolazione di ogni giorno, sulla strada bagnata,
come spesso è. Che diventa per lei : “Si sentiva il rumore regolare delle vetture,
lo stridio più lungo dei pneumatici a causa del suolo bagnato”.
Tatuaggi – La voga viene
dalla Marina inglese – dai bucanieri? “Nella Marina inglese”, spiega un
personaggio di un romanzo di Simenon del 1955, “Il grande Bob”, “tutti gli
ufficiali sono tatuati”.
Transfert – Libri letti,
invece che sfogliati, probabilmente meditati, e critiche elaborate, circostanziate,
sostanziose di libri non di narrativa, non di poesia, non di saggistica, di
Joan Didion e di Vivian Lamarque, che raccontano o rappresentano lunghe terapie
psicoanalitiche. Lamarque che in varie raccolte ritorna su un suo perdurante transfert
– si suppone con lo stesso analista – è devotamente anticipata, anche di un
paio di mesi, da estese critiche, per quanto poco informate dei versi, per creare
l’attesa. Si direbbe il risveglio della critica, seppure in forma di transfert.
letterautore@antiit.eu
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