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giovedì 22 aprile 2010

Letture - 30

letterautore 
 
Aretino - È l’autore più contemporaneo, portando sul mondo, come diceva il Raimondi, l’occhio della prostituta – non dell’anarchia, come si dice, ma del rifiuto sociale. Tutto è oscenità: tutto è in vendita ed è venduto, il perverso e il malvagio sono la norma, e anzi l’istituzione, tutto è falso, nulla è sacro. Un buon padre, uno che volesse dare buoni consigli ai suoi figli, dovrebbe esprimemrsi coma la Nanna con la Pippa.

 Autore – È anche i suoi critici, si sa. Ma alcuni autori sono tutto critici. Proust per esempio, Joyce e Musil, autori di un’opera sola, più o meno riuscita, ma molto programmata e “aperta”, stimolatrice cioè dell’attività del critico. Ci sono autori per critici, quelli che si fanno precedere accompagnare dalle poetiche, e altri che restano misteriosi, Kafka, Céline, Pirandello, anche Pound. È uno a cui molti vogliono bene, lettori-spettatori, critici, anche i contrari, editori-produttori, librai. È al centro di una serie potenzialmente sterminata di energie positive. Per questo un autore inespresso, o semplicemente inedito, non è. 

Chandler – Ha introdotto la compassione nel giallo, attraverso con essa al genere nuovi lettori. Ma è anch’egli un giustizialista.  

Cinema - È un sogno che ci scegliamo. E ci godiamo da svegli. Il montaggio, la tecnica della fotografia, il divismo, tutto vi è sogni a occhi aperti. E storie sempre eccessive, anche se anodine. Lo diventano per lo stato di allucinazione in cui lo spettacolo di luce pone lo spettatore per due ore difilate

Confessione – Come genere letterario può essere artificiosa al quadrato: quando non racconta in tempo passato ma al presente storico, per esempio. Questo flusso è nato dalla confessione in analisi, ma il lettore non è analista. O lo è? Si può configurare il lettore come analista, sconosciuto, impersonale, al quale lo scrittore confida fantasmi e fantasie. Taciturno, dà però segni si attenzione in equivoci, indicazioni nette. È per questo che gli scrittori senza lettori si deprimono (ammattiscono) – alcune nevrosi si aggrovigliano nella scrittura-confessione, invece di sciogliersi. 

Manzoni – La sua grandezza è spagnola, dice Anna Maria Ortese in un’intervista nel 1974, quando ancora non aveva accumulato il risentimento contro la capitale lombarda (intervista ora in “Corpo celeste”, p.99): “Getta contro la storia e la sua grandezza la fine polvere della percezione tempo: nulla è vero, tutto passa, tutto cade, tutto muta. Una verità già raggiunta , con altra violenza o nudità, dal pensiero spagnolo (penso al De Quevedo dei Sonetti: “Ehi, della vita nessuno risponde?”)”. 
 
Novecento - È il secolo razionalista, tecnico? O non è il ritorno della magia, della stregoneria? La Bomba, Freud, anche Benjamin, e la letteratura della decadenza, della rivolta? Si dice: la caduta delle illusioni. No, è stato la barricata delle illusioni. Quante delle sue catastrofi sono dovute alla razionalità micragnosa, e quante invece ai sogni di grandezza?

Proust – “Le Magazine Littéraire” di aprile, tutto Proust, aggiorna la bibliografia. Gli ultimi studi ne farebbero uno scrittore per filosofi, e un autore ebreo e omosessuale mascherato. Nell’ottica del minoritario=diverso=rivoluzionario. Sull’autorità di Julia Kristeva, che dice “il problema ebraico” il “segreto di Pulcinella di Proust”. Un'ottica non nuova, Elisabeth Ladenson rivendicava un “Proust lesbico” già una dozzina d’anni fa, ma è un’ottica che si dice proficua per lo scrittore, la “Ricerca” e la letteratura. Che un saggio divertente di Christian Gury sembra confermare, con giochi di parole, rebus e sciarade, su come Proust abbia modellato Charlus, Palamède, Vinteuil, Bergotte, e perfino la tante Léonie, sul maresciallo Lyautey. Oltre che su una serie di giochi osceni di parole su Hubert, il nome del maresciallo, nelle brutte copie dell’opera che la Bibliothèque Nationale viene pubblicando in facsimile, in una serie di un centinaio di volumi. Proust insomma come autore di genere (la “filosofia” di Proust Anne Sauvenargues anzi condensa proprio in questo: “Proust scopre la teoria del genere, giacché, invece di situarsi sul piano delle identità sessuali normate, descrive modi di seduzione a n generi, in cui la parte donna di un uomo risuona con la parte uomo di una donna…”). Dove si conferma che il genere gay non esce dalla buffoneria. Tutto il contrario quindi di Proust. Per il quale essere ebreo e omosessuale non comportava peraltro alcuna nuance nella relazioni sociali: Proust non era un escluso, al contrario. E si avvantaggiava con gli editori di essere un esperto di sodomia, e di sodomiti. Ma si conferma anche che Proust è in tutto e per tutto, nelle tematiche, scrittore di fine secolo. Non fosse che scrive da Proust. Il ricordo non si rivive allo stesso modo, con lo stesso significato, nelle tre diverse situazioni storiche: 1) oggi è come ieri; 2) oggi si stravolge (si cancella) un ieri compatto; 3) oggi come ieri sono in fase di stravolgimento. Proust è del secondo caso, e anche per questo il suo è il romanzo della Belle Époque, il romanzo – scrive durante e dopo la guerra il romanzo di fine secolo. Nella terza situazione sono impossibili soprattutto i compiacimenti culturali (Vinteuil-Fauré, “Vermeer”, Bergotte-France…) che più fanno la meraviglia piccolo borghese. Sul resto dell’opera, l’infanzia, gli amori, l’aristocrazia, può cadere il velo dell’elegia. In un’epoca di crisi prolungata l’esercizio del ricordo va nel senso di ricostituire una tradizione, un prius tribale, e perfino genetico, sui cui (provvisoriamente) ancorarsi. 

Sade – La noia di Sade è accidentale, si è portati a pensare dopo mezzo secolo di sadismo: si eccitava con lentezza, immaginando i minuti particolari, di ogni agente e delle scene d’insieme, dettagli infiniti. Mimando la ripetizione che è propria del sesso, certo, fino all’assassinio – sarà pure così. Un’eccitazione cui la filosofia fa da necessaria pausa. Ma Sade è noioso oltre ogni regola, o trasgressione che sia.

 Sherlock Holmes – Umberto Eco gli trova (“L’agnizione”, in “Il superuomo di massa”) “qualcosa del Monsieur Teste di Valéry”, non del “giustiziere sociale” alla Sue né del “giustiziere individuale” alla Montecristo, poiché “coltiva con passione egocentrica la propria abilità di riprodurre, a livello dei suoi astratti meccanismi mentali, la combinatoria altrettanto astratta di una storia avvenuta prima e di cui il racconto dell’inchiesta (suggerisce Todorov) è la cosciente ricostruzione metalinguistica”. Questo forse nelle “Avventure d Sherlock Holmes”, normalmente il detective non si racconta, è raccontato. Todorov delle “Poetiche della prosa”, che contiene anche un saggio sul giallo. Ma Sherlock Holes è solo simpatico. E lo è proprio per non essere Monsieur Teste: la verità è l’ultima cosa che tormenta Sherlock Holmes, per primo viene il gioco. 

Scrittura – Si scrive per sé, evidentemente, non figurandosi un lettore. Anche nella prosa d’arte, ispirata dalle musa o pure automatica: lo scrittore è un (povero) prestigiatore. le

letterautore@antiit.eu

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