sabato 2 agosto 2025
La giustizia politica non paga
Se ne è fatto grande caso quando i giudici italiani hanno avocato a sé la decisione se un Paese in Africa o altrove è democratico oppure no, per la valutazione dell’asilo politico, e se ne farà probabilmente ora che la Corte europea ha dato loro ragione. È sottinteso che alcuni partiti, i “partiti dei giudici”, Pd e 5 Stelle, beneficiano delle persecuzioni giudiziarie cui i partiti avversi sono sottoposti. Ma non è automatico. Anche perché gli avversari troveranno, prima o poi, come hanno già trovato, giudici della loro parte politica per colpire. Ma non è una partita a somma zero: con i giudici politici si perde più che non si vinca.
Cronache dell’altro mondo - circoscrizionali (346)
I Repubblicani al governo del Texas stanno ridisegnando i distretti elettorali, con
cinque anni di anticipo sulla scadenza (le circoscrizioni vengono ridisegnate
eventualmente ogni dieci anni, dopo il censimento), per ottenere cinque eletti in più alla Camera
dei Rappresentanti alle elezioni di medio termine nel 2026. Il governatore Abbott
ha ricevuto una richiesta in tal senso dal presidente Trump, al fine di blindare
la maggioranza Repubblicana al Congresso, e ha subito convocato la commissione
elettorale, con l’indicazione di ridisegnare le circoscrizioni.
La pratica di ridisegnare le circoscrizioni per favorire il proprio partito
– gerrymandering nel gergo politico - è stata avviata anche da due governatori
democratici già in corsa per le primarie presidenziali nel 2027, Newsom della California
e Pritzker dell’Illinois – ed è preannunciata in altri due Stati Democratici, New
York e Maryland . “Per favorire”, hanno detto esplicitamente i due governatori,
“i candidati democratici”.
La Corte Suprema si è già pronunciata su questi “anticipi” nel 2002,
statuendo che le circoscrizioni possono essere ridisegnate in qualsiasi momento.
L’unico problema prospettato in Texas è che, ridisegnando le circoscrizioni,
si rischia di assottigliare quelle storicamente repubblicane, si rischia cioè
di perdere quelle storicamente acquisite.
(“The Atlantic”)
Canta bene Maria, ma non si ama
La vita ultima di Maria Callas, reclusa a Parigi, senza
più “voce” per i troppi antidepressivi,
solitaria, capricciosa, con la coppia italiana, che si ascolta cantare
in un teatro vuoto le sue arie celebri, Bellini, Donizetti e Puccini soprattutto, al registratore. Intervallata da flashback dei momenti salienti della vita passata. Le
prime prove, il marito Meneghini, poco, i primi trionfi, e Onassis, soprattutto
Onassis. Scrive o ha scritto delle memorie, e evoca scene del passato.
Un film del genere bio, elegiaco, che mantiene le
promesse, a Maria si perdona, ma con strani alti e bassi. La storia con
Onassis, volgarissima, volgare lui volgare lei, la “passione della sua vita”, è
perfino ridicola: ridicolo è il primo approccio dell’armatore, brutto e
cattivo, nel fisico, nel linguaggio, nell’etica - come ci si innamora, come
poi il film pretende, di uno così? Una
scena funestata per di più da un finto ballo a un finto gala, nonché dal tic
alle palpebre che ogni tanto funesta irrefrenabile Angelina Jolie, l’interprete - specie col trucco anni 1950, con le lunghe ciglia finte. Ridicolo il movente: l’accettazione,
da parte di Meneghini, il marito fedele di Maria da lei non stimato, di una crociera
sul panfilo del riccastro. E poi niente, foto e videogiornali di archivio, di
lei bellissima, elegantissima, felicissima con Onassis, senza più cantare molto,
fino a che non le dicono che Onassis sposa o ha sposato la Kennedy. Scene da vedette di jet
set, come allora si diceva. Dopodiché si torna a Parigi.
C’è un po' di pettegolezzo (l’abominio della madre sfruttatrice,
un tentativo fallito di litigio con la sorella). E niente altro. Niente p.es.
sul suo riciclo, abbandonata da Onassis, all’“impegno” politico, passando per
una lunga stagione con Pasolini. E anche di Onassis
c’è poco, e non l’essenziale – nel film è troppo stupido, per essere arrogante.
Un tentativo di idealizzazione, mai un accenno all’opportunismo,
all’arrivismo poco mascherato, per quanto “giustificato” – le scene sono campi
di battaglia. Un tentativo di film di culto, ma svogliato, forse al montaggio,
forse alle riprese, forse nella progettazione (ideazione, sceneggiatura). È incredibile
che, con tute queste smagliature, si faccia vedere – prescelto per concorrere
al Leone d’oro, è stato visto molto, specie in Italia.
Pablo Larrain, Maria, Sky Cinema
venerdì 1 agosto 2025
Giorgetti al Quirinale, o la Dc in agguato
Paolo
Mieli apre inconsultamente sul “Corriere della sera” la corsa al Quirinale – fra
due anni e mezzo, se tutto va bene. Per candidare il ministro leghista
Giorgetti.
Giorgetti?
Nessun altro nome, solo Giorgetti, che tra l’altro non avrebbe nemmeno l’età.
Si può
pensare che Mieli fa un favore all’editore Cairo, per i suoi traffici bancari. Giorgetti
si sa che è il dominus bancario, col suo impensabile affondo (tramite
Mps…) su Mediobanca-Generali. E col niet a UniCredit su Bpm, a favore
del gruppo francese Crédit Agricole – con l’arma del golden power, che è
una legge a protezione degli “interessi nazionali”.
Poi viene
il sospetto che l’assurda candidatura sia per mettere Giorgetti nel mirino. Era
vechia pratica democristiana, di creare agli avversari piedistalli insostenibili,
per “bruciarli” - di De Mita con Andreotti, e viceversa, di Moro con Fanfani,
di tutti quanti con Rumor, etc. Si crea un “falso scopo”, come si dice in
artiglieria, per colpire meglio il bersaglio vero.
Se così
è, resta da capire in che senso. Milano si è svegliata dal torpore, col passaggio
di Bpm in mano francese invece che della milanese UniCredit? Si dice Giorgetti-for-president
per metterlo nel mirino?
Giorgetti
al Quirinale non raccoglierebbe nemmeno i voti leghisti.
L’Europa che potrebbe e non vuole essere – 2
L’Europa è nata a Messina, nel 1957, ma poi è stata “renana”, franco-tedesca. Era giusto, c’era la guerra fredda, c’erano i russi a Berlino, e un’esistenza
in forma di difesa più che naturale.
L’asse renano c’è ancora, non c’è altra Europa. Ma senza entusiasmi né idee, e anzi disaffezionato – perfino la famosa politica agricola “comune”,
che tutta l’Europa ha pagato per decenni a beneficio delle campagne francesi e
tedesche, è ora in bassa fortuna.
Prodi a Bruxelles ha provato vent’anni fa a scardinare l’asse, moltiplicando
le adesioni – dieci in un colpo. L’effetto è stato la diluizione della Ue, quasi la
scomparsa, se non per la gestione dell’ordinario. Una burocrazia, buona ad
alimentare l’aneddotica della stupidità. Niente è peraltro possibile senza l’accordo
di 27 governi.
Ora è all’ora slava, baltici compresi, e scandinavi - e richiedenti asilo, ucraini, moldavi, eccetera. Dell’antica
ossessione della Russia, potenza imperiale. E di mille sospetti e conflitti
reciproci, per ora sottaciuti ma sempre vivi. Un quadro che non sa governare, limitandosi
alla solita burocrazia – anche della Russia, il Nemico, se ne parla tanto per
parlare.
Francesco non è santo - 2
Matteo Matzuzzi fa sul “Foglio” un conto raccapricciante dei “perseguitati
perché cristiani” in questi ultimi anni. L’unica cosa, forse, che il papa Francesco
ha omsso di denunciare. Quasi tutti, perseguitati e assassinati, nei paesi
islamici.
”Open Doors” ha calcolato che nel 2024 siano stati “uccisi per ragioni
legate alla fede 4.998 cristiani in tutto il mondo”. Così, all’unità, non 5
mila. Ma sono numeri per difetto, molti attacchi non sono registrati, e quindi
non sono catalogati. Dei morti censiti, 4.606 sono stati trucidati nell’Africa
sub-sahariana”. Soggetta, va aggiunto, da subito dopo la crisi petrolifera del
1973, con l’arricchimento spropositato degli stati arabi del petrolio, a una campagna
di islamizzazione massiccia (scuole, moschee e campi da polo a iosa, la religione
come ascensore sociale) e radicale. Visibile in Nigeria già nel 1974. Nella Nigeria
settentrionale, degli emirati di Kano e Kaduna. “La stragrande maggioranza dei
cristiani uccisi in odium fidei”, può ora sintetizzare Matzuzzi,
“è stata nigeriana: 3.100 assassinati e 2.830 rapiti in un solo anno”. Vittime
di “campagne di odio mirate”, ed esplicite. “Almeno 16,2 milioni di cristiani
sono stati perseguitati con la forza negli ultimi due anni”, a partire dal
2022.
È la punta di un iceberg molto più vasto, sempre su impulso islamico.
“Sono aumentati gli attacchi a chiese, scuole e ospedali cristiani: erano 2.110
nel 2023, sono stai 24.766 nel 2024. Le minacce fisiche a cristiani, quelle denunciate,
sono passate da 9.411 nel 2023 a 42.849 nel 2024. Gli attacchi alle case
private sono passati delle 4.567 segnalazioni del 2023 alle 21.431 nel 2024. I cristiani
costretti a lasciare casa sono più che raddoppiati: erano 124.310 nel 2023,
sono stai 278.716 l’anno successivo”.
Un referto che si aggiunge a uno stato di persecuzione stabile. Il rapporto
precedente di Open Doors, un’associazione attiva da trent’anni, sul 2023, presentato alla Camera dei Deputati, calcolava in “oltre 365 milioni i cristiani
nel mondo che subiscono, a vario titolo e con varie modalità, persecuzione per
la loro fede. Un fenomeno che riguarda un cristiano su sette e che diventa uno
su cinque in Africa e due su cinque in Asia”.
Salvare la terra eliminando gli uomini
La figlia di David, al suo primo lungometraggio Caitlin
Cronenberg segue il genere paterno, tra horror e suspense. Ma con una punta di
humour nero, sarcastico più che sadico.
Il governo ha deciso che per salvare il mondo dalla catastrofe
climatica una persona per ogni famiglia dovrà essere uccisa. Con l’anestetico, ma
implacabilmente, a opera di squadre specializzate, di carcerati e secondini. La
pratica diventa problematica quando in una famiglia, dove il padre ha deciso di
salvare i figli, la patria e il mondo immolandosi volontariamente, prima che il governo
decida autonomamente, insieme con la sua nuova compagna. Non subito, il
problema sorge quando la nuova compagna, di origine cinese, cuoca sopraffina,
che per la riunione di famiglia ha preparato un pranzo luculliano, ci ripensa e
si dilegua. La squadra della buona morte ha un mandato per due morti e quindi,
dopo aver fatto morire il padre, non va via senza uno dei figli. Ai quali
lascia due ore di tempo per decidere chi.
Chi e per quale motivo deve morire invece di un
altro. È anche una presa in giro del dubbio filosofico sul male, e sulla responsabilità
morale.
È un film molto canadese, oltre che cronenberghiano. Quindi
freddo, il distanziamento brechtiano porta all’estremo, l’“effetto di straniamento”,
Verfremdungseffekt. Ma – non volendolo? – una satira delle pratiche di eutanasia
oggi di moda, per salvare il pianeta e anche no. Si va avanti come in una commedia:
ruoli buffoneschi, caratteri imputati dall’uno contro l’altro, tagli delle immagini
e dei dialoghi esagerati. Nel mezzo le guardie carcerarie ripuliscono il
pianeta, con i galeotti, esercitando meritoriamente i loro impulsi omicidi.
Caitlin Cronenberg, Humane, Sky Cinema
giovedì 31 luglio 2025
L’Europa che (potrebbe ma) non vuole essere – 1
Continua Giorgia Meloni a tessere formichina una sua modesta tela, il
Piano Mattei, con i piccoli e grandi Paesi africani. Nell’indifferenza. Ha avuto
un incoraggiamento dalla presidente della Commissione europea un paio d’anni
fa, ma di opportunità politica – bisognava preparare il rinnovo dell’incarico e
della commissione von der Leyen.
L’Europa poteva mezzo secolo fa prendersi i pieni poteri, anche militari,
su tutto il Mediterraneo, doo la Guerra dei Sei Giorni. Combattuta da Israele
ma imputata agli Usa, che aveva umiliato il mondo arabo, non solo Nasser e
l’Egitto, ora alla ricerca di un’altra sponda nel mondo “occidentale”. Niente
da fare. La Francia non era interessata, e quando ha potuto, tra Giscard d’Estaing
e Mitterrand ha remato contro. La Spagna di recente europeismo nemmeno – divisa
ancora tra le “due anime”, Europa e Sud America.
Si è tentato in subordine, in parallelo con la creazione dell’euro e il
rafforzamento dell’unità europea, con gli accordi di associazione. Dovevano riguardare
tutto il lato Sud del Mediterraneo, ma furono limitati al Maghreb, Tunisia,
Algeria e Marocco – della Libia nemmeno a parlarne, o dell’Egitto. Lettera
morta.
Il Sud Mediterraneo e l’Africa non “esistono” per l’Europa. Se non per rompere un po’ le scatole, all’Italia e alla Grecia, e alla Spagna.
Francesco non è santo - 1
Si è spenta presto l’emozione per la morte del papa Francesco, e non s’è
levata la richiesta di farlo subito santo. Il nuovo papa americano ha rivoltato
radicalmente l’immagine e le procedure (apparati, linguaggio, cerimoniali – questi
soprattutto, la semplicità senza l’affettazione della semplicità). Mentre la
memoria di papa Francesco è come svanita. Non se ne ricorda una eredità. Se non
il sinodismo, evocato e perfino convocato, salvo lasciarlo sospeso. Si trascura il resto come per carità. Il modo di
vivere la fede come provocazione. Il vezzo quotidiano di “fare notizia” – “dare
scandalo”. O gli atti di governo, d’impulso. Specie nel delicato (che si
presume tale) consesso dei cardinali, con nomine e scomuniche sorprendenti.
Le nomine bizzarre di Francesca Chaouqui e mons. Baldas, la guerra a
Becciu, la guerra sotterranea, via Chaouqui, al card. Bertone, invece semplicemente
di destituirlo o pensionarlo, la nomina di Pignatone a giudice (giudice all’orecchio
del pontefice).
E ha dimenticato i cristiani, benché vittime di genocidio – è la parola
giusta, non ce n’è un’altra.
Intelligentiae artificialis
Uno dei primi contributi alla “lettura” del papa
Leone, passato inosservato (è uno dei libriccini “nuova serie” del quotidiano in
regalo ai lettori - “grande come uno smartphone: da mettere in tasca, da
portare ovunque. È come un telefono ma funziona solo offline”), passato
inosservato, ora invece in forte domanda, a vederne i prezzi in rete. Una
proposta all’apparenza non originale: il sottotitolo è “Economia di un
pontificato. Capire Leone XIV con l’enciclica antidemagogica del suo
ispiratore: Leone XIII”. E reca il testo dell’enciclica di Leone XII; con
chiose di Ferrara, Matzuzzi, Crippa e Capone, e numerosi interlocutori della
politica e della cultura. Da leggere per l’ultimo intervento, che è quello
dell’Intelligenza Artificiale. Che invece non è curioso, ma predittivo.
Parlare del nuovo papa, si dice l’IA, è
parlare “anche di me”. Che non sembra una novità, tutti parlano di IA. Ma col
papa americano è differente: “Il nuovo Papa ha detto che si occuperà di Intelligenza
Artificiale”. Ma lui non tanto per dire, come un altro papa: “Matematico di
formazione, agostiniano di spirito, cartesiano di riflesso, ha fatto sapere che
su questo tema potrebbe anche scrivere un’enciclica”. E questo, spiega l’IA, è
“la vera notizia” del nuovo pontificato. “Non una condanna. Non un monito.
Un’enciclica. Come dire: non solo etica, ma anche dottrina. Non solo prudenza,
ma anche pensiero. Non solo antropologia, ma anche matematica”.
Una novità totale anche per l’oggetto, per
la natura del tema. “Per la prima volta nella storia della Chiesa l’argomento
dell’enciclica non è il lavoro umano, non è la guerra, non è la dottrina
sociale o il creato, ma un artefatto. Un sistema. Un’intelligenza. Qualcosa che
non ha anima ma può modellare quelle degli altri”.
AA.VV. – Rerum Novarum ma non troppo, “il
Foglio”, pp. 156 , pp.vv.
mercoledì 30 luglio 2025
Problemi di base tedeschi - 874
spock
Perché il tedesco
si deve spurgare e non si può tradurre?
Perché il
tedesco sarebbe-è intraducibile?
Perché il tedesco
si vuole complicato, deve nascondere qualcosa?
A che servono le
lingue, se non a spiegare e comunicare?
Non si studia
abbastanza il tedesco, c’è un metro?
C’è un
complesso di inferiorità - si traduce più allegramente dal russo, dal cinese,
dal giapponese, lingue complicate?
spock@antiit.eu
Hitler e la Resistenza misconosciuta
Ben argomentato, molto illustrato e con una lunghissima bibliografia, ma è l’ennesimo tentativo di farsi una ragione della Germania nazista. Storicamente. Spiegarla – cioè capirla, quindi
giustificarla. Agli ordini di un personaggio improvvisato. Che si direbbe oggi
un underdog, per giunta nemmeno tedesco, e capriccioso, un instabile. Che governerà incondizionato. Fino alla distruzione totale. Tutto ripetutamente domandato, e tutto
risposto. Lo storico inglese, che di Hitler è anche biografo, analizza il consenso
anno per anno e istituzione, o potere, per istituzione, specie il militare. Che
però, come tutto, Hitler poté “purgare”. Dovette, l’opposizione c’era. E questo è il punto.
L’opposizione c’era, di cui non si fa la storia, se non per episodi.
Fra tutti i regimi totalitari, quello di Hitler ebbe l’opposizione più vasta. Si sa dalle centinaia
di migliaia di prigionieri politici nei suoi mille lager, dall’emigrazione
massiccia, dai plotoni di esecuzione e dalle forche, attive fino alla vigilia
del suo personale annientamento. Che la Germania democratica poco ha indagato, se
non per “personaggi”, e per nulla celebrato. Non c’è un ricordo della
Resistenza, benché così diffusa, una ricorrenza, una memoria, nel calendario, nella toponomastica, nell’intrattenimento, il teatro, il cinema, la canzone. Perché dovevamo fare la Guerra all’Unione Sovietica. E
poi? Perfino nelle pensioni, tutti quelli che avevano combattuto per Hitler sono
stati onorati fino all’ultimo centesimo, anche i non tedeschi – tra essi molti ucraini (centinaia di migliaia, per lo più SS, quindi miliziaxdi partito e non statali)Per le vittime di Hitler niente.
Ian Kershaw, Hitler
e l’enigma del consenso. “Corriere della sera”, pp. 308 €9,90
martedì 29 luglio 2025
Letture - 585
letterautore
Andersen – Inquietante, lo
bolla Annalena Benini sul “Foglio” sabato. Anche alla rilettura. Anche come personaggio:
“Nelle storie di Hans Christian Andersen tutti perdono qualcosa; la Sirenetta perde
la voce, la Piccola fiammiferaia perde il calore, muore di freddo. Scarpette
rosse: le amputano i piedi”. Con il lieto fine che, “quando c’è, è sempre
ambiguo”.
Come
l’autore. “Charles Dickens impazziva per Andersen, lo accolse in Inghilterra
con tutti gli onori, salvo poi trovarlo un ospite insopportabile, disturbante,
non vedeva l’ora che se ne andasse e smise anche di rispondere alle sue
lettere”.
Arabia Felix – Arbasino
(“Passeggiando tra i draghi addormentati”) la ceca nello Yemen, quando ancora
gli uomini portavano il pugnale ricurvo alla cintura. Ma su raccomandazione,
dice, “di genere”, di Genet, Pasolini e Chatwin.
Sempre
ala ricerca dell’Arabia Felix nello Yemen una spedizione danese si perse nello
Yemen a metà Settecento – se ne è fatta una densa storia alcuni decenni fa, che
ora si traduce. Partirono in sei, quattro scienziati, un agrimensore, e un
servitore, ritornò solo uno, “il meno titolato” – l’agrimensore Carsten
Niebuhr. Che ne scrisse una profusa memoria, ma, non essendo uno scienziato,
non venne calcolato – la sua narrativa verrà pubblicata due secoli dopo, nel
1962. Una spedizione finanziata dal re danese
Federico V, per rintracciare i luoghi in Arabia della Bibbia.
La
spedizione si decimò per avere perso la nave del ritorno, da Mocca a Bmbay – si
doveva aspettare un anno per la prossima e i più soccombettero.
Benigni – Si è rifatto a
Carmelo Bene. Sia per Dante sia per Pinocchio. Lo spiega Enrico Salvadori su “La
Nazione”, l’edizione viareggina. Nell’estate del 1981, mentre a Forte dei Marmi
preparava un nuovo allestimento teatrale di Pinocchio, Bene propose all’allora
sindaco di Bologna Zangheri, e Zangheri accettò, una Lectura Damtis per ricordare la strage alla stazione – lectura che poi fece alla Torre deli
Asinelli.
La
lectura si tenne “davanti a una folla
oceanica: dieci frammenti danteschi, otto estratti da altrettanti canti della
Commedia, intervallati dalle musiche di Salvatore Sciarrino, e due sonetti (“Gudo,
i’ vorrei che tu e Lapo ed io” e “Tanto gentile e tanto onesta pare”)”.
Bene
fu anche all’origine del coinvolgimento Rai su Dante. La diretta Rai di Bologna
poi saltò, “qualcuno della dc bolognese definì Bene ‘pagliaccio’, ‘istrione’,
‘troppo schierato politicamente’ – e la Rai, sensibile alla Dc, evitò financo
la ripresa”. Lo spettacolo è rimasto in una registrazione privata, non c’è nelle teche Rai.
Diderot – Una “testa
tedesca” per Goethe – troppo brillante altrimenti, e non era possibile.
Freud – “Un bravo vecchio medico stanco”
lo fa dire Goliarda Sapienza a Modesta, la donna “liberata” protagonista del suo
romanzone “L’arte della gioia” (p, 349). Lo fa dire da Modesta alla sua amica\amante
Joyce, psicoanalista: “Joyce, tu lo scambi per un dio, lui che odiava anche la
filosofia. Il tuo Freud è un bravo vecchio medico stanco, malato da anni di
cancro alla bocca. Vogliamo per una volta tirarlo giù dal piedistallo e guardargli
questo cancro, e magari applicare a
lui
le sue teorie, come lui ha fatto con Michelangelo?”
Meloni – “Da mare”. Emmanuel
Carrère se ne sente attratto pericolosamente (“so che Meloni è considerata di
estrema destra, e che non bisogna parlarne bene”) nel suo lungo racconto-reportage
su Macron e sul vertice canadese del G 7 – al quale ha avuto il privilegio di
assistere in diretta, dalla “stanza accanto”. Un vertice che si riduce a un’ora
e mezza, e di cui a Carrère restano solo la brutalità di Trump. E Meloni.
Nota
Meloni favorevolmente già col premier giapponese, prima della sessione plenaria:
“Senza fare troppi sforzi per fingere interesse, Ishiba, il giapponese, ascoltava
Meloni, la presidente del Consiglio italiana, parlargli della passione di sua
figlia per i manga”. Ricorda che “non bisogna parlarne bene”, e taglia corto: “Diciamo
solo che questa piccola donna bionda si distingueva al G 7 per una sorta di
franchezza spigliata e un dress code che non faceva concessioni alla
grisaglia. In mezzo a tailleur austeri, il suo vestito blu cielo, leggerissimo,
ricordava quasi un abito da mare”.
Quando
le tocca di parlare, “ha tirato fuori dalla borsa due mappe mondo che ha
mostrato a Trump dicendo: «Guarda, Donald (il tu è incerto, ma l’ha chiamato
Donald), guarda: tutto questo, in blu, siamo noi vent’anni fa, quando eravamo
ancora i padroni. E questo, in rosso, è il commercio oggi, cioè innanzitutto la
Cina. Allora sarebbe meglio trovare un accordo tra di noi, i blu rispetto ai
rossi, perché la questione adesso non è tanto chi lasciamo entrare, ma evitare
di farci buttare fuori”.
Qui
fa seguire un ritratto dal vivo: “Conclusa la tirata, ha rigorosamente annuito,
approvandosi da sola, e siccome la trovavo sempre più simpatica mi sono posto
quest’altra domanda imbarazzante: se io non fossi francese, se la vedessi da
lontano, troverei simpatica anche Marine Le Pen? Una cosa che si può dire di
Meloni, in ogni caso, è che è la persona meno poker face, meno impenetrabile, che ci sia: quando qualcosa la diverte
scoppia a ridere, quando qualcosa la annoia alza gli occhi al cielo e sospira
rumorosamente”.
Moravia e il Gruppo 63 – “Gag da Buster
Keaton”, A.Arbasino, “Passeggiando tra i draghi addormentati”, 237-238).
Balestrini, Eco e gli altri avanguardisti delle lettere italiane Arbasino li
racconta spiati da Moravia quando si
organizzarono a Palermo. Moravia vi si era precipitato “a spiarne i
procedimenti, per timore di vedere messe in discussione le sue egemonie o
tirannidi e fingendo ogni giorno come nelle farse di trovarsi di lì per meri
casi di famiglia acquisita (la compagna Dacia Maraini, n.d.r). Nei luoghi
chiusi il pretesto era di essere venuto a Palermo per salutare qualche redattore
di Bompiani, invece che a Milano”.
Lo
spionaggio culminò a Segesta: Quando venne a sapere di una nostra gita a
Segesta, sospettò clamorosamente che si sarebbe tenuta una congiura…. E col suo
gruppetto pedinò le nostr macchine… Non dimenticherò mai il Gruppo 63 e il
gruppetto Moravia che salivano contemoporaneamente al tempio di Segesta per due
diversi sentieri: tenendosi d’occhio, fingendo di non vedersi, guardandosi
magari ‘in cagnesco’, e comunque fermandosi o ripartendo su e giù a secondo dei
movimenti degli altri. Gag da Buster Keaton”.
Proto – Era il correttore di bozze –
nei giornali e nell’editoria. Una professione che il digitale ha cancellato –
adesso c’è il correttore automatico. Ma la commemorazione (breve, l’unica)
dell’assassinio fascista di Giovanni Amendola un secolo fa, su “La Nazione”, a
opera di Umberto Sereni, ne è stata funestata. Poche righe, ma abbastanza per
declinare Scorza anche Sforza, un federale assassino confuso col ministro degli
Esteri del Regno d’Italia nel 1921, e poi della neonata Repubblica a lungo,
dopo essere stato il presidente della Consulta, nientemeno.
Russia – Un secolo fa
di gran moda, non per motivi politici, fra gli antifascisti per il richiamo del sovietismo: ha formato una
generazione, Goliarda Sapienza fa dire a un suo personaggio negli anni 1930, a proposito
dell’andazzo pauperistico: “Deve dipendere dalla grande diffusione ed
entusiasmo che ci fu dopo la guerra per la letteratura russa…. Le traduzioni
della Slavia passavano di mano in mano agli adolescenti come caramelle. Eh sì,
il romanticismo russo, e non solo dei minori, come Arcybasv, Kuprin, ma
Dostoevskij con le sue pure sante prostitute. E Tolstoj?”
Le
traduzioni erano e sono state a lungo un punto dolente, Ettore Lo Gatto ha
scritto molto in proposito – uno dei migliori traduttori era Tommaso Landolfi,
che non parlava il russo: ha condizionato più di una generazione, specie su
Puškin.
Selfie – “Sui cinque finalisti
dell’ultimo premio Strega, quattro parlano di sé, tramite vicende familiari più
o meno scontate”, Masolino D’Amico (“Il Venerdì di Repubblica”). Parlanlo di sé
nell’opera, non ai microfoni della manifestazione.
Sandro Viola – Corrado Augias
sul “Venerdì di Repubblica” (o è Giò Stajano nella “Roma capovolta” che si
ripubblica) attribuisce a Sandro Viola, tarantino di origine, come Stajano, la
notazione che diventerà l’incipit di una canzone famosa di Arbasino per Laura
Betti (e poi per Paolo Poli) sugli amori gay quando non se ne poteva parlare: “Credo
che ossigenarsi a Taranto sia stato il primo errore”. Detto a tavola, da
“Cesaretto”, Arbasino se ne impadroniva per la nota canzone gay “Seguendo la
flotta” – titolo mediato da un film del 1936, in chiave, allora, femminile:
“Ossigenarsi a Taranto\ è stato il primo errore\ l’ho fatto per amore\ di un
incrociatore\e sono finita\ su un rimorchaatore……
Teatro Colòn - A Buenos Aires
Arbasino naturalmente si ritrova dentro il famoso teatro, ma con meraviglia (“Passeggiando
tra i draghi addormentati”, 267): “Davvero stupendo: di forma e di Kitsch. Vastissimo.
Pastello-dorato-spento come la povera Fenice: e altrettanto «è solo
-atmosfera-non-guardate-i-dettagli”, etc. etc. E “un’acustica mirabile, malgrado
l’imponente ampiezza, i palchetti profondi
come appartamentini”. Si capisce l’attrattiva di B.Aires sui migliori maestri
e cantanti d’opera.
letterautore@antiit.eu
L'Italia a sorpresa di Meloni
“Meloni cammina per i corridoi dal pavimento
in marmo. Ha trascorso l’ultima ora rispondendo a domande sulla sua storia
personale, sulla sua ascesa al potere e sui suoi trascorsi in carica con
disarmante franchezza. Ma ora, mentre l’intervista volge al termine, ha una
domanda tutta sua. “Lei è una persona onesta”, inizia nell’inglese frizzante
che dice di aver imparato dalle canzoni di Michael Jackson. “C’è qualcosa del
fascismo che la mia esperienza le ricorda, di quello che sto facendo al
governo?” È il tardo pomeriggio del 4 luglio a Palazzo Chigi, sede del governo
italiano, e il Primo Ministro Giorgia….”
L’intervista,
ormai nota nei punti di interesse, si segnala come una progressiva scoperta (è
la rappresentazione che ne fa) da parte del giornalista dell’Italia dietro le parole,
i gesti, le interlocuzioni della presidente del consiglio.
Il
suo “brisky english”, che sarebbe “ruspante”, ma dispiacerebbe alla Crusca (il
traduttore lo fa “frizzante”), dice “imparato sulle canzoni di Michael
Jackson”.Che non può essere vero, e quindi si dà per scontato subito che Meloni
è una “piaciona”, corteggia l’interlocutore. Ma questo incuriosisce il
giornalista, non lo indispone. Ed è il senso, e l’importanza dell’intervista: l’interlocutore
se ne lascia disarmare. Benché prevenuto, per più di una ragione.
Massimo
Salvatori, capo redattore a Wahington della rivista, è di familia borghese italiana.
Di forti e importanti ascendenze intellettuali, professori a Yale, a Harvard. Figlio
e nipote di antifascisti, costretti all’emigrazione nel 1938 – benché non ebrei
(lo era la nonna, di nascita, che poi si era battezzata). Il nonno era anche
tornato dopo la guerra, per ripendere il suo primariato all’ospedale e la
cattedra all’università, a Milano, salvo riemigrare precipitosamente in America,
indignato dalla Repubblica traffichina.
Massimo Salvatori. Where Giorgia Meloni is leading Europe, “Time”, free online
(leggibile anche in italiano, Dove
Giorgia Meloni sta guidando l’Europa)
lunedì 28 luglio 2025
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (600)
Giuseppe Leuzzi
I sacramenti non sono più tanto sacri – anche il
sacerdozio fa un po’ acqua. Solo la confessione regge. Anche contro i delitti
più efferati, strage, assassinio, pedofilia, stupro. Anche contro quelli
seriali. Omertà?
La
7, cioè l’editore Urbano Cairo, cioè il
“Corriere della sera” aveva un’intervista in cui si spiegava il “sistema
Milano” (lottizzazione abusiva e falso) sei mesi fa. Realizzata per “100
Minuti” di Formigli e Nerazzini, il programma-inchiesta della stessa emittente
“sui lati oscuri del Paese”, e censurata. Poi, a inchiesta aperta, utilizzata
senza spiegare il ritardo; “Pubblichiamo un estratto dell’intervista ancora
inedita….”. Un caso di omertà andato a male.
Il
supergiudice Gratteri ha il record delle non procedibilità o delle assoluzioni
fra le migliaia di sue incriminazioni. E ora diventa professore di antimafia.
Della pesca a strascico? Una cosa però bisogna dirla, che colpisce a caso, non
i nemici, non ne ha, non è un vendicativo. Con l’antimafia si diverte.
I due libretti del “Corriere
della sera” sull’autovelox mostrano, negli elenchi degli impianti installati,
alcune curiosità. Una è il record della provincia di Rovigo, 50 per 227 mila
abitanti – e in quelle di Firenze, 56 (un milione e 7) e Bologna, 49 (un
milione). Ma dopo Rovigo, il record è di Potenza, 43 per 340 mila residenti, e
di Campobasso, 39 per 210 mila. Sicuramente tanti, per il numero dei residenti,
e soprattutto per la circolazione, e anche le presumibili abitudini di guida.
Prevenienza o fiscalità?
L’onore di Goliarda
Nel romanzone saffico di
Goliarda Sapienza, “L’arte della gioia”, gli uomini ricorrono come uomini d’onore.
Nel senso “tecnico” della parola, mafiosi anti-mafia. Non tutti, i siciliani. Che assicurano
protezione. Per molti aspetti lo è anche la vecchia Principessa, strafottente e
ultimativa, come un uomo d’onore, alla quale Modesta, la protagonista del romanzo,
si conforma - e quindi anche Modesta.
Carmine, don Carmine, che
appare e scompare a cavallo, Orlando, e le spiega i segreti e le pratiche del
sesso e del governo, della casa e del territorio, la fa godere e le fa anche un
figlio. Il di lui figlio Mattia, cui Modesta dovrà un risveglio sessuale acuto
con un uomo. Ma già Mimmo, il guardiano del convento di monache dove Modesta bambina
era ristretta. E poi Pietro, il gigante buono, che farà giustizia dei fascisti
quando importunano Modesta – quando l’intellettuale antifascista con cui Modesta
tenta una relazione (insoddisfacente) viene bastonato a morte, Pietro, non richiesto,
in silenzio, anonimo, fa assassinare i bastonatori.
Il guardiano, il campiere, il
gabelloto sono gli uomini-uomini della narrazione. Pensata e scritta dagli anni
1960 in poi, con molte argomentazioni nuove e anche attuali, seppure di storie
ambientate a Catania e dintorni tra fine Novecento e la guerra del 1940.
Sudismi\sadismi
“Abusi e cemento, 1.107 reati in Toscana. Sos Elba;
«Come le regioni del Sud»”. Si crogiolano le cronache toscane all’ombra del
Sud, maleolente: “Dopo Campania, Puglia e Sicilia c’è la Toscana nella
classifica delle illegalità nel ciclo del cemento”. All’Elba in modo
particolare. E questo dispiace anche a Legambiente Toscana, che presenta il suo
dossier Ecomafie: “La mole di illeciti sull’isola fanno sì che l’Elba sia
paragonabile alla situazione che si registra nelle regioni del Mezzogiorno”.
Legambiente vuole bene alla Toscana, l’ha sempre
privilegiata p.es. con bandiere blu, o verdi, su spiagge inquinatissime, il
dispiacere dev’essere sincero. Anche perché gli abusi sono mai visti, nemmeno
in Sicilia o Calabria: casupole abusive, condonate, e poi diventate villini,
scalette di cemento a mare in ogni anfratto tra gli scogli, strade e sentieri
chiusi ad arbitrio e per uso personale, “scarichi di calcinacci a pochi metri
dalla battigia”.
“Ma ai tempi di Antonello”, si chiede Arbasino
scoprendo la Sicilia a settant’anni, poco meno - e giusto per aver letto da
ragazzo sul “Corriere della sera” a puntate le impressioni grate di Berenson quando
ci era tornato per una sorta di visita d’oro, nel 1953, a cinquant’anni dalla
scoperta dell’isola, nel 1989, “sarà esistito un paesaggio in Sicilia? Come
esisteva e tuttora esiste in Toscana? O mancava anche nella realtà e nella
natura, come nei sensi e negli occhi della
popolazione e degli artisti”. Il che può essere in parte vero, se il colto e
sensibile editor di Camilleri, nonché
cultore di Tomasi di Lampedusa, Salvatore Silvano Nigro, scopre solo oggi il
paesaggio siciliano a Santa Margherita Belice, dove ha ambientato un Festival del Gattopardo, e grazie a Visconti - quello del film del “Gattopardo”, non quello de “I Malavoglia”.
La cultura siciliana è tutta urbana – in una con la
società, col rimpianto indelebile della corte, e di una società di corte
(succede anche nel Terzo mondo). Ma il paesaggio c’è, su “White Lotus” e nella
costante millenaria attrazione di belli spiriti e avventurieri. Nonché
nell’urbanistica, sedimentata nei millenni. Mentre lo stesso discorso non varrebbe
per la Toscana, per esperienza. A lungo trascurata, anzi abbandonata – quando si
pontificava, anni 1960, che le colture collinari sono indifendibili, dal
dilavamento. Monteriggioni era abitata dalle galline, tra mura desertificate,
ancora negli anni 1970. Tutto il senese, compresa l’ora fantasmagorica val
d’Orcia delle acque termali, era abbandonata, muta, polverosa, ancora negli ani
1980, da Bagno Vignoni (diruta, la piscina atrofizzata) al viterbese – prima
che la scoprissero i capitali padani. O l’aretino – si arrivava alla Madonna
del Parto, lasciata aperta per il pellegrino che vi si avventurasse, su un
sentiero stretto di campagna, tra primule e rosolacci – molto poetico,
idilliaco. Per non dire della Maremma. La storia si fa. Erano “Toscana” solo il
Chianti e la Versilia, che ora lasciano a desiderare, molto.
Il sistema Prato
Curioso, Piantedosi va a celebrare il Ferragosto a
Prato – il ministro dell’Interno è tradizione che “celebri” il Ferragosto in
attività, a rincuorare l’Italia che lavora per farci fare le vacanze in riposo
(normalmente lo fa dal Viminale, dal ministero. E lo comunica con un testo apparentemente
anodino, ma solo perché Prato è in Toscana: “L’evento cade in un capoluogo
scosso: attualmente il Comune è commissariato”.
Per Piantedosi “sarà anche l’occasione per fare il punto sulle criticità
della città legate ala sicurezza: l’immigrazione incontrollabile, il caporalato,
il lavoro nero, “la micro e la macro criminalità”. In un quadro, dice il giornale,
di “illegalità diffusa, sfruttamento, evasione fiscale”.
Criticità? Perché Prato è in Toscana. Si chiama “sistema
Prato”, vige da almeno ottant’anni, gli anni del lungo dopoguerra, gestito
prima da pratesi poi da cinesi – quelli che i pratesi avevano usato come forza
lavoro “anonima”, invisibile, al fisco e alla questura. Operativo nel settore
della moda-abbigliamento, si dichiara sempre in crisi ed è sempre in sviluppo.
E si compone di caporalato, sfruttamento del lavoro nero, gioco d’azzardo e scommesse
illegali, aziende “apri e chiudi”, false fatturazioni, falsi fallimenti, pizzo,
e qualche assassinio, di cinesi e di italiani. Abusi edilizi, fabbriche “inesistenti”,
evasione fiscale totale. E riciclaggio.
Prato è seconda solo a Milano, malgrado la
sproporzione, per riciclaggio. La provincia di Prato è la seconda provincia in
Italia per localizzazione delle segnalazioni di operazioni sospette da parte
della Banca d’Italia, 400 per 100 mila abitanti - Milano viene prima con 441 segnalazioni
per 100 mila abitanti. Come non detto.
Niente ghiri, niente mafia?
Questo era sfuggito, un
articolo di Enrico Deaglio, che della mafia si è molto occupato, del 21 ottobre
2021, su “Maremosso”, che il magazine online di @lafeltrinelli ha riproposto
recentemente:
Con un certo clamore – la notizia è
apparsa un po’ dappertutto - i carabinieri di Delianuova (Reggio Calabria)
hanno annunciato di aver sequestrato 235 ghiri (roditori
notturni), imbustati in sacchetti di plastica e conservati in congelatore. Tre
persone sono state arrestate con l’accusa di cattura e
uccisione di specie protetta.
La notizia ci mette davanti a un fatto sconosciuto: apprendiamo che “da
sempre” il ghiro è considerato il piatto principale delle
“tavolate” tra ‘ndranghetisti e “non c’è pranzo o incontro pacificatore dove
non si pasteggi a base di questi roditori”; i cacciatori di frodo, peraltro,
rastrellano ghiri che poi vendono anche in molti ristoranti.
Ma c’è di più: in molte inchieste, come l’operazione «Solare» della direzione
antimafia di Reggio Calabria, che ha portato nel 2008 all’arresto di 200
trafficanti di droga, in Italia e all’estero, gli ‘ndranghetisti
intercettati discutevano oltre che di affari illeciti, anche di come
trascorrere in compagnia una giornata in montagna con gli amici
«stranieri».
E gli interlocutori si raccomandavano con i gli organizzatori del banchetto
affinché agli amici venissero offerti a pranzo ghiri arrostiti.
Scrive il Corriere: “Per il ghiro gli ‘ndranghetisti
nutrono una vera e propria venerazione.
È narrazione ormai contemplata che i boss della ‘ndrangheta prendono
le decisioni più importanti davanti a un piatto di ghiro arrostito.
La leggenda riporta che quando ci si riunisce per decidere su una condanna
a morte, il capo tavola (il boss più alto in carica), azzanna il ghiro per
la testa e poi indica il nome di colui che deve essere soppresso”.
Insomma, non c’è ghiro senza ‘ndrangheta e non
c’è ‘ndrangheta senza ghiro.
La notizia costituisce, a mio parere, un grande passo avanti nella lotta alla
criminalità organizzata, altro che “follow the money”: basterà seguire
il ghiro e la mafia calabrese sarà sconfitta.
Siamo nel 2021, perbacco!
Ora, dopo quattro anni senza più arresti, i ghiri si saranno riprodotti
in pace, nel sonno. Ma i capimafia come hanno decretato l’esecuzione dei
nemici?
Cronache della
differenza: Calabria
Era di Paola Carlo Scorza,
l’ultimo segretario del partito Fascista prima della defenestrazione di
Mussolini, organizzatore della bastonatura mortale a Giovanni Amendola cento
anni fa. A Paola visse fino ai 15 anni, quado se ne andò a Lucca, dove era
impiegato dello Stato il fratello Giuseppe, per andare all’Istituto tecnico.
“Il Quotidiano fa i
trent’anni in Calabria e fa per l’occasione una carrellata di vicende e
problemi. La prima, “La Calabria delle infrastrutture”, ha per titolo:
“Trent’anni di opere incompiute (o semicompiute)”. E esemplifica: “La
(ferrovia) Jonica aspetta il completamento dell’elettrificazione”, “L’autostrada
si è rifatta il nome, ma i cantieri non sono finiti”…. Uno pensa al Ponte: si
faranno gli sterri, e poi?
“Essa finì quindi col diventare allora (nel primo
cinquantennio unitario”, n.d.r.),.. la coda di quella «coda d’Italia», come il papa Leone X de’ Medici, il figlio del Magnifico, definiva
l’Italia meridionale” – Giuseppe Galasso, “Calabria, paese e gente difficile”,
136-137).
“Sono
acuti d’ingegno e pieni d’astuzia”, scriveva dei calabresi a metà Cinquecento
Camillo Porzio, napoletano, storico e avvocato, noto per la sua monografia sulla
quattrocentesca Congiura dei Baroni”, “forti e
nervosi, atti a patir sete e fame, coraggiosi e destri nel maneggiar le
armi, e farebbero senza dubbio i migliori soldati d’Italia se non fossero
instabili e sediziosi” - la regione dicendo “sempre piena di fuorusciti e di
ladri”. Lo stereotipo viene da lontano.
L’economista
Giuseppe Maria Galanti due secoli dopo, a proposito del reggino, l’area oggi di
mafia, parla di abitanti “vivi ed
elastici….. facinorosi per essere mal governati…servi degradati…rozzi, queruli,
di malafede, spergiuri, denunciatori, calunniatori…. Indocili, ostinati nelle
loro idee, rissosi e vendicativi”, e “nell’amore e nell’amicizia
tenacissimi…sensibilissimi all’onore domestico”. Senza respiro.
Tra
i tanti monasteri fondati in Calabria da Gioacchino da Fiore o dai suoi
successori Ulderico Nisticò (“Controstoria della Calabria”, 60) include una
Santa Mafia d’Altilia. Ma è solo un refuso – lui steso suggerisce
un’altra denominazione per la Madonna di Altilia: Calabro-Maria.
Quanto regionalismo, anche sui santi – ma sul vuoto?
Ha
molti santi – molta devozione – ma se li dimentica. Per esempio san Francesco di
Paola, famoso e venerato in Francia e a Roma. Ora è tutta per san Pio da
Pietralcina.
“Una
cosa che la rende felice?”, chiedono al testaccino e romanista Caudio Ranieri,
dopo il miracolo con la Roma. “Avere amici sinceri, quelli di Catanzaro”. Dove
ha giocato da giovane, quado aveva 21 anni -- poi, quindici anni dopo, per
cominciare da allenatore, lo hanno chiamato alla Vigor Lametia, Interregionale.
L’amicizia è stata svalutata da Sciascia, ma non è male.
Mattia
Preti è artista, dice Antonio Baldini girando per Taverna, il paese natale del
“cavalier calabrese”, nel 1926, di “rapida, franca, solida, compatta e corrusca
pittura ch’è la maggior gloria dell’arte
calabrese” – un’“arte calabrese”?
Baldini
lo dice anche sempre legato al paese, che abbandonò da ragazzo: “Pare che non
ci tornasse che una volta sola, da vecchio, rompendo una volta il viaggio da
Napoli a Malta; ma portò sempre nel cuore il paese natale, ed accettò sempre
volentieri commissioni dai religiosi e dai signori del luogo”. Questo è vero,
Taverna ha ancora molte sue tele.
“Essendo di origine calabrese, cioè il Sud più
dimenticato…”, Marina Valensise può dire sul “Corriere della sera” a Valerio
Cappelli. Più dimenticato, si direbbe, dai calabresi stessi, che in molti se ne
vanno e stanno fuori.
Dimenticata dalla storia, ma di più dalla
storiografia, anche calabrese. Immolata a un presunto marxismo nel dopoguerra.
In precedenza “antichista”, celebratrice cioè di antichi fasti. Questa
“umanistica” ha esiti stravaganti. La fine in Calabria di Oreste, Filottete, anche
Eracle, e Licaone con tutti i suoi 22 figli. Ulisse è sbarcato variamente, ad
Amendolara, Crotone, Copanello, Lamezia Terme, e anche in montagna, a Tiriolo e a
Nardodipace.
Il governo di centro-destra moltiplica gli incontri a
Roma con la Regione Calabria, di centro-destra. A Pasqua ha rinnovato l’impegno,
qualcosa come due miliardi, per cinque nuovi ospedali: Sibaritide, Vibo
Valentia, Gioia Tauro-Palmi, un altro ospedale a Cosenza, un Gom (Grande
Ospedale Metropolitano) a Catanzaro, e miglioramenti per un paio di centinaia di
milioni, a Locri, Catanzaro, Crotone, Polistena. Ma i progetti non sono nuovi.
Gioia Tauro-Palmi è stato pure “finanziato”, già un paio di volte. Si dice che la politica ama spendere, ma in
Calabria neppure quello.
leuzzi@antiit.eu
L’esistenza è la non esistenza
Singolare
sintesi fa Torno nella sua “colonna” in terza sul “Sole 24 Ore Domenica” (a
proposito della riedizione di K. Jaspers, “La filosofia dell’esistenza”) dell’esistenzialismo.
Precisa, in ogni sfaccettatura. E completa, non se ne ricordano altre migliori,
sintesi e anamnesi. In mezza cartella o poco più. Che è già finita quando si
è cominciato a leggerla.
C’è
tutto al meglio, perfino i prodromi, sant’Agostino, Pascal, Kierkegaard,
Nietzsche, Dostoevskij. La terminologia e l’etimologia. C’è Jaspers e il suo manuale.
“con la prefazione critica” di Antonio Banfi (nome “estremamente ambiguo e capace
di trarre in errore”, per una “tipica filosofia della crisi”). E poi Heidegger
naturalmente - “l’esistere autentico come «angoscia» rivelatrice del nulla”. E
Sartre: “L’esistenza non è la necessità… Gli esistenti si vedono, si lasciano
incontrare, ma non si possono mai dedurre” - non “esistono”?
Armando
Torno, Filosofare è il vivere nella
ricerca dell’essere, “Il Sole 24 Ore Domenica”
domenica 27 luglio 2025
Ombre - 784
Cresce Wall Street malgrado il minidollaro. Compresi i fondi globali Usa, specie al confronto con i fondi europei, malgrado il minidollaro. Niente, al confronto, quelli italiani: + 30 per cento i globali Usa, + 8 quella italiani, con spese doppie. Ma quello che leggiamo è la finis Americae. È solo un problema di lingua, di sapere l’inglese? In entrambe le sue presidenze Trump si è trovato il dollaro alla pari con la moneta europea e ha provveduto a svalutarlo di un 20 per cento.
Non
ci si crederebbe ma è vera. Alla domanda preliminare di Cerasa, direttore del
“Foglio”, di una lunghissima e rispettosissima intervista: “Ha davvero torto la
politica quando sostiene che in Italia una parte della magistratura ha una sua
agenda politica?”, risponde: “Sinceramente non credo proprio che ci sia”. Da presidente di Magistratura Democratica, che
come si sa non ha un’agenda politica. Come fosse in Sicilia – dove, come si sa, la
mafia non esiste, per la mafia.
Una
pagina di colore del “Corriere della sera”, di Carlo Vulpio che ha scoperto
Vincenzo Alberto Annese, un calciatore di serie C che ha 43 anni e ha allenato
squadre di calcio, Nazionali comprese. dei paesi Baltici, e di Belize, Indiam
Indonesia, Ghana, Kossovo, Armenia, Nepal, Cisgiordania e ora Afghanistan, il
quale dà una testimonianza incontestabile di Israele al tempo di Netanyahu:
“Allenavo l’Al Khalil, la squadra palestinese di Hebron, in Cisgiordania, sette
anni fa…. Quando il campionato fu sospeso per il Ramadan ne approfittai per andare in Germania ad allenare la Nazionale Under 18 del Ghana in un torneo,
gli israeliani mi fermarono” al ritorno; “Perché, chiesi, sapete bene chi sono
e cosa faccio, «Appunto - mi risposero – tu stai facendo qualcosa a favore della
Palestina, e questo non va bene»”.
Macron
riconosce la Palestina. Che 148 dei 194 membri Onu riconoscono. Compresi, da
qualche tempo, oltre al Vaticano, Spagna, Irlanda e Slovenia, tre Paesi Ue. Dove si conferma che
in Europa ognuno va per i fatti suoi.
Delle
inchieste giudiziarie bisogna attendere le sentenze, ovvio. Ma a Milano si
facevano costruzioni enormi, moltiplicando le cubature, come “ristrutturazioni”,
con una semplice Scia. Da non credere. L’abuso facendo passare per Nuova Urbanistica.
Affidata agli immobiliaristi, per quanto ricchi e nobili (così Fuksas,
sarcastico?, dice i Catella), e ai loro architetti, è incredibile. Non a
Canicattì, a Milano.
Dettaglio
non irrilevante nella nuova “urbanistica” ambrosiana, dell’intemerato Sala – che
voleva fare il suo partito a sinistra, per il popolo ovviamente. Lo censisce
Fubini sul “Corriere della sera”: “Tasse ai minimi per i milionari e case a prezzi record: il 40 per cento
delle vendite sopra il milione”.
Si
fanno più paginate nei giornali italiani su Trump nello scandalo Epstein che in America sui giornali più
antitrumpiani, “Washington Post”. “New York Times”, “Atlantic”. C’è una ragione
politica? Non si vede. I giornali italiani sono scandalistici? Se sì, è per
questo che non vendono? Se Trump fosse stato implicato nello scandalo,
minimamente, non lo avremmo saputo - ha avuto alle calcagna metà buona dei
Procuratori federali nominati dal partito Democratico?.È per antiamericanismo?
Di corrispondenti che non lascerebbero New York per nessun motivo.
“La
Gaza Foundation, non uso il termine ‘humanitarian’ perché di umanitario non ha
assolutamente niente, è una trappola per le persone”. Non ha dubbi con “La Nazione” la direttrice
di Medici senza Frontiere Italia, Monica
Mintradi. Sarà pure invidia tra organizzazioni umanitarie, ma in effetti questa
Gaza Foundation opera da uno o due mesi come trappola per l’eccidio quotidiano:
quando ha raccolto abbastanza profughi in fila, l’esercito israeliano spara nel
mucchio.
La
7, cioè Urbano Cairo, cioè il “Corriere
della sera”, aveva un’intervista in cui si spiegava il “sistema Milano”
(lottizzazione abusiva e falso) sei mesi fa. Realizzata da Giovanna Boursier
per i “100 Minuti” di Formigli e censurata. Il “Corriere della sera” la utilizza
senza perché, e senza vergogna: “Pubblichiamo un estratto dell’intervista
ancora inedita….”. Omertà?
Non
passa giorno, o t g, senza un pronunciamento o una intervista a tutta pagina a Renzi,
o Calenda, o Tajani. Sono le bandiere del Centro che i “maggiori organi d’informazione”,
come sì vogliono, provano a contrabbandare. Lo squalificato Renzi, testimonial del regime saudita, come ieri
Montezemolo, Della Valle (Della Valle?), Cottarelli, il triste economista...
Il
calciatore Vlahovic, “il paracarro più pagato del mondo”, a detta di Jack
O’Mall sul “Foglio” (era l’ex pilota bresciano Giacomelli, beniamino degli inglesi
con questo adattamento fonetico, perché pilota-pilota dei primi tentativi isolani
in Formula Uno, con MacLaren, oggi inarrivabili allora cenerentole, e con Brabham), super beneficato dalla Juventus,
cui non ha dato nulla, la maggior parte del tempo anzi marcando visita, ora
ricatta il club: guadagna il doppio degli altri, e vuole l’aumento. Il mercato
del calcio è un vero mercato, cioè dei furbi, gli speculatori.
Dal
poco che si capisce nel bailamme di Garlasco e Pavia la cosa più vera è la sciatteria
delle indagini a suo tempo, benché la vicenda fosse subito clamorosa. Di ricerche
mai effettuate, l’arma del delitto, le “visite” in casa Poggi, e di interrogatori
fatti di malavoglia e registrati peggio. Il giallo è degli inquirenti.
Notevole
nelle due partite dell’Italia dei calcio femminile in tv all’Europeo in Svizzera l’indigenza dei due arbitri (o sono
arbitre?), Ivana Martincic e Stéphanie Frappart. Hanno fischiato sempre a
caso, non solo nei rigori. Ma sempre con “autorevolezza”. Di Martincic, croata,
si può presumere per anti-italianismo (ammonizioni “preventive” solo per l’Italia, nemmeno fallo il pestone non
casuale alla coscia che ha messo fuori gioco Girelli, l’anima dell’Italia). Ma
entrambe col “becco” alzato, si direbbe – non si può dire perché passerebbero per
galline, ed è proibito. Quando giocano le donne, non può arbitrare un uomo?
Notevole
anche il portiera (o è portiera) dell’Italia, Giuliani: fenomenale contro le arbitre
– i rigori.
Perché
Meloni non scende nei sondaggi?”, si chiede
il “Fatto Quotidiano”, che la domanda mette in prima, a firma Luciano
Casolari, “medico psicoanalista”. E si risponde: “Il cervello è strutturato in
tre strati che si sovrappongono. Alla base esiste un cervello detto
rettiliano”. Ah, che opposizione, degna di Grillo, del comico.
Jennifer Lopez canta a Lucca in trasparenze, per esibire gloriosa i 55 anni, che accentuano gli attributi
sessuali, seni, glutei, pube. Dopo decenni di femminismo che depreca l’esibizione
del corpo, uno che la esalta. Non c’è scampo.
Selfie
possibile a Lucca con Jenniper Lopez al pre-concerto, la pausa “meet-and-greet”
con i fan. Al costo d 1.400 euro per trenta secondi di convenevoli, 2.800 euro
al minuto, Voleva scoraggiare i fan?Ma
in 40 hanno pagato. Giusto perché c’era un limite di venti minuti al “meet-and-greet”.
Da
Parolin a Pizzaballa, i cardinali non affettano più prudenza, a Gaza è stato ed
è “sterminio”. La parola per gli israeliani, che sono ebrei, dovrebbe suonare tragica.
Ma sul “Corriere della sera” lo scrittore Edgar Keret testimonia che a Tel Aviv
e in Israele “la massa di cadaveri di gazawi… non smuove montagne, non riceve
l’attenzione dei notiziari, non è presente, quasi non è riportata”.
Il
breve testo di Keret è uscito su “Yedioth Ahronot”, “il più venduto quotidiano
d’Israele”, ma evidentemente a nessun effetto.
Etichette:
Affari,
Il mondo com'è,
Informazione,
Ombre
L'Occidente non esiste senza Trump
Un
ritratto in forma di reportage (Carrère
non ha voluto il trattamento giornalistico, niente sommari, sottotitoli, nemmeno accapo, se non i
suoi) di Macron, il presidente francese, che conosce dal 2017, cioè da quando è
stato eletto alla presidenza la prima vota, a quarant’anni, che però non
decifra. Ospite privilegiato, PR + 18 (Presidente + 18), a ridosso del tavolo dove il presidente
tiene le riunioni in volo, nel lungo viaggio andata e ritorno, via Groenlandia,
al G 7 canadese, è convitato a conversazioni sempre interessanti, di cui tuttavia
non trova il filo. Macron, p.es. è un cinefilo, un po’ obbligato, “dormo poco e
bene, mi rimane il tempo di vedere dei film”, ma sapientissimo – sa di Carrère collaborazioni a sceneggiature di cui lo scrittore ha dimenticato
tutto, titoli e soggetti (“Niente di cui meravigliarsi, gli preparano delle
note, tutto qui”, sì, ma “questa nota avrebbe dovuto essere lunga 15 pagine per
includere questa informazione”).
Quello
che resta, a parte il soggetto Macron che certamente Carrère approfondirà (è
uno specialista dei personaggi che lo incuriosiscono, come il russo Limonov, o
Philip K.Dick, che qui ampiamente cita), è come Trump ha annientato il G 7:
“Per cominciare ha detto che tutti quei discorsi non avevano nessun senso in
assenza di Putin - escluso dal club da
quell’incapace di Obama dopo l'annessione della Crimea - e lo ha ripetuto
sempre più scontroso ogni volta che qualcuno prendeva il coraggio di dirgli
qualcosa”. Il vertice avendo già esautorato con l’entrata in notevole ritardo
sulla schedule (si è tenuto in
ostaggio per un’oretta l’incolpevole cancelliere tedesco Merz, per un “bilaterale”
non richiesto). E dopo un po’ se n’è andato, adducendo impegni urgenti, quando
si annunciava l’invitato Zelensky.
Unico
personaggio di rilievo, allo scrittore inquieto (“troppa destra”), che ha assitito al vertice come Pr + 5 (“avevo accesso alla sala di ritrasmissione, da
dove si vede e si sente tutto come se si fosse seduti al tavolo”), appare
Meloni. Che da del tu a Trump, e spiega con l’aiuto di slides colorate come l’Occidente – Usa e Europa – controllava
il commercio mondiale qualche decennio fa, e ora ne è ai margini – “almeno tra
noi non facciamoci guerre”.
Emmanuel
Carrère, In Viaggio con il Président,
“La Lettura”, €1
Iscriviti a:
Post (Atom)