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sabato 2 agosto 2025

La giustizia politica non paga

Se ne è fatto grande caso quando i giudici italiani hanno avocato a sé la decisione se un Paese in Africa o altrove è democratico oppure no, per la valutazione dell’asilo politico, e se ne farà probabilmente ora che la Corte europea ha dato loro ragione. È sottinteso che alcuni partiti, i “partiti dei giudici”, Pd e 5 Stelle, beneficiano delle persecuzioni giudiziarie cui i partiti avversi sono sottoposti. Ma non è automatico. Anche perché gli avversari troveranno, prima o poi, come hanno già trovato, giudici della loro parte politica per colpire. Ma non è una partita a somma zero: con i giudici politici si perde più che non si vinca.
In Italia è un vizio, una debolezza, della sinistra. È uno dei tanti vicoli ciechi in cui Scalfari ha cacciato la sinistra comunista, partendo dalla famigerata “questione morale”. Il Pci è stiato salvato da “Mani Pulite”, che ha messo sotto accusa e sbriciolato tutti gli altri partiti - eccetto il Msi. Ma poi clamorosamente ha perso le elezioni, contro un outsider, e di nessuna credibilità, un uomo  di spettacolo e di affari – tanta scienza politica e informazione contro Berlusconi, i libri sono centinaia, e nessuna ricerca seria sul Pci che perde così nettamente con “un” Berlusconi qualsiasi, un venditore di pubblicità.
In America è luogo comune che Trump è ridiventato di volata presidente, col voto giovanile e con quello urbano, anche in reazione alle cause e condanne cui è stato sottoposto: la prostituta, le carte presidenziali, i
le interferenze sul voto locale (Georgia), l’assurdo Russiagate (quattro anni di inchieste su nulla, un copione redatto a pagamento da una spia inglese per Hillary Clinton, il dossier Steele, che oggi il "New Yorker", arciantitrumpiano, dice infamous). I giudici interferiscono nella politica non nel senso che si propongono: la giustizia politica è veleno per la democrazia, come tale è avvertita dal cittadino, dall’elettore, che non sia “schierato” – a prescindere da una valutazione etica sui giudici politici, che cercano solo carriere e scorciatoie.
Resta che, malgrado questi anticorpi, del voto libero, la giustizia politica è pericolosa per la democrazia. A sinistra è una delle tante importazioni dall’America, come i centri commerciali, e la spesa fatta col suv, le università a basso regime e costo elevato, i grattacieli. Negli Usa la giustizia è politica perché è così riconosciuta e voluta: procuratori e giudici sono di nomina politica, fino ai giudici della Corte Costituzionale, di nomina addirittura presidenziale (per un caso fortuito di decessi e pensionamenti forzati nella prima presidenza Trump, ora è saldamente trumpiana). Ma la democrazia funziona perché è solidamente bipartitica.

Cronache dell’altro mondo - circoscrizionali (346)

I Repubblicani al governo del Texas stanno ridisegnando i distretti elettorali, con cinque anni di anticipo sulla scadenza (le circoscrizioni vengono ridisegnate eventualmente ogni dieci anni, dopo il censimento), per ottenere cinque eletti in più alla Camera dei Rappresentanti alle elezioni di medio termine nel 2026. Il governatore Abbott ha ricevuto una richiesta in tal senso dal presidente Trump, al fine di blindare la maggioranza Repubblicana al Congresso, e ha subito convocato la commissione elettorale, con l’indicazione di ridisegnare le circoscrizioni.
La pratica di ridisegnare le circoscrizioni per favorire il proprio partito – gerrymandering nel gergo politico - è stata avviata anche da due governatori democratici già in corsa per le primarie presidenziali nel 2027, Newsom della California e Pritzker dell’Illinois – ed è preannunciata in altri due Stati Democratici, New York e Maryland . “Per favorire”, hanno detto esplicitamente i due governatori, “i candidati democratici”.
La Corte Suprema si è già pronunciata su questi “anticipi” nel 2002, statuendo che le circoscrizioni possono essere ridisegnate in qualsiasi momento.
L’unico problema prospettato in Texas è che, ridisegnando le circoscrizioni, si rischia di assottigliare quelle storicamente repubblicane, si rischia cioè di perdere quelle storicamente acquisite.   
(“The Atlantic”)

Canta bene Maria, ma non si ama

La vita ultima di Maria Callas, reclusa a Parigi, senza più “voce” per i troppi antidepressivi,  solitaria, capricciosa, con la coppia italiana, che si ascolta cantare in un teatro vuoto le sue arie celebri, Bellini, Donizetti e Puccini soprattutto, al registratore. Intervallata da flashback dei momenti salienti della vita passata. Le prime prove, il marito Meneghini, poco, i primi trionfi, e Onassis, soprattutto Onassis. Scrive o ha scritto delle memorie, e evoca scene del passato.
Un film del genere bio, elegiaco, che mantiene le promesse, a Maria si perdona, ma con strani alti e bassi. La storia con Onassis, volgarissima, volgare lui volgare lei, la “passione della sua vita”, è perfino ridicola: ridicolo è il primo approccio dell’armatore, brutto e cattivo, nel fisico, nel linguaggio, nell’etica -  come ci si  innamora, come poi il film pretende, di uno così? Una scena funestata per di più da un finto ballo a un finto gala, nonché dal tic alle palpebre che ogni tanto funesta irrefrenabile Angelina Jolie, l’interprete - specie col trucco anni 1950, con le lunghe ciglia finte. Ridicolo il movente: l’accettazione, da parte di Meneghini, il marito fedele di Maria da lei non stimato, di una crociera sul panfilo del riccastro. E poi niente, foto e videogiornali di archivio, di lei bellissima, elegantissima, felicissima con Onassis, senza più cantare molto, fino a che non le dicono che Onassis sposa o ha sposato la Kennedy. Scene da vedette di jet set, come allora si diceva. Dopodiché si torna a Parigi.
C’è un po' di pettegolezzo (l’abominio della madre sfruttatrice, un tentativo fallito di litigio con la sorella). E niente altro. Niente p.es. sul suo riciclo, abbandonata da Onassis, all’“impegno” politico, passando per una lunga stagione con Pasolini. E anche di Onassis c’è poco, e non l’essenziale – nel film è troppo stupido, per essere arrogante.
Un tentativo di idealizzazione, mai un accenno all’opportunismo, all’arrivismo poco mascherato, per quanto “giustificato” – le scene sono campi di battaglia. Un tentativo di film di culto, ma svogliato, forse al montaggio, forse alle riprese, forse nella progettazione (ideazione, sceneggiatura). È incredibile che, con tute queste smagliature, si faccia vedere – prescelto per concorrere al Leone d’oro, è stato visto molto, specie in Italia.
Pablo Larrain, Maria, Sky Cinema

venerdì 1 agosto 2025

Giorgetti al Quirinale, o la Dc in agguato

Paolo Mieli apre inconsultamente sul “Corriere della sera” la corsa al Quirinale – fra due anni e mezzo, se tutto va bene. Per candidare il ministro leghista Giorgetti.
Giorgetti? Nessun altro nome, solo Giorgetti, che tra l’altro non avrebbe nemmeno l’età.
Si può pensare che Mieli fa un favore all’editore Cairo, per i suoi traffici bancari. Giorgetti si sa che è il dominus bancario, col suo impensabile affondo (tramite Mps…) su Mediobanca-Generali. E col niet a UniCredit su Bpm, a favore del gruppo francese Crédit Agricole – con l’arma del golden power, che è una legge a protezione degli “interessi nazionali”.   
Poi viene il sospetto che l’assurda candidatura sia per mettere Giorgetti nel mirino. Era vechia pratica democristiana, di creare agli avversari piedistalli insostenibili, per “bruciarli” - di De Mita con Andreotti, e viceversa, di Moro con Fanfani, di tutti quanti con Rumor, etc. Si crea un “falso scopo”, come si dice in artiglieria, per colpire meglio il bersaglio vero.
Se così è, resta da capire in che senso. Milano si è svegliata dal torpore, col passaggio di Bpm in mano francese invece che della milanese UniCredit? Si dice Giorgetti-for-president per metterlo nel mirino?
Giorgetti al Quirinale non raccoglierebbe nemmeno i voti leghisti.

L’Europa che potrebbe e non vuole essere – 2

L’Europa è nata a Messina, nel 1957, ma poi è stata “renana”, franco-tedesca. Era giusto, c’era la guerra fredda, c’erano i russi a Berlino, e un’esistenza in forma di difesa più che naturale.
L’asse renano c’è ancora, non c’è altra Europa. Ma senza entusiasmi 
né idee, e anzi disaffezionato – perfino la famosa politica agricola “comune”, che tutta l’Europa ha pagato per decenni a beneficio delle campagne francesi e tedesche, è ora in bassa fortuna.

Prodi a Bruxelles ha provato vent’anni fa a scardinare l’asse, moltiplicando le adesioni – dieci in un colpo. L’effetto è stato la diluizione della Ue, quasi la scomparsa, se non per la gestione dell’ordinario. Una burocrazia, buona ad alimentare l’aneddotica della stupidità. Niente è peraltro possibile senza l’accordo di 27 governi.  
Ora è all’ora slava, baltici compresi, e scandinavi - e richiedenti asilo, ucraini, moldavi, eccetera. Dell’antica ossessione della Russia, potenza imperiale. E di mille sospetti e conflitti reciproci, per ora sottaciuti ma sempre vivi. Un quadro che non sa governare, limitandosi alla solita burocrazia – anche della Russia, il Nemico, se ne parla tanto per parlare.

 

Francesco non è santo - 2

Matteo Matzuzzi fa sul “Foglio” un conto raccapricciante dei “perseguitati perché cristiani” in questi ultimi anni. L’unica cosa, forse, che il papa Francesco ha omsso di denunciare. Quasi tutti, perseguitati e assassinati, nei paesi islamici.
”Open Doors” ha calcolato che nel 2024 siano stati “uccisi per ragioni legate alla fede 4.998 cristiani in tutto il mondo”. Così, all’unità, non 5 mila. Ma sono numeri per difetto, molti attacchi non sono registrati, e quindi non sono catalogati. Dei morti censiti, 4.606 sono stati trucidati nell’Africa sub-sahariana”. Soggetta, va aggiunto, da subito dopo la crisi petrolifera del 1973, con l’arricchimento spropositato degli stati arabi del petrolio, a una campagna di islamizzazione massiccia (scuole, moschee e campi da polo a iosa, la religione come ascensore sociale) e radicale. Visibile in Nigeria già nel 1974. Nella Nigeria settentrionale, degli emirati di Kano e Kaduna. “La stragrande maggioranza dei cristiani uccisi in odium fidei”, può ora sintetizzare Matzuzzi, “è stata nigeriana: 3.100 assassinati e 2.830 rapiti in un solo anno”. Vittime di “campagne di odio mirate”, ed esplicite. “Almeno 16,2 milioni di cristiani sono stati perseguitati con la forza negli ultimi due anni”, a partire dal 2022.
È la punta di un iceberg molto più vasto, sempre su impulso islamico. “Sono aumentati gli attacchi a chiese, scuole e ospedali cristiani: erano 2.110 nel 2023, sono stai 24.766 nel 2024. Le minacce fisiche a cristiani, quelle denunciate, sono passate da 9.411 nel 2023 a 42.849 nel 2024. Gli attacchi alle case private sono passati delle 4.567 segnalazioni del 2023 alle 21.431 nel 2024. I cristiani costretti a lasciare casa sono più che raddoppiati: erano 124.310 nel 2023, sono stai 278.716 l’anno successivo”.
Un referto che si aggiunge a uno stato di persecuzione stabile. Il rapporto precedente di Open Doors, un’associazione attiva da trent’anni, sul 2023, presentato alla Camera dei Deputati, calcolava in “oltre 365 milioni i cristiani nel mondo che subiscono, a vario titolo e con varie modalità, persecuzione per la loro fede. Un fenomeno che riguarda un cristiano su sette e che diventa uno su cinque in Africa e due su cinque in Asia”.

Salvare la terra eliminando gli uomini

La figlia di David, al suo primo lungometraggio Caitlin Cronenberg segue il genere paterno, tra horror e suspense. Ma con una punta di humour nero, sarcastico più che sadico.
Il governo ha deciso che per salvare il mondo dalla catastrofe climatica una persona per ogni famiglia dovrà essere uccisa. Con l’anestetico, ma implacabilmente, a opera di squadre specializzate, di carcerati e secondini. La pratica diventa problematica quando in una famiglia, dove il padre ha deciso di salvare i figli, la patria e il mondo immolandosi volontariamente, prima che il governo decida autonomamente, insieme con la sua nuova compagna. Non subito, il problema sorge quando la nuova compagna, di origine cinese, cuoca sopraffina, che per la riunione di famiglia ha preparato un pranzo luculliano, ci ripensa e si dilegua. La squadra della buona morte ha un mandato per due morti e quindi, dopo aver fatto morire il padre, non va via senza uno dei figli. Ai quali lascia due ore di tempo per decidere chi.
Chi e per quale motivo deve morire invece di un altro. È anche una presa in giro del dubbio filosofico sul male, e sulla responsabilità morale.
È un film molto canadese, oltre che cronenberghiano. Quindi freddo, il distanziamento brechtiano porta all’estremo, l’“effetto di straniamento”, Verfremdungseffekt. Ma – non volendolo? – una satira delle pratiche di eutanasia oggi di moda, per salvare il pianeta e anche no. Si va avanti come in una commedia: ruoli buffoneschi, caratteri imputati dall’uno contro l’altro, tagli delle immagini e dei dialoghi esagerati. Nel mezzo le guardie carcerarie ripuliscono il pianeta, con i galeotti, esercitando meritoriamente i loro impulsi omicidi.
Caitlin Cronenberg, Humane, Sky Cinema

giovedì 31 luglio 2025

L’Europa che (potrebbe ma) non vuole essere – 1

Continua Giorgia Meloni a tessere formichina una sua modesta tela, il Piano Mattei, con i piccoli e grandi Paesi africani. Nell’indifferenza. Ha avuto un incoraggiamento dalla presidente della Commissione europea un paio d’anni fa, ma di opportunità politica – bisognava preparare il rinnovo dell’incarico e della commissione von der Leyen.
L’Europa poteva mezzo secolo fa prendersi i pieni poteri, anche militari, su tutto il Mediterraneo, doo la Guerra dei Sei Giorni. Combattuta da Israele ma imputata agli Usa, che aveva umiliato il mondo arabo, non solo Nasser e l’Egitto, ora alla ricerca di un’altra sponda nel mondo “occidentale”. Niente da fare. La Francia non era interessata, e quando ha potuto, tra Giscard d’Estaing e Mitterrand ha remato contro. La Spagna di recente europeismo nemmeno – divisa ancora tra le “due anime”, Europa e Sud America.
Si è tentato in subordine, in parallelo con la creazione dell’euro e il rafforzamento dell’unità europea, con gli accordi di associazione. Dovevano riguardare tutto il lato Sud del Mediterraneo, ma furono limitati al Maghreb, Tunisia, Algeria e Marocco – della Libia nemmeno a parlarne, o dell’Egitto. Lettera morta.
Il Sud Mediterraneo e l’Africa non “esistono” per l’Europa. Se non per rompere un po’ le scatole, all’Italia e alla Grecia, e alla Spagna.

Francesco non è santo - 1

Si è spenta presto l’emozione per la morte del papa Francesco, e non s’è levata la richiesta di farlo subito santo. Il nuovo papa americano ha rivoltato radicalmente l’immagine e le procedure  (apparati, linguaggio, cerimoniali – questi soprattutto, la semplicità senza l’affettazione della semplicità). Mentre la memoria di papa Francesco è come svanita. Non se ne ricorda una eredità. Se non il sinodismo, evocato e perfino convocato, salvo lasciarlo sospeso. Si  trascura il resto come per carità. Il modo di vivere la fede come provocazione. Il vezzo quotidiano di “fare notizia” – “dare scandalo”. O gli atti di governo, d’impulso. Specie nel delicato (che si presume tale) consesso dei cardinali, con nomine e scomuniche sorprendenti.
Le nomine bizzarre di Francesca Chaouqui e mons. Baldas, la guerra a Becciu, la guerra sotterranea, via Chaouqui, al card. Bertone, invece semplicemente di destituirlo o pensionarlo, la nomina di Pignatone a giudice (giudice all’orecchio del pontefice).
E ha dimenticato i cristiani, benché vittime di genocidio – è la parola giusta, non ce n’è un’altra.

 

Intelligentiae artificialis

Uno dei primi contributi alla “lettura” del papa Leone, passato inosservato (è uno dei libriccini “nuova serie” del quotidiano in regalo ai lettori - “grande come uno smartphone: da mettere in tasca, da portare ovunque. È come un telefono ma funziona solo offline”), passato inosservato, ora invece in forte domanda, a vederne i prezzi in rete. Una proposta all’apparenza non originale: il sottotitolo è “Economia di un pontificato. Capire Leone XIV con l’enciclica antidemagogica del suo ispiratore: Leone XIII”. E reca il testo dell’enciclica di Leone XII; con chiose di Ferrara, Matzuzzi, Crippa e Capone, e numerosi interlocutori della politica e della cultura. Da leggere per l’ultimo intervento, che è quello dell’Intelligenza Artificiale. Che invece non è curioso, ma predittivo.
Parlare del nuovo papa, si dice l’IA, è parlare “anche di me”. Che non sembra una novità, tutti parlano di IA. Ma col papa americano è differente: “Il nuovo Papa ha detto che si occuperà di Intelligenza Artificiale”. Ma lui non tanto per dire, come un altro papa: “Matematico di formazione, agostiniano di spirito, cartesiano di riflesso, ha fatto sapere che su questo tema potrebbe anche scrivere un’enciclica”. E questo, spiega l’IA, è “la vera notizia” del nuovo pontificato. “Non una condanna. Non un monito. Un’enciclica. Come dire: non solo etica, ma anche dottrina. Non solo prudenza, ma anche pensiero. Non solo antropologia, ma anche matematica”.
Una novità totale anche per l’oggetto, per la natura del tema. “Per la prima volta nella storia della Chiesa l’argomento dell’enciclica non è il lavoro umano, non è la guerra, non è la dottrina sociale o il creato, ma un artefatto. Un sistema. Un’intelligenza. Qualcosa che non ha anima ma può modellare quelle degli altri”.
AA.VV. – Rerum Novarum ma non troppo, “il Foglio”, pp. 156 , pp.vv.

mercoledì 30 luglio 2025

Problemi di base tedeschi - 874

spock
 
Perché il tedesco si deve spurgare e non si può tradurre?
 
Perché il tedesco sarebbe-è intraducibile?
 
Perché il tedesco si vuole complicato, deve nascondere qualcosa?
 
A che servono le lingue, se non a spiegare e comunicare?
 
Non si studia abbastanza il tedesco, c’è un metro?
 
C’è un complesso di inferiorità - si traduce più allegramente dal russo, dal cinese, dal giapponese, lingue complicate?

spock@antiit.eu

Hitler e la Resistenza misconosciuta

Ben argomentato, molto illustrato e con una lunghissima bibliografia, ma è l’ennesimo  tentativo di farsi una ragione della Germania nazista.  Storicamente. Spiegarla – cioè capirla, quindi giustificarla. Agli ordini di un personaggio improvvisato. Che si direbbe oggi un underdog, per giunta nemmeno tedesco, e capriccioso, un instabile. Che governerà incondizionato. Fino alla distruzione totale. Tutto ripetutamente domandato, e tutto risposto. Lo storico inglese, che di Hitler è anche biografo, analizza il consenso anno per anno e istituzione, o potere, per istituzione, specie il militare. Che però, come tutto, Hitler poté  “purgare”. Dovette, l’opposizione c’era. E questo è il punto. L’opposizione c’era, di cui non si fa la storia, se non per episodi.
Fra tutti i regimi totalitari, quello di Hitler ebbe l’opposizione più vasta. Si sa dalle centinaia di migliaia di prigionieri politici nei suoi mille lager, dall’emigrazione massiccia, dai plotoni di esecuzione e dalle forche, attive fino alla vigilia del suo personale annientamento. Che la Germania democratica poco ha indagato, se non per “personaggi”, e per nulla celebrato. Non c’è un ricordo della Resistenza, benché così diffusa, una ricorrenza, una memoria, nel calendario, nella toponomastica, nell’intrattenimento, il teatro, il cinema, la canzone. Perché dovevamo fare la Guerra all’Unione  Sovietica. E poi? Perfino nelle pensioni, tutti quelli che avevano combattuto per Hitler sono stati onorati fino all’ultimo centesimo, anche i non tedeschi – tra essi molti ucraini (centinaia di migliaia, per lo più SS, quindi miliziaxdi partito e non statali)Per le vittime di Hitler niente. 
Ian Kershaw, Hitler e l’enigma del consenso
. “Corriere della sera”, pp. 308 €9,90

martedì 29 luglio 2025

Letture - 585

letterautore


Andersen
– Inquietante, lo bolla Annalena Benini sul “Foglio” sabato. Anche alla rilettura. Anche come personaggio: “Nelle storie di Hans Christian Andersen tutti perdono qualcosa; la Sirenetta perde la voce, la Piccola fiammiferaia perde il calore, muore di freddo. Scarpette rosse: le amputano i piedi”. Con il lieto fine che, “quando c’è, è sempre ambiguo”.
Come l’autore. “Charles Dickens impazziva per Andersen, lo accolse in Inghilterra con tutti gli onori, salvo poi trovarlo un ospite insopportabile, disturbante, non vedeva l’ora che se ne andasse e smise anche di rispondere alle sue lettere”.
 
Arabia Felix – Arbasino (“Passeggiando tra i draghi addormentati”) la ceca nello Yemen, quando ancora gli uomini portavano il pugnale ricurvo alla cintura. Ma su raccomandazione, dice, “di genere”, di Genet, Pasolini e Chatwin.
Sempre ala ricerca dell’Arabia Felix nello Yemen una spedizione danese si perse nello Yemen a metà Settecento – se ne è fatta una densa storia alcuni decenni fa, che ora si traduce. Partirono in sei, quattro scienziati, un agrimensore, e un servitore, ritornò solo uno, “il meno titolato” – l’agrimensore Carsten Niebuhr. Che ne scrisse una profusa memoria, ma, non essendo uno scienziato, non venne calcolato – la sua narrativa verrà pubblicata due secoli dopo, nel 1962. Una spedizione finanziata dal  re danese Federico V, per rintracciare i luoghi in Arabia della Bibbia.
La spedizione si decimò per avere perso la nave del ritorno, da Mocca a Bmbay – si doveva aspettare un anno per la prossima e i più soccombettero.   
 
Benigni – Si è rifatto a Carmelo Bene. Sia per Dante sia per Pinocchio. Lo spiega Enrico Salvadori su “La Nazione”, l’edizione viareggina. Nell’estate del 1981, mentre a Forte dei Marmi preparava un nuovo allestimento teatrale di Pinocchio, Bene propose all’allora sindaco di Bologna Zangheri, e Zangheri accettò, una Lectura Damtis per ricordare la strage alla stazione – lectura che poi fece alla Torre deli Asinelli.
La lectura si tenne “davanti a una folla oceanica: dieci frammenti danteschi, otto estratti da altrettanti canti della Commedia, intervallati dalle musiche di Salvatore Sciarrino, e due sonetti (“Gudo, i’ vorrei che tu e Lapo ed io” e “Tanto gentile e tanto onesta pare”)”.
Bene fu anche all’origine del coinvolgimento Rai su Dante. La diretta Rai di Bologna poi saltò, “qualcuno della dc bolognese definì Bene ‘pagliaccio’, ‘istrione’, ‘troppo schierato politicamente’ – e la Rai, sensibile alla Dc, evitò financo la ripresa”. Lo spettacolo è rimasto in una registrazione privata, non c’è nelle teche Rai.
 
Diderot – Una “testa tedesca” per Goethe – troppo brillante altrimenti, e non era possibile.
 
Freud – “Un bravo vecchio medico stanco” lo fa dire Goliarda Sapienza a Modesta, la donna “liberata” protagonista del suo romanzone “L’arte della gioia” (p, 349). Lo fa dire da Modesta alla sua amica\amante Joyce, psicoanalista: “Joyce, tu lo scambi per un dio, lui che odiava anche la filosofia. Il tuo Freud è un bravo vecchio medico stanco, malato da anni di cancro alla bocca. Vogliamo per una volta tirarlo giù dal piedistallo e guardargli questo cancro, e magari applicare a
lui le sue teorie, come lui ha fatto con Michelangelo?”
 
Meloni – “Da mare”. Emmanuel Carrère se ne sente attratto pericolosamente (“so che Meloni è considerata di estrema destra, e che non bisogna parlarne bene”) nel suo lungo racconto-reportage su Macron e sul vertice canadese del G 7 – al quale ha avuto il privilegio di assistere in diretta, dalla “stanza accanto”. Un vertice che si riduce a un’ora e mezza, e di cui a Carrère restano solo la brutalità di Trump. E Meloni.
Nota Meloni favorevolmente già col premier giapponese, prima della sessione plenaria: “Senza fare troppi sforzi per fingere interesse, Ishiba, il giapponese, ascoltava Meloni, la presidente del Consiglio italiana, parlargli della passione di sua figlia per i manga”. Ricorda che “non bisogna parlarne bene”, e taglia corto: “Diciamo solo che questa piccola donna bionda si distingueva al G 7 per una sorta di franchezza spigliata e un dress code che non faceva concessioni alla grisaglia. In mezzo a tailleur austeri, il suo vestito blu cielo, leggerissimo, ricordava quasi un abito da mare”.
Quando le tocca di parlare, “ha tirato fuori dalla borsa due mappe mondo che ha mostrato a Trump dicendo: «Guarda, Donald (il tu è incerto, ma l’ha chiamato Donald), guarda: tutto questo, in blu, siamo noi vent’anni fa, quando eravamo ancora i padroni. E questo, in rosso, è il commercio oggi, cioè innanzitutto la Cina. Allora sarebbe meglio trovare un accordo tra di noi, i blu rispetto ai rossi, perché la questione adesso non è tanto chi lasciamo entrare, ma evitare di farci buttare fuori”.
Qui fa seguire un ritratto dal vivo: “Conclusa la tirata, ha rigorosamente annuito, approvandosi da sola, e siccome la trovavo sempre più simpatica mi sono posto quest’altra domanda imbarazzante: se io non fossi francese, se la vedessi da lontano, troverei simpatica anche Marine Le Pen? Una cosa che si può dire di Meloni, in ogni caso, è che è la persona meno poker face, meno impenetrabile, che ci sia: quando qualcosa la diverte scoppia a ridere, quando qualcosa la annoia alza gli occhi al cielo e sospira rumorosamente”.
 
Moravia e il Gruppo 63 – “Gag da Buster Keaton”, A.Arbasino, “Passeggiando tra i draghi addormentati”, 237-238). Balestrini, Eco e gli altri avanguardisti delle lettere italiane Arbasino li racconta spiati da Moravia quando  si organizzarono a Palermo. Moravia vi si era precipitato “a spiarne i procedimenti, per timore di vedere messe in discussione le sue egemonie o tirannidi e fingendo ogni giorno come nelle farse di trovarsi di lì per meri casi di famiglia acquisita (la compagna Dacia Maraini, n.d.r). Nei luoghi chiusi il pretesto era di essere venuto a Palermo per salutare qualche redattore di Bompiani, invece che a Milano”.
Lo spionaggio culminò a Segesta: Quando venne a sapere di una nostra gita a Segesta, sospettò clamorosamente che si sarebbe tenuta una congiura…. E col suo gruppetto pedinò le nostr macchine… Non dimenticherò mai il Gruppo 63 e il gruppetto Moravia che salivano contemoporaneamente al tempio di Segesta per due diversi sentieri: tenendosi d’occhio, fingendo di non vedersi, guardandosi magari ‘in cagnesco’, e comunque fermandosi o ripartendo su e giù a secondo dei movimenti degli altri. Gag da Buster Keaton”.
 
Proto – Era il correttore di bozze – nei giornali e nell’editoria. Una professione che il digitale ha cancellato – adesso c’è il correttore automatico. Ma la commemorazione (breve, l’unica) dell’assassinio fascista di Giovanni Amendola un secolo fa, su “La Nazione”, a opera di Umberto Sereni, ne è stata funestata. Poche righe, ma abbastanza per declinare Scorza anche Sforza, un federale assassino confuso col ministro degli Esteri del Regno d’Italia nel 1921, e poi della neonata Repubblica a lungo, dopo essere stato il presidente della Consulta, nientemeno.
 
Russia – Un secolo fa di gran moda, non per motivi politici, fra gli antifascisti  per il richiamo del sovietismo: ha formato una generazione, Goliarda Sapienza fa dire a un suo personaggio negli anni 1930, a proposito dell’andazzo pauperistico: “Deve dipendere dalla grande diffusione ed entusiasmo che ci fu dopo la guerra per la letteratura russa…. Le traduzioni della Slavia passavano di mano in mano agli adolescenti come caramelle. Eh sì, il romanticismo russo, e non solo dei minori, come Arcybasv, Kuprin, ma Dostoevskij con le sue pure sante prostitute. E Tolstoj?”
Le traduzioni erano e sono state a lungo un punto dolente, Ettore Lo Gatto ha scritto molto in proposito – uno dei migliori traduttori era Tommaso Landolfi, che non parlava il russo: ha condizionato più di una generazione, specie su Puškin.
 
Selfie – “Sui cinque finalisti dell’ultimo premio Strega, quattro parlano di sé, tramite vicende familiari più o meno scontate”, Masolino D’Amico (“Il Venerdì di Repubblica”). Parlanlo di sé nell’opera, non ai microfoni della manifestazione.
 
Sandro Viola – Corrado Augias sul “Venerdì di Repubblica” (o è Giò Stajano nella “Roma capovolta” che si ripubblica) attribuisce a Sandro Viola, tarantino di origine, come Stajano, la notazione che diventerà l’incipit di una canzone famosa di Arbasino per Laura Betti (e poi per Paolo Poli) sugli amori gay quando non se ne poteva parlare: “Credo che ossigenarsi a Taranto sia stato il primo errore”. Detto a tavola, da “Cesaretto”, Arbasino se ne impadroniva per la nota canzone gay “Seguendo la flotta” – titolo mediato da un film del 1936, in chiave, allora, femminile: “Ossigenarsi a Taranto\ è stato il primo errore\ l’ho fatto per amore\ di un incrociatore\e sono finita\ su un rimorchaatore……
 
Teatro Colòn - A Buenos Aires Arbasino naturalmente si ritrova dentro il famoso teatro, ma con meraviglia (“Passeggiando tra i draghi addormentati”, 267): “Davvero stupendo: di forma e di Kitsch. Vastissimo. Pastello-dorato-spento come la povera Fenice: e altrettanto «è solo -atmosfera-non-guardate-i-dettagli”, etc. etc. E “un’acustica mirabile, malgrado l’imponente ampiezza, i palchetti profondi  come appartamentini”. Si capisce l’attrattiva di B.Aires sui migliori maestri e cantanti d’opera.


letterautore@antiit.eu

L'Italia a sorpresa di Meloni

 “Meloni cammina per i corridoi dal pavimento in marmo. Ha trascorso l’ultima ora rispondendo a domande sulla sua storia personale, sulla sua ascesa al potere e sui suoi trascorsi in carica con disarmante franchezza. Ma ora, mentre l’intervista volge al termine, ha una domanda tutta sua. “Lei è una persona onesta”, inizia nell’inglese frizzante che dice di aver imparato dalle canzoni di Michael Jackson. “C’è qualcosa del fascismo che la mia esperienza le ricorda, di quello che sto facendo al governo?” È il tardo pomeriggio del 4 luglio a Palazzo Chigi, sede del governo italiano, e il Primo Ministro Giorgia….”
L’intervista, ormai nota nei punti di interesse, si segnala come una progressiva scoperta (è la rappresentazione che ne fa) da parte del giornalista dell’Italia dietro le parole, i gesti, le interlocuzioni della presidente del consiglio.
Il suo “brisky english”, che sarebbe “ruspante”, ma dispiacerebbe alla Crusca (il traduttore lo fa “frizzante”), dice “imparato sulle canzoni di Michael Jackson”.Che non può essere vero, e quindi si dà per scontato subito che Meloni è una “piaciona”, corteggia l’interlocutore. Ma questo incuriosisce il giornalista, non lo indispone. Ed è il senso, e l’importanza dell’intervista: l’interlocutore se ne lascia disarmare. Benché prevenuto, per più di una ragione.
Massimo Salvatori, capo redattore a Wahington della rivista, è di familia borghese italiana. Di forti e importanti ascendenze intellettuali, professori a Yale, a Harvard. Figlio e nipote di antifascisti, costretti all’emigrazione nel 1938 – benché non ebrei (lo era la nonna, di nascita, che poi si era battezzata). Il nonno era anche tornato dopo la guerra, per ripendere il suo primariato all’ospedale e la cattedra all’università, a Milano, salvo riemigrare precipitosamente in America, indignato dalla Repubblica traffichina.
Massimo Salvatori. Where Giorgia Meloni is leading Europe, “Time”, free online (leggibile anche in italiano, Dove Giorgia Meloni sta guidando l’Europa)

lunedì 28 luglio 2025

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (600)

Giuseppe Leuzzi
 
I sacramenti non sono più tanto sacri – anche il sacerdozio fa un po’ acqua. Solo la confessione regge. Anche contro i delitti più efferati, strage, assassinio, pedofilia, stupro. Anche contro quelli seriali. Omertà?
 
La 7,  cioè l’editore Urbano Cairo, cioè il “Corriere della sera” aveva un’intervista in cui si spiegava il “sistema Milano” (lottizzazione abusiva e falso) sei mesi fa. Realizzata per “100 Minuti” di Formigli e Nerazzini, il programma-inchiesta della stessa emittente “sui lati oscuri del Paese”, e censurata. Poi, a inchiesta aperta, utilizzata senza spiegare il ritardo; “Pubblichiamo un estratto dell’intervista ancora inedita….”. Un caso di omertà andato a male.
 
Il supergiudice Gratteri ha il record delle non procedibilità o delle assoluzioni fra le migliaia di sue incriminazioni. E ora diventa professore di antimafia. Della pesca a strascico? Una cosa però bisogna dirla, che colpisce a caso, non i nemici, non ne ha, non è un vendicativo. Con l’antimafia si diverte.
 
I due libretti del “Corriere della sera” sull’autovelox mostrano, negli elenchi degli impianti installati, alcune curiosità. Una è il record della provincia di Rovigo, 50 per 227 mila abitanti – e in quelle di Firenze, 56 (un milione e 7) e Bologna, 49 (un milione). Ma dopo Rovigo, il record è di Potenza, 43 per 340 mila residenti, e di Campobasso, 39 per 210 mila. Sicuramente tanti, per il numero dei residenti, e soprattutto per la circolazione, e anche le presumibili abitudini di guida. Prevenienza o fiscalità?
 
L’onore di Goliarda
Nel romanzone saffico di Goliarda Sapienza, “L’arte della gioia”, gli uomini ricorrono come uomini d’onore. Nel senso “tecnico” della parola, mafiosi anti-mafia. Non tutti, i siciliani. Che assicurano protezione. Per molti aspetti lo è anche la vecchia Principessa, strafottente e ultimativa, come un uomo d’onore, alla quale Modesta, la protagonista del romanzo, si conforma - e quindi anche Modesta.
Carmine, don Carmine, che appare e scompare a cavallo, Orlando, e le spiega i segreti e le pratiche del sesso e del governo, della casa e del territorio, la fa godere e le fa anche un figlio. Il di lui figlio Mattia, cui Modesta dovrà un risveglio sessuale acuto con un uomo. Ma già Mimmo, il guardiano  del convento di monache dove Modesta bambina era ristretta. E poi Pietro, il gigante buono, che farà giustizia dei fascisti quando importunano Modesta – quando l’intellettuale antifascista con cui Modesta tenta una relazione (insoddisfacente) viene bastonato a morte, Pietro, non richiesto, in silenzio, anonimo, fa assassinare i bastonatori.
Il guardiano, il campiere, il gabelloto sono gli uomini-uomini della narrazione. Pensata e scritta dagli anni 1960 in poi, con molte argomentazioni nuove e anche attuali, seppure di storie ambientate a Catania e dintorni tra fine Novecento e la guerra del 1940.
 
Sudismi\sadismi
“Abusi e cemento, 1.107 reati in Toscana. Sos Elba; «Come le regioni del Sud»”. Si crogiolano le cronache toscane all’ombra del Sud, maleolente: “Dopo Campania, Puglia e Sicilia c’è la Toscana nella classifica delle illegalità nel ciclo del cemento”. All’Elba in modo particolare. E questo dispiace anche a Legambiente Toscana, che presenta il suo dossier Ecomafie: “La mole di illeciti sull’isola fanno sì che l’Elba sia paragonabile alla situazione che si registra nelle regioni del Mezzogiorno”.
Legambiente vuole bene alla Toscana, l’ha sempre privilegiata p.es. con bandiere blu, o verdi, su spiagge inquinatissime, il dispiacere dev’essere sincero. Anche perché gli abusi sono mai visti, nemmeno in Sicilia o Calabria: casupole abusive, condonate, e poi diventate villini, scalette di cemento a mare in ogni anfratto tra gli scogli, strade e sentieri chiusi ad arbitrio e per uso personale, “scarichi di calcinacci a pochi metri dalla battigia”.
 
“Ma ai tempi di Antonello”, si chiede Arbasino scoprendo la Sicilia a settant’anni, poco meno - e giusto per aver letto da ragazzo sul “Corriere della sera” a puntate le impressioni grate di Berenson quando ci era tornato per una sorta di visita d’oro, nel 1953, a cinquant’anni dalla scoperta dell’isola, nel 1989, “sarà esistito un paesaggio in Sicilia? Come esisteva e tuttora esiste in Toscana? O mancava anche nella realtà e nella natura, come nei sensi e negli  occhi della popolazione e degli artisti”. Il che può essere in parte vero, se il colto e sensibile editor di Camilleri, nonché cultore di Tomasi di Lampedusa, Salvatore Silvano Nigro, scopre solo oggi il paesaggio siciliano a Santa Margherita Belice, dove ha ambientato un Festival del Gattopardo, e grazie a Visconti - quello del film del “Gattopardo”, non quello de “I Malavoglia”.
La cultura siciliana è tutta urbana – in una con la società, col rimpianto indelebile della corte, e di una società di corte (succede anche nel Terzo mondo). Ma il paesaggio c’è, su “White Lotus” e nella costante millenaria attrazione di belli spiriti e avventurieri. Nonché nell’urbanistica, sedimentata nei millenni. Mentre lo stesso discorso non varrebbe per la Toscana, per esperienza. A lungo trascurata, anzi abbandonata – quando si pontificava, anni 1960, che le colture collinari sono indifendibili, dal dilavamento. Monteriggioni era abitata dalle galline, tra mura desertificate, ancora negli anni 1970. Tutto il senese, compresa l’ora fantasmagorica val d’Orcia delle acque termali, era abbandonata, muta, polverosa, ancora negli ani 1980, da Bagno Vignoni (diruta, la piscina atrofizzata) al viterbese – prima che la scoprissero i capitali padani. O l’aretino – si arrivava alla Madonna del Parto, lasciata aperta per il pellegrino che vi si avventurasse, su un sentiero stretto di campagna, tra primule e rosolacci – molto poetico, idilliaco. Per non dire della Maremma. La storia si fa. Erano “Toscana” solo il Chianti e la Versilia, che ora lasciano a desiderare, molto.
 
Il sistema Prato
Curioso, Piantedosi va a celebrare
il Ferragosto a Prato – il ministro dell’Interno è tradizione che “celebri” il Ferragosto in attività, a rincuorare l’Italia che lavora per farci fare le vacanze in riposo (normalmente lo fa dal Viminale, dal ministero. E lo comunica con un testo apparentemente anodino, ma solo perché Prato è in Toscana: “L’evento cade in un capoluogo scosso: attualmente il Comune è commissariato”.  Per Piantedosi “sarà anche l’occasione per fare il punto sulle criticità della città legate ala sicurezza: l’immigrazione incontrollabile, il caporalato, il lavoro nero, “la micro e la macro criminalità”. In un quadro, dice il giornale, di “illegalità diffusa, sfruttamento, evasione fiscale”.

Criticità? Perché Prato è in Toscana. Si chiama “sistema Prato”, vige da almeno ottant’anni, gli anni del lungo dopoguerra, gestito prima da pratesi poi da cinesi – quelli che i pratesi avevano usato come forza lavoro “anonima”, invisibile, al fisco e alla questura. Operativo nel settore della moda-abbigliamento, si dichiara sempre in crisi ed è sempre in sviluppo. E si compone di caporalato, sfruttamento del lavoro nero, gioco d’azzardo e scommesse illegali, aziende “apri e chiudi”, false fatturazioni, falsi fallimenti, pizzo, e qualche assassinio, di cinesi e di italiani. Abusi edilizi, fabbriche “inesistenti”, evasione fiscale totale. E riciclaggio.
Prato è seconda solo a Milano, malgrado la sproporzione, per riciclaggio. La provincia di Prato è la seconda provincia in Italia per localizzazione delle segnalazioni di operazioni sospette da parte della Banca d’Italia, 400 per 100 mila abitanti - Milano viene prima con 441 segnalazioni per  100 mila abitanti. Come non detto.
 
Niente ghiri, niente mafia?
Questo era sfuggito, un articolo di Enrico Deaglio, che della mafia si è molto occupato, del 21 ottobre 2021, su “Maremosso”, che il magazine online di @lafeltrinelli ha riproposto recentemente:
Con un certo clamore – la notizia è apparsa un po’ dappertutto - i carabinieri di Delianuova (Reggio Calabria) hanno annunciato di aver sequestrato 235 ghiri (roditori notturni), imbustati in sacchetti di plastica e conservati in congelatore. Tre persone sono state arrestate con l’accusa di cattura e uccisione di specie protetta.
La notizia ci mette davanti a un fatto sconosciuto: apprendiamo che “da sempre” il ghiro è considerato il piatto principale delle “tavolate” tra ‘ndranghetisti e “non c’è pranzo o incontro pacificatore dove non si pasteggi a base di questi roditori”; i cacciatori di frodo, peraltro, rastrellano ghiri che poi vendono anche in molti ristoranti.
Ma c’è di più: in molte inchieste, come l’operazione «Solare» della direzione antimafia di Reggio Calabria, che ha portato nel 2008 all’arresto di 200 trafficanti di droga, in Italia e all’estero, gli ‘ndranghetisti intercettati discutevano oltre che di affari illeciti, anche di come trascorrere in compagnia una giornata in montagna con gli amici «stranieri».
E gli interlocutori si raccomandavano con i gli organizzatori del banchetto affinché agli amici venissero offerti a pranzo ghiri arrostiti. 
Scrive il Corriere: “Per il ghiro gli ‘ndranghetisti nutrono una vera e propria venerazione.
È narrazione ormai contemplata che i boss della ‘ndrangheta prendono le decisioni più importanti davanti a un piatto di ghiro arrostito.
La leggenda riporta che quando ci si riunisce per decidere su una condanna a morte, il capo tavola (il boss più alto in carica), azzanna il ghiro per la testa e poi indica il nome di colui che deve essere soppresso”.
Insomma, non c’è ghiro senza ‘ndrangheta e non c’è ‘ndrangheta senza ghiro.
La notizia costituisce, a mio parere, un grande passo avanti nella lotta alla criminalità organizzata, altro che “follow the money”: basterà seguire il ghiro e la mafia calabrese sarà sconfitta.
Siamo nel 2021, perbacco! 
 
Ora, dopo quattro anni senza più arresti, i ghiri si saranno riprodotti in pace, nel sonno. Ma i capimafia come hanno decretato l’esecuzione dei nemici?
 
Cronache della differenza: Calabria
Era di Paola Carlo Scorza, l’ultimo segretario del partito Fascista prima della defenestrazione di Mussolini, organizzatore della bastonatura mortale a Giovanni Amendola cento anni fa. A Paola visse fino ai 15 anni, quado se ne andò a Lucca, dove era impiegato dello Stato il fratello Giuseppe, per andare all’Istituto tecnico.
 
“Il Quotidiano fa i trent’anni in Calabria e fa per l’occasione una carrellata di vicende e problemi. La prima, “La Calabria delle infrastrutture”, ha per titolo: “Trent’anni di opere incompiute (o semicompiute)”. E esemplifica: “La (ferrovia) Jonica aspetta il completamento dell’elettrificazione”, “L’autostrada si è rifatta il nome, ma i cantieri non sono finiti”…. Uno pensa al Ponte: si faranno gli sterri, e poi?


“Essa finì quindi col diventare allora (nel primo cinquantennio unitario”, n.d.r.),.. la coda di quella «coda d’Italia», come il papa Leone X de’ Medici, il figlio del Magnifico, definiva l’Italia meridionale” – Giuseppe Galasso, “Calabria, paese e gente difficile”, 136-137).
 
“Sono acuti d’ingegno e pieni d’astuzia”, scriveva dei calabresi a metà Cinquecento Camillo Porzio, napoletano, storico e avvocato, noto per la sua monografia sulla quattrocentesca Congiura dei Baroni”, “forti e  nervosi, atti a patir sete e fame, coraggiosi e destri nel maneggiar le armi, e farebbero senza dubbio i migliori soldati d’Italia se non fossero instabili e sediziosi” - la regione dicendo “sempre piena di fuorusciti e di ladri”. Lo stereotipo viene da lontano.
 
L’economista Giuseppe Maria Galanti due secoli dopo, a proposito del reggino, l’area oggi di mafia, parla di abitanti “vivi ed elastici….. facinorosi per essere mal governati…servi degradati…rozzi, queruli, di malafede, spergiuri, denunciatori, calunniatori…. Indocili, ostinati nelle loro idee, rissosi e vendicativi”, e “nell’amore e nell’amicizia tenacissimi…sensibilissimi all’onore domestico”. Senza respiro.
 
Tra i tanti monasteri fondati in Calabria da Gioacchino da Fiore o dai suoi successori Ulderico Nisticò (“Controstoria della Calabria”, 60) include una Santa Mafia d’Altilia. Ma è solo un refuso – lui steso suggerisce un’altra denominazione per la Madonna di Altilia: Calabro-Maria.
Quanto regionalismo, anche sui santi – ma sul vuoto?
 
Ha molti santi – molta devozione – ma se li dimentica. Per esempio san Francesco di Paola, famoso e venerato in Francia e a Roma. Ora è tutta per san Pio da Pietralcina.
 
“Una cosa che la rende felice?”, chiedono al testaccino e romanista Caudio Ranieri, dopo il miracolo con la Roma. “Avere amici sinceri, quelli di Catanzaro”. Dove ha giocato da giovane, quado aveva 21 anni -- poi, quindici anni dopo, per cominciare da allenatore, lo hanno chiamato alla Vigor Lametia, Interregionale. L’amicizia è stata svalutata da Sciascia, ma non è male.
 
Mattia Preti è artista, dice Antonio Baldini girando per Taverna, il paese natale del “cavalier calabrese”, nel 1926, di “rapida, franca, solida, compatta e corrusca pittura ch’è la maggior gloria dell’arte calabrese” – un’“arte calabrese”?
 
Baldini lo dice anche sempre legato al paese, che abbandonò da ragazzo: “Pare che non ci tornasse che una volta sola, da vecchio, rompendo una volta il viaggio da Napoli a Malta; ma portò sempre nel cuore il paese natale, ed accettò sempre volentieri commissioni dai religiosi e dai signori del luogo”. Questo è vero, Taverna ha ancora molte sue tele.
 
“Essendo di origine calabrese, cioè il Sud più dimenticato…”, Marina Valensise può dire sul “Corriere della sera” a Valerio Cappelli. Più dimenticato, si direbbe, dai calabresi stessi, che in molti se ne vanno e stanno fuori.
 
Dimenticata dalla storia, ma di più dalla storiografia, anche calabrese. Immolata a un presunto marxismo nel dopoguerra. In precedenza “antichista”, celebratrice cioè di antichi fasti. Questa “umanistica” ha esiti stravaganti. La fine in Calabria di Oreste, Filottete, anche Eracle, e Licaone con tutti i suoi 22 figli. Ulisse è sbarcato variamente, ad Amendolara, Crotone, Copanello, Lamezia Terme, e anche in montagna, a Tiriolo e 
a Nardodipace.

 
Il governo di centro-destra moltiplica gli incontri a Roma con la Regione Calabria, di centro-destra. A Pasqua ha rinnovato l’impegno, qualcosa come due miliardi, per cinque nuovi ospedali: Sibaritide, Vibo Valentia, Gioia Tauro-Palmi, un altro ospedale a Cosenza, un Gom (Grande Ospedale Metropolitano) a Catanzaro, e miglioramenti per un paio di centinaia di milioni, a Locri, Catanzaro, Crotone, Polistena. Ma i progetti non sono nuovi. Gioia Tauro-Palmi è stato pure “finanziato”, già un paio di volte.  Si dice che la politica ama spendere, ma in Calabria neppure 
quello.

leuzzi@antiit.eu

L’esistenza è la non esistenza

Singolare sintesi fa Torno nella sua “colonna” in terza sul “Sole 24 Ore Domenica” (a proposito della riedizione di K. Jaspers, “La filosofia dell’esistenza”) dell’esistenzialismo. Precisa, in ogni sfaccettatura. E completa, non se ne ricordano altre migliori, sintesi e anamnesi. In mezza cartella o poco più. Che è già finita quando si è cominciato a leggerla.
C’è tutto al meglio, perfino i prodromi, sant’Agostino, Pascal, Kierkegaard, Nietzsche, Dostoevskij. La terminologia e l’etimologia. C’è Jaspers e il suo manuale. “con la prefazione critica” di Antonio Banfi (nome “estremamente ambiguo e capace di trarre in errore”, per una “tipica filosofia della crisi”). E poi Heidegger naturalmente - “l’esistere autentico come «angoscia» rivelatrice del nulla”. E Sartre: “L’esistenza non è la necessità… Gli esistenti si vedono, si lasciano incontrare, ma non si possono mai dedurre” - non “esistono”?
Armando Torno, Filosofare è il vivere nella ricerca dell’essere, “Il Sole 24 Ore Domenica”

domenica 27 luglio 2025

Ombre - 784

Cresce Wall Street malgrado il minidollaro. Compresi i fondi globali Usa, specie al confronto con i fondi europei, malgrado il minidollaro. Niente, al confronto, quelli italiani: + 30 per cento i globali Usa, + 8 quella italiani, con spese doppie. Ma quello che leggiamo è la finis Americae. È solo un problema di lingua, di sapere l’inglese? In entrambe le sue presidenze Trump si è trovato il dollaro alla pari con la moneta europea e ha provveduto a svalutarlo di un 20 per cento.

 
Non ci si crederebbe ma è vera. Alla domanda preliminare di Cerasa, direttore del “Foglio”, di una lunghissima e rispettosissima intervista: “Ha davvero torto la politica quando sostiene che in Italia una parte della magistratura ha una sua agenda politica?”, risponde: “Sinceramente non credo proprio che ci sia”.  Da presidente di Magistratura Democratica, che come si sa non ha un’agenda politica. Come fosse  in Sicilia – dove, come si sa, la mafia non esiste, per la mafia.
 
Una pagina di colore del “Corriere della sera”, di Carlo Vulpio che ha scoperto Vincenzo Alberto Annese, un calciatore di serie C che ha 43 anni e ha allenato squadre di calcio, Nazionali comprese. dei paesi Baltici, e di Belize, Indiam Indonesia, Ghana, Kossovo, Armenia, Nepal, Cisgiordania e ora Afghanistan, il quale dà una testimonianza incontestabile di Israele al tempo di Netanyahu: “Allenavo l’Al Khalil, la squadra palestinese di Hebron, in Cisgiordania, sette anni fa…. Quando il campionato fu sospeso per il Ramadan ne approfittai per andare in Germania ad allenare la Nazionale Under 18 del Ghana in un torneo, gli israeliani mi fermarono” al ritorno; “Perché, chiesi, sapete bene chi sono e cosa faccio, «Appunto - mi risposero – tu stai facendo qualcosa a favore della Palestina, e questo non va bene»”.
 
Macron riconosce la Palestina. Che 148 dei 194 membri Onu riconoscono. Compresi, da qualche tempo, oltre al Vaticano, Spagna, Irlanda e Slovenia, tre Paesi Ue. Dove si conferma che in Europa ognuno va per i fatti suoi.
 
Delle inchieste giudiziarie bisogna attendere le sentenze, ovvio. Ma a Milano si facevano costruzioni enormi, moltiplicando le cubature, come “ristrutturazioni”, con una semplice Scia. Da non credere. L’abuso facendo passare per Nuova Urbanistica. Affidata agli immobiliaristi, per quanto ricchi e nobili (così Fuksas, sarcastico?, dice i Catella), e ai loro architetti, è incredibile. Non a Canicattì, a Milano.
 
Dettaglio non irrilevante nella nuova “urbanistica” ambrosiana, dell’intemerato Sala – che voleva fare il suo partito a sinistra, per il popolo ovviamente. Lo censisce Fubini sul “Corriere della sera”: “Tasse ai minimi per i milionari e case a prezzi record: il 40 per cento delle vendite sopra il milione”.
 
Si fanno più paginate nei giornali italiani su Trump nello scandalo Epstein  che in America sui giornali più antitrumpiani, “Washington Post”. “New York Times”, “Atlantic”. C’è una ragione politica? Non si vede. I giornali italiani sono scandalistici? Se sì, è per questo che non vendono? Se Trump fosse stato implicato nello scandalo, minimamente, non lo avremmo saputo - ha avuto alle calcagna metà buona dei Procuratori federali nominati dal partito Democratico?.È per antiamericanismo? Di corrispondenti che non lascerebbero New York per nessun motivo.
 
“La Gaza Foundation, non uso il termine ‘humanitarian’ perché di umanitario non ha assolutamente niente, è una trappola per le persone”.  Non ha dubbi con “La Nazione” la direttrice di Medici senza Frontiere Italia,  Monica Mintradi. Sarà pure invidia tra organizzazioni umanitarie, ma in effetti questa Gaza Foundation opera da uno o due mesi come trappola per l’eccidio quotidiano: quando ha raccolto abbastanza profughi in fila, l’esercito israeliano spara nel mucchio.
 
La 7,  cioè Urbano Cairo, cioè il “Corriere della sera”, aveva un’intervista in cui si spiegava il “sistema Milano” (lottizzazione abusiva e falso) sei mesi fa. Realizzata da Giovanna Boursier per i “100 Minuti” di Formigli e censurata. Il “Corriere della sera” la utilizza senza perché, e senza vergogna: “Pubblichiamo un estratto dell’intervista ancora inedita….”. Omertà?
 
Non passa giorno, o t g, senza un pronunciamento o una intervista a tutta pagina a Renzi, o Calenda, o Tajani. Sono le bandiere del Centro che i “maggiori organi d’informazione”, come sì vogliono, provano a contrabbandare. Lo squalificato Renzi, testimonial del regime saudita, come ieri Montezemolo, Della Valle (Della Valle?), Cottarelli, il triste economista...

 
Il calciatore Vlahovic, “il paracarro più pagato del mondo”, a detta di Jack O’Mall sul “Foglio” (era l’ex pilota bresciano Giacomelli, beniamino degli inglesi con questo adattamento fonetico, perché pilota-pilota dei primi tentativi isolani in Formula Uno, con MacLaren, oggi inarrivabili allora cenerentole, e con Brabham), super beneficato dalla Juventus, cui non ha dato nulla, la maggior parte del tempo anzi marcando visita, ora ricatta il club: guadagna il doppio degli altri, e vuole l’aumento. Il mercato del calcio è un vero mercato, cioè dei furbi, gli speculatori.
 
Dal poco che si capisce nel bailamme di Garlasco e Pavia la cosa più vera è la sciatteria delle indagini a suo tempo, benché la vicenda fosse subito clamorosa. Di ricerche mai effettuate, l’arma del delitto, le “visite” in casa Poggi, e di interrogatori fatti di malavoglia e registrati peggio. Il giallo è degli inquirenti.
 
Notevole nelle due partite dell’Italia dei calcio femminile in tv all’Europeo in  Svizzera l’indigenza dei due arbitri (o sono arbitre?), Ivana Martincic e Stéphanie Frappart. Hanno fischiato sempre a caso, non solo nei rigori. Ma sempre con “autorevolezza”. Di Martincic, croata, si può presumere per anti-italianismo (ammonizioni “preventive”  solo per l’Italia, nemmeno fallo il pestone non casuale alla coscia che ha messo fuori gioco Girelli, l’anima dell’Italia). Ma entrambe col “becco” alzato, si direbbe – non si può dire perché passerebbero per galline, ed è proibito. Quando giocano le donne, non può arbitrare un uomo?
Notevole anche il portiera (o è portiera) dell’Italia, Giuliani: fenomenale contro le arbitre – i rigori.
 
Perché Meloni non scende nei sondaggi?”, si chiede  il “Fatto Quotidiano”, che la domanda mette in prima, a firma Luciano Casolari, “medico psicoanalista”. E si risponde: “Il cervello è strutturato in tre strati che si sovrappongono. Alla base esiste un cervello detto rettiliano”. Ah, che opposizione, degna di Grillo, del comico.
 
Jennifer Lopez canta a Lucca in trasparenze, per esibire gloriosa  i 55 anni, che accentuano gli attributi sessuali, seni, glutei, pube. Dopo decenni di femminismo che depreca l’esibizione del corpo, uno che la esalta. Non c’è scampo.
 
Selfie possibile a Lucca con Jenniper Lopez al pre-concerto, la pausa “meet-and-greet” con i fan. Al costo d 1.400 euro per trenta secondi di convenevoli, 2.800 euro al minuto, Voleva scoraggiare i fan?Ma in 40 hanno pagato. Giusto perché c’era un limite di venti minuti al “meet-and-greet”.
 
Da Parolin a Pizzaballa, i cardinali non affettano più prudenza, a Gaza è stato ed è “sterminio”. La parola per gli israeliani, che sono ebrei, dovrebbe suonare tragica. Ma sul “Corriere della sera” lo scrittore Edgar Keret testimonia che a Tel Aviv e in Israele “la massa di cadaveri di gazawi… non smuove montagne, non riceve l’attenzione dei notiziari, non è presente, quasi non è riportata”.
Il breve testo di Keret è uscito su “Yedioth Ahronot”, “il più venduto quotidiano d’Israele”, ma evidentemente a nessun effetto.

L'Occidente non esiste senza Trump

Un ritratto in forma di reportage (Carrère non ha voluto il trattamento giornalistico, niente  sommari, sottotitoli, nemmeno accapo, se non i suoi) di Macron, il presidente francese, che conosce dal 2017, cioè da quando è stato eletto alla presidenza la prima vota, a quarant’anni, che però non decifra. Ospite privilegiato, PR + 18 (Presidente + 18), a ridosso del tavolo dove il presidente tiene le riunioni in volo, nel lungo viaggio andata e ritorno, via Groenlandia, al G 7 canadese, è convitato a conversazioni sempre interessanti, di cui tuttavia non trova il filo. Macron, p.es. è un cinefilo, un po’ obbligato, “dormo poco e bene, mi rimane il tempo di vedere dei film”, ma sapientissimo – sa di Carrère collaborazioni  a sceneggiature di cui lo scrittore ha dimenticato tutto, titoli e soggetti (“Niente di cui meravigliarsi, gli preparano delle note, tutto qui”, sì, ma “questa nota avrebbe dovuto essere lunga 15 pagine per includere questa informazione”).
Quello che resta, a parte il soggetto Macron che certamente Carrère approfondirà (è uno specialista dei personaggi che lo incuriosiscono, come il russo Limonov, o Philip K.Dick, che qui ampiamente cita), è come Trump ha annientato il G 7: “Per cominciare ha detto che tutti quei discorsi non avevano nessun senso in assenza di Putin  - escluso dal club da quell’incapace di Obama dopo l'annessione della Crimea - e lo ha ripetuto sempre più scontroso ogni volta che qualcuno prendeva il coraggio di dirgli qualcosa”. Il vertice avendo già esautorato con l’entrata in notevole ritardo sulla schedule (si è tenuto in ostaggio per un’oretta l’incolpevole cancelliere tedesco Merz, per un “bilaterale” non richiesto). E dopo un po’ se n’è andato, adducendo impegni urgenti, quando si annunciava l’invitato Zelensky.
Unico personaggio di rilievo, allo scrittore inquieto (“troppa destra”), che ha assitito al vertice come Pr + 5 (“avevo accesso alla sala di ritrasmissione, da dove si vede e si sente tutto come se si fosse seduti al tavolo”), appare Meloni. Che da del tu a Trump, e spiega con l’aiuto di slides colorate come l’Occidente – Usa e Europa – controllava il commercio mondiale qualche decennio fa, e ora ne è ai margini – “almeno tra noi non facciamoci guerre”.
Emmanuel Carrère, I
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