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sabato 24 novembre 2012

Un capolavoro di storia, di idee, di calcio

Si riedita rapidamente in economica questa storia che sarà un classico. Una lettura in cui non si salta una riga – è da supporre anche per non tifosi (col fastidio di imprecisioni che una minima cura editoriale avrebbe evitato: De Coubertain, una popolazione stratosferica per il Brasile, Chapman che nel 1918 fabbrica – non costruisce – munizioni per l’Inghilterra probabilmente, ma sicuramente non contro l’Italia, e altre minori). Quante cose che “sapevamo” e che ora finalmente sappiamo. Era un gioco violento, il calcio, di dieci solitari, con dribbling stretto o braccia comunque muscolose, da usare contro gli avversari non potendolo con la palla, più il guardaporta a cui ridare l’uso proprio delle mani. Ci volle tempo perché diventasse un passing game, a opera degli scozzesi (anche il calcio, dunque, come la filosofia “inglese”, è in realtà scozzese). E quindi di squadra. E quante sottigliezze nell’allungare o accorciare il campo, nel gioco tra le linee, nel terzo, quarto o quinto difensore – “libero” il difensore lo è sempre stato dagli inizi. E nella democraticità del professionismo, che ci evitò infine le squadre di imprenditori, medici, avvocati e ingegneri, uno povero non potendo altrimenti “scegliere” il pallone: le cose semplici a volte sono difficili, la retorica è fortissima – dei dilettanti alle Olimpiadi, per esempio, dopo quattro anni di esercizio quotidiano esclusivo. Modesto, un capolavoro: leggere di corsa quattrocento pagine sulle tecniche e le tattiche è perfino esilarante.
Breve su ogni aspetto, ed esemplare. Il calcio, per esempio, come ultima espressione dell’imperialismo britannico. Come il gillette, non male. Anche in India, ma pretendevano di giocare scalzi. O il decennio del calcio italiano. Perché sì, ce ne fu uno, gli anni 1930. L’Italia, sconfitta tra il 1930 e il 1940 solo in cinque partite, vinse l’Europeo (Coppa Internazionale) del 1930, il Mondiale del 1934, l’Europeo successivo, nel 1935, l’Olimpiade del 1936, il Mondiale del 1938. Del calcio italiano e non fascista, anche se gli anni sono quelli. La controprova è nella persecuzione di Erbstein, il mago del Grande Torino, per le leggi razziali: a p. 71, che merita leggere anche in piedi in libreria. Non c’è Fulvio Bernardini, il primo nazionale della Lega Sud, che vincerà due campionati “da solo”. Non c’è neanche Maestrelli. Ma c’è molto altro. Sul Mondiale di Spagna Soldati ha costruito con poco - un barbiere, un oste - un racconto godibile. Con meno pagine, Sconcerti lo racconta in modo ancora più godibile – e ancora non sappiamo se la maglia di Maradona strappata da Gentile non fosse tarlata. Accanto alle “cose serie”: la Rai, per esempio, caso insigne d’insipienza anche nel calcio, che nel 1995 pagava 191 miliardi per le sole sintesi dopo-partita, “per non svuotare gli stadi”, mentre l’anno dopo Tele+ potrà vendersi tutte le partite in diretta, al costo di soli 203 miliardi. 
Mario Sconcerti. Storia delle idee del calcio, Baldini Castoldi Dalai, pp. 389 € 9,90

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Un capolavoro “sconcertante”…? Avendo cominciato il libro alla fine, non l’ho più letto, quindi non posso dire. Ma Moratti mecenate, uno che ha distrutto 17 allenatori e un’intera nazionale (Toldo, etc., all. Lippi), per gloriarsi di tutti stranieri-già-fatti, che “idea del calcio” è?
Vispa Teresa

Anonimo ha detto...

Debbo dissentire (sul calcio non sarà un peccato). Non si può chiudere il libro glorificando Zeman nel suo lato peggiore, quando accusa Lippi di aver dopato la Juventus e Del Piero di essere un drogato (sì, Zeman dice che non l’ha detto, ma l’ha “detto” e come!). Tacendo di Casalbore, il giudice anti-Juventus, che è torinista (come poi l’avvocato Artico, contro Conte). E senza dire che “il professor Guido Rossi” era avvocato di Moratti e consigliere dell’Inter, “una persona che crede nelle regole, non disponibile a compromessi”.
“E’ evidente cos’è accaduto per molto tempo”, dice delle accuse di doping e corruzione alla Juventus. Era evidente anche a lui, direttore di giornali sportivi? Quindi anche lui è condannabile, come Conte (dirà che lui non è squalificabile, che è esterno al mondo del calcio, ma c’è dentro, eccome!). O ha l’evidenza delle intercettazioni partenopee? Manipolabili, manipolate.
No, dispiace, anche i capolavori vogliono onestà. A p. 49: “In sostanza la Juventus, attraverso Moggi, è accusata di aver creato un sistema attraverso il quale controllava il campionato. La Fiorentina è accusata di essersi rivolta a Moggi per evitare che gli arbitri continuassero a farle perdere le partite”. Di chi è la disonestà qui, della Fiorentina, di Moggi, o de “gli arbitri” (nonentità?). Non va esclusa l’incapacità, è vero, vedi l’italiano zoppicante.
Tommaso L.