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martedì 26 aprile 2016

La sottomissione è dell’Europa, per l’infausto patto anti-Fn

Ma è un libello politico, di un lepenista. Non dichiarato – nessuno dichiara di essere fascista – ma evidente. Ribadito perfino, in più maniere. Non c’è altra lettura alla rilettura: un’invettiva articolata e argomentata dietro l’irrisione, e piena di effetti appassionanti se non convincenti (analisi, ipotesi, le stesse informazioni), ma è una resa dei conti col fronte “repubblicano”, della diga anti Fronte Nazionale.
Lo spento Hollande è stato confermato nel 2017. Nel 1922 il Fronte Nazionale è dato vincente al ballottaggio, e allora socialisti e gollisti si schierano per l’inafferrabile Centro, ora nelle vesti della Fratellanza Mussulmana – esumando come “pontiere”  il solito Bayrou, il Centrista per eccellenza, che Houellebecq non ha parole per  ingiuriare abbastanza. Il narratore identificandosi col protagonista.
Il protagonista si nasconde dietro Joris-Karl  Huysmans, l’autore di cui è specialista – è professore universitario. Tradizionalista e contemporaneo, riconvertito cattolico, sincero credente ma monaco senza convento. Di cui celebrerà l’apoteosi, con tre volumi della Pléiade. Su commissione indiretta del nuovo regime islamico, di cui accetterà infine la lusinga, sotto forma di invito alla Sorbona dei nuovi padroni, i principi sauditi, munifici (stipendio triplicato, in alternativa al baby-pensionamento a trattamento intero) e magnanimi (libertà assoluta d’insegnamento). Dopo essere sfollato precauzionalmente,  quando il regime islamico si prefigurava, a Rocamadour. Nella via dell’esilio in Spagna cui in realtà non pensa, e che è invece un pellegrinaggio alle radici della Francia. Con le quali stabilirà un ultimo fuggevole contatto con l’incanto per la Madonna Nera del santuario, espressione di un Medio Evo che seppe essere grande per mille anni – un fascino che non è iù in grado di reggere.
Bayrou è nel mirino insieme con gli “identitari”, nazionalisti di sacrestia, sciovinisti e, loro sì, un po’ fascisti, salvo convertirsi umilmente al nuovo regime, e anzi abbracciare l’islam, altrettanto convinti – quelli che “comunque una religione”. Entusiasti della nuova condizione femminile, un donna in età per la cucina e una ragazza “per le altre cose”, ma non solo. Il regime islamico è generoso e culturalmente pluralista. Include e non esclude. E instaura il distributivismo, la dottrina sociale di Chesterston e Belloc, due oltranzisti papisti, nonché il principio di sussidiarietà di papa Pio XI, “Quadragesimo anno”. All’insegna del “se l’islam non è politico non è niente”, il motto del presidente Ben Abbes. L’islam francese del resto presto si autonomizza dagli ingombranti vicini petroliferi, integralisti di ceppo wahabita-salafita, col tutto elettrico nucleare, compresa l’automobile.
Una divagazione insomma bene informata e inventiva. Se rancorosa non lo fa pesare. Si beve anche molto, sempre, in questo regime islamico. Il tutto condito dai soliti intermezzi porno, uno ogni diecina di pagine, come l’editoria di mercato vuole – Houellebecq è un estremista anche nella scrittura, ma nel senso che è un Autore che si fa piacere la letteratura di consumo. “Sottomissione” si legge facile, di scrittura scorrevole, senza spessore. Senza neanche tensione, come un reportage giornalistico a babbo morto: vi dico come è andata, senza sorprese. Se non quella di una Fratellanza Mussulmana che conquista tutti, senza violenze.
L’autore sta seduto sui suoi odi politici. Lo Huysmans dietro cui si cela non è il sodale di Zola. E nemmeno quello successivo, lo scrittore di Des Esseintes, il prototipo del decadente. È l’ultimo, quello che,  riconvertito, sta bene solo in chiesa, e nelle vicinanze. È però sempre lo scrittore che vive in dissidio col suo tempo, con la modernità, in un’Europa che dominava il mondo. Houellebecq, speculare, vive anche lui in isolamento, e in dissidio col suo tempo e col mondo, seppure non nella trappa, né nei pressi, e in un’Europa non più dominante e anzi succube. Si rifà con l’apoteosi – onirica, satirica -- della sottomissione. Un libello contro i socialisti, ma anche contro i gollisti, una destra inconcludente.
Lungimirante: le cose precipitano al secondo turno delle presidenziali del 2017, con la rielezione di Hollande,  “spettacolo vergognoso, ma aritmeticamente ineluttabile, della rielezione di un presidente di sinistra in un paese dichiaratamente a destra”. È l’ultima convergenza di socialisti e gollisti contro il Fronte Nazionale. Al prossimo mandato non ce la faranno nemmeno uniti, e allora preferiranno un accordo con la Fratellanza Mussulmana. Dopo aver tentato tutte le trappole possibili contro Marine Le Pen, specie contro il padre di lei, incolto e fascista (professo). Meglio un suicidio che una sconfitta. Houellebecq confessa un debole per Toynbee, che le decadenze delle civiltà e degli imperi ha teorizzato come suicidi, l’esito delle divisioni e ostilità intestine – nel 1914, studiando Tucidide e la sua “Guerra del Peloponneso”, Toynbee era stato colpito dalla similarità con la prima “guerra civile” europea.
La Fratellanza Mussulmana va dunque al potere nel 2022 per il solito accordo destra-sinistra al secondo turno delle presidenziali, con l’illusione del Centro. Il solito accordo per sbarrare la porta al Fronte Nazionale. È questo che – non detto - indigna il protagonista. Che è peraltro islamico in petto, nel disprezzo della politica non solo ma anche delle donne. Che frequenta in gran numero, ma solo per le pratiche erotiche. O meglio fascista, più che islamico – fascista proprio, quello della storia: anticapitalista, popolare eccetera.
La Fratellanza Mussulmana, al confronto con questo destra-sinistra, è un partito bello, intelligente.  Houellebecq si fa in quattro, certo derisoriamente, per celebrarlo. L’economia lascia agli specialisti, punta all’istruzione e alla demografia. I socialisti invece sono sempre opportunisti: gli appeaser pro-Fratellanza anti-Fn sono nominati, Hollande e Valls, sono loro che consegnano la Francia alla Fratellanza Mussulmana. L’Ump gollista è colpevole, ma per mancanza di coraggio, e comunque Sarkozy escluso. “Il vero programma dell’Ump, così come quello del partito Socialista, è la scomparsa della Francia, la sua integrazione in un insieme federale europeo”. Odiato da Houellebecq al punto che il suo personaggio non giustifica nemmeno l’odio, basta il disprezzo.
La sottomissione, ultima beffa, è quella di Dominique Aury: corporale, sessuale. Perpetrata nello stesso palazzetto di Jean Paulhan, che la Aury assoggettava. Dove il nuove rettore “saudita” della Sorbona e reale direttore della Pléiade e di Gallimard, ex identitario, futuro ministro e anzi vice-presidente, seduttore di intellettuali, compreso lo specialista di Huysmans, si è installato. Con una moglie comoda per la cucina e una ragazza per le altre cose. È con questo esempio che la seduzione del protagonista di Houellebcq si compie: “L’idea sconvolgente e semplice, mai espressa con tanta forza prima, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta”.
È il paradosso della servitù volontaria, che però Houellebecq non cita, preferisce la “Storia di O”. La sua sottomissione, più che un suicidio, è una buggeratura: una porno disponibilità di tutti gli orifizi - certo elevata: letteraria, filosofica. Non è disperato, e nemmeno apprensivo: è il solito Houellebecq, acido e arcigno.
Rileggendolo, il “romanzo” della sottomissione è semplice: è un presagio, in forma di reportage, degli eventi del 2022. Non il “Mondo Nuovo” di Huxley, una prefigurazione onirica si basi scientifiche, ma un libello. Una distopia in forma di utopia, benevola se non auspicabile. Solo a metà orwelliana, presagio di un futuro sgradevole: il futuro islamico è anzi brillante e intelligente, fatto di buona politica, compreso il ritorno delle donne allo stabio. E comunque inevitabile, per la leggi ferree della demografia.
Più che Orwell, anzi, Houellebcq rifà Voltaire, il suo “Candido” che viaggia nel migliore dei mondi possibili. Un parlare di cose impossibili o esagerate come critica del presente. Peggio – meglio: è una eterotopia. Quella di Vattimo, “La società trasparente”: un percorso nuovo come “liberazione delle differenze”, sia pure beffardo. Che nel caos e nell’appiattimento lascia o fa emergere individui, gruppi, popoli che la storia ha tenuto compressi o ha ignorato.
Un saggio politico, acuto anche se prevenuto, molto prevenuto e molto acuto. Tutti sono spacciati di fronte alla forza demografica, petrolifera e religiosa dell’islam. Anche la Cina e l’India, che pure per demografia non sono deboli, essendosi lasciate contagiare dal morbo occidentale della disquisizione e la divisione, di fronte alla compatta rudezza, acquisitiva, dell’islam. In un colpo solo Houellebecq “sistema” il temuto islam con la disprezzata Unione Europea.
Michel Houellebecq, Sottomissione, Bompiani Vintage, pp. 252 € 12

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