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domenica 21 febbraio 2016

Com’è triste Proust, sembra Gozzano

“Chopin “uomo di sospiri, di lacrime, di singhiozzi”? Il genio del pianismo, così sottile e misterioso? Ma non solo il gusto, anche la forma del poeta Proust è una delusione.
L’antologia riproduce in parte il “Cahier Marcel Proust” n. 10, 1982, che ha raccolto i versi sparsi,  a cura di Claude Francis e Fernande Gontier. I primi componimenti sono in alessandrini, naturalmente pomposi – alessandrini negli anni 1880? il genera “fanfare e trombe” di corte, che i borghesi evidentemente a Fine Secolo invidiavano. Seguono alcuni medaglioni di artisti, come quello di Chopin, imbarazzanti per uno che veniva dopo Baudelaire e Sainte-Beuve, o anche solo dopo Diderot e Stendhal. Alcuni pastiches, genere coltivato più proficuamente in prosa, qui da Anna de Noailles, Mallarmé e Débussy. E omaggi agli amici, tutti giovani e belli e desiderabili (o allora indesiderabili): i soliti noti (Robert Dreyfus, Daniel Halévy, Robert de Billy, etc,), qui anche Cocteau e Morand. In genere sul pallido-opale – anche blu, che in francese, bleu, si presta a più rime. Di amori sempre delusi – “amare è triste”. Piove anche, un poco, nel cielo opale di Proust. Con spiritosaggini certo, è nello spirito di questi suoi “invii”, ma poco spiritose.
Una bizzarra conferma, squadernata ma invisibile, come la lettera di Poe, anche presso i cultori della materia, del Proust vero di Beckett. Scherzoso sempre, e insincero. Nel deserto dei sentimenti, coltivato – mai un accento di disperazione, neppure di maniera. Scherzoso peraltro di un’adolescenza prolungata, liceale. Anche se alcuni componimenti sono contemporanei alla “Recherche”. Luigi De Nardis, che ha pubblicato l’antologia messa a punto e tradotta da Luciana Frezza, prende le distanze. Più ancora la traduttrice, che, proustiana, si fa un dovere di premettere: questo abbozzo di poesia, “com’era da prevedere, non ci fa rimpiangere nulla”. La poetessa è soprattutto impressionata dalla “freddezza  decorativa, tra parnassiana e liberty”. O non peggio?
L’esercizio, al di qua dell’ironia, richiama Gozzano, poco prima dei baci Perugina. Crepuscolare non è una colpa, ma sì di uno che veniva dopo Baudelaire – o, per quello che riguarda il segreto, dopo Wilde.
Non si sa che pensare di Proust, in attesa di una biografia non oleografica. Si ha bisogno di un Proust sincero nell’insincerità. Meno omeopatico. Odoroso, anche se di zolfo. Il problema è della scelta? Che è purgata, anche se non per moralismo: per intraducibilità. Frezza porta l’esempio di “merde”, con le tante rime che il francese consente e l’italiano no – nessuna rima. Un componimento evitato (anche dal “Cahier” n. 10) è “Pédérastie”, poi famoso perché Jacqueline Risset lo ha pubblicato e commentato a parte. Anche la mostra recente dell’Hotel Marigny, il bordello gay che Marcellino decorò con i mobili della mamma, potrebbe dare un altro spessore, ai versi in opale, e anche alla poetica.
Marcel Proust, Poesie, Ue Feltrinelli, pp. 143, con orig., € 6

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