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domenica 11 maggio 2025

È un altro conclave

Senza colpa, probabilmente, ma il cardinale Parolin è ridotto a controfigura del suo pari grado Bellini nel romanzo-film “Conclave”: il segretario di Stato favorito che perde voti a ogni votazione. Lui stesso si considera tale, scrivendo oggi al giornale del suo paese, il “Giornale di Vicenza”, e quindi prosit. Mentre il conclave vero, quello come lo ha voluto il papa Bergoglio, che ha proceduto all’elezione del suo successore, è stato molto diverso. Per lo svolgimento non è dato sapere, ma per la composizione sì.
Nel penultimo conclave, 2013, erano “occidentali”, europei e nordamericani, il 65 per cento dei cardinali, due elettori su tre. In quello appena concluso la quota era scesa a uno su due, il 50 per cento. È stata questa la maggiore “rivoluzione” di Bergoglio – quella di maggiore impatto.
Insieme a un’altra a cui non si fa caso, ed è forse di impatto ancora maggiore: sono escluse dal conclave alcune delle diocesi più grandi e di maggiore tradizione: Milano, Venezia e Genova in Italia, Parigi, Madrid, Los Angeles. Non è cardinale, a proposito di “papa americano”, neppure il presidente della Conferenza episcopale Usa, Timothy Broglio.
Molti cardinali elettori sono – sono stati – vescovi di piccole comunità, nominati per scelta personale, anche se di rappresentanza ridotta.

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