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sabato 3 maggio 2025

Quante specie di dolori

La conoscenza del dolore è, dovrebbe essere, parte dell’alfabetizzazione, è la conclusione: “La conoscenza, vorrei dire la cultura, alza la soglia della sofferenza”. Al termine di una conferenza – lectio magistralis - tenuta da Eco nel 2014 a Bologna, all’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa: sapere perché si soffre. Un’altra applicazione della passione classificatoria di Eco. Applicata, come è negli scopi dell’Accademia, non tanto o non solo alla malattia, e “in un contesto semiologico, storico, filosofino”, non medico.
Eco parte da Esiodo, dai mali sulla terra, passa per le teorie musulmane sui rimedi ai dolori d’amore, e si dilunga sul cristianesimo, che fa sue le pene del Cristo, nella trattatistica, nella preghiera, nelle immagini. Per Aristotele “il saggio cerca di raggiungere l’assenza del dolore, non il piacere”, per il cristiano il dolore è lo strumento della redenzione. Con estesa casistica.
Con Remo Bodei, poi, Eco esamina il dolore che fa il romanticismo. Da Hölderlin, e naturalmente Leopardi, fino a Schopenhauer, “per cui la stessa filosofia nasce dalla cognizione del dolore” – e a Nietzsche, id. A Dostoevskij, “I Demoni”, a Proust, al solito lucido Pavese del diario.
Nel Romanticismo è anche il dolore per la propria bruttezza – esemplare, anche se fuori periodo, quello di Sartre bambino ne “Le parole". Col Romanticismo anche la Schadenfreude, il gusto per il dolore degli altri. Fino alla “Poesia cimiteriale”. E, in parallelo, la letteratura “gotica” e il cinema alla Tarantino.
Umberto Eco, Riflessioni sul dolore
, La nave di Teseo, pp. 61 € 8

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