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© dei principati arabi sul Medio Oriente
Gaza, Iran, Houthi, e ora la Siria, gli “sceiccati” della penisola arabica
si pongono al centro delle convulsioni di tutto il Medio Oriente, dalla Libia
all’Afghanistan. In funzione pacificatoria, e quindi per la loro stessa sopravvivenza,
di Stati patrimoniali (Max Weber), cioè di proprietà privata, come nel
feudalesimo. Ma con risultati inattesi. Erano sceiccati nsenso proprio, di capitribù,
ancora quarant’anni fa, e al di fuori del Grande Gioco, prima della guerra del
Golfo. Hanno avviato una diplomazia di pace per tutto il Medio Oriente, con
risultaui positivi.
Il Qatar, dunque, pagherà e retribuzioni dei funzionari siriani, con l’avallo
di Washington, per evitare il crollo del nuovo regime e favorirne la stabilizzazione.
Mentre gestisce da due anni ormai le difficili tregue tra Hamas e Israele. Oltre
che la Siria, gli emirati e l’Arabia Saudita sostengono l’economia libanese,
per evitare il dissolvimento del Paese – abbandonato dalla tradizionale protezione
europea e vaticana. L’Oman si è assunto
la difficile, al limite dell’incredibile, missione di avvicinare l’Iran agli Stati
Unii – una mediazione che si svolge periodicamente anche a Roma. Nel 1970 i protettori
inglesi dovettero fare un colpo di Stato a Mascate (come già due anni prima a Tripoli
di Libia) per togliere allontanare il vecchio sultano che non voleva la luce
elettrica e manteneva la schiavitù.
I principati della penisola arabica hanno sostituito i militari nella
strategia di Washington. A partire dalla prima presidenza Trump. Dopo i militari
(Mubarak, Saddam Hussein, Assad, lo stesso Gheddafi) gli Stati Uniti hanno
provato, con Hillary Clinton, che trascinò Obama, a puntare sui Fratelli musulmani
come forza stabilizzatrice, facendo finta di credere alle “primavere arabe”. La
Fratellanza rilanciò il jihadismo su vasta scala, e ora, già col primo Trump
nel 2016, puntano alla stabilizzazione attraverso i principati della penisola arabica.
Partendo dagli “accordi di Abramo”, che pure sembravano inconcepibili – e che
si dissero negoziati da un genero di Trump, non altrimenti ricordato.
In prospettiva, dopo la Siria, il finanziamento della deportazione dei Palestinesi.
Di Gaza e, in prospettiva, della Cisgiordania. La politica estera americana ha
una forte consistenza, anche sotto i fuochi artificiali di Trump: nasce da
analisi e strategie.
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