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giovedì 8 maggio 2025

© dei principati arabi sul Medio Oriente

 Gaza, Iran, Houthi, e ora la Siria, gli “sceiccati” della penisola arabica si pongono al centro delle convulsioni di tutto il Medio Oriente, dalla Libia all’Afghanistan. In funzione pacificatoria, e quindi per la loro stessa sopravvivenza, di Stati patrimoniali (Max Weber), cioè di proprietà privata, come nel feudalesimo. Ma con risultati inattesi. Erano sceiccati nsenso proprio, di capitribù, ancora quarant’anni fa, e al di fuori del Grande Gioco, prima della guerra del Golfo. Hanno avviato una diplomazia di pace per tutto il Medio Oriente, con risultaui positivi.  
Il Qatar, dunque, pagherà e retribuzioni dei funzionari siriani, con l’avallo di Washington, per evitare il crollo del nuovo regime e favorirne la stabilizzazione. Mentre gestisce da due anni ormai le difficili tregue tra Hamas e Israele. Oltre che la Siria, gli emirati e l’Arabia Saudita sostengono l’economia libanese, per evitare il dissolvimento del Paese – abbandonato dalla tradizionale protezione europea e vaticana.  L’Oman si è assunto la difficile, al limite dell’incredibile, missione di avvicinare l’Iran agli Stati Unii – una mediazione che si svolge periodicamente anche a Roma. Nel 1970 i protettori inglesi dovettero fare un colpo di Stato a Mascate (come già due anni prima a Tripoli di Libia) per togliere allontanare il vecchio sultano che non voleva la luce elettrica e manteneva la schiavitù.
I principati della penisola arabica hanno sostituito i militari nella strategia di Washington. A partire dalla prima presidenza Trump. Dopo i militari (Mubarak, Saddam Hussein, Assad, lo stesso Gheddafi) gli Stati Uniti hanno provato, con Hillary Clinton, che trascinò Obama, a puntare sui Fratelli musulmani come forza stabilizzatrice, facendo finta di credere alle “primavere arabe”. La Fratellanza rilanciò il jihadismo su vasta scala, e ora, già col primo Trump nel 2016, puntano alla stabilizzazione attraverso i principati della penisola arabica. Partendo dagli “accordi di Abramo”, che pure sembravano inconcepibili – e che si dissero negoziati da un genero di Trump, non altrimenti ricordato.
In prospettiva, dopo la Siria, il finanziamento della deportazione dei Palestinesi. Di Gaza e, in prospettiva, della Cisgiordania. La politica estera americana ha una forte consistenza, anche sotto i fuochi artificiali di Trump: nasce da analisi e strategie.

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