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giovedì 3 luglio 2025

L’America scopre Malaparte

Lo scrittore italiano, un tempo propagandista prediletto di Mussolini e in seguito eroe letterario di culto, fu un cronista ineguagliabile. Ben fascista a suo tempo, seppure confinato come antifascista. Il direttore di “Granta” lo propone con un ritratto dal vero al pubblico americano.
“Sei un fascista nato, uno di quelli autentici”, aveva scritto Piero Gobetti al’amico Curzio nel 1925, tre anni dopo l’inizio della dittatura di Mussolini. Gobetti, ventiquattrenne e acclamato come il più brillante scrittore liberale della sua generazione, sperava di impedire a Malaparte, allora ventisettenne, di dedicare tutto il suo talento alla causa fascista. “Non capisci che stai perdendo tempo, che i fascisti ti stanno prendendo in giro, che nel partito sei un uomo di quinta classe, che i tuoi scritti dell’ultimo anno non valgono un fico secco?”, gli scriveva.
Gobetti morì l’anno successivo, per le ferite inflitte dalle Camicie Nere. Malaparte, a quel punto, si stava facendo un nome come uno degli scagnozzi intellettuali di Mussolini. Che poi lo mandò anche al confino, a Lipari – come in vacanza (non amato da Mssolini ma nemmneo osteggiato).
Durante la Seconda Guerra Mondiale Malaparte divenne il cronista embedded da Mussolini su tutti i fronti caldi, dalla Finlandia al ghetto di Varsavia. Tutti fronti di cui lascerà memorie memorabili. E tutti estremamente veritieri, oltre che efficaci. Della sua vastissima opera Meany soprattutto apprezza e segnala i racconti di guerra, “Il Volga nasce in Europa”, 1943, “Kaputt”, 1944, e subito dopo i racconti di “La pelle”.
Thomas Meany, Curzio Malaparte’s Shock Tactics, “The New Yorker” (leggibile anche in traduzione)

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