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La Germania è lontana
È ripartita la macchina della Germania Grande: è bastato il ritorno alla
cancelleria della Cdu\Csu, i democristiani o popolari tedeschi, per cancellare
d’un tratto l’appannamento di Berlino e rilanciare il filone trionfalistico del
quindicennio Merkel – a cancelliera del “troppo poco, troppo tardi”. Partendo
dal già visto: “L’Italia non conta”, “No, non è vero, l’Italia conta”, e così via,
il ludibrio.
Il nuovo governo ha all’Interno un antitaliano dichiarato, il bavarese Alexander
Dobrindt, Csu, antagonista in pectore di Merz. Uno emerso nella crisi
del debito del 2012, perché tuonava ogni giorno per la cacciata dell’Italia
dall’euro – insieme col presidente dell’Ifo, l’influente istituto bavarese della
Congiuntura (e con la Deutsche Bank, che speculava sui Bot, e la Bundesbank).
Merz non è bavarese, e non è Csu. Ma è stato l’anti-Merkel nel 2006 per
la candidatura Cdu\Csu alla cancelleria, così come ora Dobrindt tallona lui, in
attesa di un passo falso. Allora Merkel praticamene cacciò Merz, oggi Merz ha dovuto
imbarcare nel suo governo il suo antagonista.
Nella sfortunata campagna del 2006 il giovane Merz era consigliato e
protetto da Wolfgang Schäuble, bavarese anche lui, leader della Csu, ma di tutt’altra
pasta che Dobrindt, politico colto e riflessivo. Merz ne terrà conto. E poi i
Popolari a Bruxelles e dintorni hanno bisogno di Meloni. Anche per sapere come
si fa nella sfida cruciale ad Alternative für Deutschland, l’arrembante destra
tedesca, per esorcizzarla, se non per cooptarla - la funzione storica dei Popolari
nella Germania Federale, specie della Csu. Quindi Merz farà gli attesi “baci e
abbracci” domani a Roma.
Il dialogo però, che non c’era, non c’è. E non c’è alcun motivo che ci
sia – non c’è stato con tutti i governi post-Berlusconi: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni,
Conte, Draghi.
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