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lunedì 15 settembre 2014

Secondi pensieri - 188

zeulig

Amore - Nell’abbandono si parla classicamente, di fantasia, carità, piacere, o si opera di forza. Modi che devono qualcosa a qualcuno, a un modello, sono pose. Ma l’istinto vi è irriducibile, l’esistenza è immedesimazione - l’Einfühlung di Husserl, ecco dov’è.
Nondum amabam, et amare amabam”, dice sant’Agostino con una punta di compiacimento, detestabile: questo farsi da sé è onanistico. O temibile: se è vero che si ama da soli, da solo a sola, l’amore è per questo terrificante. Socrate spiega a Agatone nel Simposio che uno cerca quello che non ha: “Se l’amore cerca il bello e il buono, dunque, non li ha”.

L’amore è brutale e cerca rogne. Traccia utile per farcire le tasche ai freudiani. Oppure è bello-e-buono e non cerca nulla, si fa le seghe. Inafferrabile logica socratica, già sofistica, che costerà a Aristotele faticose confutazioni, per non poter egli dirne male. L’amore è ritenuto ed è la via alla felicità, ma per amare bisogna avere fiducia in se stessi. Il fatto è che si ama una seconda volta, se si è stati cioè amati almeno una volta, all’origine. L’armonia si svolge su questa traccia semplice.

Conoscenza – La psiche non è in nessun luogo: Husserl lo precisa nel secondo libro delle “Ideen”, ma si è sempre saputo. Ciò spiega l’impasse, anzi il fallimento, della fisica dell’intelligenza artificiale, quand’anche potesse riprodurre artificialmente un cervello in tutte le sue pieghe. La conoscenza è più del cervello.

Corpo – È individuale, mai ricalcabile. E non è un involucro, né un’appendice. Ha dei sensi, un sistema venoso e muscolare complesso, produce sensazioni il più spesso ingovernabili, si eccita e si addolora, è mobile (incostante, imprendibile) ed è unico. Una varietà di linguaggi lo esprime e moltiplica, come in un fuoco d’artificio, che un petardo ne contiene un altro. Senza contare le infinite varietà e le sfumature dei linguaggi, gestuali, visivi, manuali, sonori, articolati e non, di cui si compone la comunicazione, equazione a numero incalcolabile di incognite. Cos’altro è l’anima?

Galileo - Contemporaneo di Cartesio (1596-1650), si può dire filosofo, oltre che fisico e scrittore.  Con l’unità della matematica, nel metodo algebrico della geometria. E con quella delle scienze fisiche, sulla base dell’indagine e la scrittura matematica.

Pascal Guignard, “La nuit sexuelle”, p. 149: “Con Galileo la notte invase l’universo. La terra, cessando di essere il centro, vi si perdette… Nel 1600 Giordano Bruno era morto su un rogo per questa notte infinita che non può essere detta”. Che sant’Agostino aveva detto ma senza farsene accorgere.

Lontananza – La ferrovia l’aveva già abolita, poi l’automobile, l’aereo, il condominio, l’open space. Ora l’informatica, che dovrebbe cancellarla, la reinstalla, nella singletudine.
La moltiplicazione dei contatti si fa insterilendoli. Insterilendosi. La rete va col piccolo narcisismo, dei selfie, le parole vuote, l’onnipresenza del sé.

PaternitàPater è lo stesso suono in sanscrito, greco e latino, da una forma verbale pati, perseverare, fronteggiare, salvare. È in greco “colui che protegge”, o anche “colui che purifica”. L’autorità del “pater familias” nasceva dalla funzione protettiva più che dal sangue, dalla procreazione – la famiglia mononucleare è solo contemporanea, collegata al alla rendita urbana e alla vita in appartamento.

Si dice del matrimonio che ruota attorno ai figli. Questo può essere vero per la paternità, che è acquisita: la paternità è pedagogica. Nei due sensi, il padre per il figlio, il figlio o la figlia per il padre. Ma la maternità è naturale e può non esserci. Nella maggior parte delle donne anzi non c’è, neppure con molti figli.

Già dopo la Rivoluzione francese il codice aveva cancellato la ricerca della paternità. E quello che mancava manca, la riforma del codice non cancella l’imprinting – a meno di non rinascere. La parentela è un ordine imposto su una matrice complessa di rapporti naturali: per cui io sono un clone mitocondriale della madre di mia madre, il mio cromosoma y è quello del padre di mio padre, e gli altri sono nonni solo per lo stato civile.
Geneticamente resta poco.

Se il parto virginale è possibile, non muta solo il rapporto tra i sessi, muta la paternità e l’essere intero del maschio. Muta anche la natura: un mondo senza le api, secondo il celebre apocrifo di Einstein, sarà ridotto a poche diecine di essere umani. Ma questo è un problema tecnico, si faranno senz’altro fiori e alberi artificiali, senza impollinazione.  

Il concilio di Nicea ha stabilito che siamo della stessa sostanza del padre. Non simili al padre, della stessa sostanza. L’ha stabilito per uno iota di differenza, omousìa invece che omoiusìa, e in un’epoca, il 325, in cui si poetava e filosofava invece di parlare con Dio. Ma quel che è detto è detto, lo Spirito Santo non è mai ubriaco. L’ha detto del figlio per eccellenza, Gesù, non degli altri poveri uomini. Ma Gesù era uomo e per la proprietà transitiva anche gli altri uomini, brutti, sporchi e cattivi, siamo piccoli Gesù.
La nostalgia del padre è una delle poche nutrite con gioia, è una mancanza che pesa - una moglie no, come potrebbe, ma un figlio sì. È una constatazione: la carne rinascerà, e Dio è fatto di carne. Come? Non si sa. È anche lui miserabile, violento, geloso, traditore? Speriamo di no, ci sarà pure un angelo da qualche parte. Ma forse sì, poiché ci ha fatti, ci ha fatti così.

L’uomo – l’essere umano - è tipicamente padre. Il padre mitico, primordiale, di prima dell’incesto, del divieto d’incesto, prima della Legge, il capo dell’orda, era un animale. Un totem, dice Freud, un legno marcio: identifica l’uomo in quanto ultimo venuto alla creazione, e per di più fatto col fango. Anche come riproduttore non è granché: il padre è accidentale, uno strumento, “l’orgasmo in se stesso è angoscia”, attesta Lacan, l’oblatività viene dall’atto anale non da quello genitale, la generosità gratuita che fa il meglio dell’uomo, il coraggio. E non c’è solo Freud. Del padre sant’Agostino non ha idea. Nelle “Confessioni” e perfino nel “De Trinitate”: parla molto del Figlio, moltissimo dello Spirito Santo, e in modo sfuggente del Padre. Al quale nega l’attributo di causa sui. Non bisognerebbe pensarci, l’angoscia giustamente Aristotele chiama agonia: è la sterilità.

Progresso – Uno degli aforismi galileiani che illuminano le polemiche del “Saggiatore” ipotizza il progresso come un cammino a ritroso: “Infinita è la turba degli sciocchi, cioè di quelli che non sanno nulla; assai sono quelli che sanno pochissimo di filosofia;pochi quelli che ne sanno qualche particella”. Oggi come mille o duemila ani fa.

Pindaro diceva: “Raggiante sarà l’aspetto\ di una grande opera all’avvio”. Galileo, che conobbe gli odi più violenti, quelli accademici, si teneva basso. Tanto basso da figurare l’anticipatore di quella “teoria dell’ignoranza” tanto spesso irrisa come un mito sempliciotto (“come dire che c’è il diavolo”).

zeulig@antiit.eu

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