sabato 6 dicembre 2025
Trump impone all’Europa la difesa comune
La vera novità della National Security Strategy americana che indigna l’Europa è che gli Stati Uniti vogliono che l’Europa impari a difendersi. Detto brutalmente, nello stile di Trump (ma forse nemmeno: nei media americani, pure attenti a ogni detto o fatto di Trump, non se ne parla), che però è anche l’unico linguaggio che l’Europa capisce.
Cronache dell’altro mondo - migratorie (371)
“Il clero di San Diego offre sollievo agli
immigrati – e uno scudo contro l’Ice (Immigration and Customs Enforcement – la polizia
di frontiera, n.d.r.). In nessun’altra città la comunità religiosa si è mobilitata
su così larga scala per difendere gli immigrati dal governo federale”.
Nel caso che si segnala si tratta della
comunità cattolica. A iniziativa del primo vescovo nominato in America da Leone
XIV, a maggio, Michael Pham, un vietnamita arrivato negli anni 1980 come
rifugiato. Con l’ausilio del parroco di Nostra Signora di Guadalupe, nel Barrio
Logan, Scott Santarosa. Che s’incrocia in abito talare, ma “è la versione statunitense
di un teologo della liberazione”.
“All’inizio della guerra agli immigrati
del Trump 2, il vescovo di San Diego, Michael Pham, scoprì che l’Ice era meno
propenso ad arrestare in massa gli immigrati in presenza di membri del clero.
Così decise che il clero si sarebbe recato in tribunale ogni giorno di
sessione, e affidò a Santarosa la gestione del progetto – noto come Faith, “faithful
accompaniment in trust and hoe”.
Santarosa ha creato un San Diego
Organizing Project, al quale collaborano un centinaio di volontari. Che presidiano
gli uffici dell’Ice e i tribunali.
(“The Nation”)
Toccherà rifare il “Viaggio” di Céline
L’amministratore delegato e direttore editoriale di
Adelphi analizza “Londra”, il corposo inedito ricomparso “un po’ misteriosamente
una sessantina di anni dopo la morte dell’autore”. Per cercare di datarne la scrittura.
“Il coro degli studiosi, con rare eccezioni, è unanime: Guerra e Londra”, due degli inediti fatti ritrovare
tre anni fa e già pubblicati, “sono stati scritti tra il ’34 e il ‘35”. Tra i due
grandi romanzi di Céline, dopo il “Viaggio al termine della notte” e prima di “Morte
a credito”. Colajanni non ne è convinto. Basandosi sulla corrispondenza, e sulla
mole del lavoro, spiega persuasivamente che i due testi dovevano fare parte del “Viaggio”,
ma poi sono rimasti fuori. Per motivi che non sappiamo. Anche se con probabili
rilavorazioni successive.
Un riesame che Colajanni basa sulla corrispondenza.
Ci sarebbero altri elementi, si può aggiungere, stilistici e (orto)grafici, per una diversa, più probabile,
datazione. Resta il fatto che “Céline a quei
manoscritti teneva moltissimo, e ha continuato a rimpiangerli per tutta la vita”.
Un saggio alla fine più complesso e ambizioso che la
datazione degli inediti. L’intervento su “Londra” porta a un riesame del “Viaggio”,
del progetto e della scrittura del “Viaggio”, l’opera prima (in realtà no, ma è questione complessa) e più importante di
Céline. Colajanni ne avvia la rilettura. E individua, attorno al “Viaggio”, una
sorta di “ciclo di Bardamu”, il nome diminutivo, ironicamente spregiativo, che
lo scrittore si dà nel primo ciclo di narrazioni, nei primi anni 1930.
Roberto Colajanni, I castelli in aria di Céline,
“La Lettura” 16 novembre 2025
venerdì 5 dicembre 2025
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (616)
Giuseppe Leuzzi
Si legge su Instagram una tabellina degli
“espatriati” per regione, costruita all’inverso, dal meno al più:
10.Calabria 290.00
9. Puglia 300.000
8. Toscana 320.000
7. Emilia-Romagna 420.000
6. Piemonte 470.000
5. Lazio 510.000
4. Campania 530.000
3. Veneto
614.000
2. Lombardia 690.000
1. Sicilia 844.000
Uno scherzo? Non è detto il periodo, né la
fonte, né i motivi. Ma la migrazione dice una costante “normale”, un modo di essere
e di vivere come un altro.
Parla sul “Corriere della sera” Allegra
Gucci, che a 14 anni ha perso il padre Maurizio, fatto assassinare dalla madre
Reggiani, e per i sucessivi trenta si è occupata della mare assassina, in carcere
e fuori. Sempre insolentita, da bambina e dopo, dalla stessa. E dalla madre di
lei – “una dona malvagia”. Entrambe di Vignola, il cuore dell’Emilia tutta
cuore. Che eprò non si dice: la malvagità non fa parte del “racconto” Emiliano.
“Data Center, 14 nuovi progetti, per un investimento
da 2,5miliardi”. Tutti attorno a Milano. Ricchezza chiama ricchezza. Magari
saranno serviti da tecnici meridionali, magari formati al Sud, ma il “processo
di sviluppo” no si raddrizza, al meglio va per accumulo – chi più ha più ha.
Il “Sole
24 Ore” compila la graduatoria della “qualità della vita” in cu le ultime 25
posizioni sono di città meridionali. E nelle prime 40 c’è una sola, Cagliari - peraltro
39ma. Senza ironia. È una classifica dura, ma per Miano, per chi l’ha
compilata.
La giustzia settentrionale
Dialogo sul “Corriere
della sera” tra Giuseppe Guastella, corrispondente a Bruxelles, e Alessandra Moretti,
eurodeputata del Pd, inquisita dall’apparato repressivo belga:
“Lei è sospettata di associazione
criminale finalizzata alla corruzione”.
“Non mi viene imputato nessun passaggio di denaro. Non ho mai ricevuto
benefici, regali e vantaggi da nessuno e tanto meno dal Marocco o dal Qatar”.
“Le contestano viaggi in questi
due Paesi”.
“Smentiti documenti alla mano. Mi è stato contestato di aver viaggiato più
volte in Marocco, dove non ho mai messo piede in vita mia, come ho dimostrato
producendo i miei passaporti dai quali emerge chiaramente. Mi è stato
contestato che sarei andata ad assistere a una partita di calcio durante i
Mondiali in Qatar, e anche questo ho smentito. Mi è stato contestato di aver
fatto dichiarazioni in favore del Qatar, che poi sarebbe un mio diritto, ma ho
prodotto in commissione un video dal quale emerge che non è vero. Contestazioni
tutte smaccatamente false”.
Questo il giorno in cui il Belgio
arrestava l’ex ministro degli Esteri Federica Mogherini, in qualità di rettrice
del Collegio d’Europa, l’ambasciatore Stefano Sannino, direttore generale della
Commissione per l’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa), e un ex direttore
del Collegio, Cesare Zegretti. Con sei imputazioni, tutte gravi: turbativa d’asta,
frode in appalti pubblici, conflitto d’interessi, violazione del segreto
professionale, violazione delle norme sulle gare d’appalto, e naturalmente
corruzione. Poi i tre sono stati rilasciati senza nessuna restrizione. Ma dopo
che la carcerazione aveva fatto la cronaca di tutto il mondo per tre o quattro
giorni, che Mogherini si era dimessa, che Sannino se n’era andato in pensione.
Un processo mediatico, di grande impatto. A carico di tutti italiani.
È il secondo. Il primo è quello
detto “Qatargate” nel qale ha impattato Moretti. Anche qui arresti, tre anni fa.
Di tutti ialiani – con la vice-presidente del Parlamento europeo, Eva Kaili,
greca, perché moglie di un italiano. Il giudice di quel caso finì lui per primo
malamente, e il processo dopo tre anni ancora non è stato istruito. Il Belgio non
era il posto giusto per un’Europa che avesse avuto ambizioni. È razzista – lo è
stato feroce con gli italiani quando aveva le miniere – ed è tribale. Non per
nulla inviso ai franecsi, quando era francofono – anche ai francesi esuli, Victor
Hugo, Baudelaire. Insomma, un Nord con molti limiti, conclamati. Ma si prende
sul serio – viene preso sul serio dai media italiani. Il Nord ha sempre
ragione - Nord, basta la parola.
Il “trattameto inumano” che Eva
Kaili, la vicepresidente greca sposata con un italiano, subì a Natale del 2022
in carcere – sedici ore in camera di sicurezza, senza cappotto e senza coperta,
con la luce accesa, con perdite copiose per il ciclo, senza potersi lavare – “è”,
secondo i suoi avvocati, “estremamente rara, la si usa nei crimini di mafia”.
Questa invece, se non fosse stata una tortura, si direbbe una vendetta:
italiani tutti mafiosi, nel tutto è mafia – nel Qatargate e nel Collegiogate
sono tutti settentrionali.
Il Sud indigesto a Pasolini
Nelle molteplici celebrazioni
di Pasolini si trascura la trascuratezza per il Meridione – quando non insorge
per l’urgenza sessuale. Non c’è traccia nella sua straripante opera. Nemmeno
quando per ragioni di location e di budget dovette lavorarvi,
come nel “Vangelo secondo Matteo”. Ha vari accenni, specie nelle prose
giornalistiche, a giovani napoletani, calabresi, africani, ma giusto per il
bisogno sessuale, vissuto come vergogna e quindi rifiutato con tutti i
comprimari – nulla al confronto con l’esasperato sentimentalismo di analoghe
esperienze della prima mitizzata giovinezza, nel Friuli di pianura. Il rapporto
speciale, “paterno”, che aveva instaurato con Ninetto Davoli, calabrese, ruppe
quando Ninetto decise di sposarsi.
Qualche apprezzamento, ma
locale, e sempre legato al sesso, giusto in “La lunga strada di sabbia”, il reportage
delle coste d’Italia che fece nel tra il giugno e l’agosto del 1959,
commissionato dal mensile “Successo”. Sembrerebbe di no, arrivato al Circeo
annuncia: “Il cuore mi batte di gioia, di impazienza, di orgasmo. Solo, con la
mia millecento e tutto il Sud davanti a me. L’avventura comincia”. Ma non sa
che dirne, eccetto qualche luogo comune – come il viso scuro dei mafiosi…
Giusto a Portopalo si emoziona: “La gente è tutta fuori, ed è la più bella
gente d’Italia, razza purissima, elegante, forte e dolce”.
Nel poemetto “L’umile Italia”,
della raccolta “Le ceneri di Gramsci”, 1957 (ma già pubblicato nel 1954, sulla
rivista “Paragone-Letteratura”), mette a fronte il Meridione, nella
fattispecie dell’Agro romano, di cupa tristezza, e la limpida luminosità del Settentrione.
Il Nord, connotato dal volo delle rondini, è puro e umile, il Sud è “sporco
e splendido” – l’antinomia del peccato. “È necessità il capire / e il fare: il
credersi volti / al meglio”, cercando di lottare, pur soffrendo, senza
lasciarsi andare alla “rassegnazione-furente marchio/ della servitù e del sesso
-/ che il greco meridione fa/ decrepito e increato, sporco/ e splendido".
Reggio Calabria, o
del sottosviluppo
Per il secondo o terzo anno
consecutivo “Il Sole 24 Ore” mette Reggio Calabria all’ultimo posto per qualità
della vita. Scandalo, proteste, il lungomare, lo Stretto, il museo, l’aria, l’università,
i licei, l’ospedale etc. - e poi, non è la città cn il clima migliore a dicembre, “Men’s Health” dixit? In buona fede, chi abita a Reggio fatica ad accettare
la degradazione. Per chi vive nel reggino no, compresa la cintura di paesini che
fanno la conurbazione di Reggio, da San Roberto e gli altri santi viciniori, a Fiumara,
Villa San Giuseppe, e giù, per gli stessi ex paesi ora rioni periferici della città,
Spirito Santo, Consolazione, Ravagnese, eccetera: lo stato di abbandono è
visibile, fisico, nella viabilità, nella segnaletica, nel disordine edilizio, nel
disordine. Come una putrefazione.
Dello stesso tipo è la
percezione nelle tre grandi aree della provincia, di cui Reggio è la “città
metropolitana”, che perciò dipendono da Reggio: la Piana di Gioia Tauro sul
Tirreno, la Jonica che ora si vuole Locride sull’altro versante, e nel mezzo le
pendici dell’Aspromonte. Di povertà in froma di degrado – in mezzo a consumi privati
in stile lombardo, voyant.
Nonché lo sviluppo, al Sud, comunque
a Reggio e dintorni, sarebbe più utile studiare il sottosviluppo, come si
sperpera il capitale invece di metterlo a frutto. Bisognerebbe studiare il
sottosviluppo perché delle tre province calabresi Reggio era in partenza, ancora
nel secondo dopoguerra e per tutti gli anni 1960, la più ricca e la meglio organizzata.
Poi, all’incirca con la rivolta “Reggio capitale”, si è abbandonata. La città
non si è amministrata, se non per un breve periodo in coincidenza con l’interramento
della ferrovia per magnificare il lungomare. Che portò all’assassinio di
Ludovico Ligato, il presidente di Ferrovie dello Stato che aveva propiziato l’opera.
Abbandonandosi a piccole mafie – che agivano alla luce del sole. E all’inerzia.
Mentre le province di Cosenza e Catanzaro, e le neonate province di Vibo
Valentia e Crotone marciavano spedite sulle regolarità della vita politica
(sanità, istruzione, comunicazioni, regolamenti edilizi, etc.). Con università,
ospedali, centri urbani regolati e curati.
Il passaggio di molti poteri alle ex province, specie le
strade, ha ridotto il reggino a una realtà impraticabile. Anche fisicamente, visibilmente
- oltre che politicamente, amministrativamente. Per frane, abusi, cattiva
manutenzione. E niente ospedali: la Regione non riesce a venire a capo dell’inerzia
reggina. Reggio ha avuto l’aeroporto da tempo immemorabile, ma i nuovi aeroporti
di Catanzaro (Lamezia) e Crotone lo surclassano – ogni anno di Reggio si discute
la chiusura.
Cronache della
differenza: Puglia
Bari festeggia san
Nicola, insieme a mezza Europa, da Rowaniemi a Venezia, di cui è compatrono con
san Marco, e alla Turchia – dove a Myra (Demre) ancora lo celebrano, benché in
ambito islamico. E di fama ora mondiale come Santa Klaus, il Babbo Natale. Era
di culto nell’odierna Turchia - Costantinopoli contava 26 chiese a lui dedicate.
Le spoglie furono rubate a Myra dai pugliesi, non dai veneziani: era il 1087 e
Venezia era di là da venire, mentre Bari e la Puglia erano molto “levantini” – ancora
nel dopoguerra avevano legami commerciali fino all’area del mar Nero.
Il trafugamento
delle reliquie da Myra la città celebra il 7-9 maggio, con un corteo storico che
è un festa anche per gli ortodossi, specie i russi.
Sentendo parlare i genitori di Tatiana, la giovane di Nardò, vedette di Instagram, si
capisce perché ha voluto isolarsi per una settimana – non osando abbandonare la
famiglia: due mondi antitetici. Uno passivamente tradizionale, seppure di buonissime
intenzioni (i genitori hanno adottato Tatiana e il fratello, ucraini) e un modo
di essere e vivere totalmente diverso – Nardò è una cittadina, ma pur sempre di
provincia.
Tatiana non ne poteva più? Tra due mondi, due generazioni, un salto, nn un moto progressivo, un adattamento. Tale è il balzo che ha fatto la Puglia in pochi anni. Tutta la Puglia, non solo Bari, dalla Capitanata a Santa Maria di Leuca.
L’ex presidente del consiglio e capo dei 5 Stelle
Conte si può dire l’ultimo “uomo forte” della Puglia, di cui è originario, dopo
Aldo Moro e Massimo D’Alema. Ma al voto regionale ha preso meno voti della Lega
di Salvini. La Puglia si libera dall’assistenzialismo? Votando Lega?
All’impovviso è
Foggia l’epicentro nazionale della malavita. Caporalato, pizzo, rapine, evasion
fiscal, e pure la violenza giovanile. L’Italia ha bisogno - l’abitudine - di un
centro del male. Su cui scaricare tutte le sue infamie. Era Palermo – non senza
ragione – poi l’improbabile ‘ndrangheta, proclamata tale dai servizi segreti,
ora Foggia. Senza una causa o congiuntura che vi porti. L’antimeridionalismo non
sa più che inventare?
Si vota in Puglia
per la Regione e molti capoccioni della politica restano fuori. Il più illustre
è Vendola, ma anche altri, specie del Pd: il capogruppo al consiglio regionale
uscente Paolo Campo, gli assessori Pd uscenti Stea, Amato e Lopane, Licia Parchitelli,
candidate di Elly Schlein, e il potente direttore 5 Stelle della Cultura,
Patruno. Mentre non si è potuto ricandidare il president uscente Emiliano, uno
di quelli che brigavano per il terzo mandato. Un voto contro il padrinaggio?
leuzzi@antiiti.eu
Scuola (di sesso) per generazione
Alla terza serie il format catalano Merlì vira sul generazionale. In sala professori amicizie all’antica e sesso eterosessuale. In classe turbe e
pratiche di monosesso. Con un senso di innaturalezza - di schematico. Che per lo spettatore è
stanchezza – ma anche Gassmann ha perduto lo sprint.
Audience in
calo, lo vedono tre milioni – pochi per Rai 1. Curiosa la differenza culturale:
il format risponderà allo spirito catalano, dei “primi sempre, in tutto”, l’Italia gradisce poco, va ancora col passo lento.
AA.vv., Un professore, Rai 1, Raiplay
giovedì 4 dicembre 2025
Cronache dell’altro mondo – giudiziarie quinquies (370)
“George Soros ha cambiato la giustizia
penale in America. Il finanziatore liberal ha speso decine di milioni di
dollari per influenzare decine di elezioni a procuratore distrettuale.
“Quando le pubblicità che
denigravano il procuratore distrettuale Jonathan Sahrbeck iniziarono a
diffondersi nelle cassette postali e in televisione circa tre settimane prima
delle primarie democratiche del 2022, sia lui che il suo avversario rimasero
ugualmente sbalorditi.
“Come molti attacchi alle campagne
elettorali moderne, gli annunci provenivano da un comitato politico
indipendente finanziato da un miliardario, in questo caso l’ex gestore di hedge
fund e filantropo liberal George Soros, che dieci anni fa si era
proposto di eleggere procuratori distrettuali che avrebbero indirizzato i
criminali della droga e i minorenni verso la riabilitazione anziché verso il
carcere, si sarebbero opposti alla cauzione in denaro per i reati minori e
avrebbero represso la cattiva condotta della polizia”.
(“The Washignton Post”)
“Billionaire Nation” - la nazione dei
miliardari - è una serie del “Washington
Post” che esamina come i più ricchi abbiano accumulato un potere politico senza
precedenti.
L’effetto Di Pietro a Bruxelles – o l’Europa abbandonata
Eva è Eva Kaili, greca, socialista, giovane, bella,
vice-presidente del Parlamento europeo. Rovinata a Bruxelles, nella carriera
politica e nella vita, da un emulo di Di Pietro, un avvocato che si era fatto giudice
istruttore per entrare poi da salvatore in politica, un certo Michel Claise (lo
fece, un anno dopo avere imbastito il caso, ma ebbe solo 5 o 6 mila voti –
peggio del giudice Ingroia). Carcerata e umiliata in vari modi, lei, suo padre,
suo marito, la figlia, di due anni. Il suo avvocato ne fece subito denuncia, senza
essere contraddetto: “Per sedici ore è stata in una cella di polizia, non in
prigione, e al freddo. Le hanno tolto il cappotto e le è stata negata una
seconda coperta. Aveva il ciclo con perdite di sangue abbondanti e non si è
potuta lavare. La luce della cella è sempre rimasta accesa e lei non poteva
dormire”.
La difesa-denuncia di Eva Kaili è d’ufficio. Ma
Guastella è il decano dei giornalisti a Bruxelles, sa come si fanno le cose attorno
al Berlaymont – e non aveva fatto un eroe in un primo tempo dell’avventuroso Claise,
“il coriaceo giudice”, “celebrato in patria come integerrimo paladino
dell’anticorruzione” (di Eva Kaili scrivendo tranquillo “arrestata in flagranza
per corruzione”)?
Una storia di varia umanità. E di malagiustizia – lo scandalo
per il quale Kaili è stata arrestata e torturata, il “Qatargate” dei cronisti
giudiziari, nessun successore di Claise si è sentito di portare in tribunale, a fronte di prove false. In
una capitale che si dimostra ogni giorno di più un handicap per l’Unione
Europea, per razzismo, più o meno velato (fa scandalo solo di italiani), divisioni
etniche, riserve sulla stessa Europa, burocrazia spaventosa. E ora pure i processi
“mediatici”. I belgi non si scoprono ora. Ora il Qatargate si farà in tribunale, forse, contro gli inquirenti, per aver diffuso in anticipo sugli avvisi di reato e gli arresti, tra un gruppo di giornalisti, tutti i particolari della futura operazione.
Un po’ di autocritica sulla politica fatta dai
cronisti giudiziari non sarebbe stata male.
Lodovica Bulian-Giuseppe Guastella, Il peccato di
Eva, Fuoriscena, pp. 240 € 17,50
mercoledì 3 dicembre 2025
Se la “pastetta” Mps-Caltagirone è del Tesoro
Ma allora, se è vera la testimonianza
di Orcel in aprile alla Procura di Milano, che Unicredit aveva offerto un
premio del 10 per l’acquisto di Mps - l’aveva offerto alla dirigenza del Tesoro
dopo averne parlato col ministro Giorgetti. E che la dirigenza ha rifiutato. Allora
l’indagine milanese sul “concerto” non è politica, c’è aria di concussione e di
corruzione. E qui si mette male per Mps, per i suoi nuovi padroni, e per la
burocrazia del Tesoro. Perché non c’è neanche bisogno di dimostrare la concussione\corruzione,
basta il “concerto”, che in questo caso è nei fatti.
“Su Mps una battaglia con due perdenti”,
questo sito poteva titolare quattro anni fa, il 31 ottobre 2021
http://www.antiit.com/2021/10/su-mps-una-battaglia-con-due-perdenti.html
Quindi il gioco del Tesoro era partito
prima del governo Meloni – col governo Draghi. Ministro del Tesoro Daniele
Franco, altro grand commis della grande burocrazia pubblica (Banca d’Italia).
Il Tesoro è sempre stato il dicastero
più professionale e considerato, vestale come nessun altro dell’interesse dello Stato – non si fa la “pastetta” Mps per incapacità. Ma è anche vero che Roma
è “prensile”.
La sindrome del tribunale
Si ragiona sui media italiani (solo
su quelli italiani) come se la Russia fosse davanti a un tribunale di
Norimberga. Trascurando il fatto che ha vinto la guerra e non la perde. Che la
Cina, e ora anche gli Stati Uniti, sono con la Russia. Che il tribunale che si
vorrebbe, la Corte penale dell’Aja, non eisiste per Cina e Stati Uniti, oltre
che per la Russia. Che a Norimberga si fece un processo politico, per quanto giusto,
che comunque ora è impossibile fare. Che a Ue non solo non ha vinto la, guerra,
ma è poca cosa negli assetti politici mondiali, che sono cosa diversa dal pil,
rispetto alla Russia.
Stupidità non è, i dati di fatto sono evidenti
– la stupidità vorrebbe compassione. C’è un moralismo d’accatto, vittimista,
che dovrebbe lavare l’inconsistenza e\o l’incapacità. Se la guerra in Ucraina è
la nostra guerra, ha ragione Putin: facciamola. Il problema è che gli Stati Uniti
hanno voluto punzecchiare la Russia, e l’Europa ne paga le conseguenze.
Ma neanche questo si dice, neanche ora
che gli Stai Uniti (non gli Stati Uniti dell’aborrito Trump, quelli di Clinton,
di Bush jr., di Biden e di Trump) tengono l’Europa di scorta.
“Montalbano” al lavoro in Toscana
Sotto un titolo improbabile storie vere. Di incidenti sul lavoro, mortali. Che sono numerosi, quasi quotidiani, e sempre per colpe, gravi. Alessio Vassallo lascia i panni grevi dello “scannatore” del “Giovane Montalbano” per quelli barbuti e tristi dell’ispettore, vedovo inconsolabile, che torna a Lucca, all’ufficio provinciale del Lavoro, da Reggio (Calabria) dove ha vissuto a lungo. Con una bambina vivace da accudire. E una metodologia e una capacità di analisi in grado di fargli risolvere ogni caso – due per puntata. Un “Montalbano” meno teatrale, ma altrettanto simpatico, e più vero - la materia lo è, nuova. Con ambientazioni e tempi convincenti e misurati - come nei “Montalbano” . Il buco nero della morte del padre tiene le fila della miniserie.
Un vecchio amico del padre, Cesare Bocci, lo ospiterà
provvisoriamente, accudendo con intelligenza e brio la bambina, mentre si spende
tutto nel “sociale” – ma con qualche segreto inconfessabile, del tipo racket.
Mentre due ex compagne di liceo, che al tempo “non lo vedevano”, al ritorno lo
scoprono attraente e anzi irresistibile, Francesca Inaudi e Silvia Mazzieri.
È come dice la regista, “un ispettore senza pistola,
che per risolvere i suoi casi non usa la violenza, ma la gentilezza, la
competenza, lo studio, l’intelligenza, l’empatia”. Per storie ricavate dalla cronaca.
Con metodologie, psicologie, maniere ricalcate sui libri di Pasquale Sgrò - lui
stesso ispettore del Lavoro a Lucca per lungo tempo, proveniente da “Reggio” (Motta San Giovanni). Ma senza “regionalismi”.
La Rai non ha
promosso la miniserie, che quindi ha debuttato senza le grandi file. I casi e
la qualità della sceneggiatura meritavano di più.
Paola Randi, L’altro
ispettore, Rai 1
martedì 2 dicembre 2025
Letture - 598
letterautore
Giorgio Caproni
- La scuola Primaria Statale ex Crispi - poi
Gianicolo, ora Ic Largo Oriani, in ossequio alla “riforma” Gelmini – si doveva intitolare
a Giorgio Caproni. Che vi aveva insegnato, e ha abitato una vita in una casa
dietro la scuola. Ma il consiglio d’istituto, cioè la dirigente del “plesso” e
i rappresentanti di docenti, personale ATA e genitori, ha detto di no, meglio l’indirizzo
postale.
Casanova – “Figlio di attori
e principe degli avventurieri, chierico a Venezia e in Calabria, segretario del
cardinale Acquaviva a Roma, soldato della Serenissima in Oriente, violinista
nel teatro San Samuele a Venezia”, Armando Torno, recensendo “Casanova” di Stefan
Zweig sul “Sole 24 Ore Domenica”: “Condusse vita randagia tra Dresda, Praga e
Vienna, Svizzera, Olanda, Russia e Polonia; particolarmente in Francia, dove
introdusse il gioco del lotto dopo essere fuggito dalla prigione dei Piombi.
Con il nome di cavaliere di Seingalt seduceva donne, duellava, praticò la magia;
riuscì financo a diventare confidente degli inquisitori. Morì bibliotecario del
conte di Waldstein a Dux, in Boemia”. E scrisse, in francese per farsi capire da
tutti, una “Storia della mia vita”, in quattromila pagine, tradusse l’“Iliade”
in veneziano in ottava rima, galoppante, e in toscano, scrisse racconti e commedie,
un romanzo di fantascienza, “Icosameron”, nonché saggi di storia e di politica,
e risolse problemi matematici.
Fellini – Riviveva
Kafka. Milo Manara, che ebbe un lungo rapporto con Fellini per un progetto che
poi restò sulla carta, “Viaggio a Thulum”, ricorda il primo incontro nel suo
studio in Corso d’Italia a Roma: “Mi colpì che il nome sul campanello fosse «Il
disperso». Capii in seguito che era un’allusione a Kafka”. Al romanzo
“America”, “il cui titolo in origine era appunto «Il disperso»”.
Ma era legato a una cultura popolare, dell’immagine. Sempre Manara:
“Fellini amava i fumetti e i fotoromanzi. Li considerava gli strumenti culturali
con cui la gente si avvicinava alle immagini e alla scrittura” - come nel Medioevo,
arguisce poi: “Gli affreschi nelle chiese erano come fumetti, che scatenavano
la fantasia degli umili fedeli più delle prediche”.
Italia – Fra le tante beatitudini
di Stendhal in Italia, questa del saggio “Dei pericoli della lingua italiana”
(“Memoria per un amico incerto nelle sue idee sula lingua” – l’amico sarebbe
Silvio Pellico) è fuori concorso: “Questo giardino dell’universo, questa bela
Italia che ai tempi dei Romani assoggettò tutti gli altri popoli, che sotto
Leone X li civilizzò, che sotto Gregorio VII, senz’armi, fu la seconda volta la
padrona del mondo allora tutto armato, e che oggi tagliata a
pezzi dalla forbice delle parche regna ancora sugli altri popoli con l’impero
dei più dolci piaceri. Da quando i barbari, stanchi delle loro
sanguinose contese, vollero dimenticare le ferite e cicatrizzare le piaghe dei
loro cuori, noi li vediamo accorrere nella nostra bella patria. Essi vengono a
consolarsi dei dolori della vita con gli accenti incantevoli di Rossini,
davanti alla ‘Ebe’ di Canova o contemplando i furori di Otello e le grazie seducenti
di Desdemona”.
Con un solo problema: “La causa che ferma il cammino dello spirito di un
popolo così interessante per tutto l’universo, del primo popolo del mondo, non
può che essere curiosa da indagare…” – la causa è la lingua, lo scollamento fra
la lingua d’uso e la lingua letteraria, artificiosa, trecentista.
Henry James – Fu “europeo”
per ragioni familiari? John Banville, analizzando il saggio “Hawthorne” di H.
James sulla “New York Review of Books”, ricorda che “fin dall’inizio”, dell’attività
di scrittore, “James ebbe diverse ragioni per abbandonare la sua «cara terra
natale», che è quella di Hawthorne” - salvo professarsi da ultimo “americano”.
Fra le tante una pesò di più sull’esilio – “un esilio felice, va detto”, un
autoesilio: “La presenza costante e spesso rumorosa del suo amorevole ma rivale
fratello maggiore, il filosofo William James”.
Il padre, eccentrico, ricco e spendaccione, da cui lo scrittore prese il
nome, Henry James sr., aveva investito gran parte della ricchezza ereditata in
viaggi familiari in Europa, con la moglie, i quattro maschi e la figlia Alice.
William non ne subì l’influsso: “Era tanto un vero yankee quanto un bramino del
New England, ed era contento di essere l’«americano» che Henry, negli ultimi
anni, aveva devotamente ma in modo poco convincente affermato di essere, se
avesse rivissuto la sua vita. Il fatto è che Henry aveva una sensibilità
europea quanto un non europeo potesse coltivare”.
Tornò in America due volte nel 1882: a gennaio per la morte della madre,
a dicembre per quella del padre. E poi nel 1910, per rivedere William, malato
terminale.
Machiavelli – “Una finissima
stratega. Potrebbe aver letto Machiavelli?” “Ne sono quasi certa. Suo padre, Lord Morley, ha tradotto parte
dell’opera di Machiavelli, e l’ha regalata a Thomas Morley, protettore di Jane” - spiega la scrittrice
Philippa Gregory, che di Jane ha ricostituito le vicende nel romanzo storico “La
traditrice”. Jane è Jane Parker, Lady Rochford, moglie di George, il fratello
di Anna Bolena. Che quando Anna e il fratello vengono decapitati alla Torre di
Londra dal volubile Enrico VIII, riesce a rimanere a corte, nel sul ruolo, cioè
“a sopravvivere a cinque regine”, di cui era la prima dama di compagnia, finite
male. Ci voleva un solido metodo, era difficile sopravvivere agli umori di Enrico
VIII – che continuò a praticare il cattolicesimo malgrado lo scisma, spiega
Gregory, e si volle “seppellito con rito cattolico”.
Pietroburgo – “La città più
astratta e più premeditata di tutto il globo terrestre (ci sono città
premeditate e non premeditate)”, F. Dostoevskij, “Memorie del sottosuolo”.
Scrivere – Un caso - una
forma? - di ipocondria? Dostoevskij lo fa dire al memorialista di “Memorie del
sottosuolo”, a inizio del racconto: “Tutti quanti si vantano delle proprie
malattie e io, forse, più di qualunque altro”.
Umberto Saba – Soffrì molto
le leggi razziali perché, “pur essendo di razza mista”, annotava all’epoca
Leonetta Cecchi Pieraccini nelle “Agendine” che ora si pubblicano, “per
solidarietà con la madre abbandonò fin da giovinetto la casa paterna e ha
sempre vissuto con la madre, e si iscritto all’associazione ebraica e ha sposato
un’ebrea e ha una figlia ebrea”. Pur volendosi italiano: “Ora si trova rinnegato
come poeta italiano mentre egli era ambizioso di essere forse il primo. È
avvilito e scorato fino a rasentare il pensiero del suicidio”.
Stati Uniti – Un’America non
romanzabile, a metà Ottocento, secondo Nathaniel Hawthorne, perché non ha – non
aveva – un passato? In un s aggio su Hawthorne pubblicato nel 1879, Henry James
gli imputa questo problema: come ambientare un “romanzo” in America, la sua “cara
terra natale”, giacché non ha “nessuna ombra, nessuna antichità, nessun
mistero, nessun tono pittoresco e cupo, né altro che una prosperità comune,
alla luce del sole”.
Un saggio autoreferenziale?
Rileggendolo, John Banville così ne sintetizza sulla “New York Review of
Books” l’argomentazione, in difesa dell’indifendibile Hawthorne – una lunga lista
di “elementi di alta civiltà”, essenziali per un artista, di cui l’America era carente:
“Nessun sovrano, nessuna corte, nessuna lealtà personale, nessuna aristocrazia,
nessuna chiesa, nessun clero, nessun esercito, nessun servizio diplomatico,
nessun gentiluomo di campagna, nessun palazzo, nessun castello, nessuna tenuta,
nessuna vecchia casa di campagna, nessuna canonica, nessuna casa con il tetto
di paglia, nessuna rovina ricoperte d'edera; nessuna cattedrale, nessuna
abbazia, nessuna piccola chiesa normanna; nessuna grande università, nessuna
scuola pubblica, niente Oxford, né Eton, né Harrow; nessuna letteratura, nessun
romanzo, nessun museo, nessun quadro, nessuna società politica, nessuna classe
sportiva, niente Epsom o Ascot!” Salvo poi pentirsene, di “questa tremenda
salva”. Per concludere: “Il lato negativo dello spettacolo a cui Hawthorne
assisteva
potrebbe, in effetti, con un po’ d’ingegno, essere reso quasi ridicolo”;
sebbene molto possa mancare negli Stati Uniti ancora giovani, “molto c’è”. E di
questo “molto” il “dono nazionale” fa “quell’«umorismo americano» di cui negli
ultimi anni abbiamo sentito tanto parlare». Di Mark Twain?
letterautore@antiit.eu
Tutti da Goffredo
L’arcipelago è
nazionale, di fatto – “Voci e luoghi della cultura italiana” è il sottotitolo. Non
è un libro sul Sud, né si può dire visto dal Sud, se non per l’esperienza di
Fofi con Danilo Dolci negli anni giovanili, formativa probabilmente ma
limitata. Né c’è una prospettiva meridionale o meridionalistica in Fofi.
Una antologia di
scritti di Fofi e delle “vite” da lui raccontate in varie trasmissioni radio (il titolo è di una rubrica di Radio 3),
organizzata e rivista dallo stesso autore, fino al 16 giugno 2025, alla vigilia
della morte – quel 16 rivide l’ultimo, Sciascia. Impaginata in ordine
alfabetico.
“Vite” anche di una
pagina, Di Vittorio, Giuseppe De Santis, Jolanda Insana, più spesso di due, il
dimenticato Marotta, Modugno, De Rita, Ernesto De Martino. Molti sconosciuti.
Una rivisitazione –
curiosamente, tema agonico. Di persone più che di personaggi. Come di una
grande, estesa, compagnia, di amici e di conoscenti, che Fofi ha voluto
rivivere, fra i tanti suoi scritti. Attorno a sè, come per un saluto.
Goffredo Fofi, Arcipelago
Sud, Feltrinelli, pp. 344 € 22
lunedì 1 dicembre 2025
La bolla intelligente
Gita Gopinah, prima Vice Direttore del Fondo Monetario
Internazionale, calcola che una “correzione del mercato”
analoga a quella che a fine anni 1990 fu provocata dalle dot.com, le nuove
entranti nei mercati finanziari che avevano portato i listini ai massimi, cancellerebbe
una “ricchezza” pari al 70 per cento del pil americano, 20 trilioni di dollari –
venti miliardi di miliardi. Negli Usa. E al di fuori degli Usa poco meno, 15
trilioni.
La “correzione” oggi è vista come
improbable, per le mutate condizioni del mercato. I listini sono ai massimi,
indipendentemente dalle guerre, militari e commerciali. Ma i titoli tecnologici
oggi sono i più solidi, oltre che più ricchi, del mercato.
Secondo il Fondo Monetario i mercati sono
oggi meno sopravvalutati che a fine Novecento. E il capitale coinvolto è molto più
concentrato, e quindi gestibile – il 33 per cento del totale è delle
“magnifiche sette” dell’alta tecnologia, e tutte fanno capitalizzazioni trilionarie.
Le stesse che contano sempre per un terzo e più, il 35 per cento, della capitalizzazione
delle prime 500 società quotate. E anche la natura della “bolla” è diversa:
quella di oggi sarebbe “industriale”. Sorretta cioè dagli investimenti enormi
attorno all’Intelligenza Artificiale.
I titoli tecnologici hanno assicurato il
boom di Borsa, del 100 e anche (Oracle) del 200 per cento nell’anno. Ma a novembre
sono quelli che hanno appesantito il listino, con perdite consistenti, dal 6,2
di Amazon e Microsoft al 22 di Oracle, e qualche scricchiolio di OpenAI – il listino è stato tenuto su, a nuovi massimi,
dai titoli old economy, Walmart, Johnsn&Johnson, Eli Lilly, e perfino
Coca Cola.
Indagine francese su Mps-Mediobanca-Generali
Non c’è armonia fra gli eredi Del Vecchio
sull’affare Mps-Mediobanca-Generali. Non c’è armonia tra i fratelli, ma in
questo caso per fatti specifici, e con effetti probabili su Milleri, il manager
scelto per gestire la successione, e sull’indirizzo da lui dato a Delfin, la
finanziaria di famiglia. In particolare dopo gli avvisi di garanzia della
Procura di Milano, ma già da prima. Per la decisione a suo tempo della Procura
di Milano di aprire l’indagine Modello 21, a differenza di Roma, che la
derubricava a Modello 22: cioè un’indagine su presunzione di reato invece che su
elementi giudicati probanti. E dopo le critiche dell’ex ministro francese
delle Finanze, Éric Lombard, in carica fino a metà settembre, ex dirigente di
Generali France – nonché ad a lungo della Cdc, la Cassa depositi e prestiti
(Cdp) francese.
Delfin è azionista di maggioranza di EssilorLuxottica,
società parigina, che rientra nella vigilanza della Consob francese – Ami, Autorité
des Marchés Financiers. La quale si è mossa per analizzare il procedimento
milanese contro Delfin e Milleri.
L’inchiesta milanese ha indebolito la
posizione di Milleri in Francia, e potrebbe portare a una sua decadenza d’autorità,
o a una sospensione cautelativa.
Un carosello del buon amore
La storia ventennale di “Carosello”, la pubblicità serale
sceneggiata alla Rai a partire dal 1957, camuffata da storia d’amore. Anch’essa brillante
- il giusto - come “Carosello”, e lieta. Fra la ragazza neo assunta, “mi porti
il caffè”, e il regista giovane di grandi ambizioni.
Un film semplicissimo: una rievocazione storica, con materiali
di archivio, che la scelta felice dei due protagonisti, Ludovica Martino, la
ragazza “mi porti il caffè”, lei specialmente, e Giacomo Giorgio, il regista
vicino di casa e di quartiere, rendono gradevole e perfino viva. Altrettanto
semplice e ispirato il contorno d’epoca, linguaggi, ambienti, valori.
Jacopo Bonvicini, Carosello in love, Rai 1, Raiplay
domenica 30 novembre 2025
Ombre - 801
Niente Filosofia per i militari all’università: Bologna
“alma mater” filo-Soros sulle piste del “Che” Guevara – che però i militari li ha
voluti all’università? Da qualche tempo. Era al centro della politica moderata
a inizio millennio, con Prodi, Casini, Fini, Nomisma, i circoli. Poi è passata alla
goliardia con le “sardine”. E subito poi alla guerriglia urbana, col sindaco
che dà le chiavi della città alla temibile Albanese, e non vuole israeliani a
Bologna nemmeno se giocano a basket – anzi vorrebbe puniti gli agenti che li
hanno protetti. I bolognesi sono diventati troppo grassi, si annoiano?
Dieci righe e una fotina al corteo romano di Greta –
poco di più in cronaca romana: “la Repubblica”, il gruppo Elkann, serra i ranghi
dopo l’assalto alla “Stampa” a Torino. I terribili anni Settanta sono
ineguagliabili, e poi non ci sono più i furbi incitatori, né Ottone né
Scalfari, ma l’albero dell’odio è sempre vivo. E sempre, farà pure vendere
qualche copia, ma ha un solo frutto, velenoso.
Il consigliere Yermak sostituito dal consigliere Umerov
può fare avanzare il negoziato con la Russia, ma nel senso che l’Ucraina dovrà
accettare le condizioni di Putin. Una debolezza si aggiunge a una debolezza. E
c’è anche Mindich, il socio in affari di Zelensky, in fuga da un anno. E c’è
il tentativo di Zelensky qualche mese fa di indebolire l’autorità anti-corruzione.
Soprattutto riemerge quello che si sapeva prima dell’attacco russo, che l’Europa
si è assunto con l’Ucraina un compito gravoso, molto.
Settimana di passione per l’oro: resta alla Banca
d’Italia, se lo prende Meloni? Pagine su pagine, sdottoramenti di esperti, scenari
apocalittici, mentre era solo un’esca del governo per distogliere l’attenzione dai
punti controversi della Finanziaria. Se le cose non si dichiarano, i media non
le capiscono.
Demografia, produttività, pil, “Italia in coda tra i paesi dell’Eurozona”: Trovati implacabile sul “Sole 24 Ore” documenta ritardi
inoppugnabili dell’Italia negli ultimi dieci anni. E potrebbe aggiungerci la
diffusione della “povertà percepita”. Se non che l’Italia è un Paese invidiato,
per il suo tenore di vita – invidiato in Europa e fuori, anche in America. E uno
non se lo spiega. Il pil stagnante sì, perché la produzione italiana è legata
alla (ex) Fiat-automotive e alla Germania, che sono da anni in crisi. Ma riesce
ancora a risparmiare – troppo, secondo le banche. E il risparmio, non statisticizzato,
spiega il “miracolo”.
Isolato ma eloquente (dirimente), sempre sul “Sole”, il
lamento di Confindustria: “Per gli alti costi dell’energia stiamo perdendo
pezzi d’industria”. E questo è vero. Da cinquant’anni, dalla crisi del petrolio
del 1973. L’Italia, paese probabilmente unico in Europa, non si è mai data
una politica dell’energia – a parte il “risparmio” (alti costi? meno consumi! –
non una grande politica).
Però, i manovratori dell’operazione
Mps-Mediobanca-Generali erano intercettati da tempo, Lovaglio e Caltagirone. E i
gestori di Akros. E i dirigenti del Tesoro. E su che basi? Si pensava su un esposto
Unicredit, alla Consob o/e in Procura, per l’esclusione un anno fa dall’asta Mps che ha avviato la caccia a Mediobanca-Generali.
Ma l’esposto non c’è. Ora si dice l’indagine avviata su una denuncia per diffamazione,
di Mediobanca, cioè dell’ex amministratore Nagel. Ma allora siamo alla
primavera. Mentre Tesoro e Akros erano intercettati un anno fa, e anche prima.
“Anonima Nigeria”, i vescovi italiani scoprono su
“Avvenire” che in Nigeria si fanno rapimenti a raffica, specie di ragazzini, specie
nelle scuole cattoliche. Che si fanno da anni, se non da decenni. Hanno i
riflessi ritardati? Pensano che il vangelo sia il dialogo delle fedi? Con i
mussulmani? Che sono quelli che rapiscono. In Nigeria, in Sudan, ovunque ci siano scuole e chiese cristiane.
All’assalto alla scuola cattolica, 300 ostaggi fra bambini
e insegnanti, giustamente cinque colonne, si affianca un colonnino del papa,
che rimuove il vescovo di Cadice – non ha sanzionato bene la pedofilia. Non
aveva altro cui pensare. È il ritratto della chiesa, che non capisce in che
mondo si trova. Forse per l’anestetico del dialogo delle fedi. Al quale però crede
– se ci crede – sol lei. Tanta barbarie nelle altre fedi monoteiste è senza
precedenti – come ogni barbarie.
Perfino “il Foglio”, il giornale intelligente della
destra, si lascia irretire dalle modelle rivestite di tuta mimetica, come quelle
che “hanno spezzato un tabù nell’esercito di Kiev”. Come quelle di Gheddafi. Che
le agenzie di pubblicità vendevano a Gheddafi, che le smerciava gratis ai media
occidentali.
“il Foglio” si cautela titolando “le droniste ucraine”,
assonanza molto dismissiva, quasi porno. Ma non se ne può più della pubblicità
professionale che dal primo giorno di guerra ha esibito l’Ucraina – degli altri
non sappiamo, perché ci facciamo un pregio di non sapere nulla di Mosca e
viciniori. Una “notizia” al giorno, roba di agenzie britanniche o di Madison Avenue,
che in questa guerra hanno trovato una miniera.
Fra tutti gli “obiettivi” che si potevano trovare i
kollettivi giovanili torinesi puntano “La
Stampa”, il giornale forse che più equamente ha coperto la guerra in
Palestina. Questa è una vera rivoluzione. C’è una ritualità persistente dopo il
Sessantotto: okkupazioni, manif, kollettivi. Che dovrebbero essere un rito di
passaggio all’età adulta e alla politica, e invece sono una deriva, di stupidità
oltre che di danni. Una componente, i danni, che nell’età del mercato pesa. Finora
soprattutto per le scuole, non per i giornali, che ci guazzavano. Ora non più?
Per la prima visita fuori d’Italia il papa Leone ha
scelto un dittatore. Anche integralista islamico, seppure per finta. La chiesa
si vuole proprio perdere, un martirio al rovescio?
Poi, a Istanbul, il papa Leone deve visitare la Moschea
Blu. Per celebrare la grandezza dell’islam. Non Santa Sofia, che fu un grande tempio
cristiano, poi museo, e Erdogan ha convertito in moschea. Anche il papa
americano, come già quello argentino, onora le massonerie (il mondo sunnita, da
Erdogan a Bin Salman, è il pilastro del libero pensiero)?
Il consigliere Yermak sostituito dal consigliere Umerov
può fare avanzare il negoziato con la Russia, ma nel senso che l’Ucraina dovrà
accettare le condizioni di Putin. Una debolezza si aggiunge a una debolezza. E
c’è anche Mindich, il socio in affari di Zelensky, in fuga da un anno. E c’è
il tentativo di Zelensky qualche mese fa di indebolire l’autorità anti-corruzione.
Soprattutto riemerge quello che si sapeva prima dell’attacco russo, che l’Europa
si è assunto con l’Ucraina un compito gravoso, molto.
Settimana di passione per l’oro: resta alla Banca d’Italia, se lo prende Meloni? Pagine su pagine, sdottoramenti di esperti, scenari apocalittici, mentre era solo un’esca del governo per distogliere l’attenzione dai punti controversi della Finanziaria. Se le cose non si dichiarano, i media non le capiscono.
