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Wagner di lusso a Santa Cecilia
Nuovo allestimento, esecuzione in forma scenica,
interpreti wagneriani acclarati, l’orchestra dell’Accademia romana in grande
spolvero, e sul proscenio, non al buio nella fossa mistica, rinforzata da sei arpe, sotto la mano gentile di Daniel Harding, per
sole tre esecuzioni, tutte sold-out: grande festa a Roma,
all’inaugurazine della stagione dei concerti, per la “prima giornata della
sagra scenica ‘L’anello del Nibelungo’”. Magnifica prova dell’acustica della
sala, 2.800 posti, con i cantanti in fondo alla scena e dietro l’orchestra
invece che sul proscenio, stante l’insolito adattamento della sala da concerto.
Speciamente sonora – vivace, teatrale, operistica – Sieglinde, il soprano
lituano Vida Miknevičiūté. Col cattivo Hundig da lei rifiutato per Siegmund, il
basso danese Stephen Milling. Singolarmente afoni invece la veterana wagneriana
Miina-Liisa Värelä, Brünnhilde (sonora da ultimo, quando canta stesa per terra,
sotto l’ira di Wotan, e il Siegmund del tenore americano James McCorkle, forse
in un ruolo improvvisato (non vanta precedenti wagneriani).
Minimalista ma di effetto la messinscena: la regia,
di Vincent Hughet, la scenografia, di Pierre Yovanovitch, di scale a zigurrat, che hanno aiutato i cantanti a sovrastare il complesso orchestrale. Aiutata da un uso sapiente delle luci, a opera di Christophe Foret, e dai ricchi costumi, di Edoardo Russo, della
sartoria Tirelli Trapetti. Uno scontornato al neon fa il bosco, la cavalcata
delle Valchirie si fa con le ombre cinesi.
“La Valchiria” è la più rappresentata della tetralogia,
e quindi si presuppone la più amata. O non è la meno macchinosa da rappresentare?
Perché, come si sa, è noiosissima, un interminabile recitativo o declamato, intervallato da dialoghi parlati in forma di lamenti – mai una gioia (“non c’è un dolore al mondo che non trovi qui la sua
espressioen più straziante”, Wagner scriveva a Caroline Sayn-Wittgenstein, la
compagna di Liszt). Alluzzò i wagneriani per l’incesto professo di Sieglinde e
Siegmund, gli amanti fratelli, che fanno anche un figlio – roba oggi da
educande. Ma questo amore non regge vicende tanto assurde quanto complicate
(dopo il secondo atto, dopo tre ore, vuoti visibili si sono fatti tra le
poltrone). Con poca musica, giusto forse la “cavalcata”, e l’intermezzo di arpe
e ottoni. Ma l’interesse stranamente rimane vigile: effetto della (sobria)
messinscena, e della sonorità degli interpreti?
Una Roma wagneriana è la sorpresa maggiore. Santa Cecilia
ha in programma, in forma scenica, tutta la tetralogia, un titolo l’anno. Anche
l’Opera quest’anno si inaugura con Wagner, “Lohengrin”.
R. Wagner, La Valchiria, Sala
Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica, Roma
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