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martedì 25 novembre 2025

Pasolini sbarca a Roma, crepuscolare

Due dei primi racconti romani di Pasolini, di ambientazione e, tentativamente, di lingua. Due “pischelli” scoprono il mare e la pesca, tra Terracina e il Circeo, dopo aver raggiunto Terracina in bici, rubata. Un “maschietto” sfugge ai controlli familiari e si avventura in mare su un moscone, sempre più lontano.
Più che racconti impressioni, linguistiche (acustiche) e coloristiche, e sensazioni. Più spesso adagiate sul discorso indiretto libero. Per un esito qui accentuato del crepuscolarismo che resterà la cifra della narrativa di Pasolini - e anche della poesia: non al modo cantabile di Gozzano, ma sì di Govoni e, le prose, di Marino Moretti. Con il “solicello”, la “finestrella”, la “fiumarella”, la “spiaggetta”, le “paranzelle”, i “mammocci”, la “cordicella”, il “monticello”, tutto diminutivo.
Prose disadorne. Di ambienti e di umori, semplici, abituali. Di esistenze umbratili, evasive, ripetitive, silenziose, e modi minimi, casuali. In ambienti spogli.
Con qualche residuo toscanismo di maniera – “si va”… E il vocabolario libresco della pesca, preciso e freddo. Con le prime prove del romanesco, specie nella sintassi – Ungaretti trovò nel racconto del titolo “la voce del Belli”.
Du testi pubblicati con lo pseudonimo Paol Mari. Un elzeviro di terza pagina, “Santino nel mare di Ostia”, su “Il Quotidnano”, l’11 settembre 1951, e il racconto lungo del titolo, col quale Pasolini concorse nel 1950 al premio Taranto – non premiato benché lodato da Ungaretti - pubblicato in parte sullo stesso quotidiano, il 19 aprile e il 7 giugno del 1951. Due racconti di mare, di ragazzi al mare, “pischelli”, “maschietti”, tra Terracina e Circeo, e a Ostia.
Pier Paolo Pasolini, Terracina, Garzanti, pp. 63 € 5,90

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