zeulig
Dio - “Noi non possiamo sbarazzarci di Dio finché crediamo ancora nella grammatica”, Nietzsche – che vorrà dire?
O: “La
«ragione» nel linguaggio: oh,
vecchia infida bagascia! Temo che non ci libereremo di Dio perché crediamo ancora nella grammatica”.
Inadeguatezza – Cresce con
l’autocoscienza – la confessione ininterrotta, più o meno analitica, una sorta di incruento seppuku, con le
viscere in bella vista. Con
l’esposizione, la teatralità. L’autocoscienza usava terapeutica nell’intimo, come
un riesame (la confessione era a fini pratici, l’acquisto di indulgenze).
Si è inadeguati rispetto a quale “cento”, a quale
adeguatezza?
Storia - Uscendo
dalla
lettura sterminata del Napoleone di
Stendhal, era la sua ossessione, si vede quanto la storia sia micragnosa là
dove riluce gloriosa. Di un uomo che vinse giovane per caso, per avere tirato
la cannonata giusta al momento giusto, ed essersi poi trovato in mezzo alle
faide della Rivoluzione, dopo avere fatto la fame. Sarà la provvidenza, ma si
chiama anche caso. Napoleone non ebbe mai, in nessun momento, un disegno: l’invasione
dell’Inghilterra e della Russia erano scemenze, e in Russia si dimostrò la sua
avventatezza. Vinceva le battaglie, ma per l’indisciplina e la ferocia delle
sue truppe, che mandava lacere e pagava col bottino, mentre veniva confrontato
da schieramenti e manovre, la guerra bella del Settecento che rifuggiva dal
macello. Metteva a frutto il capitale di simpatia della Rivoluzione, sia coi
francesi che con i popoli europei, ai quali la rivoluzione faceva pagare con
laute riparazioni. Anche di battaglie, se si fa il conto, ne perdette più di
quante ne vinse. Dove trovò nemici, in Spagna i preti, in Russia il gelo, si
arrese. L’esercito prussiano che lo sconfisse a Waterloo era di volontari,
giovani, letterati, libertari.
La storia – la provvidenza? – ha di queste
insensatezze. All’ingrosso si può dirla la realizzazione
di un piano nascosto della natura per produrre una costituzione politica
perfetta, come vuole Kant. O imperfetta? Il Brasile illuminato ordinò nel 1890 la
distruzione degli archivi del mercato degli schiavi. A fin di bene, per abolire
le tracce della schiavitù. Ma privò gli schiavi della loro storia.
Storia filosofica, quella di Kant, e non empirica. Per cui “ogni cultura, ogni arte che fanno ornamento all’umanità, così come l’ordine sociale più bello, sono i frutti dell’insocievolezza, che, costretta a disciplinarsi, sviluppa i germi della natura”. Deve essere comunque così, la storia è comunque l’anima del popolo, checché esso sia. Montaigne trovò gli italiani gradevolmente immersi nelle storie, in rima, del Boiardo, dell’Ariosto e del Guerin Meschino. Ora s’incontrano sgradevolmente immersi nella storia, di cui sentono il bisogno come del cibo, ma confondendo nomi e date. Troppe bugie vi si dicono.
La storia vera è un serpentone pieno di nodi, ognuno dei quali è un altro serpente. O è fatta di lampi, razzi sparati nel cielo, frecce scoccate in ogni direzione. Al modo di Prometeo, di un dibattersi contro catene invisibili quanto solide. La storia delle cose è zero, e il contesto è contestabile – è la casa modulare dell’ingegner Ciocca, una pappamolla. L’umanità è un affollato battaglione in surplace, testa eretta, tendini tesi, che non si stacca da terra. Lancia messaggi, organizza tiri, apre squarci, ma sempre fermo dove e com’era, spingendo, minacciando, brontolando. La storia – il progresso - è aerea, l’umanità è terrena, di materia greve. Ma non si può dire inerte. Dei re e imperatori, che sono stati in gran numero, quando uno è intelligente trova un posto nella storia. Per il che pare che la storia sia fatta da principi, re e imperatori, e tutti intelligenti. I quali invece in più gran numero e per il maggior tempo vivono di caccia, malevolenze, tirannie.
I pochi se ne appropriano perché la scrivono, fa la storia chi la scrive. La storia è opera letteraria, per questo trae in inganno.
Verità - La verità è la condanna dello spirito laico - “è per i santi e i ciabattini”, un tempo si diceva. Chi ha il senso tragico, oppure religioso, del mondo, sa che Dio è la maschera d’ogni cosa.
La verità, se si vuole, è nella maschera. Il Figlio di Dio visse
nascosto, tra un padre e dei fratelli putativi, poi mise in scena se stesso.
Dio si nasconde, nella Trinità, le Dominazioni, i Profeti. E una lunga serie di
suoi doppi ha ispirato, dal califfo delle Mille
e una notte a Shakespeare.
Ci
sono desideri e paure, buone intenzioni, fantasie, progetti, e il tutto si
rimescola in casuali figurazioni all’impronta. Non c’è decoro, o rigore che
tenga.
Si attribuisce al cardinale Newman, ora fatto santo, ultimo o uno degli ultimi “cercatori di verità”, la massima: “Il Signore rifiuta la simpatia”. Ma, a un riscontro, il cardinale invece l’apprezzava, che ebbe come motto “cor ad cor loquitur”, il cuore parla - e si volle sepolto nella stessa tomba di Ambrose St.John, un frate, amico di una vita fin dal collegio, la cui morte aveva pianto “più di un marito, o di una moglie”.
Avverso alla verità non è il dubbio o l’errore, è l’inganno.
La verità Gregorio Palamas differenzia dalla falsità solo per pochi tratti. E ancora, essi sono rilevabili, definibili, solo eticamente: dipende da ciò che si vuole.
zeulig@antiit.eu

Nessun commento:
Posta un commento