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lunedì 28 luglio 2025

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (600)

Giuseppe Leuzzi
 
I sacramenti non sono più tanto sacri – anche il sacerdozio fa un po’ acqua. Solo la confessione regge. Anche contro i delitti più efferati, strage, assassinio, pedofilia, stupro. Anche contro quelli seriali. Omertà?
 
La 7,  cioè l’editore Urbano Cairo, cioè il “Corriere della sera” aveva un’intervista in cui si spiegava il “sistema Milano” (lottizzazione abusiva e falso) sei mesi fa. Realizzata per “100 Minuti” di Formigli e Nerazzini, il programma-inchiesta della stessa emittente “sui lati oscuri del Paese”, e censurata. Poi, a inchiesta aperta, utilizzata senza spiegare il ritardo; “Pubblichiamo un estratto dell’intervista ancora inedita….”. Un caso di omertà andato a male.
 
Il supergiudice Gratteri ha il record delle non procedibilità o delle assoluzioni fra le migliaia di sue incriminazioni. E ora diventa professore di antimafia. Della pesca a strascico? Una cosa però bisogna dirla, che colpisce a caso, non i nemici, non ne ha, non è un vendicativo. Con l’antimafia si diverte.
 
I due libretti del “Corriere della sera” sull’autovelox mostrano, negli elenchi degli impianti installati, alcune curiosità. Una è il record della provincia di Rovigo, 50 per 227 mila abitanti – e in quelle di Firenze, 56 (un milione e 7) e Bologna, 49 (un milione). Ma dopo Rovigo, il record è di Potenza, 43 per 340 mila residenti, e di Campobasso, 39 per 210 mila. Sicuramente tanti, per il numero dei residenti, e soprattutto per la circolazione, e anche le presumibili abitudini di guida. Prevenienza o fiscalità?
 
L’onore di Goliarda
Nel romanzone saffico di Goliarda Sapienza, “L’arte della gioia”, gli uomini ricorrono come uomini d’onore. Nel senso “tecnico” della parola, mafiosi anti-mafia. Non tutti, i siciliani. Che assicurano protezione. Per molti aspetti lo è anche la vecchia Principessa, strafottente e ultimativa, come un uomo d’onore, alla quale Modesta, la protagonista del romanzo, si conforma - e quindi anche Modesta.
Carmine, don Carmine, che appare e scompare a cavallo, Orlando, e le spiega i segreti e le pratiche del sesso e del governo, della casa e del territorio, la fa godere e le fa anche un figlio. Il di lui figlio Mattia, cui Modesta dovrà un risveglio sessuale acuto con un uomo. Ma già Mimmo, il guardiano  del convento di monache dove Modesta bambina era ristretta. E poi Pietro, il gigante buono, che farà giustizia dei fascisti quando importunano Modesta – quando l’intellettuale antifascista con cui Modesta tenta una relazione (insoddisfacente) viene bastonato a morte, Pietro, non richiesto, in silenzio, anonimo, fa assassinare i bastonatori.
Il guardiano, il campiere, il gabelloto sono gli uomini-uomini della narrazione. Pensata e scritta dagli anni 1960 in poi, con molte argomentazioni nuove e anche attuali, seppure di storie ambientate a Catania e dintorni tra fine Novecento e la guerra del 1940.
 
Sudismi\sadismi
“Abusi e cemento, 1.107 reati in Toscana. Sos Elba; «Come le regioni del Sud»”. Si crogiolano le cronache toscane all’ombra del Sud, maleolente: “Dopo Campania, Puglia e Sicilia c’è la Toscana nella classifica delle illegalità nel ciclo del cemento”. All’Elba in modo particolare. E questo dispiace anche a Legambiente Toscana, che presenta il suo dossier Ecomafie: “La mole di illeciti sull’isola fanno sì che l’Elba sia paragonabile alla situazione che si registra nelle regioni del Mezzogiorno”.
Legambiente vuole bene alla Toscana, l’ha sempre privilegiata p.es. con bandiere blu, o verdi, su spiagge inquinatissime, il dispiacere dev’essere sincero. Anche perché gli abusi sono mai visti, nemmeno in Sicilia o Calabria: casupole abusive, condonate, e poi diventate villini, scalette di cemento a mare in ogni anfratto tra gli scogli, strade e sentieri chiusi ad arbitrio e per uso personale, “scarichi di calcinacci a pochi metri dalla battigia”.
 
“Ma ai tempi di Antonello”, si chiede Arbasino scoprendo la Sicilia a settant’anni, poco meno - e giusto per aver letto da ragazzo sul “Corriere della sera” a puntate le impressioni grate di Berenson quando ci era tornato per una sorta di visita d’oro, nel 1953, a cinquant’anni dalla scoperta dell’isola, nel 1989, “sarà esistito un paesaggio in Sicilia? Come esisteva e tuttora esiste in Toscana? O mancava anche nella realtà e nella natura, come nei sensi e negli  occhi della popolazione e degli artisti”. Il che può essere in parte vero, se il colto e sensibile editor di Camilleri, nonché cultore di Tomasi di Lampedusa, Salvatore Silvano Nigro, scopre solo oggi il paesaggio siciliano a Santa Margherita Belice, dove ha ambientato un Festival del Gattopardo, e grazie a Visconti - quello del film del “Gattopardo”, non quello de “I Malavoglia”.
La cultura siciliana è tutta urbana – in una con la società, col rimpianto indelebile della corte, e di una società di corte (succede anche nel Terzo mondo). Ma il paesaggio c’è, su “White Lotus” e nella costante millenaria attrazione di belli spiriti e avventurieri. Nonché nell’urbanistica, sedimentata nei millenni. Mentre lo stesso discorso non varrebbe per la Toscana, per esperienza. A lungo trascurata, anzi abbandonata – quando si pontificava, anni 1960, che le colture collinari sono indifendibili, dal dilavamento. Monteriggioni era abitata dalle galline, tra mura desertificate, ancora negli anni 1970. Tutto il senese, compresa l’ora fantasmagorica val d’Orcia delle acque termali, era abbandonata, muta, polverosa, ancora negli ani 1980, da Bagno Vignoni (diruta, la piscina atrofizzata) al viterbese – prima che la scoprissero i capitali padani. O l’aretino – si arrivava alla Madonna del Parto, lasciata aperta per il pellegrino che vi si avventurasse, su un sentiero stretto di campagna, tra primule e rosolacci – molto poetico, idilliaco. Per non dire della Maremma. La storia si fa. Erano “Toscana” solo il Chianti e la Versilia, che ora lasciano a desiderare, molto.
 
Il sistema Prato
Curioso, Piantedosi va a celebrare
il Ferragosto a Prato – il ministro dell’Interno è tradizione che “celebri” il Ferragosto in attività, a rincuorare l’Italia che lavora per farci fare le vacanze in riposo (normalmente lo fa dal Viminale, dal ministero. E lo comunica con un testo apparentemente anodino, ma solo perché Prato è in Toscana: “L’evento cade in un capoluogo scosso: attualmente il Comune è commissariato”.  Per Piantedosi “sarà anche l’occasione per fare il punto sulle criticità della città legate ala sicurezza: l’immigrazione incontrollabile, il caporalato, il lavoro nero, “la micro e la macro criminalità”. In un quadro, dice il giornale, di “illegalità diffusa, sfruttamento, evasione fiscale”.

Criticità? Perché Prato è in Toscana. Si chiama “sistema Prato”, vige da almeno ottant’anni, gli anni del lungo dopoguerra, gestito prima da pratesi poi da cinesi – quelli che i pratesi avevano usato come forza lavoro “anonima”, invisibile, al fisco e alla questura. Operativo nel settore della moda-abbigliamento, si dichiara sempre in crisi ed è sempre in sviluppo. E si compone di caporalato, sfruttamento del lavoro nero, gioco d’azzardo e scommesse illegali, aziende “apri e chiudi”, false fatturazioni, falsi fallimenti, pizzo, e qualche assassinio, di cinesi e di italiani. Abusi edilizi, fabbriche “inesistenti”, evasione fiscale totale. E riciclaggio.
Prato è seconda solo a Milano, malgrado la sproporzione, per riciclaggio. La provincia di Prato è la seconda provincia in Italia per localizzazione delle segnalazioni di operazioni sospette da parte della Banca d’Italia, 400 per 100 mila abitanti - Milano viene prima con 441 segnalazioni per  100 mila abitanti. Come non detto.
 
Niente ghiri, niente mafia?
Questo era sfuggito, un articolo di Enrico Deaglio, che della mafia si è molto occupato, del 21 ottobre 2021, su “Maremosso”, che il magazine online di @lafeltrinelli ha riproposto recentemente:
Con un certo clamore – la notizia è apparsa un po’ dappertutto - i carabinieri di Delianuova (Reggio Calabria) hanno annunciato di aver sequestrato 235 ghiri (roditori notturni), imbustati in sacchetti di plastica e conservati in congelatore. Tre persone sono state arrestate con l’accusa di cattura e uccisione di specie protetta.
La notizia ci mette davanti a un fatto sconosciuto: apprendiamo che “da sempre” il ghiro è considerato il piatto principale delle “tavolate” tra ‘ndranghetisti e “non c’è pranzo o incontro pacificatore dove non si pasteggi a base di questi roditori”; i cacciatori di frodo, peraltro, rastrellano ghiri che poi vendono anche in molti ristoranti.
Ma c’è di più: in molte inchieste, come l’operazione «Solare» della direzione antimafia di Reggio Calabria, che ha portato nel 2008 all’arresto di 200 trafficanti di droga, in Italia e all’estero, gli ‘ndranghetisti intercettati discutevano oltre che di affari illeciti, anche di come trascorrere in compagnia una giornata in montagna con gli amici «stranieri».
E gli interlocutori si raccomandavano con i gli organizzatori del banchetto affinché agli amici venissero offerti a pranzo ghiri arrostiti. 
Scrive il Corriere: “Per il ghiro gli ‘ndranghetisti nutrono una vera e propria venerazione.
È narrazione ormai contemplata che i boss della ‘ndrangheta prendono le decisioni più importanti davanti a un piatto di ghiro arrostito.
La leggenda riporta che quando ci si riunisce per decidere su una condanna a morte, il capo tavola (il boss più alto in carica), azzanna il ghiro per la testa e poi indica il nome di colui che deve essere soppresso”.
Insomma, non c’è ghiro senza ‘ndrangheta e non c’è ‘ndrangheta senza ghiro.
La notizia costituisce, a mio parere, un grande passo avanti nella lotta alla criminalità organizzata, altro che “follow the money”: basterà seguire il ghiro e la mafia calabrese sarà sconfitta.
Siamo nel 2021, perbacco! 
 
Ora, dopo quattro anni senza più arresti, i ghiri si saranno riprodotti in pace, nel sonno. Ma i capimafia come hanno decretato l’esecuzione dei nemici?
 
Cronache della differenza: Calabria
Era di Paola Carlo Scorza, l’ultimo segretario del partito Fascista prima della defenestrazione di Mussolini, organizzatore della bastonatura mortale a Giovanni Amendola cento anni fa. A Paola visse fino ai 15 anni, quado se ne andò a Lucca, dove era impiegato dello Stato il fratello Giuseppe, per andare all’Istituto tecnico.
 
“Il Quotidiano fa i trent’anni in Calabria e fa per l’occasione una carrellata di vicende e problemi. La prima, “La Calabria delle infrastrutture”, ha per titolo: “Trent’anni di opere incompiute (o semicompiute)”. E esemplifica: “La (ferrovia) Jonica aspetta il completamento dell’elettrificazione”, “L’autostrada si è rifatta il nome, ma i cantieri non sono finiti”…. Uno pensa al Ponte: si faranno gli sterri, e poi?


“Essa finì quindi col diventare allora (nel primo cinquantennio unitario”, n.d.r.),.. la coda di quella «coda d’Italia», come il papa Leone X de’ Medici, il figlio del Magnifico, definiva l’Italia meridionale” – Giuseppe Galasso, “Calabria, paese e gente difficile”, 136-137).
 
“Sono acuti d’ingegno e pieni d’astuzia”, scriveva dei calabresi a metà Cinquecento Camillo Porzio, napoletano, storico e avvocato, noto per la sua monografia sulla quattrocentesca Congiura dei Baroni”, “forti e  nervosi, atti a patir sete e fame, coraggiosi e destri nel maneggiar le armi, e farebbero senza dubbio i migliori soldati d’Italia se non fossero instabili e sediziosi” - la regione dicendo “sempre piena di fuorusciti e di ladri”. Lo stereotipo viene da lontano.
 
L’economista Giuseppe Maria Galanti due secoli dopo, a proposito del reggino, l’area oggi di mafia, parla di abitanti “vivi ed elastici….. facinorosi per essere mal governati…servi degradati…rozzi, queruli, di malafede, spergiuri, denunciatori, calunniatori…. Indocili, ostinati nelle loro idee, rissosi e vendicativi”, e “nell’amore e nell’amicizia tenacissimi…sensibilissimi all’onore domestico”. Senza respiro.
 
Tra i tanti monasteri fondati in Calabria da Gioacchino da Fiore o dai suoi successori Ulderico Nisticò (“Controstoria della Calabria”, 60) include una Santa Mafia d’Altilia. Ma è solo un refuso – lui steso suggerisce un’altra denominazione per la Madonna di Altilia: Calabro-Maria.
Quanto regionalismo, anche sui santi – ma sul vuoto?
 
Ha molti santi – molta devozione – ma se li dimentica. Per esempio san Francesco di Paola, famoso e venerato in Francia e a Roma. Ora è tutta per san Pio da Pietralcina.
 
“Una cosa che la rende felice?”, chiedono al testaccino e romanista Caudio Ranieri, dopo il miracolo con la Roma. “Avere amici sinceri, quelli di Catanzaro”. Dove ha giocato da giovane, quado aveva 21 anni -- poi, quindici anni dopo, per cominciare da allenatore, lo hanno chiamato alla Vigor Lametia, Interregionale. L’amicizia è stata svalutata da Sciascia, ma non è male.
 
Mattia Preti è artista, dice Antonio Baldini girando per Taverna, il paese natale del “cavalier calabrese”, nel 1926, di “rapida, franca, solida, compatta e corrusca pittura ch’è la maggior gloria dell’arte calabrese” – un’“arte calabrese”?
 
Baldini lo dice anche sempre legato al paese, che abbandonò da ragazzo: “Pare che non ci tornasse che una volta sola, da vecchio, rompendo una volta il viaggio da Napoli a Malta; ma portò sempre nel cuore il paese natale, ed accettò sempre volentieri commissioni dai religiosi e dai signori del luogo”. Questo è vero, Taverna ha ancora molte sue tele.
 
“Essendo di origine calabrese, cioè il Sud più dimenticato…”, Marina Valensise può dire sul “Corriere della sera” a Valerio Cappelli. Più dimenticato, si direbbe, dai calabresi stessi, che in molti se ne vanno e stanno fuori.
 
Dimenticata dalla storia, ma di più dalla storiografia, anche calabrese. Immolata a un presunto marxismo nel dopoguerra. In precedenza “antichista”, celebratrice cioè di antichi fasti. Questa “umanistica” ha esiti stravaganti. La fine in Calabria di Oreste, Filottete, anche Eracle, e Licaone con tutti i suoi 22 figli. Ulisse è sbarcato variamente, ad Amendolara, Crotone, Copanello, Lamezia Terme, e anche in montagna, a Tiriolo e 
a Nardodipace.

 
Il governo di centro-destra moltiplica gli incontri a Roma con la Regione Calabria, di centro-destra. A Pasqua ha rinnovato l’impegno, qualcosa come due miliardi, per cinque nuovi ospedali: Sibaritide, Vibo Valentia, Gioia Tauro-Palmi, un altro ospedale a Cosenza, un Gom (Grande Ospedale Metropolitano) a Catanzaro, e miglioramenti per un paio di centinaia di milioni, a Locri, Catanzaro, Crotone, Polistena. Ma i progetti non sono nuovi. Gioia Tauro-Palmi è stato pure “finanziato”, già un paio di volte.  Si dice che la politica ama spendere, ma in Calabria neppure 
quello.

leuzzi@antiit.eu

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