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martedì 15 luglio 2025

Meloni sul viale del tramonto

Da Sinner a Taranto, ai dazi e al risiko bancario, Meloni si distingue ultimamente per non comparire. Fa un bilancio molto positivo dei mille giorni di governo, ma in un trend di colpo molto negativo: la seconda parte della legislatura si è avviata con la presidente del consiglio fuori dall’orizzonte. E non ha nemmeno una vera opposizione - se non quella interna, insidiosa, onnivora, di Salvini.

Parterre de roi sur l’herbe a Wimbledon per Sinner, e di lei nemmeno l’ombra – nemmeno un collaboratore, con un minimo di zucca (se non altro per fare mostra in tv). Sui dazi è completamente tagliata fuori – salvo raccomandare l’ovvio, non rompere con gli Stati Uniti. Liti furibonde su e contro il suo governo che manomette le banche, e condanne di tribunali, e lei non sembra nemmeno accorgersene. Mentre ormai è destinata a chiudere Taranto – o a smembra i resti della grande siderugia italiana – e sembra non saperlo.
A proposito di banche, figure da perecottari le fa fare un certo Argiolas, che a Palazzo Chigi dirige il golden power, di cui lei non sembra sapere nulla – un avvocato che Salvini ha messo lì col Conte II. E tutto lascia capire che non sa in che trojajo si è  messa - la gestione del risparmio è materia delicata e molto privata, di fiducia.
All’orizzonte batoste alle Regionali, dove contano soprattutto i candidati. In Toscana e in Campania. E perfino dove la destra governa stabile, dalle Marche al Friuli: Meloni è come se non ci fosse.
Per non dire dei ministri zavorra, da Abodi che le ha fatto perdere il Coni e la faccia (le faranno inaugurare fra sei mesi l'Olimpiade di Milano-Cortina?), a quello della Cultura, che regala milioni e moltiplica i nemici. Mentre è concreto a questo punto il rischio che la legislatura finisca senza premierato e perfino senza riforma della giustizia, nemmeno una virgola - dopo essersi fatta impantanare in milioni di polemiche.

Meloni continua del resto a governare con un 30 per cento di accettazione che è di opinione, senza un partito. Che non ha pensato a costituirsi. Un partito reale, di persone, forze e idee, non il simulacro che ha affidato alla sorella. Arriva alle Regionali senza candidati vincenti.
Nella prima parte della legislatura si era distinta in politica estera: Commisisone Ue e von der Leyen, “Piano Mattei” per l’Africa e politica Ue per il Mediterraneo, rapporto costante con gli Stati Uniti, Biden prima poi Trump, G 7, saldamente a fianco di Zelensky, fino alla conferenza romana per la ricostruzione dell’Ucraina. Ora, di colpo, anche qui sembra trasparente – ma, poi, la politica estera non conta nulla in Italia, Craxi, che ne era anche lui appassionato, provarono perfino di mandarlo ar gabbio, e non ebbe difesa possibile.
Potrebbe anche durare poco, se Salvini, a breve, sarà padrone di Mps, Bpm, Mediobanca e Generali. Mentre lei s’impunta contro UniCredit, che mostra di non sapere nemmeno che cos’è, e ci perde la faccia e le cause.   

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